
Che cosa succede quando gli dei abbandonano il mondo e le religioni cessano di significare la loro alterità agli individui? È quanto intende approfondire questo volume con l’ipotesi scientifica della quarta secolarizzazione. Dopo la secolarizzazione dalla mitologia greca alla filosofia classica e quella dal Logos astratto al Cristianesimo è stata la terza secolarizzazione delle scienze e della società civile ad avere interessato gli studiosi con infinite opere. Oggi l’autonomia dalla religione si estende anche agli stili di vita individuali e collettivi. È l’epoca indicata da alcuni quale uscita dall’eteronomia della religione e da Berzano quale quarta secolarizzazione. Le varie secolarizzazioni non hanno svuotato la religione delle sue esperienze spirituali, ma piuttosto ne hanno trasformato le connessioni con la diversità del mondo secolarizzato. Il religioso si è trasformato in forme più esperienziali, personalizzate, individuate, indipendenti da contenuti dogmatici definiti e dai confini delle religioni storiche.
Luigi Berzano, professore ordinario dell’Università di Torino, dirige la collana Spiritualità senza Dio? (Mimesis) e l’Osservatorio Pluralismo Religioso. Coeditor della Annual Review of the Sociology of Religion. Tra i campi di ricerca: comportamenti collettivi, stili di vita, trasformazioni delle religioni nella modernità avanzata. Ultime pubblicazioni: Spiritualità senza Dio? 2015; New Methods in the Sociology of Religion, vol. 3, 2014; Spiritualità, Bibliografica, 2017.
Qualità individuale, virtù pubblica, fondamento dei legami e delle relazioni: il concetto di responsabilità è tanto pervasivo quanto apparentemente intuitivo, ma in realtà a uno sguardo più attento rivela grandi sorprese e questioni aperte. Mario De Caro, Andrea Lavazza e Giuseppe Sartori, proseguendo l'analisi condotta in "Siamo davvero liberi?", incrociano i risultati delle neuroscienze e della psicologia sperimentale, le indagini filosofiche e gli aspetti giuridici. Se il mondo e il cervello sono deterministici, può esistere la responsabilità? Fino a che punto è possibile attribuirsi le conseguenze di un'azione? Quando, in sede penale, possiamo essere imputabili di un reato? Cosa significa, in definitiva, una vita vissuta responsabilmente? Domande fondamentali non solo sul piano intellettuale, ma anche per le loro ricadute sulla nostra esistenza e sulla società.
Post-religiosi, atei, materialisti: nell'infinita gamma degli atteggiamenti dell'Occidente secolarizzato verso la religione sembra manchi solo quello più semplice: credere. È ormai una scelta marginale, in via d'estinzione? Niente affatto, tanto è vero che il bisogno di Dio sembra tornare alla ribalta ovunque nel mondo, in modi anche drammatici. Perché? È opinione comune che la religione sia stata inventata dagli uomini per autoconsolarsi della propria condizione mortale. Ma se le cose stanno così, come mai tutte le religioni hanno sempre offerto ai fedeli e ai non-fedeli scenari inquietanti, dal giudizio finale al paradiso e all'inferno? Il fatto è che la religione, nel momento in cui risponde alla domanda sul senso della vita, riguarda la nostra libertà, perché della libertà è l'ultima difesa e non la soppressione. Ecco perché il ritorno a Dio è necessario al fine di contrastare il totalitarismo in tutte le sue forme. Se è vero che la religione non può essere tenuta fuori dalla sfera pubblica, riflettere sulla sua opportunità significa riflettere sulla giustizia, che è ciò da cui si dispiega, secondo la lezione del pensiero antico da Parmenide in poi, l'ordinamento stesso del mondo e del nostro stare insieme come umani. Uno dei nostri maggiori filosofi si interroga e ci interroga sulla necessità della religione prima ancora che sul bisogno di essa, avendo il coraggio di prendere le distanze da figure mai come ora oggetto di discussione e al centro del dibattito: Nietzsche e Heidegger. E lo fa da laico, consapevole che laico non è chi rivendica la propria indifferenza nei confronti della religione ma al contrario chi la prende sul serio, riconoscendo che i contenuti essenziali con cui è chiamato a fare i conti, le ragioni per cui si vive, vengono proprio da lì. Un percorso incalzante e profondo che fa appello alle conclusioni di poeti e scrittori non meno che a quelle dei filosofi - Hölderlin e Dostoevskij su tutti -, intreccia alla religione il discorso sul sacro e mette in guardia dai pericoli del relativismo e dell'etica utilitaristica. Al cuore, una domanda cruciale: davvero possiamo fare a meno della verità sull'uomo e sul mondo che solo la religione è in grado di comunicare?
In questo volume il problema della morte è affrontato a partire dalla consapevolezza che gli enormi sviluppi scientifici e tecnologici applicati alla medicina hanno rivoluzionato negli ultimi decenni il quadro etico e giuridico in cui è stato finora concepito il fenomeno del finis vitae. Muovendo da questa trasformazione di senso epocale, l’autore affronta la questione di che cosa sia per noi la morte, oggi, e quale responsabilità morale abbiamo verso chi muore. La finalità è quella di rideterminare il principio della dignità umana al cospetto di situazioni radicalmente nuove, come il prolungamento artificiale della vita, il prelievo degli organi, la loro commercializzazione. Al centro della riflessione i lineamenti di una tanatologia critica, la questione della “morte cerebrale” e del suo accertamento, le problematiche funerarie, anche alla luce delle recenti innovazioni legislative. Paolo Becchi è professore di Filosofia del diritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell’U­niversità degli Studi di Genova. Tra le sue ultime pubblicazioni: Morte cerebrale e trapianto di organi (Brescia, Morcelliana, 2008) e La fragilità della vita. Contributi su Hans Jonas (Napoli, La Scuola di Pitagora, 2008). Per Aracne editrice ha pubblicato, nel 2007, Da Pufendorf a Hegel. Introduzione alla storia moderna della filosofia del diritto.
Questo studio si pone all'incrocio tra la filosofia e la pedagogia religiosa. La spinta iniziale è venuta dalla pedagogia religiosa ispirata alla fede cristiana, e in particolare dalla sensazione che le difficoltà in cui essa si dibatte riguardino la sua stessa impostazione di fondo, che sembra non "tenere" sia in rapporto alla cultura attuale, sia in quanto cassa di risonanza della Rivelazione biblica. La sensazione si è trasformata in interrogativo: è possibile una via pedagogico-religiosa che esprima una radicale fedeltà alla rivelazione e allo stesso tempo al senso dell'umano?
Cosa succede quando la Chiesa interviene nelle questioni politiche? Innanzitutto, la laicità, i diritti civili e l'autonomia dello Stato vacillano e vanno in crisi. E poi, la democrazia rischia di rovesciarsi in teocrazia, con conseguenze disastrose già largamente dimostrate da secoli di guerre sante, crociate e Inquisizione. Perché ripetere gli errori (e orrori) della storia? Eppure si è formato di recente in Italia un nuovo "partito di Dio" guidato dalla CEI di Ruini e Bagnasco, alacremente seguito da gruppi trasversali dì politici, giornalisti e intellettuali (teocon, teodem, atei devoti, postsecolari e islamofobi), ostili alle conquiste della moderna civiltà illuministica, scientifica e razionalistica. Il Dio degli eserciti e della Chiesa-Stato costantiniana del passato e il Dio che in tutto si immischia dell'attuale offensiva clericale non possono essere disgiunti. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che non c'è solo la Chiesa papale e il suo arrogante e dogmatico Dio del potere. C'è anche la Chiesa dei poveri, del Dio sofferente e impotente delle comunità cristiane di base, democratiche e antigerarchiche, dedite alla cura dei deboli, dei diversi, dei diseredati della terra. Questo libro propone una critica radicale della nuova strategia politico-morale di Benedetto XVI e delle alte gerarchie clericali (a partire dai ripetuti "no" all'aborto, all'eutanasia, alla procreazione assistita, alle coppie di fatto, al divorzio).
Ognuno di noi ha dentro di sé potenzialità illimitate, riserve di coraggio e positività che spesso rimangono inutilizzate perché viviamo in società che non incoraggiano e non insegnano a guardarsi dentro. Per la velocità a cui dobbiamo vivere, consumare e produrre, anzi, l'introspezione è un vero e proprio ostacolo da eliminare. Eppure questa saggezza innata, se stimolata e liberata, ci consentirebbe di stare meglio, di risolvere i conflitti personali, di superare le difficoltà senza lasciarci abbattere e trasformare i problemi in opportunità. E ci farebbe sentire pienamente realizzati, come fiori finalmente sbocciati. Daisaku Ikeda, insigne pensatore buddista, e il noto consulente filosofico Lou Marinoff affrontano i temi che stanno a cuore a tutti, rapporti familiari e interpersonali, benessere, educazione dei figli, grandi tematiche sociali, invitando a cercare conforto nel pensiero dei grandi filosofi occidentali e buddisti, di cui svelano inaspettati punti di contatto. Per scoprire che, quando il gioco si fa duro, niente è più pratico e risolutivo della filosofia.
Quattro fenomeni profondamente interrelati costituiscono gravi ostacoli a una pace stabile a livello mondiale e mettono a repentaglio interessi e diritti basilari di generazioni presenti e future: l'escalation della violenza; il costante approfondirsi delle disuguaglianze nella distribuzione di risorse e potere; il crescente aumento della temperatura del pianeta e il conseguente degrado ambientale; il forte aumento dei flussi migratori nel mondo con decine di milioni di persone che fuggono dai massacri, dalle persecuzioni, dalla povertà cronica. Nei sei saggi raccolti in questo volume, Giuliano Pontara, argomentando che la guerra moderna è ingiustificabile, e che non si esce dal vortice della violenza con ulteriore violenza, esplora e analizza alcuni problemi centrali riguardanti la nozione e le vie della pace: dalla istaurazione di un governo mondiale democratico alla nonviolenza attiva, fino ai fattori istituzionali e alle forze situazionali che ne favoriscono o impediscono l'applicazione; memore del detto kantiano per cui, pur non sapendo "se la pace perpetua sia una cosa reale o un nonsenso [...] dobbiamo agire come se fosse una cosa reale, il che forse non è, e operare per la fondazione di essa", qui e ora.
In questa serie di ricerche di filosofia morale, l'autore intende tracciare una mappa che consenta al lettore di orientarsi nel dibattito che caratterizza il pensiero morale filosofico e teologico degli ultimi decenni. L'intento è di identificare gli interlocutori situandoli in qualcuna delle varie tradizioni di ricerca morale che hanno avuto come esito diverse figure di filosofia morale.
"Tutto, oggigiorno, nell'ambito delle idee come dei fatti, a livello della società come dell'individuo, è immerso in un generale crepuscolo. Ma di che natura è questo crepuscolo, e che cosa vi farà seguito?". A partire da questo interrogativo formulato da Victor Hugo, Jacques Derrida, in dialogo con Elisabeth Roudinesco, costruisce una rete di riflessioni articolata in nove temi - fra i quali, l'eredità culturale degli anni Settanta, il problema della differenza, il nuovo ordine della famiglia, l'idea di rivoluzione dopo la caduta del comunismo, la pena di morte - affrontati con l'audacia di un pensiero che, attraverso il confronto con l'attualità, rivela tutta la potenza eversiva dei propri fondamenti teorici.
Il seminario intitolato a Saffo nasce dal desiderio di riportare le idee alla loro scaturigine esistenziale, in una riunificazione di elementi palpabili e sottili che le discipline hanno via via svincolato e dissolto, ma che si presentano unite nell'esperienza della vita. Come dice la poesia che celebra l'amore - massima potenza dell'umana esperienza conoscitiva - al culmine del piacere pare di morire: un «convergere di opposte passioni» permette di cogliere, con tutto l'essere, il significato della vita. Saffo ci invita a pensare col corpo, al cui centro batte il cuore, dispensatore di impulsi poetici. Se Eros è la via della conoscenza filosofica, la poesia celebra questo cammino e il teatro lo rappresenta. Stare sul crinale della passione conoscitiva forse vuol dire correre il rischio di andare fuori orbita, come l'asteroide, o alla deriva, come la nave di Platone verso Siracusa, perché la salvezza è continuare a percorrere quelle stesse rotte antiche e ricordare perché si misero in mare Ulisse e i suoi compagni, oltre le colonne d'Ercole, alla ricerca della propria umanità, sempre da venire, da fare, da inseguire in versi. Il canto echeggia come nostalgia di casa a cui voler tornare sempre, senza potervi dimorare mai.