
Tutti i frammenti di Democrito, grande sistematore dell'atomismo antico, in una raccolta compilata dal filologo russo Salomon Luria durante il periodo dello stalinismo. Luria raddoppia per estensione la classica raccolta tedesca di Diels-Kranz (appena uscita in questa stessa collana), offrendo un testo che è anche utile per comprendere l'evoluzione del marxismo sovietico: questo infatti andava alla ricerca di conferme del materialismo filosofico nell'antichità, collegandosi alla tesi di laurea di Karl Marx incentrata sulla differenza fra l'atomismo di Democrito e quello di Epicuro.
La cultura dei nostri padri è un tessuto di enunciati. Nelle nostre mani essa si evolve e muta, attraverso nuove revisioni e aggiunte più o meno arbitrarie e deliberate, occasionate più o meno direttamente dalla continua stimolazione dei nostri organi di senso. È una cultura grigia, nera di fatti e bianca di convenzioni. Ma non ho trovato alcuna ragione sostanziale per concludere che vi siano in essa fili del tutto neri o altri del tutto bianchi.
Questo libro raccoglie i frutti dell'insegnamento universitario di Vegetti su Platone, e vuol essere una presentazione del grande filosofo ateniese chiara e accessibile a ogni lettore, anche inesperto. L'autore ricostruisce a questo scopo non solo il pensiero platonico, ma anche il contesto storico in cui Platone visse e praticò la filosofia. Ma il testo, scritto con chiarezza, va al di là dell'obiettivo didattico, in quanto, alla luce della sua conoscenza del filosofo antico, Vegetti offre una sintesi lucida e profonda del pensiero platonico, che dà conto dell'importanza di Platone, pietra miliare del pensiero occidentale, e della sua influenza nei secoli.
La storia e e l'eternità si passano accanto nell'incontro tra Pilato e e Gesù e nella domanda sospesa che dà il titolo all'edizione: Che cos è la verità?.
Nei racconti di due maestri del Novecento, Bulgakov e France, qui proposti con la prefazione Maurizio Botta, la grande storia di quest'incontro parla come mai prima al cuore dell'uomo moderno, ponendo domande fondamentali sulla giustizia e sul potere, sull'amore e sulla fede.
"Con simili strategie, infatti, si pensa ancora che ci sia qualcosa da fare, che il pensiero debba aprirsi strenuamente un cammino, che vi sia magari qualcosa contro cui esso urta e che perciò dia a pensare. Si dà forza al pensiero rendendo ardua la sua meta, perché - si dice - «come potrebbe accadere che la salvezza fosse trascurata quasi da tutti se fosse a portata di mano e la si potesse trovare senza grande fatica»? Se ciò non può accadere, tuttavia, è forse perché questo è veramente il più difficile da dire e pensare: che la salvezza stia qui, semplicemente accanto: a portata di mano."
Che sia giunto il momento di cambiare qualcosa, nel mondo in preda alla crisi globale, lo pensano davvero in molti. Che sia il caso di fare qualcosa per limitare tutti quei poteri dominanti, finanziari e politici, che ci hanno portato alla rovina sta diventando un sentimento condiviso. Con questo intenso pamphlet, Hardt e Negri entrano nel merito della questione: non si tratta più, infatti, di protestare, come hanno fatto in questi anni i movimenti di piazza, ma di costruire, facendo emergere principi e pratiche che possano tirarci fuori dall'impasse. Proprio i movimenti hanno messo in evidenza quelli che potrebbero essere i primi principi "costituenti" di un nuovo sistema. In primo luogo, il rifiuto della rappresentanza politica e la costruzione, in sua vece, di nuovi schemi di partecipazione democratica; poi la valorizzazione del "comune", come sfera separata sia da quella privata sia da quella pubblica, statale; ma anche la ridefinizione di nuovi significati per il termine "libertà". Questi nuovi principi derivano da una lunga elaborazione teorica e sono sempre più messi in pratica a vari livelli in tutto il mondo. L'obiettivo è adesso creare un potere costituente che organizzi queste relazioni rendendole durevoli, promuovendo innovazioni future e rimanendo aperto ai desideri della moltitudine. I movimenti hanno dichiarato una nuova indipendenza e a portarla avanti dovrà essere un potere costituente. Questo libro ci dice come.
L'essere umano è fragile e vulnerabile, e vive in una relazione di cura in ogni momento della sua vita. In questo senso, la cura è il grado zero della nostra umanità, la possibilità stessa di esistere. Purtuttavia, essa è stata a lungo assente dal dibattito teorico politico o considerata per lo più nella sua dimensione assistenziale, come questione privata e impolitica. Di recente, però, si è aperto un canale nella riflessione filosofica che, da punti di vista anche molto diversi, la riporta al centro dell'attenzione. Il volume si inserisce in tale nuova tendenza, assumendo il tema in tutta la sua complessità: filosofica, antropologica e sociale. Focalizzandosi sulla vulnerabilità come dato ontologico dell'umanità, e partendo dall'esperienza della guerra, il testo ricostruisce una serie di passaggi teorici della modernità e della contemporaneità politica - da Hobbes a Foucault, da Weil a Tronto passando per Carlo Gnocchi e Rosanna Benzi - fondamentali per indagare la cura intesa come caregiving - cioè il prestare cura materiale e quotidiana - come pratica universale che investe una molteplicità di dimensioni, come dato esperienziale essenziale alla vita. In particolare, analizzando l'esperienza di genitori di bambini dichiarati inguaribili, l'autrice si sofferma sulla vulnerabilità nella sua versione radicale posta in relazione al contesto ospedaliero e alla pediatria territoriale.
Che ci fanno Woody Allen e Bob Dylan in compagnia di Socrate, Platone, Aristotele e Kant? Come possono gli interrogativi di un taxista mettere all'angolo le certezze di un filosofo di professione? In questo libro del 1991, Salvatore Veca c'invita a esaminare con lui le nostre personali e ricorrenti questioni di vita. Le sue scorribande filosofiche attraversano episodi ed eventi di fine anni Ottanta (la caduta del muro di Berlino, il massacro di piazza Tien An Men, i mondiali di calcio in Italia, le alghe nell'Adriatico, il ventennale dello sbarco sulla luna), e ci restituiscono riflessioni sull'identità, sulla giustizia, sull'amore, sul piacere, sulla felicità, sulla bellezza, sull'ecologia.
A più di un decennio dalla pubblicazione di A Secular Age, Charles Taylor, all'interno della lectio inedita contenuta in questo volume, si sofferma su alcuni snodi teorici tracciati nell'imponente studio sulla secolarizzazione, nonché su alcune importanti sfide emerse in quest'arco di tempo. Mentre, secondo molti, il trascorrere degli anni avrebbe dato luogo a un ulteriore e inevitabile declino della religione dall'orizzonte dell'esperienza umana fino a una sua progressiva scomparsa, oggigiorno ci troviamo di fronte a un'anomalia alla quale Taylor non si sottrae e della quale intende rendere ragione. La nostra epoca è caratterizzata, oltre che da terribili tragedie a livello globale, anche da una "cultura dei cercatori" i quali, nella fede religiosa così come nei diversi ambiti della vita, cercano una risposta ai loro interrogativi di senso. Tale ricerca spirituale, che vede coinvolti sia credenti, sia non credenti, si configura secondo i termini di un "viaggio" che investe tanto la questione della propria identità, quanto la riflessione etico-politica. Questa indagine viene condotta dal pensatore canadese all'interno dei tre saggi pubblicati nel volume, dominati dall'interrogativo circa ciò che è bene essere e amare a scapito di un'etica di stampo procedurale: solo affrontando tali sfide, infatti, sarà possibile sviluppare una riflessione adeguata concernente il senso del vivere e del con-vivere in una società post-secolare.
Che cos'è lo stile? Un'introduzione agile e precisa a un tema che percorre trasversalmente diversi ambiti di ricerca: artistico, culturale, etnologico, sociologico, economico, politico. Attraverso un'indagine che spazia da Aristotele al design, da Hegel allo "stile Mercedes", con l'ausilio di un apparato iconografico, l'autore prende in esame l'evoluzione del concetto di stile nelle sue varie forme, per mostrare che lo stile non è una modalità accessoria dell'apprensione umana del mondo, ma è esso stesso un processo attivo di strutturazione del mondo: fa essere il mondo ciò che esso è, costituisce la prospettiva da cui viene costruita - anche intersoggettivamente - la realtà.
Corruzione a tutti i livelli della vita economica, civile e politica, la pratica endemica degli scambi di favori, lo sfruttamento di risorse pubbliche a vantaggio di interessi privati, la diffusa mafiosità dei comportamenti. E una sorprendente maggioranza degli italiani che approva e nutre questa impresa.
Come siamo giunti alla misera situazione nella quale ci troviamo?
Per Roberta De Monticelli il male è antico e affonda nella tendenza degli italiani a “prendere il mondo com’è”, senza nessun riguardo per la virtù.
Contro tale scetticismo etico, il rimedio è difendere la serietà della nostra esperienza morale, smentendo la convinzione che non esista verità o falsità in materia di giudizio pratico, cioè del giudizio che risponde alla domanda: “che cosa devo fare?”.
Roberta De Monticelli insegna Filosofia della persona all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Tra i suoi libri Esercizi di pensiero per apprendisti filosofi (Bollati Boringhieri 2006) e L’ordine del cuore (Garzanti 2008). Per le nostre edizioni ha curato La persona: apparenza e realtà (2000).
Verità: tema ineludibile, crocevia e chiave essenziale dell'essere uomini. Che cosa è la verità, quali metodi e atteggiamenti richiede la sua ricerca in filosofia, scienze, teologia? Nell'epoca del disincanto e della scepsi è ancora possibile che questi grandi ambiti riescano a dialogare nella ricerca del vero? Oppure sono destinati a non comprendersi e separarsi? In queste pagine si dispiega un'aereopago intellettuale della postmodernità: biologi, fisici, epistemologi, antropologi, filosofi, teologi, biblisti avanzano una lettura affascinante delle grandi opzioni epistemologiche con i loro guadagni, esitazioni, possibili chiusure.