
"Entrai a piedi nella città, passai di fianco alle grandi carceri di San Vittore, diedi una benedizione e pensai: lì vivono migliaia di persone che devo andare a trovare." Con queste parole Carlo Maria Martini ricordava il suo ingresso a Milano il 10 febbraio 1980. Dalle visite in carcere che fece lungo tutto il suo mandato episcopale nasce la riflessione racchiusa in queste pagine: come e perché fare in modo che la pena sia giustizia ma anche ricomposizione? Marta Cartabia, presidente della Corte costituzionale, e Adolfo Ceretti, docente di Criminologia, si confrontano con il magistero di Martini spiegando il valore che esso continua a racchiudere e la necessità ancora viva di ciò che l'arcivescovo auspicava: una giustizia che ricucia i rapporti piuttosto che reciderli, promuova i valori della convivenza civile, porti in sé il segno di ciò che è altro rispetto al male commesso.
"Il cardinale del dialogo" è un appellativo che ben descrive l'instancabile spendersi di Carlo Maria Martini nell'impegno a favore di positivi rapporti con l'alterità, declinata nelle sue più varie versioni: rapporti con gli ebrei, il mondo ebraico e Israele; rapporti con le diverse chiese cristiane e rapporti con i musulmani, anche con uno sguardo alle grandi religioni orientali. Negli oltre cento interventi raccolti nel libro, la voce di Martini si alza limpida sopra il coro di diffidenza che riempie il nostro quotidiano, mettendo a fuoco il senso del farsi altro, dell'aprirsi all'accoglienza, dell'affermare la propria identità partendo dal confronto e non dalla prevaricazione. Così gli incontri legati all'ebraismo diventano per lui fondativi in quanto riconoscimento cristiano delle proprie radici, e il discorso di sant'Ambrogio del 1990, intitolato 'Noi e l'Islam', coglie in anticipo l'urgenza di fare i conti con il nuovo protagonismo della religione musulmana su scala mondiale, all'interno di società sempre più segnate dal fenomeno del pluralismo religioso. Il cardinale rende viva e attuale la riflessione sulla fede, scavando sotto la superficie delle parole evangeliche per arrivare fino alla concretezza terrena della vita umana.
Giornalista della Repubblica, Silvia Giacomoni si trovò a raccontare per il suo giornale i momenti pubblici, i discorsi e l'attività pastorale di Carlo Maria Martini fin dall'arrivo del cardinale a Milano nel 1980. Cresciuta in una famiglia anticlericale, del tutto digiuna di Chiesa, di religione, per non parlare della Bibbia, Giacomoni iniziò a seguire Martini con il distacco della cronista e finì per accompagnarlo fino alla morte con l'affetto premuroso dell'amica, lei stessa profondamente cambiata da un lento processo di conversione che ebbe in Martini un motore fondamentale.
Pensieri, aforismi e sentenze: è in forma breve il diario intimo che Simone Weil tenne fra il 1940 e il 1942. Ogni suo pensiero racchiude un afflato universale che riverbera l'assoluto, la certezza che soltanto l'amore sovrannaturale è libero, lecito e naturale. Il resto appartiene al qui e ora, con tutto il peso dell'immanenza. Weil ci dice che la totale permanenza così come l'estrema fragilità restituiscono il senso dell'eterno, e le sue parole ci sono di conforto: le sentiamo vibrare dell'urgenza di dare al nostro vivere un senso più alto.
Un breve saggio.
La fisica contemporanea ha sconvolto il senso comune ben più di quanto abbia fatto la constatazione che la Terra è rotonda invece che piatta; ma proprio la sua particolarità, la sua estrema specializzazione, rimanderebbero, secondo Guitton, "a quell'essere trascendente che le religioni chiamano Dio". Il dialogo di Guitton con Igor e Grichka Bogdanov si delinea così come una sorta di "filosofia ad alta voce", non molto diversa da quella che si praticava nelle piazze dell'antica Grecia o nei chiostri del Medioevo; solo che ora è centrata su una costellazione di idee tratte dalla relatività generale, dalla meccanica quantistica, dallo studio del "caos deterministico".
"Uso la parola credo nel senso in cui la usa la gente comune, quello cioè di avere la fede religiosa, la fede cristiana. La domanda che riguarda quello in cui crediamo in segreto è l'unica alla quale non abbiamo il diritto di sottrarci". Così inizia questa riflessione sui grandi temi dello spirito e del cristianesimo alla luce della crisi dei valori (e delle verità) che attanaglia l'uomo contemporaneo. Al materialismo e alle filosofie umane di questo secolo Guitton contrappone la forza argomentativa del filosofo e la propria esperienza di fede. Il suo discorso si apre al confronto con l'altro, con chi pensa all'opposto, al quale invia un messaggio di tolleranza. Prefazione di Giulio Giorello.
Raccolta degli Scritti filosofici di John Henry Newman.
La "Teosofia" del beato Antonio Rosmini costituisce il vertice della sua speculazione metafisica, in cui i fondamenti ontologici della sua filosofia vengono presentati e guadagnati in modo cospicuo. Il "grande frammento" della "Teosofia" è il punto di riferimento fondamentale per chiunque voglia intendere il pensiero del filosofo roveretano; un pensiero sistematico, ma allo stesso tempo non chiuso in se stesso, capace di presentarsi come attuale e pronto a essere inteso oggi come spunto formidabile per riflessioni successive scevre da qualsiasi pregiudizievole valutazione teoretica. La "Teosofia", che nell'odierno contesto della "quarta fase" degli studi rosminiani viene recepita come il punto di partenza di una riaffermazione della metafisica come pensiero forte e concreto, è fonte inesauribile nel mostrare all'uomo di oggi, spesso vittima delle tendenze nichilistiche, un orizzonte nuovo in grado di elevarne lo spirito ad altezze che sembrerebbero impossibili, pur senza insuperbirne l'animo. Introduzione, note e apparati di Samuele Francesco Tadini.
Una lettrua biblica che è anche soprattutto un'alisi lucida e profonda della politica e del potere.
La parola di Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco, illumina la questione sociale. Riflettere sul destino di una comunità significa partire dalla visione consapevole di un mondo animato da tensioni e disuguaglianze. Nulla si può fare contro questo stato di cose senza una salda memoria delle proprie radici, perché il viandante deve sempre verificare dove si trova, da dove arriva e dove si sta dirigendo. Si tratta, ci dice il Papa, di “creare il cammino”. Per fare questo dobbiamo, in uno sforzo comune, superare lo sradicamento, recuperare le certezze e soprattutto avere coraggio di fronte al futuro. Quella che ci propone Papa Francesco è una “cultura dell’incontro”, un progetto da vivere e sentire insieme. Una grande idea di solidarietà anima la voce di questo Papa. Umilmente, come mai è stato fatto prima di lui, egli ci invita a prendere coscienza del senso originario della spiritualità cristiana, e a capire che “se vogliamo provare a dare un contributo alla nostra patria non possiamo perdere di vista nessuno dei due poli: quello utopico e quello realistico, perché sono entrambi parte integrante della creatività storica”.

