
Il viaggio di Guglielmo ha inizio nel 1253: è passato pochissimo tempo da quando il terrore di un'invasione mongola ha sconvolto l'europa. gli invasori sono giunti, invincibili, in Polonia, Boemia, Ungheria, sino alle coste dell'Adriatico, seminando distruzione e facendo prigionieri cristiani di mezzo continente. Poi, sono svaniti. È necessario conoscerli meglio, stabilire relazioni diplomatiche e commerciali, tentare di convertirli. Per due anni il frate fiammingo percorre i territori dell'Asia Centrale, attraversa la regione del Volga e raggiunge Karakorum, la capitale del gran Khan Mangu. Rientrato in Terrasanta nel 1255, Guglielmo scrive l'Itinerarium: un resoconto ufficiale del viaggio in forma di lettera, una relazione che sfata le leggende diffuse in Occidente sui mostri che popolerebbero le regioni misteriose dell'Asia. È un uomo forte, colto, infaticabile, aperto. Gli interessano gli usi e i costumi dei Mongoli, le persone che incontra, le discussioni che tiene con loro. Rimane colpito dal loro perenne vagare di nomadi, turbato dall'assenza di città, villaggi e case, spaesato negli orizzonti senza fine delle steppe: "Tutto ciò che vedevamo era cielo e terra..." scrive; "per tutto quello spazio non ci sono né boschi, né alture, né pietre, ma solo ottima erba".
Nel 2009 la Corte popolare di Pechino ha processato e condannato alcuni intellettuali e giornalisti per aver partecipato alla stesura e alla diffusione di Carta 08, un manifesto civile volto a promuovere importanti riforme politiche e a sostenere la causa della difesa dei diritti umani. Un anno dopo l'ispiratore e primo firmatario del documento, Liu Xiaobo, è stato insignito del premio Nobel per la pace, ma non ha potuto ritirarlo perché rinchiuso in prigione, dove dovrà rimanere per altri dieci anni. Sfidando ancora una volta la censura di Pechino, in questa raccolta di saggi e poesie Liu Xiaobo ci offre un vasto e sconvolgente spaccato della Cina di oggi. I cittadini del paese che ambisce al ruolo di prima potenza economica mondiale vengono descritti, infatti, come cinici, ossessionati dal successo economico e personale, o come fanatici nazionalisti. Eppure, nonostante l'attuale vittoria delle forze illiberali, agli occhi di Liu Xiaobo sono evidenti le crepe che faranno implodere il sistema autoritario cinese. Ovunque nel paese stanno crescendo la disillusione giovanile, lo scollamento tra realtà concreta e ideologia politica, la rabbia contro la prepotenza dei burocrati. Malgrado la ridotta libertà d'espressione e l'oppressione del governo sulla società civile, è nel progressivo diffondersi di questi movimenti dal basso che Liu Xiaobo ripone le sue speranze, o meglio le sue certezze, di un futuro democratico anche per la Cina. Prefazione di Federico Rampini.
"Doppiare il capo", come ogni espressione nella scrittura di J. M. Coetzee, possiede molteplici significad. Di certo ha a che fare con l'idea di un passaggio, una svolta nella continuità: la possibilità, volgendo lo sguardo al cammino compiuto, di riflettere su se stessi. I saggi raccolti in "Doppiare il capo" affrontano argomenti molto diversi: letterari (Rousseau, Tolstoj e Dostoevskij, Beckett...) e non solo (da Capitan America al rugby, dalla pubblicità alla censura), restituendo la varietà degli interessi intellettuali e politici del premio Nobel sudafricano. Ma tutti, a ben vedere, sono tentativi di affrontare il medesimo tormentato problema: come dire la verità (anche su se stessi) quando quella verità potrebbe non essere nel nostro interesse. Ammesso poi che tale verità esista: "Tutto ciò che scrivi, incluso critica e narrativa, ti scrive mentre lo scrivi. La domanda allora è: questa massiccia impresa autobiografica che riempie una vita, questa imponente opera di costruzione di sé, produce solo finzioni? Oppure tra le varie finzioni, ce ne sono alcune più vere di altre? Come faccio a sapere che dico la verità su me stesso?".
In un angolo del cortile della casa di Debrecen in cui Magda Szabó visse per molti anni, c'era un vecchio pozzo ricoperto ormai da lungo tempo. Era un luogo al quale la bambina non poteva avvicinarsi e che per questo esercitava un fascino particolare. Le alterne vicende della vita e della Storia condussero poi la scrittrice lontano dalla città natia, nella casa andarono a vivere altri inquilini, il cortile fu frequentato da gente sconosciuta. Ma non per questo l'incanto di quel posto si fece meno intenso: il vecchio pozzo non era più una minaccia, anzi, le sue misteriose profondità custodivano vivi e intatti i frammenti dell'infanzia che la donna ormai adulta e famosa poteva richiamare alla memoria a ogni nuova visita. Appaiono così i genitori, due "scrittori mancati" che tuttavia non rimpiansero mai di non avere consacrato tutta la vita all'arte e diedero alla figlioletta un'educazione particolare tutta intrisa di solidi valori e antichissima cultura; emerge Debrecen, la città in cui il vento era più autentico, l'acqua più buona, le stelle più luminose, fanno capolino il Natale, gli animali, il paesaggio, gli antenati, la scuola, i giochi dell'infanzia. Accostandosi, come una novella Alice, a quel pozzo, che è allo stesso tempo cifra dell'infanzia e del suo mondo interiore, capitolo dopo capitolo Magda Szabó ci svela l'origine di un'esistenza artistica fuori dal comune.
"La memoria dell'esule". Cosi Luciana Stegagno Picchio definiva i cinque volumi dei "Cadernos de Lanzarote" in un suo saggio sullo scrittore portoghese. Nel 1993, infatti, il futuro Premio Nobel per la Letteratura, in seguito alle polemiche suscitate in patria dal suo "Vangelo secondo Gesù Cristo", si era trasferito alle Canarie, nell'isola di Lanzarote. E per cinque anni, 1993-1997, scrive una sorta di diario "pubblico" in cui racconta di sé, del suo amore per la moglie Pilar, di libri degli altri, di persone che incontra, di viaggi - l'Italia, la Cina, la Spagna, naturalmente il Portogallo -, dei suoi adorati cani, di scrittura e di scrittori, di politica, filosofia, religione, di illuminazioni, di sensazioni... Un diario sincero che è anche un viaggio tra i suoi libri - scritti e da scrivere - e delle casualità che li hanno ispirati. Come pure un viaggio dentro se stesso, perché "tutto è autobiografia", perché la vita che raccontiamo sta "in tutto ciò che facciamo", e non solo nelle parole, ma anche nei gesti.
Un piccolo spacciatore ucciso per le strade di Oslo. Un ragazzo olandese fermato in stato confusionale e coperto di sangue: il sospetto ideale sul quale concentrare le indagini. La donna che l'ha trovato, Karen Borg, è un avvocato civilista, ma il ragazzo dichiara di voler parlare solo con lei e di volerla come difensore. Ma c'è un secondo omicidio, quello di un avvocato di dubbia moralità, e sembra non avere alcun legame con il primo. Sembra soltanto, però. Spetta all'ispettrice Hanne Wilhelmsen andare a fondo su entrambi i delitti, fino a intuire collegamenti impensati. Può essere davvero possibile che droga, avvocati, corruzione e perfino servizi segreti siano legati da un'unica rete?
A soli 37 anni, Sarah ha già dimostrato di essere una fuoriclasse: vicepresidente di una delle società di consulenza più prestigiose di Boston, moglie innamorata, madre presente di tre figli adorabili ma decisamente impegnativi. Ogni giorno porta con sé nuove sfide da affrontare per dimostrare di essere la numero uno, di potercela fare barcamenandosi tra riunioni, colloqui, lezioni di piano e partite di calcio. Ma non è sempre facile. A volte, se riesce a fermarsi per più di cinque minuti, le sembra di annegare nel mare di aspettative che tutti, a casa e al lavoro, hanno nei suoi confronti. Fino al maledetto giorno in cui, mentre cerca di arrivare puntuale al lavoro, in macchina sotto una pioggia scrosciante, Sarah viene coinvolta in un terribile incidente e tutta la sua vita cambia. Per un solo istante di distrazione. Quando, otto giorni dopo, si risveglia in un letto d'ospedale, tutto pare normale. In breve, però, si rende conto di non riuscire più ad avvertire nulla che si trovi sul lato sinistro del proprio corpo. I medici la chiamano Negligenza Spaziale Unilaterale: parole complesse che Sarah è cconvinta di poter cancellare dalla propria vita con poche settimane di fisioterapia. Perché non può fermarsi, deve tornare al suo mondo il più in fretta possibile.Ma questa volta la forza di volontà non è sufficiente. Sarah è costretta a convivere con un corpo che le pare estraneo, cattivo, sbagliato, che potrebbe non tornare più come prima, e ad accettare l'aiuto degli altri.
Ci sono libri che danno pura gioia. È quel che capita con il romanzo di Larsson: ci ritroviamo adulti a leggere una storia di pirati con lo stesso gusto dell'infanzia, riscoprendo quella capacità di sognare che ci davano i porti affollati di vascelli, le taverne fumose, i tesori, gli arrembaggi, le tempeste improvvise e le insidie delle bonacce. Chi racconta in prima persona è Long John Silver, il terribile pirata con una gamba sola dell'"Isola del Tesoro", fatto sparire da Stevenson nel nulla per riapparirci ora vivo e ricco nel 1742 in Madagascar, intento a scrivere le sue memorie. E non è solo a quell'"e poi"? che ci veniva sempre da chiedere alla fine delle storie che risponde Larsson, è al prima, al durante, al dietro.
Questa è la storia di due adolescenze. Sofia ha quattordici anni nel 1964. È appassionata, sensibile, fantasiosa, ma, come tutti gli adolescenti, fragile e a disagio in quel corpo nuovo che inizia a sbocciare. Quando è in crisi ne parla con Paul McCartney, il suo magico amico segreto. Quando pensa che quello sia un momento da ricordare, si scatta una polaroid. È il 1998, il mondo è cambiato, ma anche Samuel, quasi quindicenne, è un adolescente spaventato. Ribelle e insofferente nella sua casa, trova per caso delle polaroid con il volto di una coetanea sconosciuta che gli sorride da un mondo fuori moda. Le storie dei due corrono parallele, finché un giorno, il 12 febbraio 2010, i due si incontrano in un appartamento in vendita. Una casa che entrambi conoscono molto bene. E a Samuel la faccia di quella signora cinquantenne ricorda qualcosa. Dopo il grande successo di Parlami d'amore, la coppia Muccino-Vangelista torna in libreria con una storia piena di emozioni, alla ricerca di ciò che di essenziale, di irriducibile, c'è in ogni giovinezza. E già si sente odore di film.
Tutto quel che vediamo, sentiamo, viviamo, passa per il corpo, o un pezzo di esso, con cui dovremmo imparare a comunicare. Questa è a suo modo una guida per l'allenamento del nostro corpo: per irrobustire la schiena, gli addominali proteggere i nervi, sostenere la fatica. Una fatica quotidiana del vivere e dell'incontrarsi con gli altri, per abituarsi al contatto, sforzarsi di capire perché stare dentro e stare fuori al proprio corpo è prima di tutto un'attività fisica e poi emotiva. Come i paguri con le conchiglie, come le tartarughe con il carapace o gli uccelli, che si difendono volando in stormi, abbiamo bisogno di capire come adattarci ai nostri spazi, come insediarli e, soprattutto, come convivere con i luoghi invisibili che circondano le persone: quegli spazi intimi, segreti, fragili che garantiscono e proteggono le nostre relazioni.
America settentrionale, 1660. Bethia Mayfield ha quindici anni quando una sera dal suo letto sente il padre e il fratello annunciare quella che per lei è un'insperata felicità: Caleb della tribù wampanoag, da anni suo grande amico segreto, andrà a vivere nella loro casa, dopo il battesimo e la conversione alla religione cristiana. Bethia è nata e cresciuta in una piccola comunità inglese di pionieri puritani insediatisi sull'isola di Martha's Vineyard, un lembo di terra affacciato sull'oceano atlantico, schiacciato tra la selva e il mare. È sempre stata una bambina seria e silenziosa, e ha accentuato il suo carattere solitario dal giorno in cui l'amata mamma è morta dopo aver dato alla luce la piccola Solace. Inquieta e curiosa, Bethia subisce a malincuore quello che è il destino di una ragazzina del XVII secolo: non accedere all'istruzione o, come dice Makepeace, il suo pingue e pigro fratello, essere "dispensata" dall'onere degli studi. Trascorre così le giornate occupandosi di Solace, della casa e del padre, il pastore della comunità, un uomo di specchiata e intransigente moralità. Nei momenti liberi, tuttavia, la sua ansia di sapere, il suo desiderio di conoscenza dello strano mondo e delle cose che la circondano prendono il sopravvento. Bethia se ne va in giro per l'isola, a esplorare baie e boschi, e a osservare i nativi e i loro riti, che la affascinano e al tempo stesso la turbano, tra consapevolezza di libertà e paura del peccato. Ha dodici anni quando incontra Caleb...
Il monte Kailash è la montagna più sacra del mondo, venerata da un quinto dell'umanità. Isolato alle spalle dell'Himalaya centrale, secondo il mito sarebbe la fonte dell'universo scaturito dalle acque cosmiche e dalla mente di Brahmà. La sua vetta non è mai stata espugnata, ma per secoli pellegrini indù e buddhisti ci hanno camminato ritualmente attorno. Colin Thubron si unisce a questi pellegrini, dopo un'estenuante camminata dal Nepal, attraverso gli alti passi del Tibet, fino ai magici laghi che riposano alle pendici del Kailash. Un bellissimo diario di viaggio dal ritmo incalzante che coniuga la forza e la poesia della scrittura di Thubron con la sua capacità di mettersi in sintonia con le persone che incontra. Parla con contadini isolati e con monaci rinchiusi in monasteri decadenti; racconta storie di esilio e di eccentrici esploratori occidentali. Ma Verso la montagna sacra custodisce un'ulteriore dimensione: l'autore ha di recente assistito alla morte della madre. Sta compiendo un pellegrinaggio anche lui. Il suo percorso attorno alla grande montagna, venerata da una moltitudine di altri pellegrini, risveglia un paesaggio interiore di solitudine, amore e dolore, ridando vita a preziosi frammenti delle sue stesse origini.