
DON LUIGI STURZO
Sacerdote di Cristo al servizio dell’uomo
dalla prefazione di S.E. Mons. Michele Pennisi
Don Luigi Sturzo con intuito profetico avvertì come sua missione quella di introdurre la carità cristiana nella vita pubblica, nella convinzione che questa virtù teologale non può ridursi solo alla beneficenza, ma deve essere l’anima della riforma della moderna società democratica ove le persone sono chiamate a partecipare responsabilmente alla vita sociale per realizzare il bene comune. La carità non può essere dissociata dalla ricerca della giustizia la quale è determinata dall’amore verso il prossimo, che a sua volta è strettamente legata all’amore verso Dio. Da queste premesse il sacerdote calatino concepirà la politica come dovere morale e atto d’amore.
A trentadue anni Giacomo Sintini, detto Jack, è un campione di pallavolo. Ha vinto uno Scudetto e una medaglia d'oro agli Europei con la maglia della Nazionale. La sua carriera è in ascesa. È sposato con la donna che ama ed è da poco diventato papà. Un giorno un dolore alla schiena lo costringe a interrompere gli allenamenti. Ci vogliono mesi e decine di analisi per diagnosticargli quello che lui, ormai, immagina: "Nel buio, da solo, lo confesso a me stesso. Scandisco mentalmente la parola: tu-mo-re. È un dolore cupo, profondo. È nascosto, in un punto dove i miei occhi non possono arrivare". Un linfoma maligno, molto aggressivo. Giacomo comincia in quel momento la sua lotta: per la vita, ma anche per rimanere se stesso e non farsi rubare tutto (la serenità, i sogni) dalla malattia. La combatte con gli strumenti che gli ha dato lo sport: la capacità di fare squadra con i medici e con la famiglia e una forza e una determinazione incrollabili. Dopo un durissimo ciclo di cure e un'infezione che gli fa rischiare la vita, riesce a guarire. A lui, però, non basta: vuole tornare a giocare. "Sono circondato da amore, ma è dura. Nessuno ti dice che Lazzaro per alzarsi e camminare ci ha messo settimane, se non mesi." Con i capelli ormai quasi ricresciuti, Giacomo rientra a far parte di una delle squadre più forti al mondo, il Trentino Volley. Come nel più incredibile dei film, poco prima della finale Scudetto il palleggiatore titolare si infortuna. Tocca a Jack entrare in campo...
Il film scritto e diretto da Joshua Sinclair racconta l’itinerario culturale e umano di Edith Stein, la grande intellettuale assassinata ad Auschwitz dai nazisti e canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1998. Nelle pagine della sceneggiatura, accompagnate dalle fotografie di Vittorio Storaro, emergono la spiritualità, l’umanità e il travaglio interiore della protagonista, il “passaggio” al cattolicesimo e la consapevolezza di appartenere al popolo ebraico e a quello cristiano. L’introduzione di Francesco Alfieri documenta l’accuratezza filologica del testo di Sinclair e la sua coerenza con i principi alla base del pensiero filosofico e pedagogico di Edith Stein: la centralità della persona e la ricerca della verità nella apertura alla relazione e alla alterità.
«Dalla oscurità alla luce, dal nero... al bianco, donando una tonalità cromatica a ognuno dei momenti della vita di Edith Stein. Rosso/Arancio/Giallo/Verde/Azzurro/Indaco/Violetto... dal corpo allo spirito»(Vittorio Storaro).
Una giovane bella e intelligente ragazza di 26 anni, una vita da vivere, speranza in fiore, sogni da realizzare, mille cose da scoprire, bellezza e verità intuita, un libro si è aperto e inizia la lettura, pagine assaporate come ciliegie che appagano lo spirito e il corpo, emozione e passione ad ogni aurora e in qualsiasi istante del giorno e della notte, curiosità e forza, eleganza, candore e femminilità... D'un tratto giorno zero... non ci sono altre pagine da leggere, è finito il fascino delle parole, subentrano paura, disperazione, dolore, speranza dissolta, i sogni finiti... La cerca è conclusa, la vita è finita, l'angoscia pregna il corpo e lo spirito... La malattia ha ucciso la bellezza e la speranza. No! non è un copione già scritto dal dolore e dalla paura di chi sa di andare incontro alla morte. È il diario di un angelo, di una bellezza che si è fatta carne, di una speranza infinita, di una vita che stilla gocce di prezioso significato, un'onda che rigenera la spiaggia e vince l'inevitabile decomposizione delle cose e dell'esistenza. Il miracolo di Maddalena contamina la vita di chi legge queste pagine di infinito amore e speranza. Sembra che non sia mai esistita, sembra impossibile che sia vissuta, i miracoli sembrano impossibili, eppure a volte accadono.
Quando stai tanto male, quando ti capita spesso di sentirti come un pesce che boccheggia sulla spiaggia, a volte avresti voglia di mollare, di alzare le mani e dire: "Okay, mi arrendo". Troppa fatica, troppo dolore. Che se una cosa ce l'hai, tipo la vita, devi poterla usare, altrimenti che senso ha? E quando sei malata, malata per davvero, sei come i bambini poveri davanti alla pasticceria. Tanto vale che rinunci, che smetti di alitare sui vetri. Di sognare una vita che non afferrerai mai davvero. Poi, però, basta una parola, uno sguardo, una carezza. Un messaggio su Facebook o un sms hanno il potere di ribaltare il mondo. Ti rimettono al tuo posto, ti ricollocano sullo sfondo. Capisci che non sei sola, che sei come una tesserina del domino e la tua vita condiziona quella degli altri. Che se cadi tu lo fanno anche loro. La tua famiglia, i tuoi amici, il tuo fidanzato. Tutte le persone che ti hanno voluto bene o si sono prese cura di te. E non vuoi farlo, non puoi farglielo. E poi ci sei tu. Va bene che stai male e sei stanca e tutto il resto, ma come la metti con la vita? Voglio dire, come fai? Ti siedi sul ciglio della strada e ci rinunci? Io, Caterina Simonsen? Impossibile. Amo troppo la vita e tutto ciò che mi ha dato. [...] Con il tempo sono arrivata persino ad amare le cicatrici che punteggiano il mio corpo, a trovarne un significato. Molti pensano che la malattia, una come la mia specialmente, sia sintomo di tristezza e rassegnazione. Una sorta di attesa. Invece è tutto il contrario.
Descrizione:
“Don Sebastiano Plutino. Fondatore del “Movimento Tra Noi” per la spiritualità dell’accoglienza”, racconta la vita e l’opera sacerdotale di don Sebastiano Plutino (1908, Gallina, Reggio Calabria – 2001, Roma).
Fu uno dei primi sacerdoti romani ad interessarsi dei migranti con una rete allargata di collaboratori, di opere sociali specifiche, di proposte religiose nella difesa degli immigrati migranti e soprattutto delle donne migranti con i loro bambini. Fondò il Movimento Tra Noi e l’Istituto Maria di Nazareth, finalizzati ad accogliere ed aiutare ogni persona, principalmente la più emarginata e indifesa, senza distinzione di classe di religione e di cultura, per promuovere una fraternità universale nello spirito di San Luigi Orione.
Lo ricorda così monsignor Giovanni D’Ercole, Vescovo di Dusa, nella prefazione alla biografia: “Ho imparato a conoscere don Plutino per questo suo stile umile e concreto, appreso sicuramente alla scuola di don Orione, che l’aveva accolto da adolescente e dal quale fu capace di bere quella spiritualità dell’accoglienza semplice ed immediata, capace di evangelizzare con i fatti più che con le parole”.
24 marzo 2013. Domenica delle Palme. Nella solennità della sua prima omelia, papa Francesco non pronuncia parole tratte da un raffinato discorso teologico, né citazioni di un dottore della Chiesa. Con tutta la commozione del momento afferma: «Ho ricevuto il primo annuncio cristiano da una donna: mia nonna! È bellissimo questo: il primo annuncio in casa, con la famiglia!» La figura di nonna Rosa è stata quella che più di tutte ha avuto influenza nella vita di papa Bergoglio. Una donna fortissima, che ha attraversato infinite avversità, sempre sostenuta da una fede incrollabile e dalla convinzione che «fare del bene è il miglior modo per sentirsi davvero bene». Incontriamo Rosa la Luchadora una mattina, l'ultima della sua vita, sotto al cielo plumbeo di Buenos Aires. Siamo lì per raccogliere il suo addio e seguire, lungo il sentiero dei suoi ricordi, la storia di un'esistenza che ha attraversato due secoli e l'oceano, ed è stata testimone di incredibili accadimenti. Luci, tenebre e colpi di scena come nel copione di un film. La verità storica, accuratamente cercata, si mischia in questo romanzo al filo di un racconto che riannoda tante vite, tante speranze, tante illusioni. Tutti quei sogni, inseguiti con il rischio dell'estremo pericolo da uomini e donne che, in ogni tempo, non si sono rassegnati, aspirando con un'eterna partenza a un futuro migliore.
Nata in Messico nel 1648, Juana Inés de la Cruz, al secolo Juana Ramírez de Asbaje, riunisce in sé vari mondi che si intrecciano nelle sue opere poetiche, composte anche su incarico dei regnanti novoispanici. Affamata di sapere fin da piccolissima, diventa ben presto famosa per l’ampiezza e la profondità delle sue conoscenze in molti campi e affermata esponente del barocco ispano-americano. Non vuole sposarsi, e sceglie la consacrazione religiosa come quella più compatibile con il desiderio di studiare la teologia e le sacre Scritture. In convento sperimenta importanti e intime relazioni fra donne e compone le appassionate liriche per la contessa Maria Luisa de Paredes, ma deve anche scontrarsi con l’invadenza dei direttori spirituali che premono perché, in considerazione del suo sesso, rinunci al sapere, alla poesia, alle scienze sacre. A questo patriarcato camuffato da spiritualità Juana oppone la libertà che le viene da Dio, la genealogia delle donne bibliche e una domanda ancora attualissima: «Quale rivelazione divina, quale decisione della Chiesa, quale regola dell’intelletto avrebbe creato una legge così severa per noi?».
La Casa delle Ragazze è una struttura che si trova a Rimini, voluta da don Oreste Benzi per accogliere le vittime di tratta e sfruttamento sessuale, con l'aiuto di volontari che scelgono di condividere con loro la quotidianità, per tentare insieme di curare le ferite e illuminare la strada di un nuovo cammino. Tra i volontari c'è l'autrice di questo libro, che pagina dopo pagina ci coinvolge nel suo viaggio alla scoperta di un mondo sconosciuto. Con lei anche il lettore può entrare in questa casa dove vive un pezzo d'Africa che, attraverso vie travagliate, è approdato sulla penisola. Tra citazioni di Dante e Leopardi, l'autrice ci fa incontrare «storie, dubbi, cadute, certezze conquistate a fatica, domande senza risposta, e risposte diverse dalle consolidate certezze», sollevando il velo su un dramma che si consuma lungo le nostre strade, ma anche sulla vita che, tra mille difficoltà, può tornare a fiorire.
Con narrazione avvincente, il libretto sintetizza il volto e lo spirito di un uomo di cultura, generoso alpino e protagonista del movimento cattolico del Novecento. Uno splendido esemipo di come un fedele laico sia riuscito a esercitare il proprio compito profetico e a testimoniare il Vangelo nel fluire della vita quotidiana (1916-1945).
Sono tante le sorelle, che dalle provenienze più diverse hanno incontrato il Signore sulla "piccola via" indicata da don Giovanni Tamburelli (1877-1968), il "Padre", fondatore dell'Istituto secolare A.R.A., che con splendida intuizione ha saputo delineare un carisma, sconcertante per la sua semplicità, ma ricco e prezioso nel suo sostegno al ministero sacerdotale. Sulla strada indicata da don Tamburelli, molte sorelle hanno cercato e cercano di proseguire il cammino secondo lo spirito da lui voluto, fondato sull'amore, sulla riparazione e sull'apostolato, facendo tesoro delle sue indicazioni che esortavano ad avere "un cuore largo, capace di appassionarsi tenacemente di un ideale alto, vivo e vibrante, come quello dell'A.R.A., che si forma alle divine esigenze di un cuore divino tutto appassionato d'amore e di anime...". L'autore del presente volume ha saputo ben cogliere lo spirito, le ansie, le difficoltà di don Tamburelli, facendo emergere anche il suo entusiasmo e la sua passione per "le cose di Dio", che lo hanno portato a tracciare un cammino spirituale che la chiesa, mediante i suoi pastori, ha dimostrato di apprezzare e incoraggiare.