
Diocesi di Bergamo, prima metà dell'Ottocento. A Somasca, un minuscolo paese arroccato sul lago di Lecco, vi è una scuola femminile la cui fama varca rapidamente i confini della Valle di San Martino. Qui le ragazze del ceto "che tiene il mezzo tra il medio e il più basso" studiano e crescono insieme, in un clima di fraternità e amore ispirato al Vangelo. Ricevono una formazione umana e cristiana completa, che le rende "idonee a se stesse, alle famiglie e alla società". Questa splendida realtà, precorritrice dei tempi, è nata dall'impegno, dalla tenacia e dalla fede profonda di due sorelle: Caterina (1801-1857) e Giuditta (1803-1840) Cittadini, fondatrici dell'Istituto delle Suore Orsoline di San Girolamo in Somasca. A distanza di quasi due secoli, e ormai alla vigilia della beatificazione della Venerabile Caterina Cittadini, una giornalista racconta, basandosi esclusivamente sui documenti originali e ricostruendo in vivace stile narrativo alcune delle "scene" principali, la vita di queste due sorelle. Sara Regina, nata a Parma nel 1966, è laureata in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed è stata allieva della Scuola di giornalismo "Gino Palumbo" della Rizzoli-Corriere della Sera. Dal 1992 svolge l'attività di giornalista a Milano, lavorando soprattutto per il Corriere della Sera con articoli di cronaca e cultura.
La presente pubblicazione vuole far conoscere in modo più appropriato la figura singolare, viva, attuale del reverendo don Silvio Bignotti, parroco a Fiesse dal 1919 al 1953. Era necessario trovare la giusta considerazione, il giusto apprezzamento, la giusta valutazione e la vera testimonianza di un sacerdote, che ha vissuto fino in fondo il dare, il collaborare, il donarsi, senza interesse. Gusteremo fin dal primo momento la sua presenza, la sua semplicità, la sua bontà, ci lasceremo coinvolgere sperimentando il nostro vivere insieme con lui. Giungeremo a dire di questo sacerdote che è riuscito, vivendo in sé il Vivente, il Maestro, a farLo trasparire, a farLo vivere, comunicando il Suo Amore e facendoLo toccare attraverso la vera carità, quella dei fatti e non solo delle parole.
Don Emilio Reghenzi è nato nel ’62 a Brescia e vive a Fiesse (BS). Ordinato sacerdote nel 1990, come teologo si dedica in particolare alla ricerca teologica nel campo spirituale. Tra i libri pubblicati ricordiamo: I doni dello Spirito Santo nella vita e negli scritti del Beato P. Frassati (2006), I carismi nella vita e nelle opere del Beato P. Frassati (2006) e I carismi nella vita e nelle opere del Beato F. Spinelli (2007). Nell’ambito della sua attività di evangelizzazione dirige numerosi esercizi spirituali, raduni di preghiera, convegni nel nord Italia. Con Fede & Cultura ha pubblicato il volume Come ottenere da Dio Doni, Beatitudini, Virtù (2008) e Satana come liberarsene (2009).
In lingua banyoro Zamu indica una sorgente d'acqua apparsa all'improvviso durante un lungo viaggio. In quel nome è già racchiuso il destino della bambina nata in una notte di luna piena, tra le grida di dolore della madre e l'impasto di fango e cenere che da secoli le levatrici spalmano sull'addome delle partorienti. È il 1962, quello stesso giorno l'Uganda ottiene l'indipendenza ma, contro ogni speranza, si avvia a una storia di dittatura, militarizzazione e violenza. Zamu vive tutto questo sulla propria pelle: figlia di un capotribù, cresce forte, intelligente e vitale ma a soli sedici anni viene costretta a sposare, secondo tradizione, un uomo sconosciuto e molto più vecchio. Alla prima vedovanza ne segue una seconda, finché la donna si trova a crescere da sola i figli e a trascinarli con sé in una disperata fuga dalla guerra civile che sta devastando il Paese. Quando ormai crede di aver toccato il fondo, scopre di essere malata. Da dieci anni un nuovo flagello sta seminando morte e distruzione in Africa: l'Aids. Quello che dovrebbe essere il colpo definitivo, si rivela però un'insospettabile ancora di salvezza: Zamu incontra gli uomini e le donne dell'Avsi e del Meeting Point, persone speciali, animate dall'amore per gli altri e illuminate dalla gioia profonda che può essere solo il segno di una forza superiore. Grazie a loro, la donna scopre l'amicizia vera, la generosità dell'altruismo e soprattutto la fede. Prefazione di Antonio Socci
Il volume propone una lettura dei "Diari spirituali" di Gesualdo Nosengo. Una scrittura inedita che, protratta per un quarantennio, permette di esaminare le motivazioni profonde sottese all'impegno associativo del fondatore dell'Unione Cattolica Insegnanti Italiani Medi, evidenziandone, in accordo alle ragioni della vita spirituale, la tensione escatologica. Egli, infatti, come affermato da Cesarina Checcacci che, più di chiunque altri, lo affiancò per diversi decenni alla guida dell'UCIIM: «[...] oltre che per le sue scelte di vita, deve essere ricordato anche per la sua coraggiosa testimonianza di laico cristiano, impegnato con Dio con un patto di fedeltà ai consigli evangelici di castità, povertà ed obbedienza, patto, noto a pochi, perché egli non lo ostentava, pur vivendolo intensamente. Questo suo segreto era alla radice della sua spiritualità e del suo straordinario impegno nella realtà professionale e sociale italiana ed anche straniera». Il libro, in questa prospettiva di significati, ripercorre il dipanarsi della vocazione religiosa di Nosengo nella forma, alquanto particolare rispetto ai primi decenni del '900, del laicato consacrato in abiti civili. In tal senso emerge il profilo di un intellettuale cattolico, interessato ai temi dell'educativo, capace, come Giorgio La Pira, Giacomo Maffei e altri, di farsi lucente testimone di fede nel quotidiano svolgersi di alte mansioni civili.
Nella Polonia d'influsso sovietico degli anni Ottanta del secolo scorso ci furono un centinaio di omicidi politici compiuti quasi sempre da "autori sconosciuti". Tra le vittime c'erano anche i sacerdoti. Il libro racconta la vita e l'assassinio di uno di loro: don Jerzy (Giorgio) Popieluszko, rapito ed assassinato esattamente 40 anni fa: il 19 ottobre 1984. La Chiesa ha riconosciuto il suo martirio e l'ha beatificato il 6 giugno 2010. Il volume è composto da tre elementi: le interviste di Wlodzimierz Redzioch con i familiari e amici di don Jerzy, i testi di Grzegorz Górny che raccontano lo scenario storico della vita del sacerdote martire e il servizio fotografico con il materiale d'archivio e le foto di Janusz Rosikon.
Un’esperienza spirituale fortissima è
quella di Dale Recinella che ha stravolto la sua esistenza passando dal mondo della
finanza al mondo del carcere. Il volume Un cristiano nel braccio della morte. Il mio
impegno a fianco dei condannati (Libreria Editrice Vaticana, pp. 192, euro 17),
disponibile da oggi in libreria, racconta il percorso di un uomo che ha preso sul serio
le parole di Cristo. Dale Recinella era un avvocato di successo, maneggiava milioni
di dollari a Wall Street per conto di facoltosi clienti. Ha deciso di cambiare tutto,
seguendo il consiglio del suo parroco: «Vedere il mondo come lo vede Dio». Per una
serie di rocambolesche vicende, Recinella arriva un giorno davanti alla Florida State
Prison con un compito da far tremare i polsi: lui, marito e padre, diventare
l’accompagnatore spirituale di un condannato a morte. Da quel giorno sono decine i
carcerati destinati al patibolo per mano dello Stato cui Recinella è stato accanto,
vincendo ostracismi sociali, critiche personali e perbenismi moralistici. Ai quali l’ex
avvocato di New York risponde: «È Gesù a non darmi scelta. Egli lascia i
novantanove giusti nel deserto e va in cerca di chi si è smarrito». Assassini,
pluriomicidi e autori di efferati crimini: questi diventano i nuovi amici di Dale
Recinella, che porta loro lo sguardo di un Dio che mai condanna nessuno, ma che
tutti guarda con infinita dolcezza e tenerezza. Queste pagine, intrise di una
semplicità evangelica davvero unica, raccontano la forza inesauribile che la fede in
Cristo può generare, anche nei luoghi dove meno penseremmo di incontrare
l’irriducibile novità del Vangelo.
Nella prefazione, il Papa ringrazia Recinella per la sua azione. «Il suo impegno come
cappellano laico, proprio in un posto disumano come il braccio della morte, è
testimonianza viva e appassionata alla scuola della misericordia infinita di Dio».
Francesco ribadisce inoltre che «la pena di morte non è in alcun modo la soluzione
di fronte alla violenza che può colpire persone innocenti».
«Proprio il Giubileo dovrebbe impegnare tutti credenti per chiedere con voce
univoca l’abolizione della pena di morte».
L’autore
Dale Recinella (1951), laureato in legge e in teologia, è stato avvocato a Wall Street
nell’ambito della finanza pubblica e privata. Dal 1998, accompagna spiritualmente
come cappellano laico i condannati a morte in alcuni penitenziari in Florida insieme
alla moglie Susan. Per questo suo impegno ha ottenuto diversi riconoscimenti: nel
1997 la Notre Dame University l’ha nominato Cittadino e credente esemplare, nel
2000 i cappellani dell’Union Correctional Institution l’hanno proclamato Cittadino
volontario dell’anno, nel 2021 la Pontificia Accademia per la Vita gli ha assegnato il Premio "Custode della vita".
Rebora aveva capito che la corruzione del linguaggio ha gravi conseguenze sulle coscienze e sentiva la necessità di fissare in un vocabolario le grandi parole che il Cristianesimo aveva creato dal nulla o ricaricato di nuova energia. Parole come "vita", "pace", "amore", "progresso" e tante altre. Quel progetto restò incompiuto: ma esistono queste pagine.
I Frammenti lirici, indiscusso capolavoro poetico di Clemente Rebora, sono dedicati «ai primi dieci anni del secolo ventesimo». Anni di sconvolgimenti epocali non meno profondi di quelli attuali. La seconda parte di quel cruciale decennio Rebora – giovane rampollo della borghesia milanese laica mazziniana e progressista – la dedicò agli studi letterari all’università, dove strinse un fortissimo legame di amicizia con Daria Malaguzzi Valeri, Antonio Banfi e Claudio Monteverdi (questi ultimi futuri prestigiosi accademici).
Ci sono rimaste un’ottantina di lettere a questi amici; in esse Rebora racconta – con linguaggio di grande potenza espressiva e di frequenti striature poetiche – la propria ricerca di certezze, valori,
ideali che andassero al di là di quelli, pur rispettati, ricevuti in famiglia. In lui bruciava il desiderio di uscire da orizzonti prevedibili e circoscritti, tanto quanto agognava abbandonare l’asfissia cittadina per respirare la vastità degli spazi alpini. Nel presente libro vengono pubblicate queste lettere fino ad oggi inedite.
Dalla prospettiva delle beatitudini emerge la figura di don Dolindo, sacerdote poliedrico, che ha fatto della sua relazione col Signore la sua forza, pur tra le prove della vita che non l'hanno risparmiato. Il testo ben si presta ad essere strumento di accompagnamento spirituale per quanti conservano memoria di questo santo sacerdote napoletano. Ma anche per coloro che sanno apprezzare la testimonianza di vita di chi ha saputo operare tra la gente e con la gente, nei quartieri popolari di una grande città. Una scelta indovinata per mostrare come la più bella esegesi delle beatitudini sia quella che ci viene offerta da coloro che l'hanno saputa interpretare con la vita. E don Dolindo è uno di questi. Dalla Presentazione di Mons. Francesco Oliva Mi viene in mente una particolare immagine per descrivere la personalità di don Dolindo: quella di un genitore amorevole che, vedendo un figlio caduto in disgrazia, investe tutte le proprie energie e risorse per aiutarlo. Nel fare ciò, egli metterà in atto ogni strategia possibile, mostrando di possedere un amore sconfinato. Questa immagine meravigliosa del padre che ama incondizionatamente suo figlio fino a dare tutto se stesso per lui rispecchia molto la personalità poliedrica di don Dolindo. Pasquale Rea
Pochi personaggi storici, scriveva nel 1901 il bizantinista Charles Diehl, sono più difficili da giudicare dell'imperatore Giustiniano. Si può dire nello stesso tempo di lui assai bene e assai male e per giustificare il male come il bene le prove sembrano moltiplicarsi. Lo storico moderno è forse meno sensibile alle sue categorie morali, ma quanto afferma è indubbiamente vero. Se però è difficile giudicare Giustiniano, ancor più lo è con la moglie Teodora e ciò per due buoni motivi. Il primo è che Teodora imperatrice è assai diversa dalla giovane attrice che aveva condotto una vita sregolata a Costantinopoli, quasi come si trattasse di due persone diverse, anche se la storia annovera altri casi del genere. Il secondo, di ordine tecnico, consiste nel fatto che l'informazione sulla sua attività è piuttosto carente e fortemente contraddittoria. Quella poi che dovrebbe essere la fonte principale, la 'Storia segreta' di Procopio di Cesarea, sembra per molti storici presentare un quadro distorto della realtà dovuto all'odio viscerale che aveva l'autore per lei." (dalla premessa dell'autore)
Il libro ripercorre la vita di don Francesco Bonifacio (1912 - 1946), fino al suo martirio. Egli visse tutti i terribili drammi del secolo breve che sconvolsero l'Istria e la Venezia Giulia: la guerra, l'armistizio, l'annessione al Terzo Reich, la liberazione dal nazifascismo e la presa del comando in Istria da parte dei cosiddetti Poteri Popolari, cioè i comunisti della nuova Jugoslavia. Don Francesco Bonifacio rimase tra la sua gente sempre, testimoniando la sua fede limpida fino al suo crudele assassinio: l'11 settembre 1946 infatti , a soli 34 anni, don Bonifacio scomparve per sempre. Il 3 luglio 2008 papa Benedetto XVI lo proclama beato riconoscendo il suo un vero martirio in odium fidei.
Nell'Istria del periodo bellico e immediatamente successivo, dove s'intreccia l'odio politico ed etnico, in particolare contro i cattolici e gli italiani, don Francesco Bonifacio compie la sua vicenda di sacerdote, lunga neppure dieci anni. L'amore alla povertà, il sacrificio silenzioso e nascosto, la vicinanza ai poveri e agli ammalati e, soprattutto, la passione educativa fanno di lui il simbolo di un popolo e di una Chiesa che ha visto la propria esistenza solcata dalle ferite della persecuzione e della sofferenza.

