
Dodici storie (ordinarie) di persone speciali che hanno saputo morire cristianamente.
Questo libro è il racconto della vita terrena di Anna Maria scritto dal suo sposo e dedicato a tutti coloro che hanno conosciuto e amato questa donna "della porta accanto", che ha vissuto con meravigliosa normalità il suo essere donna, sposa e madre. "Far posto agli altri nel proprio cuore" è stata la regola di vita per Anna Maria: con questo programma, maturato nella preghiera e vissuto con gioia, ha percorso fino in fondo la strada che il Signore ha tracciato per lei. Pagine che hanno la dolcezza del ricordo e il sapore della testimonianza.
Una presentazione per ragazzi delle scuole medie della figura di Anna Maria Marchisio Rosa (1937 - 1990), già al centro della biografia pubblicata da Ancora "Anna Maria. La gioia di una vita". L'autore, marito di Anna Maria, racconta con linguaggio fresco e accattivante la vicenda esemplarmente normale di una cristiana dei nostri tempi, madre di 5 figli (2 dei quali adottivi), che vive con gioia e con amore, al servizio del Vangelo, donando tutta se stessa senza risparmio, sempre col sorriso sulle labbra, anche nei momenti di maggiore difficoltà o sofferenza.
Uno studio rigoroso e appassionato sull'insediamento delle suore Sacramentine in Riviera del Brenta. Un progetto d'amore che ha cambiato il volto di un territorio.
Questo libro è dedicato al "veggente cieco" che accompagna il lettore per tutti i giorni del Calendario. Questa pubblicazione dà al lettore la possibilità di iniziare la sua giornata ascoltando la parola di un saggio. "Saggio" e "santo" sono prerogative che nella Bibbia si identificano. Esse furono riconosciute, in vita e dopo morte, a Frate Ave Maria, l'Eremita cieco della Divina Provvidenza, vissuto a Sant'Alberto di Butrio, e proclamato "venerabile" da San Giovanni Paolo II. Non è facile scrivere per un non vedente... ma Frate Ave Maria parlava alle anime di Gesù mediante la parola scritta: in questo libro vengono raccolte ben 1389 lettere che lui aveva indirizzato a persone di ceto e condizioni differenti. In esse si rivela tutta la personalità e la spiritualità del nostro Venerabile. Ed è proprio da queste lettere che sono tratti i pensieri che accompagneranno il lettore, giorno per giorno, durante un anno con Frate Ave Maria.
«Mio carissimo Odoardo, si è abbassata la temperatura e l'aria fresca mi fa pensare all'ormai prossimo inverno. Sarà ancora un inverno di guerra ? Dovremo trascorrerlo con questa grande pena in cuore che lo farà più triste, più freddo, più lungo? Dovremo viverlo sotto l'incubo dell'invasione e dei suoi pericoli che da un momento all'altro ci può cacciare dalle nostre case, in mezzo al freddo, ai disagi?». Le lettere, finora inedite, raccolte nel libro sono state scritte dalla moglie di Odoardo Focherini (1907-1944) tra il 9 maggio 1944, quando si trovava nel carcere di San Giovanni in Monte a Bologna, e il 29 maggio 1945, pochi giorni prima che la notizia della sua morte giungesse alla famiglia. Per aver salvato decine di ebrei tra il 1943 e il 1944, Focherini è stato insignito della medaglia di Giusto fra le Nazioni dallo Stato d'Israele e della medaglia d'oro al merito civile dalla Repubblica Italiana. La Chiesa cattolica lo ha beatificato nel 2013.
Questo santo napoletano è uno dei più popolari del XVIII secolo, per il suo stile semplice e immediato e per la sua dottrina sul sacramento della Penitenza. E anche per aver composto, fra gli altri, uno dei canti natalizi più conosciuti ed eseguiti di sempre: "Tu scendi dalle stelle".
Adriana Zarri (1919-2010), scrittrice, teologa ed eremita, ha saputo conciliare una profonda tensione spirituale e contemplativa con la partecipazione appassionata al rinnovamento cattolico e alle grandi battaglie sociali della seconda metà del Novecento. Dotata di una forza di intervento radicale e di una rara qualità interiore, come ricordano il filosofo Mario Tronti e il teologo Giannino Piana, univa la verve polemica, inflessibile strumento di affermazione di quella che per lei era la verità, a una folgorante esperienza di Dio che espresse nella creazione di eremi vissuti e condivisi come oasi di armonia naturale e di respiro cosmico. Questo libro, attraverso fonti edite e inedite, ne ricostruisce per la prima volta la biografia, dall'infanzia a San Lazzaro di Savena (Bologna), alla giovinezza nella Compagnia di San Paolo, alla maturazione di una scelta eremitica in luoghi appartati della campagna piemontese. Ne ripropone la ricerca religiosa ispiratrice di una originale teologia mistica e trinitaria, la partecipazione con voce propria e distinta alle vivaci stagioni riformatrici prima e dopo il Concilio Vaticano II, la pratica di un monachesimo estraneo a forme di istituzionalizzazione e autonomo dalle strutture ecclesiastiche. Lettere, saggi, romanzi, articoli pubblicati su svariati periodici cattolici e laici - tra cui «L'Osservatore della Domenica», «Settegiorni», «Il Manifesto», «Rocca», «Anna» - attestano la libertà di critica e di proposta e la trama di amicizie eccellenti - da Benedetto Calati a Rossana Rossanda, da Luigi Bettazzi a Sergio Zavoli, da Marie-Dominique Chenu a Pietro Ingrao - che accompagnarono la sua vita e la sua riflessione.
"Poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini": così l'arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini salutava padre David Maria Turoldo celebrandone il funerale l'8 febbraio 1992, restituendo in pochi tratti un'esistenza cristiana tra le più intense del Novecento italiano, spesa per la salvezza de "L'Uomo" - nome emblematico di una testata promossa in gioventù -, e volta alla penetrazione del silenzio di Dio. Nella Milano della Resistenza e del dopoguerra, nella Firenze di Giorgio La Pira, a Sotto il Monte - terra di Giovanni XXII - negli anni precedenti e successivi al Concilio Vaticano II, dentro e fuori i canoni dell'Ordine dei Servi di Maria a cui con convinzione appartenne, Turoldo diede corpo e voce alle aspirazioni di rinascita religiosa, civile, sociale della sua generazione, guadagnando consensi e suscitando dissensi. Le censure e le sanzioni in cui incorse per via gerarchica non gli impedirono - consolato da una vena poetica che si completò negli anni con una fertile ispirazione di traduttore dei Salmi e creatore di inni per la liturgia - di esprimere in molteplici forme comunicative le domande di libertà, giustizia, pace, che animavano gli scenari e le coscienze del suo tempo.
“Bastava guardarlo
e vederlo passare:
per noi era pane”
Parroco dei lontani, voce dei poveri, profeta della pace, “contestatore per tutte le stagioni” o figlio “obbedientissimo” della chiesa: le diverse letture della figura di don Primo Mazzolari offerte nel tempo rivelano le tracce persistenti impresse dalla sua avventura cristiana nella storia del Novecento. Negli anni che vanno da Pio X a Giovanni XXIII, dal modernismo alle soglie del concilio Vaticano II, questo “parroco rurale” si impegnò in prima persona nel confronto che la chiesa stava vivendo con l’incalzante modernità, offrendo risposte e percorsi originali che gli guadagnarono censure e incomprensioni, ma insieme riconoscenza e affetto da parte di una nutrita platea di discepoli e lettori. Ripercorsa a cinquant’anni dalla morte, la sua memoria risulta ancora feconda e fonte di ispirazione per la vita cristiana di oggi, provocatrice delle salutari inquietudini che fanno del cristiano un “pellegrino dell’assoluto” immerso nel quotidiano, un cercatore di Dio intimamente solidale con le angosce e le attese dell’intera umanità.
Mariangela Maraviglia (Pistoia), pubblicista e saggista, si occupa di figure del cattolicesimo contemporaneo impegnate in ambito sociale e nel dialogo ecumenico. Membro del Comitato scientifico della Fondazione don Primo Mazzolari, al prete cremonese ha dedicato diversi volumi e studi. Per le nostre edizioni ha curato: Sorella Maria di Campello, P. Mazzolari, L’ineffabile fraternità. Carteggio (1925-1959).
La testimonianza di come l'impegno e l'assunzione di responsabilità da parte di una comunità, che si riunisce intorno a una motivazione di giustizia, vissuta sia in chiave cristiana sia civica, può davvero generare un cambiamento sociale, culturale e educativo. Nei comuni della cintura sud-ovest di Milano, si conta un bene confiscato ogni mille abitanti. È un dato che dice chiaramente quanto la presenza della criminalità organizzata è forte, reale, pervasiva. Una presenza che sottrae risorse alla comunità e impatta su tutti. Pensiamo alla fatica che devono fare tante aziende sane per competere con chi non rispetta le regole, anzi le infrange ricorrendo a minacce e violenza. Se da un lato la criminalità toglie, dall'altro i beni confiscati devono essere in grado di restituire, cioè diventare volano di solidarietà, inclusione, accoglienza. In primo luogo, restituire senso di giustizia. E per vincere davvero, lo Stato, inteso come comunità che vive e abita un territorio, deve essere in grado di far generare qualcosa di positivo da quel bene, mettendolo a disposizione di chi ha più bisogno. Ecco che cosa racconta Libera Masseria: un bene confiscato, oggi "liberato", che testimonia come l'impegno e l'assunzione di responsabilità da parte di una comunità possono davvero generare un cambiamento sociale, culturale e educativo. «Ecco cosa accade quando un sogno incontra la giustizia! E don Massimo è uno abituato a sognare in grande. Grande come un edificio in stato di abbandono che un giorno scopre esistere nel comune di Cisliano, cintura sud di Milano. Si tratta di un immobile appartenuto a una famiglia della 'ndrangheta, giunto quasi al termine di un processo di confisca e il cui destino è ancora incerto. Per fortuna, la consapevolezza dei problemi da affrontare non basta a scoraggiare le persone come don Massimo, né le centinaia di associazioni e gruppi impegnati nel recupero e nella riconversione dei beni mafiosi. Tutte queste realtà hanno capito una cosa fondamentale: l'importanza di mandare segnali di concretezza alle popolazioni colpite dalla prepotenza mafiosa. Segnali senza i quali tutti i discorsi sulla legalità, la responsabilità e la partecipazione civica rischiano di suonare sempre più vuoti e retorici. Questo è un libro che merita di essere letto, perché, nel raccontare una singola storia, ci parla di molte questioni cruciali dell'Italia di oggi.» (don Luigi Ciotti).
A cura di C. Ghidelli
Il volume presenta la figura di Carlo Manziana (1902-1997), prete della Congregazione dell'Oratorio di Brescia, che visse la terribile esperienza del campo di concentramento di Dachau.
Attraverso alcuni suoi scritti, per lo più inediti, emerge in modo evidente la dimensione educativa che ha sempre caratterizzato la sua azione pastorale e il suo magistero.
SOMMARIO
Introduzione: messaggio di una vita di Carlo Ghidelli.
Libertà evangelica di Carlo Manziana.