
Nella sua scrittura María Zambrano ha sempre dato rilievo all’educazione nel significato più vasto della parola, mettendo anche l’accento su figure di maestri esemplari quale per lei fu il filosofo José Ortega y Gasset e Miguel de Unamuno. In questa raccolta di saggi, alcuni dei quali finora inediti, giunge ad ampliare il tema, mettendo in luce ’educazione nel suo più intimo significato. Si alternano meditazioni sulla pedagogia e il suo legame con la società; sull’importanza del maestro in un mondo in rapido cambiamento; su una giovinezza irrequieta, disorientata e bisognosa diguide che ne sorreggano il cammino.
Uno strumento d’accesso allo studio della Dissertazione di Kierkegaard per il Dottorato, Del concetto di ironia... (1841), certo la meno nota delle di lui opere pubbliche, sia per la molto tarda fortuna già in Danimarca (dopo il 1924), forse perché ritenuta mero prodotto accademico, e già così contravvenendo ai postulati di quei primi critici positivisti, sia, precisamente, quanto al suo contenuto, innanzi tutto per il «discredito» che sembrerebbe portare appunto sul ricco resto di quelle opere già l’uso in essa delle fonti antiche riguardo all’interpretazione di Socrate come «ironia», privilegiandovisi Aristofane piuttosto che Senofonte e Platone... Di necessità, allora, innanzi tutto ricostruire essenzialmente le tracce di «ironia» nel mondo greco, le ragioni della sua successiva dimenticanza, della sua riscoperta solo tra i Romantici tedeschi, nonché, e però insieme, quelle dello stesso rapporto di «ironia» con Socrate, ed arrivare in tal modo allo scritto kierkegaardiano il quale, presa questa «ironia» nel suo costituirsi in concetto, ha manifestamente l’intento di svolgere un’analisi di questo rapporto nella compiutezza teoretica. Ma anche di necessità, oggettivamente, come si dice, incontrare alcuni argomenti decisivi per le sorti stesse della «filosofia», almeno a quel tempo, al momento della sua celebre crisi dopo l’Idealismo, dunque il Teorema d’Immanenza, la struttura della dialettica, il problema di che cosa questa sia; e per contro, soggettivamente, assistere al prepararsi ad affrontarli da parte di quel giovane studiosissimo, mediante un programma innanzi tutto stilistico-espressivo volto alle condizioni primigenie della «filosofia» come «filosofia», e magari, al modo in cui si crederà nella pur sempre scarsa recente letteratura, per ciò in lotta con il suo Cristianesimo, nonché, al modo in cui si crederà in aggiunta, arrivando egli, alfine, con la maturità degli anni, ad un «fondamentalismo cristiano» escludente non solo della «filosofia» ma dell’uomo. È sicuro però che, già all’attuazione di quel programma stilistico con la Dissertazione, l’Università avrebbe subito richiuso le sue porte alle spalle di quel giovane appena proclamato Magister.
Lo strumento viene così, più in generale, a proporsi, e almeno nel fatto, siccome osa sperarlo il suo autore, per accesso istituzionale giusto a Kierkegaard.
GLI AUTORI
Alessandro Cortese (Milano 1940) insegna Istituzioni di Filosofia presso l'Università di Trieste. Si è dedicato in particolare allo studio del pensiero di Vincenzo Gioberti e di Søren Kierkegaard, di cui ha curato l'edizione italiana di Enten-Eller (Adelphi 1976-1989). Per Marietti sta curando una Collezione di Carte personali e Opere pubbliche di Søren Kierkegaard (1831-1843), della quale sono già a disposizione il n. 5, Due discorsi edificanti del maggio 1843 (2000), e il n. 1 f.s., “L’attrice” di Inter et Inter (2002).
"È giunta, ormai, l'ora di andare, io a morire, voi a vivere. Chi di noi vada a miglior sorte, nessuno lo sa, tranne dio". Così si chiude l'"Apologia di Socrate", una delle prime grandi riflessioni su che cosa sia la morte. E Paolo di Tarso, scrivendo ai Corinzi, domanda: "Dov'è, o morte, la tua vittoria?". Passano i millenni, ma l'interrogativo continua ad accompagnarci: che cos'è la morte? E perché ci spaventa? "Per chi suona la campana"? ci guida attraverso la storia dell'uomo e grazie alla letteratura, alla filosofia, all'arte e alle religioni ci fa scoprire come nei secoli sia stata percepita la morte fino ad arrivare a oggi, alla morte ostentata quotidianamente dai mass-media. E proprio oggi, la morte è diventata oscena, ovvero non rappresentabile per quello che è realmente. È in qualche modo scomparsa, ha smesso di far parte del corso della vita. Grazie a questo piccolo e agile libro di Oreste Aime, invece, è possibile tornare a riflettere su questo mistero, difficile, quasi incomprensibile, sia che ci riguardi personalmente sia che tocchi gli altri.
L'autore si diverte ad esplorare il confine fra astrazioni filosofiche e preoccupazioni quotidiane. Alla base del lavoro è il tentativo di affrontare la logica, matematica e filosofica, dalla posizione del traduttore che, attraverso un linguaggio accessibile a tutti e attraverso l'arma del comico e del paradossale, riesce a far percepire il lavorio e l'armonia del pensiero. Animato dalla volontà di restituire, attraverso il riso, il rigore del ragionamento e di "rimontare", passando per parabole e giochi di parole, le più ardue teorie filosofiche, l'autore usa massime e aneddoti come specchio dell'intelligenza umana e svela come dietro la risata dell'assurdo, si celi sempre una sequenza di snodi filosofici.
Diversamente da altre culture filosofiche, caratterizzate dall'indagine sul soggetto o dalla teoria della conoscenza, dall'analisi del linguaggio o dalla decostruzione ermeneutica, essa appare fin dall'inizio estroflessa sul suo esterno, esposta ai conflitti e ai traumi dell'esperienza mondana. Al suo centro, eccedente rispetto a ogni definizione presupposta, si dispiega la categoria di vita, in una relazione sempre tesa e problematica con quelle di politica e di storia. È proprio questa materia densa e opaca, difficilmente riducibile all'ordine formale della rappresentazione, a spingere il pensiero italiano in una sintonia profonda con i tratti costitutivi del nostro tempo. Antagonismo e immanenza, origine e attualità, comunità e biopolitica, interrogate nella loro genesi concettuale e impresse nel cuore della contemporaneità, sono le polarità intorno alle quali, in un confronto serrato con i maggiori filosofi italiani, si snoda il percorso teoretico originale e avvincente di uno dei protagonisti del dibattito filosofico contemporaneo.
Europa. Italia. Chiesa Cattolica. Sono questi i tre campi minati trattati in questo libro. Un continente e un Paese che in nome della Felicità Universale hanno eliminato Dio dalla scena, fanno i conti con la situazione inedita in cui si trova la Nuova Chiesa, che per servire i desideri del mondo non proclama più i suoi princìpi e la sua dottrina. Così, eresie e ideologie una volta denunciate e combattute - il Modernismo, la Massoneria, l'Islam e il Protestantesimo - spadroneggiano, insieme alla disoccupazione e alla povertà, alla corruzione delle classi dirigenti e di buona parte della società civile, alla dirompente affermazione dell'ideologia omosessualista, al dominio dell'euro e delle oligarchie burocratiche e finanziarie, ad un potere che è sempre più spregiudicato. Il Nuovo Ordine Mondiale che s'intende creare nega la Regalità Sociale di Gesù Cristo sul Cielo e sulla Terra, per fare posto al Serpente, che sta insidiando la Donna al Suo calcagno, ma chi ha fede ha una certezza, quella che la Vergine Maria predisse cent'anni fa a Fatima: il Suo Cuore Immacolato trionferà.
Che cosa sono io? A questa domanda inaggirabile cerca di rispondere da sempre l’antropologia filosofica, che si caratterizza per una vocazione all’universale: ambisce a dire dell’uomo qualcosa che non possa essere smentito, a prescindere dal tempo e dallo spazio. Da ciò scaturisce la tensione al trascendentale: l’essere umano è essenzialmente pensiero trascendentale e la dignità umana può essere affermata e custodita soltanto se l’infinito che ci definisce riesce a essere stabilmente riconosciuto. Attorno a questo argomento fondamentale si sviluppa il volume, allo scopo di sondarne la verità e di mostrare alcune delle implicazioni etiche che investono la dimensione ultima dell’umano.
Paolo Bettineschi insegna Filosofia morale, Antropologia filosofica e Bioetica presso l’Università degli Studi di Messina. Per Morcelliana ha pubblicato L’oggetto buono dell’Io. Etica e filosofia delle relazioni oggettuali (2022 2ed.); Tecnica, capitalismo, giustizia. Dieci lezioni su Severino (2022); Etica del riparare (2021).
Un'indagine attenta e precisa di quattro pensatori contemporanei (Quine, Davidson, Rorty e Putnam) che si propone di inquadrare il dibattito su cio che significa pensare logicamente, e su dove un tale pensiero ci conduce. Partendo dalle opere di quattro tra i filosofi piu importanti degli ultimi 50 anni, l'autore mette in evidenza le conseguenze logiche delle loro riflessioni sulla conoscenza, concludendo che qualsiasi conoscenza vera deve essere fondata sul sapere di senso comune.
L'opera prende in esame le radici dell'ateismo nel pensiero occidentale, completando l'itinerario di studio avviato della "Storia dell'ateismo moderno" di C. Fabro. Nel pensiero presocratico si evince, accanto ad una presenza del teismo, un prevalente orientamento agnostico, con suggestioni ateistiche. L'opera è un autorevole contributo agli studi di filosofia antica e offre una valutazione di questa alla luce di una tensione etico-politica, che ha sullo sfondo il problema religioso.
I contributi del grande pensatore tedesco in difesa di un concetto di ragione scettico, ma non rinunciatario, contro i nuovi tentativi di ritornare a forme di pensiero metafisico. Il libro tratta gli sviluppi del concetto di ragione comunicativa nel contesto delle attuali teorie del significato e dell'azione; il problema dell'inesprimibilità dell'individuale; le ragioni per cui i testi filosofici, malgrado il loro carattere essenzialmente retorico, non possono essere completamente identificati con la letteratura.

