
Ce li hanno dipinti così, i professori precari di oggi: arrendevoli, menefreghisti e incompetenti. Invece sono bravi e arrabbiati. Finalmente un romanzo ce li racconta senza indulgenza o pregiudizi, per mostrarci come, in reazione alle ingiustizie di una scuola pubblica che sta cadendo a pezzi, scoppieranno - è solo questione di tempo - l'indignazione, la protesta. Perché Emma, ventotto anni, ha lasciato Napoli per lavorare in una classe a Torino. Non avrebbe voluto: le mancano una città e un amore di nome Gianni. Anziché insegnare latino si trova a seguire il caso di Andrea, un ragazzo autistico che reagisce con violenza alla cattiveria di alcuni professori. E intorno a lei vede solo la rassegnazione di chi accetta contratti impossibili o di chi, arreso, scappa all'estero. Con stupore Emma si renderà conto che è proprio il suo ragazzino pieno di problemi a insegnarle che non bisogna più accettare i ricatti di questo Paese. Contro le crisi di Andrea, infatti, la famiglia le ha suggerito di ricorrere all'iguana, suo immaginario totem personale: se l'iguana non vuole, quella cosa non si fa. Evocare l'animale serve a renderlo innocuo fino a quando, però, il ragazzo non si trattiene più e sfoga la sua rabbia. Così, a fine anno, quando su tutti si abbatterà una serie di ingiustizie pubbliche e personali, Emma maturerà l'idea che un dio in forma d'iguana sarebbe d'accordo nel punire subito i colpevoli di un'Italia che non funziona più. Lei è pronta a seguirlo.
Roma, 11 luglio 1982. La sera della vittoria italiana al Mundial spagnolo Elisa Sordi, giovane impiegata di una società immobiliare del Vaticano scompare nel nulla. L'inchiesta viene affidata a Michele Balistreri, giovane commissario di Polizia dal passato oscuro. Arrogante e svogliato, Balistreri prende sottogamba il caso, e solo quando il corpo di Elisa viene ritrovato sul greto del Tevere si butta a capofitto nelle indagini. Qualcosa però va storto e il delitto rimarrà insoluto. Roma, 6 luglio 2006. Mentre gli azzurri battono la Francia ai Mondiali di Germania, Giovanna Sordi, madre di Elisa, si uccide gettandosi dal balcone. Il commissario Balistreri, ora a capo della Sezione Speciale Stranieri della Capitale, tiene a bada i propri demoni a forza di antidepressivi. Il suicidio dell'anziana donna alimenta i suoi rimorsi, spingendolo a riaprire l'inchiesta. Ma rendere finalmente giustizia a Elisa Sordi dopo ventiquattro anni avrà un prezzo ben più alto del previsto. Balistreri dovrà portare alla luce una verità infinitamente peggiore del cumulo di menzogne sotto cui è sepolta, e affrontare un male elusivo quanto tenace, che ha molteplici volti uno più spaventoso dell'altro.
Questa non è la solita storia. È una storia in forma di "cuntu', l'antica forma di narrazione orale della Sicilia, e narra le vicissitudini e le peregrinazioni del messinese Scipione il Cicalazadè. Giovane vigoroso e intelligente, viene sottratto dodicenne dai pirati al padre, il Visconte Cicala, portato in dono al Sultano e educato alla sua corte, fino a divenire, in qualità di Prescelto, il comandante degli eserciti Ottomani di terra e di mare. Il suo destino è fatto di battaglie, conquiste, bottini, ma anche di nostalgia per la sua terra d'origine e per sua madre, donna Lucrezia. C'è un lupo al fianco di Scipione guerriero, e lui stesso è lupo nel profondo, e la sua voce è l'ululato della passione, del tradimento, della rabbia, dell'utopia: quella di Tommaso Campanella, i cui congiurati Scipione incontra e aiuta; quella dell'amore, che si incarna per lui in una dama fatta Luna; quella del ritorno in patria, occasione del ritrovamento degli affetti famigliari ma anche di un grande scontro con il cattolicissimo fratello Filippo. E poi, come in un circolo magico, un nuovo ritorno al Monte Altesina, là dove lo attende la dama fatta Luna e lo spirito del lupo potrà trovare finalmente riposo. Una storia che ha insieme il fascino di un Mediterraneo favoloso, la forza poetica delle narrazioni rinascimentali e l'aura di un'epopea popolare in cui Oriente e Occidente si misurano in una guerra di idee, amore e rinascita.
Storia di una passione che si tinge di follia, "L'Incantatore" può essere considerato, come Nabokov stesso ha scritto, la "prima pulsazione" di "Lolita". Qui lo sfondo su cui si muovono i tre personaggi - un quarantenne vizioso, un'innocente ragazzina di dodici anni e la sua patetica madre malata - è la Francia di fine anni Trenta, da Parigi alla Costa Azzurra, meta finale dell'affannoso viaggio del protagonista con la sua piccola vittima. Protagonista che appare, attraverso il prisma dell'ironia nabokoviana, sotto luci contrastanti: da un lato essere perverso che osa l'impossibile per soddisfare gli istinti, dall'altro uomo che nei rari momenti di lucidità vuole fuggire da se stesso e, disgustato, cerca di riscattarsi. Nabokov alterna alla piana narrazione dei fatti metafore abbaglianti, incursioni in un mondo di fantasie fiabesche, implacabili analisi interiori, distorsioni visive e percettive che trasmettono al lettore i turbamenti e le oscillazioni psichiche del suo antieroe. Ma a scandire il ritmo del romanzo sono soprattutto l'incalzare della suspense e il gioco degli imprevisti disseminati dal destino sul percorso tortuoso del protagonista, intento a ordire la sua trama mentre corre verso la rovina.
Il romanzo rivela un episodio semisconosciuto della storia italiana durante la seconda guerra mondiale. Nel 1941, la Cina (in quanto stato nemico del Giappone, membro dell'Asse) diventa nemica dell'Italia. I pochi cinesi nella penisola il governo italiano li fa rinchiudere nell'ex monastero di Isola (ai piedi del Gran Sasso, in Abruzzo), adibito a campo di concentramento. Il campo non ha sbarre, e i guardiani sono piuttosto tolleranti. Malgrado i rapporti con gli abitanti di Isola siano sporadici e difficili, gli internati vengono guardati con rispetto. La vita di questi centosedici individui travolti dalla Storia, cambia con il crollo del regime fascista. Se alcuni decidono di rimanere, altri scappano facendo perdere le proprie tracce, mentre altri ancora si uniscono alla Resistenza. Durante l'evasione un cinese vede "passare l'aereo che avrebbe cambiato tutto", diventando testimone inconsapevole della fuga di Mussolini dal Gran Sasso. L'autore sceglie di non dare la parola agli internati e di farne emergere l'umanità, i ricordi, le paure e i sentimenti attraverso una scrittura precisa, rarefatta, dove ogni parola è pesata, una scrittura capace nella sua pregnanza di catturare e restituire l'inesprimibile che abita in fondo ai cuori di questi come di tanti altri immigrati. L'elenco finale con i centosedici nominativi restituisce ai protagonisti l'individualità cancellata dalla Storia, e che solo il romanzo può riportare in vita.
Washington, 2010. Il presidente degli Stati Uniti è più che mai deciso a riuscire dove tutti finora hanno fallito: sconfiggere i narcotrafficanti che riversano ogni anno tonnellate di cocaina nel mondo occidentale, causando povertà e morte. Ma per affrontare uomini così spietati occorre qualcuno come loro, forse peggiore di loro: il Cobra, Paul Devereaux, una delle menti più brillanti del controspionaggio mondiale. All'ex agente della CIA, sprezzante e privo di scrupoli, viene affidata l'operazione volta ad annientare l'impero economico creato dal capo del cartello colombiano, il potentissimo Don Diego Esteban. Devereaux ha carta bianca e piena fiducia da parte del presidente. Sceglie come suo stretto collaboratore una vecchia conoscenza, Calvin Dexter, l'unico dimostratosi in grado di batterlo sul suo terreno preferito: l'astuzia. I due orchestrano così la più micidiale offensiva mai tentata contro i narcos colombiani, scatenando una lotta senza precedenti. Con Il cobra Frederick Forsyth si riconferma maestro del thriller attingendo all'attualità più scottante e dando vita a un romanzo coinvolgente ed estremamente documentato dove, seguendo le rotte della droga dagli Stati Uniti al Sudamerica, passando per l'Africa fino all'Europa, fiction e realtà si intrecciano con un impatto formidabile sul lettore.
Fondata, secondo la tradizione, nell'814 a.C. sulle coste dell'odierna Tunisia dagli abitanti fenici di Tiro, Cartagine si trasformò a poco a poco da fiorente centro commerciale in capitale di un impero con numerose e ricche colonie in ampie zone del Mediterraneo occidentale (Sardegna, Sicilia, Spagna). Quando Roma estese la propria egemonia sull'Italia meridionale, il confronto fra le due potenze degenerò in un interminabile e sanguinoso conflitto. Al termine della prima e della seconda guerra punica, fu chiaro che l'incontrastato dominio del Mediterraneo sarebbe toccato a Roma. Eppure, benché sconfitta, Cartagine era ancora "ingombrante" e minacciosa. Nel 146 a.C., al termine della terza guerra punica, le truppe romane al comando di Scipione Emiliano la raserò al suolo. Richard Miles sfida le narrazioni partigiane degli storici greci e romani, interroga criticamente le fonti, smascherandone le tendenziosità, le lacune e le manipolazioni. Il ritratto che ne emerge è quello di una città caratterizzata da una straordinaria vitalità economica, da una vocazione all'eclettismo e da una spiccata apertura verso altre culture. Nel ristabilire la verità dei fatti, Miles non solo ripara il torto storiografico subito da Cartagine, ma incrina profondamente la schematica visione di un mondo greco-romano come unico faro di civiltà in un contesto di incultura e barbarie, segnalando così la necessità di una riflessione autocritica sulle radici dell'Occidente.
"Oddio, ce la farò?" Quante volte una domanda come questa si ripete nella giornata di una donna, evidenziando ciò che è diventato un problema cronico: la mancanza di tempo. Come si fa a conciliare il lavoro in una società finanziaria, un marito talvolta noioso, due bambini piccoli e bisognosi di cure, senza dimenticare un amante on-line? Sono questi i crucci in cui si dibatte quotidianamente Kate Reddy, una trentacinquenne in carriera che conta i minuti come altre donne contano le calorie, costretta a destreggiarsi tra appuntamenti di lavoro, impegni familiari, massaggi, sedute dal dentista e mille altre faccende. È una donna di oggi, combattuta tra il desiderio di realizzarsi e la frustrazione degli inevitabili sensi di colpa. E tutto lascia presagire che prima o poi la situazione non potrà che precipitare. Ma Kate non si abbatte facilmente e ha dalla sua un'arma assolutamente invidiabile: l'ironia.
"Ci sono volte in cui l'assenza di mio padre mi pesa sul petto come se ci stesse seduto sopra un bambino". Così il narratore di questa storia, Nuri el-Alfi, avvia il suo ricordo, e il bambino lì evocato è anche il se stesso di tanti anni prima, un Nuri quattordicenne lasciato a contemplare l'assenza del padre, Kamal Pasha, quando questi viene strappato al suo letto dalla lunga mano del potere di uno stato mediorientale in cui si riconosce l'Iraq degli anni Settanta, per non farvi mai più ritorno. Kamal è un uomo potente ed enigmatico, misterioso tanto nei suoi coinvolgimenti pubblici con le vicende di stato del suo paese, quanto in quelli privati con i componenti della sua famiglia e del suo entourage; un'ombra incombente, sconosciuta e inconoscibile per il figlioletto bisognoso, dal quale è separato da nuovi abissi di distanza e silenzio dopo la morte della triste consorte. La maledetta notte di dicembre del 1972 in cui suo padre sparisce al mondo, perciò, Nuri già conosce bene il vuoto e l'abbandono, e conosce la colpa, per aver tentato di consolare la propria perdita infantile invaghendosi della più intoccabile delle intoccabili, la giovane matrigna Mona, voluttuosa ventiseienne angloegiziana che polarizza i desideri del padre come del figlio sin da quando fa la sua prima apparizione nell'hotel di Alessandria dove i due trascorrono un periodo di villeggiatura. Sarà Kamal a vincerne il cuore e a sposarla, mentre il piccolo Nuri e la sua bramosia si ritroveranno esiliati in un collegio...
È l'alba dell'11 settembre. Un giovane è uscito a correre nella luce ancora incerta del giorno. Incontra ragazzi sui pattini, in bici, madri con i passeggini. Avanza a falcate leggere prima che la sua vita, che sembrava ancora affacciata su un lungo futuro, finisca in un istante, nella polvere delle Torri. Toccherà a sua sorella colmare quella perdita e ricostruire il puzzle di una vita inghiottita in un baleno. A partire dal bimbo che il fratello forse ha avuto da una ragazza sconosciuta. E da quello che il vecchio padre, finalmente, ha deciso di rivelare... Una ricerca nei legami familiari che dura un anno. Un anno per trovare nella catena di promesse che non potranno più realizzarsi un disegno che dia un senso a ciò che un senso non ha.
Il giudice Efisio Surra è catapultato da Torino a Montelusa, e con il suo candore e la sua tenacia vince la prima battaglia dell'Italia unita contro la Fratellanza, non ancora "Maffia". Un giudice ragazzina si trova di colpo ridotta in clandestinità, nel bel mezzo di una guerra senza esclusione di colpi, alla fine degli anni Settanta. Un procuratore duella da una vita con il molto spregiudicato sindaco di Novere, e da una vita perde: fino a quando non capisce che il duello non era ad armi pari. Tre grandi scrittori di oggi mettono al centro della loro osservazione la figura, carica di conflitti e tensioni, di chi ha scelto nella vita di amministrare la giustizia, per conto di tutti noi. E si collegano a una tradizione che va da Manzoni a Sciascia, da Dostoevskij a Kafka.
È una notte pigra e un po' annoiata per tre adolescenti bianchi che percorrono le strade di Washington su una Gran Torino. Dentro, l'aria è inebriante di fumo, alcol, musica alla radio. Fuori, ogni curva è una promessa, una porta spalancata su un mondo di possibilità. Come la vita davanti a loro: tutto può essere, tutto deve ancora succedere. Heathrow Heights è a pochi chilometri dal loro quartiere, ma non ci sono mai stati. Là, non conoscono nessuno. Là, vivono solo i neri. Il posto giusto per andare a fare un po' di casino, per dimostrare che non hai paura di niente: cosa fondamentale, quando hai sedici anni. E anche se hai una fifa nera, te la tieni e stai zitto, per non fare la figura dello sfigato. Anche quando sai benissimo che, se sei fuori dal tuo territorio e non conosci le vie di fuga, rischi grosso. E infatti, quando il gruppo provoca tre coetanei di colore e poi finisce in una strada senza uscita, scatta la rissa. Parte un proiettile, uno dei bianchi muore, un altro resta sfigurato. Ma a cambiare è la vita di tutti. A più di trent'anni di distanza, i destini dei protagonisti torneranno a intrecciarsi. Perché uno dei sopravvissuti, che vuole chiudere i conti con quella notte, sceglierà la via della riconciliazione. E perché un altro, che ritiene invece di aver pagato troppo, deciderà di farsi giustizia. Con qualunque mezzo possibile.