
Raymond Queneau fa parte del gruppo surrealista parigino dal 1924 al 1929. Tra le molte passioni che condivide con André Breton e i suoi amici, ci sono i romanzi di Fantomas e certo anche la magistrale versione cinematografica realizzata da Louis Feuillade. Queneau si appassionerà a tal punto all'eroe nero creato da Jean Souvestre e Marcel Allain da accarezzare il progetto di scriverne una biografia. Il libro non vedrà mai la luce, ma l'autore degli Esercizi di stile non resisterà alla tentazione di giocare, nel suo inimitabile modo, con gli ingredienti del feuilleton: ecco dunque Hazard e Fissile, il primo esperimento narrativo di Raymond Queneau, ritrovato pochi anni fa tra le carte dello scrittore e finora assolutamente inedito.
Questo romanzo è un'esilarante parodia e una distorsione delle peripezie classiche del romanzo d'appendice: ci sono vilains dai nomi improbabili e dai modi bizzarri, ci sono donne nude e mascherate, pistole che scompaiono, eroi ed eroine senza macchia e senza cervello: e ci sono anche clown malinconici, omicidi, inseguimenti e agnizioni. E soprattutto c'è già tutto Raymond Queneau: gli esperimenti metaletterari, gli sberleffi al lettore, le visioni care all'immaginario surrealista, quasi provenissero dai dipinti di Delvaux o di Dalì (diciassette piovre addomesticate!); e ancora, un colpo di scena ad ogni pagina, una sorpresa ad ogni paragrafo.
I giochi di parole, che hanno travolto il traduttore, delizieranno i lettori; e chi ha amato Zazie nel metró, I fiori blu e gli Esercizi di stile non faticherà a ritrovare in questo breve testo incompiuto il primo incunabolo di quei capolavori.
1978, Isola di Cavallo: un ragazzo viene colpito dallo sparo di un fucile. 1981, Vermicino: un bimbo sparisce in un pozzo. 1992, Lecco: una giovane donna sbanda con la macchina e cade in coma irreversibile.
1996, San Giuseppe Jato: un adolescente viene giustiziato e sciolto nell'acido per vendetta. 2005, Ferrara: un diciottenne viene pestato dalla polizia.
Sono storie italiane. Fatti nudi, «in apparenza minori, che finiscono spesso per graffiare, come un pennello troppo duro, la coscienza di un paese».
Ma sono anche attimi che la cronaca ha reso per sempre immobili, e la letteratura può invece ripensare, rianimare, riattivare. Nascono così i cinque movimenti di questo libro.
Una fiaba contemporanea che racconta di vittime giovani e svolte inattese, di meraviglia, riti di passaggio ed epifanie luminose.
Nella luce di una primavera argentata, nella baia di un'isola, sbarca un regista inquieto e ossessionato dallo sparo che risuonò, sulla stessa spiaggia, in una notte lontana del 1978.
È l'inizio di un intreccio che lega casi di cronaca famosi - che hanno traumatizzato e commosso la nostra coscienza e che il lettore non stenterà a riconoscere - a vicende insospettate e meravigliose.
Più a nord, in una pianura immersa nell'inverno, una indimenticabile sedicenne si specchia teneramente nel destino di una donna in coma. Il piccolo caduto in un pozzo, quello per cui un intero paese di madri, padri, bambini rimane col fiato sospeso, inizia un viaggio alla scoperta di un regno sotterraneo. E ancora, il ragazzino al centro di un terrificante caso di mafia e il diciottenne vittima di un pestaggio della polizia vedono la propria storia aprirsi su scenari straordinari, che illuminano di nuova luce i fatti.
In un tempo come il nostro, pare difficile superare la cronaca, la crudeltà degli eventi, venire a capo del nodo in gola e della cicatrice che certe vicende hanno lasciato.
Se esistono modi di andare oltre, la scrittura è uno di questi. Proprio come accade in questo libro. Una scrittura che ci fa sfiorare un luogo lontano, in una sorta di rito catartico. Perché se la realtà è irreversibile, la letteratura può ridare un senso alle cose.
Forse è stato il caso, o forse l’amore, a condurre Giacomo Musso, maestro di trentacinque anni, al Braccio 6, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Novara. Sulle labbra, la dichiarazione di innocenza; tra le mani, il giornale che ritrae in prima pagina il corpo inerte e dilaniato di sua moglie. Per sfuggire alla disperazione, Giacomo decide di raccontare la propria storia, l’inevitabile serie di eventi che lo ha portato in quella stanza, con una minuscola finestra come unico contatto con il mondo, come se fosse un pericolo per gli altri, lui che non ha mai fatto male a nessuno. Si erano conosciuti in un locale di Parigi, lei si chiamava Shirin ed era di origine iraniana. Il loro non era stato un amore focoso fin dal primo istante, ma era nato con la lentezza inesorabile delle cose fatte per durare. Si erano sposati alla fine di marzo e poi avevano preso la decisione che avrebbe cambiato le loro vite per sempre: si erano trasferiti a Molini, sulle montagne piemontesi, il paese dove lui era nato. Giacomo aveva deciso per nostalgia, Shirin perché aveva bisogno di radici: quelle che non aveva mai avuto, quelle che i suoi genitori avevano reciso fuggendo da un paese, l’Iran, profondamente cambiato nel giro di pochi anni. Tra le mura di quelle case, in quel luogo che sembrava essere rimasto indenne al trascorrere del tempo, Shirin credeva di aver trovato ciò che cercava. Ma si sbagliava. Anche lì non era che una straniera, guardata prima con curiosità invadente e poi con diffidenza. Così aveva cominciato a cercare dove non avrebbe dovuto: lei, laica e atea, aveva trovato una casa proprio nella religiosità ostentata dei suoi connazionali. Ora, di lei e del suo grande amore non è rimasto nulla, esistono solo i ricordi che Giacomo affida alle pagine del suo diario, sperando forse di poter scrivere un altro finale.
Edito nel 1870, prima della presa di Porta Pia, il romanzo è un'opera fortemente anticlericale scritta dall'eroe dei due mondi dopo il fallimento dell'insurrezione romana del 1867. Il libro prende spunto dalla vicenda immaginaria di una popolana romana, Clelia, che un alto prelato vorrebbe concupire per descrivere la Roma papalina, una città - secondo il generale nella quale dominano l'oscurantismo, il despotismo e la turpitudine di preti e monsignori. Un racconto a tinte forti pubblicato per cercare di convincere la casa reale a completare l'unificazione d'Italia, anche se l'anticlericalismo che traspira da ogni pagina è vero e profondo in Garibaldi, come dimostra il suo testamento (pubblicato in appendice). Se la prima parte del racconto è di fantasia, la seconda è quasi un resoconto giornalistico degli avvenimenti del 1867, dall'attentato alla caserma Serristori il 22 ottobre che causò la morte di 23 zuavi pontifici, al sacrificio dei fratelli Cairoli fino all'occupazione di Monterotondo da parte dei volontari guidati dallo stesso Garibaldi e alla loro sconfitta, nella battaglia di Mentana, il 3 novembre. Un libro-testimonianza di uno dei massimi protagonisti del Risorgimento italiano e della nascita dell'Italia moderna.
Susan Abulhawa ha scritto un romanzo struggente che può fare per la Palestina ciò che il Cacciatore di aquiloni ha fatto per l'Afghanistan. Di vibrante realismo e inesorabilmente diretto alla verità, racconta con sensibilità e pacatezza la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di "senza patria".
Attraverso la voce di Amal, la brillante nipotina del patriarca della famiglia Abulheja, viviamo l'abbandono della casa dei suoi antenati di ‘Ain Hod, nel 1948, per il campo profughi di Jenin. Assistiamo alle drammatiche vicende dei suoi due fratelli, costretti a diventare nemici: il primo rapito da neonato e diventato un soldato israeliano, il secondo che invece consacra la sua esistenza alla causa palestinese. E, in parallelo, si snoda la storia di Amal: l'infanzia, gli amori, i lutti, il matrimonio, la maternità e, infine, il suo bisogno di condividere questa storia con la figlia, per preservare il suo più grande amore.
La storia della Palestina, intrecciata alle vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi, si snoda nell'arco di quasi sessant'anni, attraverso gli episodi che hanno segnato la nascita di uno stato e la fine di un altro. In primo piano c'è la tragedia dell'esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, come rifugiati, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta. L'autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, che anzi descrive con pietà, rispetto e consapevolezza, racconta invece la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all'amore.
"Una storia che mi ha toccato emotivamente come solo i grandi romanzi possono fare".
Henning Mankell
Tu dici California e pensi al Golden Gate di San Francisco, alle spiagge sabbiose di Malibu, agli studi cinematografici di Hollywood. E invece, appena più giù, c’è un’altra California, che a metà Ottocento seppe resistere all’avanzata delle truppe statunitensi e conservare la propria integrità e indipendenza. È la Baja California, la California messicana: la più lunga penisola del mondo, quasi duemila chilometri conficcati nel cuore dell’Oceano Pacifico.
Pino Cacucci è ritornato nel “suo” Messico per attraversarla e per raccontarla, da sud a nord, da La Paz alla frontiera di Tijuana. Lungo la Carretera Federal 1, detta anche Transpeninsular, ha raccolto storie di pirati e tesori sepolti, di gesuiti e missioni abbandonate, di indios e viaggiatori perduti. Sulle orme di Steinbeck, che qui viaggiò nel 1940, ha riscoperto leggende di regine e perle giganti. E ovviamente si è immerso nella strepitosa natura della Baja, nelle sterminate distese di cactus, nel paesaggio lunare delle saline, nelle montagne che hanno forma di donna. E nelle baie d’incanto dove le balene si avvicinano allegre per giocare con le barche dei pescatori. Perché il Messico fu il primo paese, più di sessant’anni fa, a creare riserve protette per questi animali dall’intelligenza misteriosa, e loro lo sanno – lo hanno certamente capito – che gli uomini non sono tutti assassini, e che da queste parti vive un’umanità più autentica e amichevole.
Un padre semialcolizzato che nessuno sa come si guadagni da vivere, una madre un tempo bellissima, scampata ad Auschwitz e preda delle proprie nevrosi: ecco la famiglia del giovane Arnon, protagonista di questo formidabile romanzo d'esordio tradotto in tutto il mondo. Il ragazzo, convinto che le persone più amate possono diventare i nostri peggiori nemici, e mosso da un'irrefrenabile curiosità, divide la sua vita sregolata tra i bar di Amsterdam e le prostitute. Si succedono così gli incontri con Marcella, Natasja, Astrid, Sandra, che devono però restare irripetuti, significativi proprio per la loro unicità. Nel tentativo di fare surf sulle onde della vita senza mai tuffarsi ed esplorarne le profondità.
Il dottor Gianni Landi svolge la sua professione con il cuore, prima che con la mente, e di fronte ai pazienti riesce a dimenticarsi del camice che indossa per condividere con loro ansie, paure, dolori, speranze. È questo a fare di lui una persona speciale, che sa cogliere e comprendere la fragilità del paziente di fronte alla malattia, chiunque egli sia. Qualità di cui Landi dà prova ogni giorno, alle prese con situazioni spesso drammatiche che lo pongono davanti a temi attualissimi e scottanti: l’accanimento terapeutico nel caso di Bepi, un pittore che ha trovato un rifugio letale tra le nebbie dell’alcol; l’eutanasia in quello di Luca, noto designer colpito da una grave sindrome degenerativa; i rimedi poco ortodossi praticati da uno specialista sopra le righe nella storia di Giulio. Ma l’ospedale è anche il luogo dove molti amori nascono e altri finiscono, come il contrastato rapporto di Landi con Ginevra, una giovane e bella paziente attratta da lui perché le ha salvato la vita, o la toccante storia tra un’avvenente infermiera e un medico che la abbandona proprio quando lei si ammala...
In un hotel del genere gli ospiti dovrebbero essere vagabondi dell'anima, coloro che ancora gironzolano alla ricerca di sé, senza troppa arte né parte.
«C'è un primo piano, nel quale l'ospite è ancora spaesato e incerto su cosa fare. E un secondo piano dove lo smarrimento si popola di mostri. E un terzo piano in cui l'ospite cerca la forza di reagire e prende le misure di ciò che lo circonda. E un quarto piano in cui l'ospite raggiunge una forma di consapevolezza che gli consente l'accesso al tetto dal quale tornare a vedere un po' di luce, quelle stelle che l'albergo non ha».
Un viaggio tra vita e letteratura all'interno di un insolito albergo.
L'economia galoppa. Si riduce la povertà. Crescono i consumi. Il futuro ha il volto fresco di donne e ragazzi che prendono in mano il loro destino. Ecco il Brasile ancora sconosciuto dei mille primati di una solida democrazia.
Era sempre stato considerato 'il paese del futuro', dai tempi dei coronéis esportatori di zucchero e caffè agli impetuosi ultimi anni Cinquanta del presidente Juscelino Kubitschek, della fondazione di Brasilia, della prima vittoria del Mondiale di calcio con Pelé e della nascita della bossa nova. Ma quel futuro non arrivava mai. Adesso, invece, il Brasile vive una nuova stagione, di stabilità politica democratica e di solido sviluppo economico, tra i maggiori del mondo. La nuova presidente della Repubblica, Dilma Rousseff, ha raccolto l'eredità del popolarissimo Lula e rilanciato la crescita e la 'lotta alla povertà'.
Questo libro è il racconto di un viaggio, denso di personaggi, fatti, dati e storie, attraverso un paese in cui, pur tra mille contraddizioni, si affermano nuovi, giovani attori della politica, dell'economia e della cultura. Più di cinquanta milioni di persone, negli ultimi anni, sono uscite dalla miseria e hanno migliorato radicalmente il loro tenore di vita. Cresce una nuova 'classe media', con un boom dei consumi di massa. San Paolo e Rio de Janeiro affrontano le sfide delle megalopoli. Aumentano gli investimenti internazionali, americani, cinesi, tedeschi, italiani. E le migliori imprese brasiliane, dall'agricoltura all'industria manifatturiera, dalla finanza all'energia, si muovono alla conquista dei mercati mondiali: sono i nuovi, e migliori, bandeirantes, sulle orme degli avventurosi esploratori che fondarono il più grande paese dell'America Latina. Sullo sfondo, si delinea anche il ruolo internazionale da protagonista di un Brasile che, in un mondo ormai multipolare, si è affrancato dagli Usa, dialoga con la Cina, l'Europa, l'India e l'Iran, fonda nuove relazioni con l'Africa. Dinamismo e intraprendenza. Attualità e ambiziosi programmi di cambiamento.
Ottobre 1920. Mentre l’Europa è ancora alle prese con le ferite della Grande Guerra, nei locali e per le strade d’America impazza il jazz, la nuova musica esplosa nei ghetti di colore.
A Chicago, la città dove si sono riversate quasi tutte le stelle del jazz di New Orleans, arriva dalla natia Oak Park un ragazzo di vent’anni alto e snello, con splendidi occhi castani, capelli nerissimi e una fossetta sulla guancia sinistra «dentro la quale si potrebbe precipitare». A casa della famiglia Smith dov’è ospite, il ragazzo, che si chiama Ernest Hemingway, incanta gli astanti coi suoi racconti sulla Grande Guerra, durante la quale ha rimediato una mitragliata alla gamba destra nel tentativo di soccorrere dei feriti sul fronte italiano.
Rapita più di tutti dall’aria spavalda e dallo sguardo scintillante del ragazzo è un’amica di Kate Smith: Hadley Richardson, una ventottenne che, dopo la morte dei genitori, vive con la severa sorella Fonnie e la sua famiglia a St. Louis, sonnacchiosa città lontana anni luce dalla fervente Chicago.
Hadley ignora il jazz, ma suona al piano Rachmaninov e, diversamente dalle ragazze che frequentano casa Smith, non porta i capelli alla maschietta, ma raccolti dietro la nuca alla vecchia maniera vittoriana. Ernest rappresenta per lei tutto quello che le appare irrimediabilmente alle spalle: l’immagine stessa della gioia, della forza e dell’energia giovanili.
Il cuore le batte perciò all’impazzata quando, una volta tornata a St. Louis, riceve, meravigliosamente stropicciata, la lettera di Hemingway che esordisce con: «Penso sempre a Roma; ma che ne diresti di venirci con me… come mia moglie?».
Senza soldi e alla ricerca di vita, felicità e successo, la pura e sensibile Hadley e il giovane Hemingway partono alla volta della vecchia Europa. Non si stabiliscono a Roma, ma a Parigi, cuore della gioventù artistica e intellettuale europea e americana. Per Ernest è il periodo dell’elaborazione delle ferite interiori lasciate dalla guerra e della frequentazione dei salotti letterari, dove celebrità come Ezra Pound e Gertrude Stein possono aiutarlo a ottenere denaro e fama. Quando, però, dopo un figlio, arrivano anche il denaro e la fama, nell’inquieto scrittore esplode il desiderio di una vita libera, senza ceppi e legami, accanto a nuove e stimolanti conoscenze come John Dos Passos e Scott e Zelda Fitzgerald. Una vita che Ernest finirà col non condividere più con la riservata Hadley, così diversa da Kate, da Stella Bowen, da Kitty Cannell e dalle altre attrici e ballerine che ruotano attorno al celebre scrittore. Così diversa, infine, da Pauline Pfeiffer, irresistibilmente chic con quella frangetta scura e un’esuberanza da ragazzino.
In questa Guida agli animali fantastici ci sono i prodigiosi esseri che circolavano liberamente nel mondo antico, ippocentauri, manticore, remore, sirene, ircocervi, e che oggi non circolano più, né lo potrebbero, con tutte le regole autostradali, la coltivazione industriale delle campagne, la deforestazione, gli antiparassitari, il traffico marittimo e altro ancora.
Ma in mezzo a loro, altrettanto fantastici, ci sono gli animali che sono rimasti e si incontrano comunemente, il pollo, ad esempio, con il suo sguardo sospettoso e un po’ sprezzante, o le formiche, sempre di corsa e preoccupate per la crisi economica, o le api, socialiste imperterrite fin dalla nascita, o la mucca che rumina e riflette. Che idee avranno su di noi? Sulla vita e sulla morte? Ne sapranno qualcosa o faranno finta di niente? Questi esseri molto prossimi, nostri parenti stretti, però anche distanti come gli extraterrestri, li si può stare a guardare per ore in un prato, o veder traversare come apparizioni una strada, o passare in cielo mentre migrano in Africa: esseri meravigliosi e misteriosi quanto le specie fantastiche e inesistenti.
E da ultimo c’è l’animale forse più fantastico di tutti, senza piume, a due gambe, spettatore del grande spettacolo dell’universo. «Quell’animale che guarda in cielo e dice: cosa sono quei lumini sospesi? E risponde: le stelle. Perché nessun altro animale le ha mai notate, nel corso di tanti milioni di anni e di tante notti stellate che sono passate su questo pianeta.» L’animale chiamato uomo.