
Per la prima volta da quando si era trasferita in Germania, Janet Beerbaum si sente diversa: libera, senza passato e senza futuro, senza vincoli e impegni. Il suo viaggio nel Kent finalmente la fa sentire a casa, nel suo ambiente e con la gente giusta. Ritrovare a Londra Andrew, l’ispettore di polizia di cui era da sempre innamorata, la farà sentire, dopo tanti anni, una donna ancora in grado di amare e di essere amata. Eppure Janet sa di avere delle grosse responsabilità nei confronti della famiglia che ha creato, verso Phillip, suo marito, uomo mite e sempre disponibile, e verso Mario e Max, i suoi affascinanti e inseparabili gemelli, che però le causano non poche preoccupazioni...
Andrew non può aiutarla, né può indagare sulle cause che l’hanno spinta a ritornare da lui: qualcosa gli impedisce di comprendere qual è il tipo di relazione in cui ora Janet lo vuole coinvolgere, ma il suo istinto di poliziotto e la sua ostinazione gli suggeriscono di indagare a fondo. Qual è il segreto di Janet? Da che cosa sta scappando? Perché appare così turbata quando lui le racconta dell’assassino che ha catturato e che sta per essere processato? E, soprattutto, quando viene a sapere che Mario è in Provenza in vacanza con la sua ragazza, l’equilibrio che Janet si era imposta comincia precipitosamente a frantumarsi. Un turbine di eventi sconvolgerà la vita di tutti, il passato tornerà imperioso a saldare i conti, ma fino a che punto Janet si spingerà per salvaguardare le persone che ama veramente?
«Lavorare in campagna. Lavorare la terra è un lavoro sano, ed è scritto nel Vangelo. Se uno ha un campo, può segnarlo con un puntino sul mappamondo.
Ma se uno ha una cattedra all'università, cosa segna? Una guerra distrugge le città, ma non distrugge la terra. Non sei pentito di quel che fanno i tuoi figli?», «Sono contento, perché fanno quel che vogliono», «Non ti riconosco più! Non sei mio figlio! Non voglio avere un figlio così!».
In quel disconoscimento sentivo una condanna biblica, come se mi mandasse ramingo sulla Terra.
La mia stirpe è il racconto dell'immortalità attraverso la specie: il protagonista sente che, quando non ci sarà più, la nipotina che ora tiene in braccio lo farà rinascere, ma sente anche di essere stato presente, prima di nascere, nell'amore tra il ragazzo e la ragazza che saranno i suoi genitori.
È l'amore del primo Novecento, quando la ragazza temeva di restare incinta per il bacio di un uomo.
Ereditando le vite dei padri, il figlio eredita il dovere di realizzarne le missioni incompiute: vendicarsi per quel che han patito nella prima e nella seconda guerra, qui rievocate per squarci fulminei e potenti, e arrivare a un contatto con la più alta istituzione della Terra, custode e garante della verità in cui credono.
È la loro «gita al faro», l'impresa che dà un senso all'esistenza. Il padre e suo padre non ci sono riusciti. Ora tocca al figlio.
L'incontro col successore di chi ha portato la verità sulla Terra avviene davanti al Giudizio Universale di Michelangelo e trova le parole umili e commosse delle grandi narrazioni mistiche.
Ferdinando Camon è nato in provincia di Padova. In una dozzina di romanzi (tutti pubblicati con Garzanti) ha raccontato la morte della civiltà contadina (Il quinto stato, La vita eterna, Un altare per la madre – Premio Strega 1978), il terrorismo (Occidente, Storia di Sirio), la psicoanalisi (La malattia chiamata uomo, La donna dei fili), e lo scontro di civiltà, con l'arrivo degli extracomunitari (La Terra è di tutti). È tradotto in 22 paesi. Il suo ultimo romanzo è La cavallina, la ragazza e il diavolo (2004). Il suo sito è www.ferdinandocamon.it
Londra, una villa d'epoca nel quartiere più lussuoso della città.
Amanda Delany ha il mondo ai suoi piedi. Le sue avventure con gli attori più affascinanti sono su tutti i giornali, i suoi film sono uno strepitoso successo. Mentre saluta l'autista dalla porta di casa, illuminata dai fari della Mercedes, Amanda non sa che quella è l'ultima volta che qualcuno vedrà brillare i suoi capelli biondi.
Il mattino dopo il suo corpo viene trovato riverso sul letto. Le mani legate, le gambe spalancate, la ragazza è stata colpita ovunque da coltellate furiose. Solo il bellissimo viso è intatto, gli occhi sbarrati per l'orrore. La prima ad arrivare sulla scena del delitto è Anna Travis. L'ispettrice è in un momento cruciale della sua vita. Dopo essersi liberata dell'ossessione per il suo ex capo ed ex amante James Langton, sta per essere promossa. Questo caso potrebbe decidere la sua carriera. Anna si butta a capofitto nelle indagini e quello che scopre la sconvolge profondamente. Dietro la facciata dell'attrice glamour, disinibita con gli uomini e sfrontata nella vita, Amanda nascondeva una realtà molto più triste e cupa. Un'infanzia infelice, un abisso di incubi e paure. Amanda urlava tutte le notti per il terrore, ma nessuno sapeva ascoltarla. L'ispettrice sta per entrare in un un mondo ambiguo, pieno di persone dall'apparenza ingannevole: amiche invidiose, agenti assetate di denaro, amanti respinti, mogli tradite, registi delusi. Tutti pieni di veleno, dietro un sorriso smagliante. Anna dovrà fare molta attenzione, non farsi abbagliare e trovare velocemente la verità, prima di perdersi in questo terribile labirinto di luci e ombre...
Lynda La Plante è stata attrice teatrale e televisiva, prima di intraprendere una fortunata carriera di sceneggiatrice, soprattutto per la televisione. È autrice di diversi romanzi, tra cui la trilogia dedicata a Lorraine Page (Fredda determinazione, Sangue freddo e Cuore freddo, tutti pubblicati da Garzanti), Bella mafia, poi trasposto in televisione con grande successo, e la serie Prime Suspect di cui è protagonista la detective Jane Ellison. Vive tra Londra e East Hampton (New York).
«Schlesak è un grande scrittore che è passato attraverso quell'esperienza di frontiera (… la colpa e la tragedia tedesca) facendone una parabola universalmente umana.»
Claudio Magris
«Andarmene da questa luce. Non sentire più il rintocco delle ore, non sentire più niente. Nascondermi, sparire. Non essere più nessuno. E così poter sopportare tutto. Anche l'angoscia di fronte alla morte.»
Dopo decenni di peregrinazioni, uno scrittore tedesco nato in Transilvania, e ora in esilio, ha trovato il suo rifugio tra i boschi della Garfagnana, vicino a Lucca.
Ma proprio quando pensava di poter godere dei suoi ultimi anni in serenità, la morte della madre apre in lui una voragine incolmabile.
Perché esistono assenze, scomparse, vuoti più presenti del presente.
Defunti il cui ricordo impregna e impegna la mente più di quanto la loro concreta e tangibile vicinanza non avesse mai fatto nei giorni in cui eravamo loro accanto.
È per questo che ora lui deve partire.
Partire per esaudire le ultime volontà della madre.
Partire per riempire il vuoto così opprimente.
Si deve imbarcare in un viaggio a ritroso verso la sua patria perduta, la Transilvania, la terra dei suoi antenati, una terra di minoranze etniche, multiculturale, dove convivono tedeschi, ungheresi, rumeni.
Un viaggio che per il protagonista diventa anche un'indagine di sé stesso e delle proprie radici, e che lo spinge ad affrontare il passato.
Un passato che porta dentro di sé la memoria dolorosa dei lager, della seconda guerra mondiale, del nazismo, ma anche le contraddizioni e le ombre del dopoguerra e del regime comunista. Un romanzo che può essere considerato la continuazione ideale del Farmacista di Auschwitz, di cui riecheggia le atmosfere e i contenuti, soffermandosi in particolare sulla condizione dei tedeschi dell'Est, «tedeschi abbandonati nel Far East europeo», separati dai confini ma uniti da una grande civiltà letteraria e musical-filosofica.
Con L'uomo senza radici Dieter Schlesak si conferma testimone poetico della crisi morale, culturale e sociale della Mitteleuropa, un mondo variopinto ormai sparito, qui indagato nelle sue pieghe più sofferenti così come nei momenti di pura luce. Una scrittura intesa quale unica ed estrema salvezza rispetto alla «furia del dileguare» che ha travolto un'epoca e una comunità.
Dieter Schlesak è nato nel 1934 a Schäßburg (Sighisoara) in Transilvania, Romania. Poeta di madrelingua tedesca, saggista e romanziere, dopo gli studi universitari in germanistica a Bucarest ha subito la persecuzione del regime di Ceausescu per la sua attività di redattore della rivista «Neue Literatur». Nel 1969 si è trasferito a Stoccarda, in Germania, e dal 1973 vive in Toscana, ad Agliano, sopra Camaiore (Lucca). Membro del PEN Club, ha ottenuto numerosi riconoscimenti e premi letterari.
"Spesso la pittura ha mosso la mia penna. Se in un lontano pomeriggio del 1970 non fossi entrato al Prado e non fossi rimasto "prigioniero" davanti a Las Meninas di Velazquez, incapace di uscire dalla sala fino alla chiusura del museo, non avrei mai scritto 'II gioco del rovescio'. Lo stesso vale per l'enorme suggestione provata da bambino davanti agli affreschi del convento di San Marco, rivisitati spesso da adulto, che un bel giorno ritornò con prepotenza sbucando nelle pagine de 'I volatili del Beato Angelico'". Dalla suggestione di un'immagine, soprattutto dalla pittura, nascono questi racconti di Tabucchi. Ma a sua volta il racconto sembra catturare in un'altra dimensione le figure che lo provocarono: è quella contea fantastica dove, come scrisse Leopardi, "l'anima immagina quello che non vede". Così le figure sembrano risvegliarsi dalla loro immobilità, acquistano vita, da immagini diventano personaggi e interpreti delle loro storie. Suddiviso come un ideale spartito musicale (l'Adagio dove prevale la chiave della malinconia, l'Andante con brio per un'atmosfera più giocosa, le Ariette laddove il motivo è solo accennato e non eseguito) questo libro polifonico è anche il puro piacere del testo, un fuoco d'artificio narrativo, lo stupefacente cromatismo di un maestro riconosciuto del racconto.
Per i più, Chernobyl è solo la centrale atomica luminescente per il suo bulbo di uranio infuocato e le storie da day after seguite all'incidente del 1986, il più grave di tutti i tempi. Ma quell'evento faustiano, che segnò la vera data finale del comunismo, fu in realtà l'estremo anello di una lunga catena di evacuazioni e massacri di genti, di luciferini stermini di culture: quasi che quell'angolo di terra ucraina fosse luogo eletto di un progetto per la cancellazione del diritto degli uomini di narrare la propria storia. E in tale progetto di cancellazione della memoria, questo libro si immerge e mira a rifarne la storia, quasi in forma di romanzo dalle forti venature autobiografiche. Chernobyl è un luogo antico, di numerosissima popolazione ebraica, benché scarse tracce siano rimaste di quel mondo per provare a immaginarlo. Fu il centro incontrastato del Hassidismo, che divenne l'anima di quei luoghi. Ma a Chernobyl e dintorni presero forma le più livide crudeltà delle guerre tra ucraini, russi e polacchi. Alle vendette staliniane si alternarono le stragi naziste: l"Holomodor" (la morte inflitta attraverso la fame) distese il suo mantello su quei campi, durante le carestie della collettivizzazione forzata, e cancellò un terzo degli ucraini e il loro universo contadino; furono annientati gli ebrei e la loro cultura.
Introduzione e traduzione di Umberto Eco
Edizione integrale con testo francese a fronte
Ľironia è una delle caratteristiche principali delle opere di Queneau, unita a una sperimentazione rigorosa: se è vero, allora questo libro è esemplare. C’è un solo episodio, con un unico personaggio, ma ci sono 99 modi per raccontarlo, 99 esercizi di stile sempre nuovi e sorprendenti, che passano in rassegna ogni genere letterario, dal dramma alla lirica giapponese, e tutte le figure retoriche. È un gioco lessicale, è l’autore che si diverte a fare il giocoliere con le parole, a frammentarle, a ricostruirle, a strutturare e destrutturare la sintassi, l’intera impalcatura del linguaggio scritto. Ma quella che poteva essere una vuota esercitazione accademica fine a se stessa, grazie al genio di Queneau assume una forma tanto compatta da essere usata anche come pièce teatrale dall’effetto comico irresistibile e come dimostrazione gioiosa e godibilissima delle infinite possibilità del linguaggio.
«Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.»
Ada è una donna fuori dal comune. Generosa, innamorata, vive con pienezza il suo ruolo di madre con due figli, Stella e Taos, avuti da una precedente relazione. Daniele è il suo ultimo compagno, uomo del cinema,
mal sopportato dai due figli e in particolare dal ventenne Taos.
Proprio Taos, fragile e sensibile, ha una vita sui generis, studia, ma lavora di notte per mantenersi indipendente. A causa del suo lavoro notturno conosce Antonio, un guardiano che vive nel sottosuolo come se addosso portasse una colpa che lo costringe a nascondersi. In questo scenario si muovono le vite dei due figli di Ada. Taos scopre lentamente la vita con le sue delusioni e verità, con la sua autenticità riesce a stanare gli uomini che gli stanno attorno tra cui Daniele con il quale riuscirà poco alla volta a costruire un rapporto importante. Stella invece coltiva un sogno, diventare un’attrice di teatro. Allo stesso tempo porta avanti un’esistenza complicata, fatta di dissidi, speranze, amori non corrisposti e un’amicizia virtuale con Vera, una ragazza adottata.
Filippo e Giovanna sono una famiglia cattolica, crescono Vera con cura finché un giorno non fuggirà dentro una setta di fondamentalisti. Giovanna con tutta la delicatezza e l’amore di una madre ferita, ancorché adottiva, tenterà di riportarla a casa.
Questo romanzo di Francesca Comencini esplora le famiglie allargate, non convenzionali, con sguardo tenero, empatico, mai compassionevole.
Francesca Comencini è nata a Roma, città in cui adesso vive, dopo essere stata vent’anni a Parigi.
Ha scritto e diretto numerosi film e documentari, tra i quali Pianoforte, Le parole di mio padre, Ritratto di Elsa Morante, Carlo Giuliani, ragazzo, Mi piace lavorare-Mobbing, A casa nostra, In fabbrica e Lo spazio bianco.
Ernest ha settant’anni, Irena appena la metà. Lui, reduce da un’operazione, ha bisogno di assistenza, lei di prendersi cura di qualcuno dopo la morte dei genitori, di cui coltiva il ricordo e continua ad accudire con un’attenzione meticolosa gli oggetti, i vestiti, la casa. Due mondi, due solitudini, due generazioni incalzate dalla Storia e approdate in Israele quasi per caso, dopo lunghe peregrinazioni: Irena è nata a Francoforte dopo la Liberazione, in un campo di smistamento; Ernest, abbandonata Czernowitz al seguito dell’Armata rossa, è riuscito ad arrivare in Italia e da lì a imbarcarsi su una nave che raccoglieva profughi, ma ha lasciato dietro di sé tutta la sua famiglia.
Inatteso e improbabile, l’amore muta nel profondo le loro esistenze: in quella di Irena porta parole, le parole che Ernest cerca strenuamente nella sua lotta quotidiana con la scrittura; in quella di Ernest la luce, l’armonia che irradiano da lei, dalla sua fede semplice e dai suoi gesti premurosi. Attenzioni che, come le pietanze leggere e nutrienti che Irena gli prepara, riescono a sottrarlo alla cupezza che talvolta lo assale, e lo riconciliano a poco a poco con il proprio passato: i genitori respinti e abbandonati troppo presto, i nonni e l’atmosfera incantata dei Carpazi, il Dio dei padri. Per Ernest la presenza di Irena diventa una porta verso la vita nella sua concretezza; grazie a lei riuscirà a conquistare quella prosa limpida ed essenziale, fatta di parole «contate» come quelle della Torah, che «si possano porgere come una fetta di pane o una brocca di latte», e a diventare finalmente uno scrittore.
"Una volta lui gridò: 'Da giovane mi hanno strappato via l'amore.'
Lei non capì il senso della frase e ovviamente non fece domande, ma una notte comprese e disse: 'Ti darò tutto l'amore che tengo in serbo'."
Roma, fine anni Sessanta: tra i caffè di piazza Navona scossi da aspirazioni rivoluzionarie, la storia di un precipitoso matrimonio e delle sue amare conseguenze tra un giovane rappresentante dell'aristocrazia industriale alla ricerca del senso della propria vita e una bellissima ereditiera, altrettanto smarrita e vittima di un inconfessabile trauma familiare. Narrata con tono partecipe e insieme disincantato da un testimone a trent'anni di distanza, una fiammeggiante parabola di desiderio e perdita di due "belli e dannati", implacabile nel rivelarci i privati abissi che albergano in ogni uomo, sotto la superficie di ogni amore.
«Nella ricca produzione letteraria di Giorgio Tosi colpisce particolarmente la capacità di esprimersi in forme diverse, toccando pressoché tutti i "generi" più importanti. In tutte le sue opere si manifestano alcuni tratti inconfondibili della sua scrittura: lo stile asciutto e incisivo, la genuinità e la profondità del sentire, l'attitudine a colpire insieme l'intelligenza e il cuore del lettore, il dono di un modo di narrare suggestivo ed efficace. Detto questo, si deve riconoscere che questa sua ultima opera rappresenta davvero l'approdo più compiuto di una ormai lunga e feconda stagione di scrittore. Non soltanto perché in essa si mescolano e si integrano, con grande equilibrio, un po' tutti i "generi" letterari, ma perché il livello di maturità espressivo ora raggiunto segnala un vertice difficilmente uguagliabile. Non solo questo è il suo libro più riuscito, più compiuto, più "ispirato". Ma secondo me si tratta di un autentico gioiello, di un testo avvincente e commovente, capace di coinvolgere con uguale forza espressiva l'intelligenza e il cuore, palpitante di emozioni talora violente, carico di un pathos perfino struggente, e insieme ricco di annotazioni e giudizi di grande profondità».
Allan Karlsson compie cento anni e per l’occasione la casa di riposo dove vive intende festeggiare la ricorrenza in pompa magna, con tutte le autorità.
Allan, però, è di un’altra idea. Così decide, di punto in bianco, di darsela a gambe.
Con le pantofole ai piedi scavalca la finestra e si dirige nell’unico luogo dove la megera direttrice dell’istituto non può riacciuffarlo, alla stazione degli autobus, per allontanarsi anche se non sa bene verso dove. Anzi, senza avere alcuna destinazione in mente. Nell’attesa del primo pullman in partenza, Allan si imbatte in un ceffo strano, giovane, biondo e troppo fiducioso che l’attempato Allan non sia capace di colpi di testa. Non potendo entrare nella piccola cabina della toilet pubblica insieme all’ingombrante valigia cui si accompagna, il giovane chiede ad Allan, con una certa scortesia, di vigilare bene che nessuno se ne appropri mentre disbriga le sue necessità. Mai avrebbe pensato, il biondo, quanto gli sarebbe costata questa fiducia malriposta e quella necessità fisiologica.
La corriera per-non-si-sa-dove sta partendo, infatti.
Allan non può perderla se vuole seminare la megera che ha già dato l’allarme, e così vi sale, naturalmente portando con sé quella grossa, misteriosa valigia.
E non sa ancora che quel biondino scialbo è un feroce criminale pronto a tutto per riprendersi la sua valigia e fare fuori l’arzillo vecchietto.
Una girandola di equivoci. Una esilarante avventura.
Una vitalità esuberante. Una galleria di personaggi senza paragoni. Un centenario capace di incarnare i sogni di ognuno, pronto a tutto per non lasciarsi scappare questo improvviso e pericoloso dono del destino.
Jonas Jonasson è nato in Svezia e vive a Ponte Tresa.
Giornalista e consulente media, sta scrivendo il suo secondo romanzo. Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, ai primi posti delle classifiche di vendita in Svezia per oltre un anno, è in corso di traduzione in oltre trenta paesi.
È stato “Miglior libro dell’anno 2009” in Svezia; premiato dai librai svedesi con lo Swedish Book Seller Award 2009 (lo stesso che fu di Stieg Larsson) e vincitore dello Swedish Audio Prize 2009.
Dal romanzo è in preparazione un film con un cast internazionale.