
"Vedo delle anime pure ed innocenti", disse Santa Faustina Kowalska, "sulle quali Dio esercita la sua Giustizia e queste anime sono le vittime che sostengono il mondo e completano ciò che è mancato alla passione di Gesù". Concetta Bertoli di Mereto di Tomba, pianura friulana, è sicuramente una di esse!
Il presente diario è come un ramo teso, gremito di esperienze, osservazioni, pensieri, ricerche personali, che vi si sono deposte e addensate. Con discrezione ho appeso a questo ramo cocci sparsi di cose assai poco clamorose che, nondimeno, hanno steso sulla mia vita uno strato solido e liscio di tempi, sopra cui picchiano e rimbalzano tutte le precedenti esperienze e quelle che sopraggiungono… Sono pensieri, esperienze, confronti, riflessioni che affiorano dall’amicizia con le cose, con la creazione. Penso che all’essere umano, per la riscoperta delle sue più veraci identità, giovi specchiarsi nella purezza delle cose, nella loro innocenza, nella loro lieta umiltà, nella loro povertà incosciente e allegra, nella creazione tutta fasto e misura, tutta spreco e previdenza, tutta segno e simbolo.
A partire dal 1924 fino alla sua morte nel 1981 Marthe Robin ha ricevuto nella sua camera più di centomila persone, dal vicino di casa al membro dell'«Académie française», dal cardinale all'ateo dichiarato. Affettuosa, piena di buon senso e lucida, accoglieva ogni ospite con attenzione straordinaria. All'occorrenza, dava un consiglio illuminante per il futuro. Voleva il progresso spirituale dei visitatori. Era lì per quello: consolarli se necessario e invitarli ad andare avanti. Così facendo ha cambiato la vita di migliaia di persone. Quando è stato aperto il processo per la sua canonizzazione, le testimonianze sono affluite in massa. Un tale tesoro andava assolutamente messo a disposizione di tutti. Abbiamo perciò raccolto in questo volume una selezione di significative conversazioni inedite. Questo libro è semplicemente la voce di Marthe, la parola che rivolge ai visitatori e, attraverso di loro, ai lettori: quello che desiderava per chi andava a trovarla, lo desidera anche per voi. Nel corso di queste conversazioni, vi auguriamo un bell'incontro con Marthe. Ascoltatela parlare. Parla a voi. Siamo certi che il viaggio non vi deluderà.
Marthe Robin è senza dubbio una delle figure più affascinanti del XX secolo. Questa contadina, costretta a letto per sessant’anni, ha ricevuto nella sua camera più di centomila persone! Ha conosciuto così alcune delle personalità più notevoli del nostro tempo, ha cambiato la vita di centinaia di persone illuminando, consolando, incoraggiando. E ha fatto tutto questo restando un’anima semplice, affabile, diretta, dotata di un buon senso, un umorismo, un’intelligenza pratica che la rendevano una creatura eccezionale. Qual era dunque il segreto di Marthe Robin? Quale parte ha avuto la fede in Dio nel suo itinerario personale?
Per rispondere a questa domanda, numerosi libri e centinaia di articoli sono stati scritti. Ma questo volume è unico perché scritto a partire da circa un migliaio di testimonianze raccolte dopo la sua morte, e basato su una conoscenza approfondita della corrispondenza e degli scritti di Marthe.
Bernard Peyrous, sacerdote, dottore in Lettere, membro della Comunità dell’Emmanuele, è specializzato in storia della spiritualità. È il postulatore della causa di beatificazione di Marthe Robin, aiutato in questo compito da Marie-Thérèse Gille, vice-postulatrice della causa e membro dei Foyers de Charité.
A quattrocento anni dalla nascita, il romanzo di Bruna Peyrot e Massimo Gnone ripercorre, integrando alcune fonti storiche, la straordinaria vicenda, a metà tra mito e storia, del montanaro-condottiero Giosuè Gianavello che con strategica ostinazione lottò in difesa delle "eretiche" comunità valdesi del Piemonte dalle persecuzioni armate dei Duchi di Savoia. Piccolo proprietario contadino con il ruolo di anziano di chiesa nel Concistoro di Rorà, in val Pellice, nel Piemonte occidentale, Giosuè Gianavello si trasformò lentamente in «bandito» sia in quanto si batté in difesa delle popolazioni valdesi vessate dai Savoia sia, rispetto alla sua stessa comunità, in quanto il suo esilio fu lo scotto per una pace dopo cento anni di persecuzioni. Convinto credente e abile stratega, uomo comune ed eccezionale a un tempo, la sua vicenda illustra la complessità di un periodo storico - la seconda metà del Seicento, il «secolo di ferro» - in cui le Valli valdesi, a un tiro di moschetto da Torino, erano diventate territorio disputato dalle potenze dell'epoca, prima tra tutte la Francia del re Sole.
Ottobre-novembre 1917, dodicesima battaglia dell'Isonzo, disfatta di Caporetto. Di quel tragico momento sente l'eco il giovane ufficiale medico Filippo Petroselli, appena trasferito con il suo reparto a Bassano del Grappa. «Non dite - avverte - che il soldato italiano ha tradito.» E nelle sue memorie ammonisce: «Ricordatelo! La guerra non purifica. È una menzogna! La guerra è una melma che tutto copre e imputridisce». Già in Libia con gli alpini, Petroselli ama la «santa immagine della patria». Ma è intriso di spirito cristiano, e in lui amor di patria e pietà per il costo umano della Grande Guerra si confondono in una lettura critica degli eventi. Scritte nel 1920-21, le sue memorie antiretoriche, talvolta ironiche, talvolta cupe, sempre realistiche, aprono uno spaccato sul clima culturale italiano del travagliato secondo decennio del Novecento. Risorgimentale "riluttante", formatosi in un ambiente familiare e sociale clericale, il primo conflitto mondiale è stato per Petroselli l'«inutile strage» di Benedetto XV.
"Ha qualcosa di sorprendente il pensiero di Christos Yannaras (1935), uno dei più noti teologi ortodossi contemporanei. Se la linea guida di buona parte della teologia (e filosofia) novecentesca è stata la 'deellenizzazione del Cristianesimo', Yannaras, rivendicando la continuità tra ellenismo e cristianesimo, mostra come la tradizione ortodossa, riletta alla luce del personalismo e di Heidegger, contenga in sé categorie in grado di sottrarsi alla deriva nichilista: 'persona', 'relazione', 'ineffabilità dell'esistenza'. Dette categorie pur costituendo un argine alla deriva ricordata non pretendono di esaurire il Mistero. Infatti l'apofatismo, testimoniando l'eccedenza del Dio incarnato e della Trinità, è il sigillo di una riflessione teologico-filosofica che non disdegna, in fedeltà alla metafisica classica, di rivendicare il valore dell'ontologia: la teologia è in verità teoria dell'essere come Mistero trinitario. Il pensatore greco propone una riflessione che, appunto perché apofatica, è anche riflessione critica sulla Chiesa e sulle sue forme storiche sempre inadeguate rispetto al soffio libero dello Spirito". (Giacomo Canobbio)
Il libro è la storia di una intensa sofferenza che ha provocato miracolosamente la più profonda delle conversioni spirituali insieme ad una vera gioia.
L’autrice, una donna cattolica madre di tre figli maschi, è spinta dalla lettura di un libro su Medjugorje a dedicare più tempo alla preghiera. La nascita di due figlie con gravi disordini neuromuscolari che le porteranno alla morte la spinge anche ad andare in pellegrinaggio a Medjugorje e ad attendere un miracolo che però non accade. Dopo una fase di disperazione e ribellione la riflessione e la preghiera la portano ad approfondire il suo rapporto con Dio. Pur non avendo ottenuto il miracolo l’autrice si innamora di Medjugorje, diventa guida di pellegrinaggi organizzati dalla California. Il tema centrale del libro è la misteriosa volontà di Dio, che è sempre provvidenziale anche quando ci fa passare attraverso la croce.
Autore: Cyndi Peterson è medico, un’oratrice e una madre di cinque figli. Ha lavorato per la Marina degli Stati Uniti, poi dopo nove anni come libero professionista specializzato in dermatologia. Dopo aver perso le sue due figlie è diventata una nota oratrice sui temi di Medjugorje e della vita e della famiglia e guida dei pellegrinaggi dalla California a Medjugorje.
Il libro illustrato racconta la storia intensa di un missionario Carmelitano Scalzo: la sua missione si concluse tragicamente nel 1985, quando fu barbaramente trucidato da ignoti sicari in Madagascar mentre era in viaggio verso la sua parrocchia. Sergio era nato a San Donà di Piave nel 1938, e dopo gli studi e l ordinazione sacerdotale, desideroso di partire missionario per l'Africa, era stato inviato in Madacascar insieme a due compagni per formare una nuova comunità. A venticinque anni dalla morte i Missionari Carmelitani ricordano questa figura e la sua opera in una terra difficile.
Madre Laura Baraggia nasce a Sulbiate Maggiore (MB) il 1° maggio 1851; lo stesso giorno è battezzata coi nomi di Laura Rosa. Il 16 gennaio 1866 lascia il paese natale ed entra a servizio della famiglia Biffi a Milano, dove rimarrà diversi anni. In quel periodo Laura compie la sua maturazione umana e spirituale: il 2 febbraio 1879 durante l'adorazione eucaristica nella Chiesa di San Babila, in un'esperienza mistica intuisce la futura fondazione di una nuova Famiglia religiosa. Su suggerimento di padre Ottone Terzi, sua guida spirituale, entra nella compagnia delle Orsoline, iniziando il noviziato il 13 maggio 1880. Lo stesso anno rientra a Sulbiate dove a settembre dà vita con alcune compagne ad un gruppo di consacrate: è l'inizio della Congregazione della Famiglia del Sacro Cuore di Gesù. La Congregazione crescerà di numero e si espanderà. La Serva di Dio Madre Laura Baraggia muore santamente fra il compianto delle suore e della popolazione nella Casa Madre di Brentana il 18 dicembre 1923.
Missionario in Africa, fratel Giosuè contrasse la lebbra. Seppe trasformare il fallimento e la sciagura della malattia in occasione di grazia e di carità. Coed. Elledici - Velar.
Bice Luigia Casero (1913-1989), chiamata alla vocazione claustrale, assume il nome di Maria Candida. Nei suoi primi anni di clausura sente il desiderio di ritornare alle origini dell'Ordine di Sant'Ambrogio ad Nemus. Questo nuovo cammino inizia nel 1963 nel Monastero ristrutturato di Bernaga (LC). La Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari approva le Costituzioni assegnando a lei e alle consorelle il titolo di Monache Romite dell'Ordine di Sant'Ambrogio ad Nemus.

