
“All’inizio c’era un albero, un albero d’autunno – senza più foglie
ma con dei piccoli frutti gialli per gli uccelli d’inverno.
E già nevicava …
… poi c’erano le nuvole: strane, non autunnali, estive piuttosto.
Il cielo era scuro, cupo, si udivano dei tuoni.”
“Sarebbe stato innaturale operare delle distinzioni rigide tra le diverse parti del libro, dividendolo in “segmenti”, mentre è piuttosto utile seguire il ‘sentiero di circolazione’ della lettura sulla mappa generale. Per questo il libro comincia con Alexandra, per poi proseguire con i racconti brevi che introducono note relative alla storia, alla guerra e ai ricordi familiari – alla base della poetica e della visione del mondo di Sokurov, esposte poi nei Diari e quaderni di lavoro –, fino ad arrivare agli Appunti per delle lezioni di filosofia, i quali per il tono poetico rimandano più allo stile recondito dei diari che ad un essai di intento filosofico-estetico. Da questa prosa intima l’autore conduce poi il lettore alle Elegie, seguite da una specie di “lettera a se stesso” intitolata Il mio posto nel cinema. Il libro si conclude infine con il frutto delle riflessioni su Ejzenstejn, i cui disegni servono in realtà a Sokurov come spunto per rileggere di nuovo il mondo e l’arte, oltre che se stesso. In questo modo il lettore, condotto dalle steppe cecene alle silenziose stanze del Cremlino fino alle isole giapponesi, può avvertire la vita pulsante dello spirito dell’autore e diventare testimone di come egli si senta in questo mondo – immergendosi nell’intimità dei suoi diari e delle memorie, e superando così l’apparente non-fluidità di un’opera non omogenea.”
Dalla Postfazione di Alena Shumakova
«Si voglia o no, piaccia o no ai fini letterati che, come diceva Céline, passano il loro tempo a infilare perline (ma il suo paragone era molto più crudo), l’opera di Simenon è una delle fondamentali del Novecento, una coerente e vasta rappresentazione di una condizione umana più comune di quanto non vogliano i letterati, e come hanno invece capito tanti filosofi o teologi. Queste Memorie intime aggiungono molto alla comprensione dell’opera simenoniana e sono loro il vero “romanzo autobiografico” di Simenon ... sono uno dei grandi libri di Simenon, un’interrogazione profonda che, per molti versi, per molti lettori, può stimolare la stessa adesione sofferta e rivelatrice dei suoi grandi romanzi».
Siamo a New Orleans – che qui si chiama New Valois, ma rimane perfettamente riconoscibile – a metà degli anni Trenta. Un cronista a caccia di storie vendibili arriva in un piccolo aeroporto, dove familiarizza con i protagonisti di un cupo ménage à trois: un pilota che si guadagna da vivere col volo acrobatico alle fiere dell’aria; sua moglie, molto androgina in tuta, molto meno senza; e l’amante, un paracadutista che potrebbe essere il vero padre del figlio che i due hanno avuto. E lo scoop non tarderà, perché gareggiando su un vecchio «monoguscio» – molto simile a quello che Faulkner stesso possedeva – il pilota troverà la morte nelle acque di un lago. Anziché il mélo che avrebbe potuto diventare – e che diventerà al cinema qualche anno dopo, nelle mani di un maestro del genere come Douglas Sirk –, Pilone si presenta come un romanzo fatto di molti romanzi. È infatti un reportage sul mondo degli aerei, che attraverso l’accumulo di dettagli anche tecnici approda a una stilizzazione quasi metafisica del volo; è un omaggio all’Eliot degli Uomini vuoti, perché ogni personaggio qui sembra un «cittadino del mondo delle ombre», sempre sul punto di cedere alla vertigine per l’alcol, il pericolo mortale, o il sesso; ed è, ancora una volta, una sgomenta interrogazione sul posto dell’uomo in una Natura smagliante e inesplicabile, che si estende dal «lieve, sibilante lamento delle conchiglie frantumate» fino a un cielo di «fitte, fioevoli stelle». È insomma Faulkner, o se si preferisce è la materia stessa di cui è intessuto il suo mondo.
"Non posseggo molte parole, ma queste poche sono mie, le ho ricevute, le vivo e riscrivo e solo la morte sigillerà il racconto. Ne faccio commercio, ne faccio dono."
Giovanni Lindo Ferretti ha smesso di fare il cantante e si è fatto cantore di un mondo residuale, antico, sfuggito al moderno. Quello montano, il suo.
Dall'esilio in quella terra di mezzo che è l'Appennino tosco-emiliano, Ferretti racconta le gesta nobili e quotidiane dei suoi avi e della comunità di Cerreto Alpi, montanari capaci di valore, dignità, lavori umili, buonumore, passioni forti e sempre decorose. Dalla capostipite sassalbina Maddalena fino a sua madre Eni, dallo zio Archimede, grande cacciatore di orsi in Alaska, alla tragica vicenda di Ezio Comparoni- Silvio D'Arzo e di sua madre Rosalinda.
Tante donne, molti uomini e moltissimi animali, ché la famiglia Ferretti ha campato da sempre di quello: pecore per i formaggi saporiti, cani per governarle e cavalli per viaggiare, fare la guerra o scoprire - come nel caso del suo destriero personale, il roano Tancredi - inattese forme di fedeltà fra esseri viventi.
Dopo il grande successo di Reduce, l'autore raccoglie in questo nuovo libro anche il suo pensiero su meraviglie (poche) e miserie (tante) dell'oggi: il rispetto della vita, la naturale accettazione del dolore, il disincanto per la politica, l'emozione del mistero della fede, il distacco da un contemporaneo che ha perso il contatto con le immutabili leggi di natura. Tutto questo e molto altro ancora con una prosa che ha punte di vibrante poesia, ritmata con cadenza ipnotica.
Dopo aver narrato nei Miei mari le avvincenti esperienze nelle acque di tutto il mondo, Folco Quilici ci racconta ora di un'altra parte della sua vita attraverso la cronaca dei viaggi e delle non meno eccezionali esperienze che ha vissuto sulla terraferma. Animato da un profondo amore per la natura e da un'insaziabile curiosità per ogni aspetto della civiltà umana, dalle sue forme più edificanti, come l'arte o l'impegno nella difesa dell'ambiente, fino a quelle più ripugnanti, come la tratta delle donne e dei bambini, l'autore ci accompagna negli angoli più remoti del pianeta. Eccoci allora trasportati alle foci del Gange sulle orme delle ultime tigri del Bengala, nei fiumi disseccati dell'Amazzonia regno dei cercatori di diamanti, sui laghi salati delle Ande, nell'immenso spazio vuoto del deserto del Sahara, tra superstiti pigmei dell'Africa equatoriale, nelle lussureggianti foreste tropicali e nelle desolate tundre glaciali, tra i suoni e le architetture delle vie di Samarcanda, la città perduta di Tamerlano, in Uzbekistan. Quilici ha catturato in straordinarie immagini usi e costumi di popoli tanto lontani e diversi dalle nostre tradizioni che, talvolta, ne ignoriamo persino l'esistenza. Ci svela così le leggi che regolano i matrimoni presso i tuareg, espressione di una forte emancipazione femminile; la particolare strategia di caccia degli "uoministruzzo " nel Kalahari; l'antropofagia dei pukapuka, popolazione della Melanesia dedita fino a poco tempo fa al cannibalismo; il carnevale più antico e colorato del mondo a Baldev, in India; l'arte pittorica degli aborigeni della Terra di Arnhem, veri e propri mistici che cercano di entrare in contatto con gli spiriti attraverso le immagini. Ma soprattutto ci fa capire come ogni viaggio che porta alla scoperta dell'altro o di dimensioni sconosciute dell'esistenza sia anche un'avventura del cuore, che estende i confini non solo geografici della nostra conoscenza. Le conversazioni che Quilici intrattiene con personaggi noti come lo storico Fernand Braudel, l'etnologo Jean Rouch, il geografo Giorgio Marinelli e l'antropologo Paul Spaak rendono ancora più prezioso un volume già ricco di un dossier fotografico e di un dvd con le immagini più suggestive dei luoghi descritti, che fissano per sempre nella memoria le emozioni di incontri indimenticabili.
Per la prima volta tradotto integralmente, Sopra eroi e tombe è una storia d'amore, mistero e follia che passa attraverso le vicende dei singoli personaggi (alcuni, come Alejandra, indimenticabili), quelle di una famiglia «maledetta», quelle di alcune fasi della storia argentina. È soprattutto un romanzo che racconta l'inestricabile compresenza nella vita di luce e buio, di sentimenti radiosi e perversioni, di lunghe angosce e attimi di felicità.
Un libro che mescola tutti i generi romanzeschi, dal gotico al sentimentale, dal filosofico alla satira sociale, ma che alla fine può essere classificato solo, come ha scritto Gombrowicz, «nel genere sospetto di quei romanzi che si leggono d'un fiato e quando li abbiamo finiti ci si accorge che sono le quattro del mattino».
Alejandra è una ragazza affascinante ma enigmatica e scostante. Epilettica, sonnambula, sembra possedere attitudini paranormali, oppure è solo agitata da forze più grandi di lei, che non riesce, o non vuole, dominare.
E nasconde un inconfessabile mistero.
Martín, invece, è un innamorato possessivo e un po' noioso. Per lui stare con Alejandra è un'esperienza sconvolgente in tutti i sensi, che lo può portare dall'estasi all'angoscia in pochi minuti.
Bruno è un intellettuale dal carattere contemplativo, tendente alla malinconia e al rimpianto, alla ricerca di un'impossibile saggezza.
Fernando è un paranoico ossessionato dall'idea che tutti i ciechi facciano parte di una setta demoniaca destinata alla conquista del mondo. Percorre il suo viaggio nei territori del male e della perversione con la più raffinata e paradossale lucidità.
Ma tutta la sua famiglia, gli Olmos, depositari di antichi valori, sono toccati dalla tara della follia e del decadimento. In attesa di una tragica e spettacolare purificazione.
Scorre la Senna è un libro senza precedenti nella produzione di Fred Vargas, una raccolta che riunisce gli unici tre racconti, inediti in Italia, mai pubblicati dalla scrittrice francese - Salute e libertà, La notte efferata e Cinque franchi l'una. Protagonista delle tre indagini il più amato tra i personaggi inventati da Vargas, Jean-Baptiste Adamsberg. E come sempre accade nelle indagini del commissario, ironia e mistero, crimini efferati e inattesi colpi di scena si alternano creando un'atmosfera inquietante sottolineata dai disegni in bianco e nero di Edmond Baudoin - illustratore anche dell'unica graphic novel scritta da Vargas, Les quatre fleuves.
Nei tre avvincenti casi di Scorre la Senna i lettori di Vargas ritroveranno tutte le caratteristiche che hanno reso i suoi romanzi dei grandi successi. Se è necessario tutto l'intuito di Adamsberg per risolvere il caso al centro di Salute e libertà, e svelare gli insospettabili legami tra alcune minacciose lettere anonime e l'improvvisa comparsa di un barbone sulla panchina davanti al commissariato, a essere messa alla prova in Cinque franchi l'una è l'inventiva del commissario, alle prese con il testimone di un delitto poco propenso a collaborare. Mentre un omicido commesso la notte di Natale, La notte efferata, è il punto di partenza per una indagine che svela uno scambio di identità e regala ai lettori una riflessione sul Natale decisamente lontana dalla retorica della ricorrenza.
1982. In un freddo pomeriggio di gennaio, un vecchio bussa alla porta di villa Grandi. Ha una bizzarra proposta da fare ai giovani sposi Emilio ed Esther, da poco diventati genitori. Sta conducendo una ricerca sui bambini nati in quella zona il giorno di Natale, proprio come la loro piccola Chiara. Tornerà dai Grandi una volta all'anno, ogni inverno e solo per qualche ora, per raccogliere informazioni sulla bambina e, forse, scrivere un libro su di lei. Ma chi è in realtà l'uomo che si fa chiamare Emanuele Libonati, e che un anno dopo l'altro diventa amico dei suoi ospiti, tanto da raccoglierne le confessioni più intime? Qual è il vero motivo del suo interesse per Chiara e per la sua famiglia? E soprattutto, come fa a sapere tante cose sul futuro?
In quello stesso anno, un ragazzo brillante e confuso intraprende a tentoni la sua strada nel mondo, una strada che presto si rivelerà un vicolo cieco.
Ma alzando lo sguardo, a saperla cogliere, c'è la possibilità - per lui e per tutti i protagonisti di questa storia - di porre rimedio agli errori commessi.
Anche per l'anziano poeta che nella Londra del 2028 - resa irriconoscibile da una guerra che sembra tanto un videogioco - chiede udienza alla Chiesa della Divina Bomba, con un progetto in testa covato per vent'anni...
Scritto in una lingua intensa e malinconica, il nuovo romanzo di Tullio Avoledo s'interroga sulla ferocia dei sentimenti e sulle conseguenze dei gesti compiuti da ciascuno di noi - più o meno consapevolmente - un giorno dopo l'altro. Davanti agli occhi stupefatti del lettore si dispiega la folle cronaca dei nostri anni recenti, filtrati da una vicenda in cui i legami famigliari s'intrecciano con le storie di fantascienza raccontate da Philip Dick, e le mille problematiche dell'adolescenza diventano un tutt'uno con l'adorazione quasi isterica per un'icona come Lady D.
Storia dopo storia, si disegna un mondo in cui la colpa e la redenzione, il passato e il futuro, non hanno un rapporto di causa ed effetto ma convivono, assurdamente, nello stesso istante.
L'impavido Coliandro, sovrintendente della Questura bolognese, poi promosso ispettore, è una delle creazioni piú felici di Lucarelli. Il suo modo scalcagnato di irrompere in scena assicura al lettore un divertimento fresco e perenne. Questo volume ne raccoglie le storie.
Nikita racconta l'aspetto noir e metropolitano di Bologna e soprattutto l'incontro di Coliandro con Nikita, una donna bella, giovane, ribelle e punk, piú brillante e intelligente di lui. Insieme formano la coppia piú strampalata e divertente della letteratura noir italiana: il poliziotto pasticcione, roccioso e impulsivo, e la pallida giovanissima sua protetta, che piú di una volta lo deve proteggere.
Con Falange armata, un romanzo leggendario, siamo in una Bologna scossa da fremiti di ogni genere. Coliandro s'imbatte in un molto verosimile complotto eversivo neonazista, al quale, purtroppo, sembra credere solo lui. Lui e Nikita.
Il giorno del lupo, raccontando la storia della nuova mafia, piú spietata di un branco di lupi, si rivela non solo precorritore della realtà, ma anche perfetta macchina logica che ne rivela il funzionamento occulto.
Acre, provocatorio, incalzante e politicamente scorretto, Nero come il cuore ha segnato l'esordio narrativo dell'autore di Romanzo criminale. Sullo sfondo di una Roma antropomorfa, l'avvocato Valentino Bruio, indagando sulla misteriosa morte di un immigrato sudafricano, scopre un losco traffico ai danni dei clandestini. Ora Valentino è davvero nei guai.
In Onora il padre il commissario Matteo Colonna, indagando a Rimini su giovani donne uccise, si imbatte in un serial killer molto speciale.
Un padre. Matteo scopre ben presto che i padri non sanno solo amare, ma anche odiare, e punire. E che la storia lo riguarda molto da vicino.
In Teneri assassini Giancarlo De Cataldo fa sfilare una sconvolgente galleria narrativa di «casi» di ragazzi criminali che sembrano sospesi tra Natural Born Killers e il Truman Capote di A sangue freddo, e sono invece italianissime figure di un piccolo, profondo inferno delle nostre periferie.
Senze indulgenze letterarie, senza svicolamenti psicologici, senza compiacenze formali, ma con una scrittura netta e aguzza, De Cataldo, in queste storie nere, mette in scena pezzi di un mondo fatto di balordi con le loro piccole motivazioni, tutti vittime di un gioco crudele, ma anche tutti attori che recitano, agiscono, uccidono.
York, inverno 1372. Secondo la credenza popolare, le ferite di un cadavere riprendono a sanguinare quando si avvicina il suo assassino. Quasi fosse un segno divino, dal corpo di Drogo, il barcaiolo appena estratto dal fiume dove era caduto, il sangue comincia a fluire all’approssimarsi del maestro Nicholas Ferriby.
E non importa che Drogo non sia ancora morto, né che le sue ferite fossero state momentaneamente sanate dall’acqua gelida: la sentenza della folla, radunatasi intorno al malcapitato, è che il maestro Ferriby abbia tentato di annegarlo. È molto più facile incolpare quest’ultimo piuttosto che gli studenti che stavano dando la caccia al barcaiolo per aver rubato – dicono – la borsa di un loro compagno. Del resto, il maestro è già reo, agli occhi della gente di York, di aver aperto una scuola in concorrenza con quella della cattedrale, nonché di sostenere tesi prossime all’eresia.
Alla morte di Drogo, gli animi si accendono. Ma Owen Archer, capitano delle guardie dell’arcivescovo, interviene per sedare i pregiudizi ed evitare linciaggi. Insospettito dalle ferite del barcaiolo, che sembrano provocate da un’arma avvelenata, capisce infatti che dietro la sua morte c’è ben più del furto di una borsa o della bravata di qualche studente. E quando il fiume restituirà un altro cadavere, sarà chiaro che le accuse al maestro Ferriby non reggono di fronte a una trama di morte e ricatti che rischia di mettere in pericolo l’intera città.