
Le opere fondamentali del pensiero filosofico di tutti i tempi. In edizione economica, con testo a fronte e nuovi apparati didattici, le traduzioni che hanno definito il linguaggio filosofico italiano del Novecento. Testo originale nell'edizione di Ferdinand Alquié. Traduzione di Maria Garin. Introduzione di Tullio Gregory.
E' corredata di materiale didattico questa edizione del "Discorso sul metodo" di Cartesio, uno dei testi fondamentali della tradizione filosofica, rappresentante di una vera e propria cesura fra la cultura aristotelico-tomistica e la filosofia moderna, alla quale fornisce un nuovo lessico e un nuovo paradigma ermeneutico. L'opera è arricchita da una introduzione storico-critica, un apparato di note e da una "Guida alla lettura" che accompagna ogni capitolo.
Cartesio, consapevole della portata rivoluzionaria del "Discorso sul metodo", lo scrisse in francese, non in latino, per dare al suo pensiero la maggiore possibilità di diffusione, e fece appello alla sola ragione naturale, non all'autorità, per esporre il suo messaggio al vaglio critico di tutti. Dalle riflessioni sulla matematica, in cui fu un geniale inventore, come pure sulle scienze, che praticò da maestro, ricavò quel metodo con cui affrontò l'impresa della ricostruzione filosofica e scientifica. Quest'edizione è curata da Lucia Urbani Ulivi, studiosa di filosofia moderna e contemporanea. Il testo francese a fronte riproduce esattamente l'edizione curata da Charles Adam e Paul Tannery.
«Finché gli uomini si contentarono delle loro capanne rustiche, finché si limitarono a cucire le loro vesti di pelli con spine di vegetali o con lische di pesce, a ornarsi di piume e conchiglie, a dipingersi il corpo con diversi colori, a perfezionare o abbellire i loro archi e le loro frecce, a tagliare con pietre aguzze canotti da pesca o qualche rozzo strumento musicale; in una parola, finché si dedicarono a lavori che uno poteva fare da solo, finché praticarono arti per cui non si richiedeva il concorso di più mani, vissero liberi, sani, buoni, felici quanto potevano esserlo per la loro natura, continuando a godere tra loro le gioie dei rapporti indipendenti; ma nel momento stesso in cui un uomo ebbe bisogno dell’aiuto di un altro, da quando ci si accorse che era utile a uno solo aver provviste per due, l’uguaglianza scomparve, fu introdotta la proprietà, il lavoro diventò necessario, e le vaste foreste si trasformarono in campagne ridenti che dovevano essere bagnate dal sudore degli uomini, e dove presto si videro germogliare e crescere con le messi la schiavitù e la miseria.»
La disuguaglianza e le sue origini, uno dei temi fondamentali di oggi e di sempre, nella trattazione di un gigante della filosofia moderna. Una edizione prestigiosa a cura di Maria Garin.
La progressiva specializzazione delle nostre conoscenze rende inevitabile il ricorso a forme rappresentative e non dirette di democrazia. È solo in una democrazia rappresentativa che, attraverso libere elezioni, si possono delegare rappresentanti più competenti dei cittadini a trovare i mezzi opportuni per realizzare l’interesse generale.
Malgrado inevitabili differenze, ci sono profonde analogie con i meccanismi che regolano la crescita della conoscenza scientifica. Quanto più cresce la conoscenza scientifica, tanto più si specializza e tanto più nascono linguaggi tecnici sempre meno accessibili al grande pubblico. La delega conoscitiva tipica delle comunità scientifiche si riflette nella necessità di affidare il compito di realizzare i nostri fini a rappresentanti più competenti di noi. Preservando la nostra autonomia di scelta, tale delega politica può al contempo impedire la formazione di tecnocrazie, in cui pochi tecnici decidano per tutti.
Tre motivi per leggerlo: Perché è un libro che non ti aspetti: una meditazione sul dissenso, che parla però molto di consenso e propone una collocazione costituzionale dei gruppi di protesta. Perché Hannah Arendt racconta di Socrate, Thoreau e della rivoluzione americana per tracciare la differenza che corre tra disobbedienza civile e obiezione di coscienza. Perché è un piccolo, prezioso manifesto sulla partecipazione attiva, contro la dittatura dei politici e le prepotenze dei governi.
Pubblicate per la prima volta a Salamanca nel 1597, le "Disputazioni metafisiche" del gesuita spagnolo Suárez sono un'opera che ha fatto "epoca". È stato uno dei più celebri teologi del Siglo de Oro a tentare, per la prima volta, un trattato autonomo di "Metafisica", non concepito più come commento al testo di Aristotele, secondo l'usanza medievale, ma come fondazione di una disciplina autonoma e sistematica. Le Disputazioni possono essere considerate come l'ultima summa del pensiero scolastico, lì dove - in un estremo tentativo di sintesi della linea tomista e di quella scotista - si delinea quell"'ontologia" che fornirà il lessico concettuale di riferimento per i filosofi moderni, da Descartes, Spinoza e Leibniz sino a Wolff, Kant e Hegel. Non a caso questo testo ha avuto una diffusione straordinaria non solo nelle Università cattoliche ma anche in quelle protestanti del XVII e del XVIII secolo; ha attraversato silenziosamente tutto l'Ottocento ed è riemerso infine con grande risalto nella critica filosofica novecentesca. Dell'immensa mole delle 54 Disputazioni vengono tradotte qui le prime tre: esse si presentano come una vera e propria "introduzione alla metafisica", riguardo alla natura, all'oggetto e al metodo di questa scienza. Il testo è preceduto da un'introduzione del curatore e seguito da una nutrita serie di apparati: le note al testo, l'elenco dettagliato delle fonti, un lessico di parole chiave, l'indice completo di tutte le Disputazioni e un'esauriente bibliografia.
"L'uomo teme soprattutto la morte. È così da sempre. La paura viene da lontano, dall'inizio. Se la morte è l'estrema minaccia che il Dio veterotestamentario rivolge ad Adamo, ciò significa che Dio sa che la morte è quel che Adamo teme di più." Sin dai suoi primi passi l'uomo ha tentato di difendersi dalla morte e di comprenderne il senso. Così, partendo dai miti, attraverso le religioni sempre si è confrontato con questa sconcertante evidenza del venir meno, dell'assenza di ciò che era presente, delle metamorfosi. Ma è solo con il pensiero filosofico che nel popolo greco è stato messo a fuoco il rapporto delle cose e degli eventi con il nulla. Un nulla, una assenza totale, che ha conferito un carattere tanto più radicale alla morte e alle riflessioni su di essa. Si incomincia a morire — e a nascere — di fronte al nulla e ha così inizio la paura estrema della morte. Per il nichilismo contemporaneo, al quale perviene lo sviluppo estremo — e più coerente — del pensiero filosofico, ogni cosa è destinata ad andare nel nulla. Eppure, discutendo anche con molti suoi interlocutori, Emanuele Severino fa capire i motivi per i quali si deve affermare che l'andare nel nulla delle cose e degli eventi non è qualcosa di "evidente", di "sperimentabile". Un'affermazione che solo apparentemente è paradossale, perché al contrario essa esprime la maggiore fedeltà all'apparire del mondo. Non solo: "Si dice che 'ognuno di noi' sperimenta la morte del prossimo, non la propria. Ma poiché l'esistenza stessa del prossimo non è sperimentata, del prossimo non si può sperimentare nemmeno la morte (o la nascita)". Nelle pagine di questo saggio, Severino si rivolge al lettore con un linguaggio chiaro e suggestivo, guidandolo nel labirinto delle grandi domande, delle questioni irrisolte a cui da sempre la filosofia cerca di dare risposta.
Si presentano qui le quattro dissertazioni latine di Immanuel Kant: "De igne" (1755), "Nova dilucidatio" (1755), "Monadologia physica" (1756) e "De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis" (1770). Si tratta di quattro tesi accademiche che segnano le tappe fondamentali della carriera universitaria di Kant a Königsberg. L'interesse filosofico di questi scritti, largamente riconosciuto dagli studiosi, emerge dall'ampio raggio di motivi che percorrono trasversalmente tutto il pensiero precritico e saranno centrali anche nella fase critica: la riflessione sulla scienza, i temi metafisici, la costante preoccupazione per il problema del metodo. Fondamentale è anche il loro posto nella storia del latino moderno, in un momento storico caratterizzato dal cruciale passaggio, nella filosofia tedesca, dalla lingua dotta al volgare. Il lessico latino delle quattro dissertazioni costituisce infatti una base testuale imprescindibile per uno studio diacronico della formazione dell'apparato terminologico e concettuale della filosofia kantiana. Nell'edizione si dà altresì notizia della riscoperta, da parte del curatore, di una delle due tirature dell'edizione originale della "Dissertatio", ritenuta perduta da tutti gli editori moderni successivamente all'edizione dell'Akademie di Erich Adickes.
Le "Divisioni" (che non rientrano nel tradizionale corpus aristotelicum) ci sono pervenute in frammenti in un codice della Biblioteca Marciana e vengono attribuite ad Aristotele da Diogene Laerzio, il quale ne riporta anche ampi stralci nelle sue "Vite dei filosofi". Si tratta di un testo influenzato dalle dottrine non scritte di Platone: un'arte della divisione delle idee e dei concetti in coppie di contrari, operazione insieme dialettica e retorica. La retorica è anche la disciplina che il giovane Aristotele insegnò durante il suo soggiorno presso l'Accademia di Platone e che si ritrova sia nelle mature opere di logica sia nella "Metafisica".
Il web è il più grande apparato di registrazione che l'umanità abbia sinora sviluppato, e questo spiega l'importanza dei cambiamenti che ha prodotto. Basti pensare che sebbene più di un essere umano su due non possieda ancora un cellulare, il numero di dispositivi connessi è pari a 23 miliardi: più di tre volte la popolazione mondiale. Questa connessione, ogni giorno, produce un numero di oggetti socialmente rilevanti maggiore di quanto non ne producano tutte le fabbriche del mondo: una mole immane di atti, contatti, transazioni e tracce codificati in 2,5 quintilioni di byte. Il numero di segni disponibile per la manipolazione e la combinazione diviene incommensurabilmente più elevato che in qualunque cultura precedente, e questo cambia tutto. Ecco perché comprendere la vera natura del web è il primo passo verso la comprensione della rivoluzione in corso, che genera un nuovo mondo, un nuovo capitale, una nuova umanità: anzi una documanità. Alla radicale revisione e alla costruzione concettuale dei nostri modi di guardare alla tecnica, all'umanità, al capitale è dedicato il nuovo e definitivo libro di Maurizio Ferraris, uno dei più influenti e originali filosofi contemporanei.