
Questo romanzo traccia un ritratto inedito della vita di Leonardo che è anche un grande affresco del nostro Rinascimento. Partendo dall'infanzia e dalla formazione del genio di Vinci nella bottega del Verrocchio, Dann segue le tappe della biografia leonardesca con la tenacia e l'intuito di un detective. La vita artistica, culturale e politica della Firenze medicea è raccontata in queste pagine con la leggerezza e la finezza tipica dei grandi romanzieri. Le figure di Machiavelli, di Botticelli e di tutti i personaggi di spicco del Rinascimento fiorentino risaltano, nei loro rapporti con Leonardo, come caratteri sbozzati dalla mano di un raffinato scultore. Ma il cuore del libro è sicuramente nella scoperta fatta da Jack Dann di una pagina assolutamente inedita, e finora misteriosa, della vita di Leonardo. L'impiego delle sue geniali e fantasmagoriche "macchine da guerra" - quelle mirabilmente ideate e ritratte dalla mano leonardesca nei suoi libri di appunti - in una sanguinosa battaglia combattuta in Medio Oriente, dove Leonardo si trovava al servizio di un generale siriano. Il titolo del romanzo si rifà all'antica disciplina della mnemotecnica, che concepiva la mente come un complesso edificio - una cattedrale, appunto - per la "conservazione" dei ricordi e delle nozioni attraverso la memoria. Un edificio di cui occorre conoscere ogni stanza, e che bisogna imparare a percorrere: una cattedrale in cui sapersi orientare, per ritrovare i ricordi e le immagini e riconnetterli tra di loro.
Ushuaia, ultimo confine del mondo. Il 27 settembre 1871, nel tardo pomeriggio, un uomo e una donna di circa vent'anni escono sul ponte della nave e si fermano immobili, uno accanto all'altra, a scrutare l'orizzonte. Quella che guardano è la loro nuova terra e futura dimora. Intanto, sotto coperta, dorme pacificamente la figlioletta di nove mesi. Da tempo hanno lasciato l'Inghilterra e tra ondate gigantesche e stridore di pennoni, sono approdati in una regione desolata e selvaggia in cui vivono tribù senza legge, senza regole e senza dio. La Terra del Fuoco è ancora tutta dei fuegini. Appartiene alle loro usanze e credenze, alla loro intelligenza e ingenuità. Con il compito di portare il cristianesimo, Thomas e Mary Bridges vivono insieme alle popolazioni indigene, fianco a fianco. Con loro creano accampamenti e fattorie, costruiscono case in legno e lamiera smontabili pezzo a pezzo, tracciano le prime strade e allevano animali. Lì nascono e crescono i figli, tra cui Lucas autore di questo libro scritto nel 1947 che racconta la storia dei Bridges.
Dalla fine dell'Ottocento alla metà del secolo successivo, la vita della famiglia Bridges incrocia e accompagna la trasformazione e il viaggio della Terra del Fuoco, una terra mutevole e affascinante, tanto reale da sembrare finta. Uno scenario naturalmente perfetto per qualsiasi libro di avventura. Primavera dopo primavera, l'insediamento dei Bridges è attraversato dai personaggi più diversi: intere famiglie di indigeni, scaltri uomini di medicina, avventurieri privi di scrupoli, cercatori d'oro, scienziati, botanici. Ex galeotti, diventati gauchos, capaci di rovesciare a terra una mucca di qualche quintale senza alcuno sforzo, marinai zoppi o guerci ma che in realtà ci vedono benissimo. Tutti uomini in cerca di fortuna o in fuga da qualcosa. Personaggi ricchi di storie, fortemente romanzeschi nella loro spericolata e concretissima realtà.
Nessuno di questi uomini sfugge alla curiosa abilità di narratore del giovane Lucas. E nulla resta nella sua penna. Gli episodi sono centinaia, e l'autore passa dall'uno all'altro sospinto da una memoria prodigiosa e da una passione profonda per luoghi, tempi e persone che non ci sono più ma che in queste pagine riprendono vita sotto ai nostri occhi. Quasi palpabili.
Non è un caso che proprio la lettura di Ultimo confine del mondo abbia ispirato il viaggio di Bruce Chatwin e la scrittura del suo celebre In Patagonia. Questo è infatti un libro che aderisce con forza alla pelle del lettore e spinge - irresistibilmente - a ripercorrerne le tracce e i sentieri.
«Nel 188* il Console americano a Venezia abitava al secondo piano di un antico palazzo sul Canal Grande. Era il piano che gli italiani chiamano nobile. Al di sotto di questo piano nobile c’era un ampio piano terreno, o, piuttosto, acquatico, il cui pavimento, solo leggermente al di sopra del livello del canale, era sempre umido e, spesso, bagnato. Al tempo in cui risiedeva là il Console, questo piano acquatico era occupato da un altro inquilino, un commerciante di oggetti antichi, che aveva delimitato una piccola zona interna alla grande facciata principale come spazio espositivo. Siccome occupava il piano terreno, questo commerciante disponeva, ovviamente, anche dell’entrata principale del palazzo, con la sua ampia scalinata che scendeva verso le piccole onde increspate della splendida strada azzurra là fuori e gli alti, sottili pali de casada, piantati irregolarmente nell’acqua come testimonianza della nobiltà dei venerabili pilastri sui quali vegliavano. Qualcuno avrebbe potuto dire che questi bastoni turchini, ornati di disegni araldici, erano simili alle lance dei cavalieri; questo era quello che sosteneva Miss Senter. Qualcun altro avrebbe potuto notare la loro forte rassomiglianza con quei pali a spirali bianche e rosse usati in America come insegna dai barbieri; e questo era quello che insinuava sempre Peter Senter».
Constance Fenimore Woolson (1840-1894) nata in New Hampshire fu scrittrice di racconti, apprezzati dall’amico Henry James, ispirati da situazioni di luoghi vissuti, da cui traeva soggetti non ordinari, anticonvenzionali. Una scrittura limpida, quieta, suadente, assunta spesso a modello di prosa, ma sotto la cui superficie circolavano passioni nascoste e inquietanti misteri. Non sorprende che alcuni di questi sfiorassero il poliziesco appena nato, o il genere gotico più tradizionale. Tale è Vigilia di Natale ambientato a Venezia (dove Constance morì quasi certamente suicida): in un vasto palazzo sul Canal Grande, il console americano Peter Senter e la sorella Barbara, «la consolessa», tengono la tradizionale festa di Natale, nel corso della quale avviene un omicidio e una serie di strane aggressioni.
Di lei questa casa editrice ha pubblicato Via del Giacinto (2002), Per il Maggiore (2005) e Il giardino davanti casa (2007).
«Il cibo, i misteri della sua fattura, li ho affrontati molto presto. Il mio interesse era puramente speculativo: non godevo di grandi fami e l’obiettivo impartitomi insieme a ogni pasto, secondo il quale più si ingurgita materia e prima si accede a stadi progrediti di responsabilità, mi sembrava difficile da conseguire, e neanche tanto allettante. Mi detti da fare allora per svincolare i processi nutritivi dai poteri ignoti dell’apparato digerente e cercai di appropriarmene altrove, nelle luci salvifiche dei miei giochi. Più o meno come Gian Burrasca, e forse ispirata dal suo giornalino, mi ero procurata una piccola borsa in cui a tavola, con operazioni di prestidigitazione, facevo scivolare il meglio delle mie razioni quotidiane; lo riponevo con cura in un nascondiglio che avevo in comune con i miei amici ripromettendomi di elaborarlo poi insieme nei nostri ritrovi».
Antonella Ottai insegna spettacolo e multimedia all’università di Roma La Sapienza, ha scritto saggi e volumi dedicati al teatro ed è una cuoca sopraffina. Di famiglia ebreaungherese per parte di padre e abruzzese per parte di madre, la sua vita si è sempre confusa e circonfusa con l’arte del cucinare per cui questo libretto, scandito in sei momenti cruciali, può essere definito come il racconto di una vita (e di una famiglia di eterogenea geografia e di diverse tradizioni) attraverso le ricette, o – meglio – un libro di ricette che raccontano una vita.
L'amante è il romanzo che ha fatto conoscere Yehoshua nel mondo.
Nella ricostruzione a piú voci del destino di una famiglia ebraica si accavallano e si confondono storie diverse di mondi lontani e separati: invano ciascun personaggio tenterà di ritrovare la verità di se stesso.
In Un divorzio tardivo Yehoshua disegna con lucidità e poesia la crisi di una famiglia come metafora dell'identità ebraica, divisa tra diaspora e costruzione di uno stato nazionale. E racconta ciò che nessuna ragione o progetto politico potrà mai spiegare: la vicenda semplice e banale di un uomo e di una donna che si amano, vivono una vita insieme, arrivano a odiarsi, a impazzire d'amore e di odio, e non riescono a scindere il legame che li unisce se non a prezzo della vita.
La moglie del protagonista di Cinque stagioni, Molcho, è morta dopo sette anni di malattia, e lui, che è stato un infermiere perfetto e un padre attento, si ritrova con l'ansia di chi ha ancora la morte dentro di sé ed è «costretto» a pensare alla vita. Come ricominciare ad amare, come trovare una nuova ragione di esistere: Yehoshua racconta le cinque, dense stagioni di un uomo giovane ma già da «rifare» e nello stesso tempo mette in scena, accanto al caso personale di Molcho, il dramma piú generale di un Paese che, come lui, deve continuamente ripensare se stesso in rapporto agli altri.
Pubblicati per la prima volta tra il 1985 e il 1987, i tre romanzi Città di vetro, Fantasmi, La stanza chiusa, che compongono Trilogia di New York, sono diventati dei classici della letteratura contemporanea americana. Sono tre detectives-stories eccentriche e avvincenti in cui Auster inventa una sua New York fantastica, un «nessun luogo» in cui ciascuno può ritrovarsi e perdersi all'infinito.
Anna Blume era partita alla ricerca del fratello giornalista, scomparso senza lasciare traccia durante un reportage, ed è approdata Nel paese delle ultime cose: ormai per lei e per tutti non c'è piú possibilità di salvezza, di fuga. La definitiva catastrofe si è compiuta ma nonostante tutto Anna resiste e si aggrappa a tutte le sue forze per sopravvivere salvando in qualche luogo della sua coscienza una traccia di irrinunciabile umanità, una testimonianza di amicizia, persino d'amore.
Il protagonista di Moon Palace, Marco Stanley Fogg, orfano di un padre mai conosciuto ma eternamente cercato, tra coincidenze improbabili e intricati itinerari della memoria, dipana il suo mistero familiare, con un gusto per l'intreccio di sapore ottocentesco, ripercorrendo a ritroso il proprio e altrui passato lungo l'arco di tre generazioni: dall'estate del primo allunaggio fino agli albori del ventesimo secolo.
In breve
Le eroine di Isabel Allende recano tutte il medesimo tratto dominante: la passione. Sono le passioni a scolpirne il destino. E Zarité Sedella, detta Tété, protagonista di una storia che si dipana nella Haiti della fine del '700, non fa eccezione. Video, news, approfondimenti e gli incipit dei capitoli del romanzo su www.isabelallende.it.
Il libro
“Nei miei primi quarant’anni io, Zarité Sedella, ho avuto maggior fortuna di altre schiave. Vivrò a lungo e la mia vecchiaia sarà gioiosa, perché la mia stella – la mia z’étoile – brilla anche quando la notte è nuvolosa.”
1770, Santo Domingo, ora Haiti. Tété ha nove anni quando il giovane francese Toulouse Valmorain la compra perché si occupi delle faccende di casa. Intorno, i campi di canna da zucchero, la calura sfibrante dell’isola, il lavoro degli schiavi. Tété impara presto com’è fatto quel mondo: la violenza dei padroni, l’ansia di libertà, i vincoli preziosi della solidarietà. Quando Valmorain si sposta nelle piantagioni della Louisiana, anche Tété deve seguirlo, ma ormai è cominciata la battaglia per la dignità, per il futuro, per l’affrancamento degli schiavi. È una battaglia lenta che si mescola al destarsi di amori e passioni, all’annodarsi di relazioni e alleanze, al muoversi febbrile dei personaggi più diversi – soldati e schiavi guerrieri, sacerdoti vudù e frati cattolici, matrone e cocottes, pirati e nobili decaduti, medici e oziosi bellimbusti. Contro il fondale animatissimo della Storia, Zarité Sedella, soprannominata Tété, spicca bella e coraggiosa, battagliera e consapevole, un’eroina modernissima che arriva da lontano a rammentarci la fede nella libertà e la dignità delle passioni.

