
Palermo, 1204. Berardo, arcivescovo di Bari, si aggira nei vicoli in compagnia di Federico, un ragazzino cresciuto per strada, amico di arabi ed ebrei, ed erede del Regno di Sicilia. Incaricato dal papa di educarlo come un re cristiano, Berardo partecipa al sogno di Federico di riportare la sua terra all'antica grandezza, facendone il punto d'incontro di filosofi e scienziati di tutto il Mediterraneo. È al suo fianco quando i principi di Germania gli offrono la corona che fu di Carlo Magno, accendendo in lui il desiderio di rendere il Sacro Romano Impero forte e unito come la Roma dei Cesari. Tollerante e carismatico, colto e ambizioso, lungimirante e sanguigno: l'uomo conosciuto come Stupor Mundi rivive in tutto il suo fascino e le sue contraddizioni.
Non è solo la siccità che affligge il suo Botswana a impensierire Precious Ramotswe. Sembra impossibile, ma qualcuno ce l’ha con la più famosa detective dell’Africa. La sua assistente, la valida Grace Makutsi, ha scoperto nella corrispondenza una lettera minatoria, rigorosamente anonima. Benché preoccupata, la signora Ramotswe non può perdere troppo tempo e si tuffa nelle indagini di un nuovo caso, quello di una giovane donna adottata che vuole scoprire se qualche suo consanguineo è ancora vivo. E poi c’è un dolore di fondo. Il signor JLB Matekoni, buon marito e bravo meccanico, è perso dietro a un sogno: si aggrappa alla speranza che, grazie a un costoso miracolo, Motholeli, la figlia adottiva, possa tornare a camminare.
Precious, però, riesce a muoversi con grazia anche in mezzo ai problemi, sa prendersi i suoi tempi, seduta a meditare, ma sa anche sfrecciare sul mitico e scalcagnato furgoncino bianco, se occorre. Ed è in grado di riconoscere i miracoli, quando li vede. Non quelli grandiosi, ma quelli più terreni e altrettanto meravigliosi: sentirsi amata come una mamma, l’incontro tra due anime gemelle e la terra che ritorna verde dopo una pioggia attesa e rinfrancante
In breve
Luigi Martinotti lavora in un fast food. Frigge patatine, ma in realtà la sua vocazione, vivissima malgrado l’interruzione degli studi universitari, è quella dello storico. È riuscito anche a elaborare una teoria storica… Un uomo. Una vocazione intellettuale. La storia di un fallimento che scivola in follia.
Il libro
Luigi Martinotti lavora in un fast food. Frigge patatine, ma in realtà la sua vocazione, vivissima malgrado l’interruzione degli studi universitari, è quella dello storico. Su un tavolo della Biblioteca comunale consuma tutte le ore di libertà, ricostruendo e interpretando eventi del passato. Ci sono momenti in cui riesce addirittura a distinguere, quasi fosse una visione, l’incontro fra Attila e papa Leone. È riuscito anche a elaborare una teoria storica, secondo la quale i mutamenti della società sono il prodotto di una terribile “insofferenza dell’insicurezza”, che spinge gli uomini, cambiando continuamente, a inchiodare il mondo in un presente immobile e rassicurante. Anche la quiete apparente di Luigi Martinotti obbedisce a questa legge. La sua sensibilità, sospesa tra aspirazioni intellettuali ed esposizione al fallimento, si lascia contaminare dall’imprevedibilità dei rapporti umani, ivi comprese l’intensa relazione sessuale con Antonella, cameriera del fast food, e la tenerezza per il figlio di lei. Solo l’amico Giuseppe – estroso insegnante affetto da una malattia genetica che lo getta in ricorrenti crisi depressive – riesce a tenere accesa la sua vocazione e a comunicargli una sorta di profonda serenità. Quando il fallimento come storico è definitivo, la sua mente vacilla, la realtà progressivamente si oscura, e non resta che passare alla follia. Vera? Presunta?
L’intelligenza e la tenacia
di un solo giovane
possono illuminare
l’intero villaggio.
“Prima che scoprissi i miracoli della scienza, era la magia a governare il mondo.” A sei anni William scampa a una maledizione, a quindici vuole diventare ingegnere: gli piace studiare, quasi quanto andare a caccia e in giro per la foresta con l’amico Gilbert. Ma nel Malawi, dove è nato, l’istruzione e` un lusso, la tecnologia è una forma inaffidabile di stregoneria, e comunque prima viene il lavoro nei campi, la lotta quotidiana per sopravvivere. Quando il villaggio viene colpito dall’ennesima carestia, William conosce la fame più nera; e mentre lottano per sfamare le bocche di casa, i genitori non possono più permettersi una retta di 80 dollari all’anno né un figlio improduttivo. Il ragazzo sa che per tornare sui libri deve risolvere nientemeno che l’emergenza principale del Paese: la siccità. Ebbene, le uniche cose che non mancano mai nel Malawi sono il vento e i rifiuti? Armato di un mucchietto di vecchi manuali, di una mezza bicicletta, ingranaggi di trattore e pezzi di metallo raccolti in una discarica, William si impegnerà per realizzare la sua personale magia: imbrigliare la forza del vento e trasformarla in luce, acqua, vita. Da un’infanzia ancora intrisa di leggende alla promessa di un brillante futuro nella tecnologia, la storia di William e del suo piccolo sferragliante miracolo ha conquistato il mondo diventando un simbolo di riscatto. I libri di fisica, le difficoltà economiche e lo sconforto, il sostegno degli amici, l’incredulità dei compaesani e la fiducia dei familiari: fino a quella prima lampadina tremolante che si accende tra le mani del giovane inventore. Il ragazzo che tutti chiamavano misala, “pazzo”, ha catturato il suo sogno e incarnato le speranze di un intero continente.
Oltre ai 2279 sonetti in dialetto romanesco, il suo "monumento della plebe di Roma", Belli ha scritto pagine in prosa, qui proposte, il cui valore letterario è ancora tutto da scoprire e che lo collocano tra i grandi umoristi del suo secolo. La "Vita di Poliremo" e il "Ciarlatano", la "Storia cefalica" e "Un fenomeno vivente", con le lettere alle amiche e agli amici fidati, ci offrono una prosa divertita e irriverente, sorretta da una smisurata cultura: vi coabitano il piacere ludico e la satira sociale o letteraria, il pastiche linguistico e gli ammiccanti doppi sensi, il realismo fiammingo e la deformazione grottesca. A Pietro Gibellini si deve il discorso critico introduttivo; le presentazioni dei singoli testi e le note di Edoardo Ripari chiariscono ogni aspetto e ogni possibile difficoltà del testo.
Chiunque abbia amato un cane sa di cosa parla questo libro. È una storia vera e racconta di una grande amicizia, di tenerezza e dolore, di lealtà e tenacia. E, più di tutto, racconta di una speranza incrollabile. È la storia di un cane straordinario, Hachiko, del suo padrone, il professor Ueno, e di un appuntamento mancato in una stazione di Tokyo. Di un'attesa paziente durata dieci anni e di una fedeltà senza eguali, che ha commosso il Giappone e il mondo intero. Ancora oggi la statua di Hachiko, nella piccola stazione pendolare del quartiere di Shibuya, è uno dei monumenti più visitati di Tokyo. Perché nessuno è immune al fascino di questa storia, e chi vi si imbatte impara almeno una cosa: quando un cane ama il suo padrone, non c'è niente che non farebbe per lui.
Una scoperta sconvolgente e carica di tormento, conduce il protagonista di questa vicenda dalle nebbie della val Padana, alle cime dell’Appennino, passando per la gelida Russia sovietica degli anni Trenta. Un tragitto dell’anima alla scoperta della verità di un uomo che credendo fermamente negli ideali comunisti, arriva, accompagnato dal padre, fino ai margini dell’abisso, scoprendo a quale orrore può portare “quella forza” – il partito – a cui certi uomini hanno consegnato tutto incondizionatamente. Ci sono fatti che non possono essere ignorati, che chiedono di essere esplorati e, come farà il protagonista, di essere condotti dove forse non si vorrebbe arrivare. Luca Varni, giornalista di fama e storico di passione, subisce proprio l’incedere dei fatti accettando di seguirne la traccia, in un incalzare di rivelazioni sorprendenti. Un tragitto nel buio nero e profondo che intravvede la luce, anticamera di una speranza ancora tutta da conquistare, solo quando il protagonista accetterà di arrendersi all’amore della sua donna.
«Un libro che vi darà il batticuore. La principessa di ghiaccio è un gioiello nella letteratura scandinava di genere» Val McDermid
Erica Falck è tornata nella casa dei genitori a Fjällbacka, incantevole località turistica sulla costa occidentale della Svezia che, come sempre d’inverno, sembra immersa nella quiete più assoluta.
Ma il ritrovamento del corpo di Alexandra, l’amica d’infanzia, in una vasca di ghiaccio riapre una misteriosa vicenda che aveva profondamente turbato il piccolo paese dell’arcipelago molti anni prima.
Erica è convinta che non si tratti di suicidio, e in coppia con il poliziotto Patrik Hedström cerca di scoprire cosa si nasconde dietro la morte di una persona che credeva di conoscere.
A trentacinque anni, con la sensazione di non sapere bene cosa volere nella vita ma stimolata da un nuovo amore, approfitta del suo status di scrittrice per smascherare menzogne e segreti di una comunità dove l’apparenza conta più di ogni cosa.
Tra gli ultimi clamorosi fenomeni del poliziesco svedese, Camilla Läckberg è stata in patria l’autrice più venduta per tre anni consecutivi; grazie ai suoi personaggi così ricchi di sfumature e alle trame attente agli aspetti più oscuri della psicologia umana è stata definita dalla critica la nuova Agatha Christie del Nord.
Un grande successo internazionale
- diritti venduti in 27 paesi
- più di 3 milioni di copie in Svezia
- in testa alle classifiche in Francia, Spagna e Germania
- La principessa di ghiaccio sarà presto un film prodotto in Francia da UGC
I giudizi della critica
«Più di 500.000 copie vendute per La principessa di ghiaccio della nostra Autrice dell’anno. Abbiamo una nuova star del poliziesco. Geniale!» Freundin (Germania)
«Trentacinque anni, nubile e senza figli, Erica ha dei problemi di cuore e di linea, proprio come la sua eroina Bridget Jones. Quello di Camilla Läckberg è un poliziesco notevole, che è già tra i più venduti dell’estate» Elle (Francia)
«Un altro eccellente scrittore scandinavo conquista il mercato anglosassone» The Times (Inghilterra)
«Una trama splendida, in stile Agatha Christie, con un ottimo e genuino cast di personaggi. Una lettura difficile da interrompere» Sala Allehanda (Svezia)
“Se vi piacciono i libri come L’Alchimista o Il piccolo principe,
amerete La timidezza delle rose.”
Time Out
Diana è una ragazza poco più che ventenne. Tutto nella sua vita sembra scorrere normalmente – amici, amori, studio –, fino a quando una lettera sconvolge la sua vita. La madre, infatti, prima di morire, le ha lasciato un messaggio in cui le rivela l’esistenza di una sorella gemella, Mary, che il padre aveva portato via con sé. Dopo aver ascoltato le parole di un vecchio cartomante, che la fanno riflettere sul suo destino, e dopo aver letto le lettere che Mary aveva mandato alla madre parlando di un giardino di rose a Istanbul, Diana si convince alla ricerca di sua sorella. Parte così per la Turchia. Non sa ancora cosa l’attende: un viaggio nel sapere, che ridefinirà profondamente tutta la sua vita, sia passata che futura.
Dall’occhio di un grande fotografo per caso, ventisei istantanee – e altrettante paradossali didascalie – di un mondo nascosto, che nessun altro ha saputo vedere.
Quando, alla fine del secondo pannello della trilogia, il giovane Tito, signore di Gormenghast, trova la forza di strapparsi al suo reame, la cui bellezza si è ormai corrotta in cupa fatiscenza, le parole della madre - "Non esiste un altrove. Tutto conduce a Gormenghast" - sembrano richiudersi sulla sua fuga come una pietra tombale. Scoprirà che un altrove esiste, ma che è divorato non meno di Gormenghast dal Male: la città a cui approda è solcata dalle disumane meraviglie del controllo poliziesco - figure con l'elmetto che paiono scivolare sul terreno, sciami di velivoli senza pilota simili a equazioni di metallo, globi dalle viscere colorate quasi umane -, sottomessa a una scienza dispensatrice di morte. E nei cunicoli del Sottofiume vive una immane popolazione di reietti, fuggiaschi, falliti, mendicanti e cospiratori che non vedranno mai più la luce del sole. Scoprirà che al di là della sua nessun'altra realtà è per lui decifrabile, così come la sua è per gli altri inconcepibile: lontano da Gormenghast non c'è che l'ossessione del ricordo, e la follia. Dovrà, sorretto dall'aiuto di pochi - il gigantesco Musotorto, l'amorosa Giuna, i transfughi del Sottofiume Cancrello, Frombolo e Sbrago -, combattere, sfuggire a insidie, sottrarsi a ogni vincolo d'amore, amicizia e riconoscenza per conquistare l'unica verità che conti: "Era come una scheggia di pietra, ma dov'era la montagna dalla quale si era staccata?".
Già negli anni Trenta, quando scrisse Addio a Berlino, Christopher Isherwood sosteneva di voler trasformare il proprio occhio di romanziere nell’obiettivo di una macchina fotografica. Ma per lungo tempo – attraverso libri molto diversi fra loro, e spesso segnati dai personaggi fittizi o reali che raccontavano – l’intenzione rimase una di quelle fantasticherie stilistiche che spesso gli scrittori inseguono per tutta la vita, senza realizzarle mai. E invece nel suo ultimo romanzo – questo – Isherwood trasforma una giornata nella vita di George, un professore inglese non più giovane che vive in California, in un’asciutta, e proprio per questo struggente, sequenza di scatti. Non è una giornata particolare per George: solo altre ventiquattr’ore senza Jim, il suo compagno morto in un incidente. Ventiquattr’ore fra il sospetto dei vicini, la consolante vicinanza di Charlotte, la rabbia contro i libri letti per una vita ma ormai inutili, e il desiderio per un corpo giovane appena intravisto ma che forse è già troppo tardi per toccare. Quanto basta per comporre un ritratto che non si può dimenticare, e un racconto che alla sua uscita sorprese tutti, suonando troppo vero per non essere scandaloso.

