
"In filosofia capita spesso, mentre si procede nella ricerca, di imbattersi in un pendio ripido e scivoloso. Si può decidere di saltarlo e di andare avanti lungo la strada maestra. Ma possiamo, in alternativa, lasciarci scivolare fino al fondo del fossato, per poi uscirne arrampicandoci faticosamente e tornare a progredire lungo il nostro percorso". Sono parole che, meglio di qualunque descrizione, valgono a dare un'idea dello spirito di questo breve libro in cui Michael Dummett presenta il proprio punto di vista su alcune delle più profonde questioni filosofiche. Originato da una serie di conferenze (le prestigiose Gifford Lectures), il volume si propone di trattare della nozione di realtà e dei vari modi in cui il linguaggio può riferirsi ad essa utilizzando uno stile piano e comprensibile, pur se non sempre elementare. Ne risulta una lettura piacevole e talora persino divertente per il gusto del paradosso e della provocazione intellettuale che permea le riflessioni di uno dei più autorevoli filosofi inglesi viventi.
Ragione e linguaggio nella filosofia contemporanea.
L'uscita in traduzione italiana del classico sul "pensiero dialogico" di Bernhard Casper assume un significato particolare, quello della legittimazione teoretica di un nuovo paradigma del pensiero emerso dal secolo che è alle nostre spalle. Se c'è un'eredità che il Novecento ci ha consegnato e che non è stata ancora del tutto meditata è quella del "pensiero dialogico". Casper ha inteso proporre non una storia compiuta di questo orientamento teorico, ma piuttosto risalire alla genesi, ricostruire gli inizi del "pensiero dialogico" segnati dal timbro fondativo di Rosenzweig, Ebner e Buber. Ciò che accomuna tutti i dialogici è il loro radicale anti-idealismo. La concretezza dell'uomo, di ogni singolo nel suo nucleo di sacra irriducibilità, va sempre e comunque salvaguardata dall'aggressione del pensiero sistematico e insieme ad essa va salvata l'autenticità della Rivelazione nella sua peculiare dimensione verbale. Casper si muove con puntualità e finezza interpretative, cercando di penetrare progressivamente nel progetto dei tre grandi pensatori: essi sono da collocarsi nella filosofia dialogica che non solo non elude il tema della "relazione delle relazioni", ovvero il rapporto con il Tu assoluto, ma ne fa il cuore della loro proposta teorica. Tra i tre filosofi spetta, a suo dire, senza alcun dubbio a Rosenzweig una posizione di preminenza teoretica giacché egli fu fin dall'inizio lo spirito più universale e la sua opera appare filosoficamente compiuta.
Il volume raccoglie gli atti del Convegno tenutosi a Udine in occasione del centenario della nascita di María Zambrano: specialisti di filosofia e letteratura, italiani e stranieri, hanno analizzato da punti di vista diversi e complementari la ricchezza e complessità della sua opera che, pur fortemente radicata nella cultura spagnola, si apre alle istanze più universali. Pensare, per María Zambrano, significa innanzi tutto "decifrare ciò che si sente'. La sua scrittura ellittica, spesso bruscamente interrotta, obbliga a cercare il significato come si fa con la poesia: sovrapponendo e confrontando le varie immagini. Il risultato è un linguaggio completamente rinnovato in cui ogni parola si libera dall'uso scontato per mostrare il mondo e l'esperienza sotto una luce che, come l'aurora simbolo ricorrente nella sua opera , preannuncia un nuovo tipo di sapere. Un sapere che mette in discussione tutte le certezze a cominciare dal predominio della ragione astratta e strumentale , favorisce l'autonomia, libera dai condizionamenti e permette a ciascuno di comprendere meglio la propria condizione
Il testo affronta in modo completo e secondo il noto approccio interconfessionale del centro Studi triestino tutti gli aspetti del pensiero di Albert Schweitzer nei temi e nella complessità della sua evoluzione. Vengono trattati così: il tema delle famose Vite di Gesù, il tema escatologico, la mistica di Paolo e l'etica, ed infine il pensiero sul rispetto della vita che ha guidato l'Autore nei suoi 14 soggiorni in Africa dove ha operato a favore dei poveri e degli ammalati, a Lambaréné. Contributi di: Dario Fiorensoli, Enrico Colombo, Erich Noffke, Gianfranco Hofer, Ernesto Borghi, Luciano Valle, Alberto Guglielmi, Alessandro Tenagli
Questo è un libro che parla del pensiero delle cose, della riflessione sulle cose e del pensiero che alle cose appartiene. Francesca Rigotti valorizza tutti quei piccoli oggetti della vita quotidiana, insegna a pensare alle cose, a dare loro un significato mostrando come siano degne non solo di attenzione ma anche di una trattazione filosofica. Un pendolo, una sedia, una scarpa, una finestra, una pentola, uno specchio, una piega e una scala sono veramente oggetti privi di interesse? Facendo qualche esercizio filosofico su queste cose ordinarie scopriamo che la loro realtà è diversa da come siamo abituati a pensare. Cosa possiamo concludere? Certo che non dobbiamo ingigantire queste cose fino a considerarle elefanti ma non è forse vero che sono qualcosa di più che singole, piccole mosche?
La verità, dice Tommaso d'Aquino, è adeguazione dell'intelletto alla cosa. Della classica concezione vengono messi in luce significato problematico e fondamento, che si trova nei libri di Aristotele e Platone. Un tentativo di precisarne il senso è dato frequentando la zona marginale del platonismo - nel quale la filosofia risulta essenzialmente consistere - sul fronte della fine e su quello apparentemente opposto dell'origine, che si richiamano reciprocamente.
Il volume propone tre importanti e decisivi saggi apparsi insieme nel 1954: "Simpatia e rispetto" di Ricoeur, "Per una filosofia dell'amore" di Marcel, "L'io e la totalità" di Lévinas. Amore e simpatia, rispetto e giustizia, responsabilità e riconoscimento sono le parole-chiave a cui Lévinas, Marcel e Ricoeur affidano la possibilità, che è anche una difficoltà, di pensare all'altro. Questo impone una duplice presa di coscienza: vi è, da una parte, la miseria delle parole che di solito dicono dell'altro, coniate sul dominio delle cose e imposte da un «io» signore solitario del mondo, e, dall'altra parte, l'ingenuità di ritenere che la conoscenza detenga sempre e comunque un primato sull'etica. La presente edizione è arricchita da un nuovo saggio introduttivo di Franco Riva.
Da quando nella cultura italiana si è aperto il dibattito sulla "crisi della ragione", attraverso di esso si è preso atto del fatto che non c'è un filo unificatore della storia, un sapere globale che riesca a coordinare i saperi particolari in una visione "vera" del mondo. Molto spesso, però, se ne è preso atto per istituire affrettatamente nuove forme parziali di razionalità o per avallare improbabili "ritorni" a vecchi valori. Questo libro ha tentato di spingersi oltre. Più voci, provenienti anche da campi disciplinari diversi, non necessariamente consonanti tra loro, suggeriscono un approccio più radicale. Quello che qui, con espressione provvisoria, è stato chiamato "pensiero debole" è un tentativo di sfondare le resistenze che le immagini "forti" della ragione continuano a innalzare. Nietzsche e Heidegger vengono chiamati in causa e messi a loro volta in discussione. Soltanto se ci liberiamo davvero dei fantasmi dell'irrazionalità, potremo infatti cominciare a scorgere un'idea di verità più mobile, più frastagliata, più tollerante: forse meno rassicurante, ma certo più vicina alla nostra realtà, e dunque alla fine più utile. Testi di Gianni Vattimo, Pier Aldo Rovatti, Umberto Eco, Gianni Carchia, Alessandro Dal Lago, Maurizio Ferraris, Leonardo Amoroso, Diego Marconi, Giampiero Comolli, Filippo Costa, Franco Crespi.
Un viaggio nell'anima e nel cuore dell'Africa di cui avevamo e abbiamo ancora bisogno. E una pagina di storia culturale del Novecento avventurosa come il primo viaggio africano, utile per mettere in comunicazione mondi e creare un rapporto profondo, non solo economico, capace di immaginare vita e futuro per i due continenti, insieme. Dopo un matrimonio imposto e fallito, e un divorzio che si è svolto in condizioni di estrema disuguaglianza delle parti, l'Africa e l'Europa tornano a incontrarsi nelle pagine di un gruppo di filosofi africani di lingua francese, a cui dobbiamo la nascita del pensiero africano contemporaneo: un ricchissimo patrimonio intellettuale, oggi quasi sconosciuto in Italia. Una vicenda storica e politica straordinaria che inizia negli anni Trenta sulle rive della Senna e sfocia nell'Indipendenza dell'Africa e nella nascita della filosofia africana del Novecento. Questo libro, uno dei primissimi contributi che appare in Italia sul pensiero africano contemporaneo, ripercorre il dibattito che ha avviato una gigantesca opera di riabilitazione di quell'uomo (e donna) africani che i filosofi europei avevano giudicato senza storia e privi di ragione. Alla ricerca di un'identità che, uscendo dalla logica del deprezzamento reciproco, possa determinare un nuovo incontro "all'appuntamento universale del dare e del ricevere tra le culture" del XXI secolo (Senghor).
La summa delle teorie sulla fede e sulla religione di uno
dei più importanti filosofi viventi.
Qual è la distanza tra Cristo che spronava il giovane ricco a dare tutti i suoi averi ai poveri, e la Chiesa che oggi raccomanda mondanamente di donare il più possibile? Come si uniscono la lotta dichiarata contro ogni forma di totalitarismo e l’aspirazione a una “società cristiana”, che totalitaria sarebbe per definizione? Quanto sono inconciliabili la fiducia nella “ragione naturale” e la necessità della Rivelazione? Emanuele Severino si addentra nella massa di contraddizioni che avvolge tanto la religione quanto la sua critica, e riflette sulla dottrina sociale della Chiesa, sulla possibilità della fede, sulle tante fedi che segnano il percorso dell’Occidente. Un libro che confronta le tesi dei maggiori pensatori della nostra storia – Socrate, Paolo, Agostino, Aristotele, Kant, Leopardi, Kierkegaard, Tommaso d’Aquino, Dostoevskij, senza dimenticare i documenti conciliari e papali – portando l’autore al paradosso di affermare che “l’ateo e Dio concordano sul senso delle cose”.
L'analisi della singolare convergenza tra insegnamenti buddhisti e psicoterapia contemporanea fa risaltare la modernità di quello che può essere considerato "il primo psicoanalista della storia".