
Brescia, 27 ottobre, ore 8.00: l'ingegner Rava lascia casa sua in auto. Ore 9.10: Giorgio Anselmi, autotrasportatore, mette in moto il suo furgone. Ore 9.15: la piccola Giulia, quattro anni, figlia di un noto avvocato e di una stimata pneumologa, col suo vestitino giallo, si avvia al parco sotto casa accompagnata da Santina, la baby sitter. Ore 9.47: la mamma di Giulia compone un numero di telefono. Il cellulare dell'ingegner Rava squilla all'improvviso, quanto basta per distrarlo e fargli mancare uno stop. Il furgone di Giorgio Anselmi arriva troppo veloce all'incrocio. Una carambola e, alla fine, un fagottino giallo informe resta sul marciapiede. E solo l'inizio. Due settimane dopo, l'ingegner Rava viene trovato morto, assassinato. Tre settimane dopo, Santina Vergottini sta passeggiando da sola, quando due colpi la raggiungono al torace. Quasi due mesi dopo, Letizia Strambi, pneumologa, in auto davanti a casa, si becca due pallottole in fronte. Un orrore inarrestabile, destinato a mietere altre vittime, apparentemente innocenti e slegate luna dall'altra. Una sfida ardua per l'ex giudice Petri e il commissario Miceli. La soluzione sembra sempre più lontana a mano a mano che ci si avvicina alla fine. Eppure era tutto chiaro, scritto fin dall'inizio.
È l'estate del 1969. Sara ha diciassette anni, è nata nella Libia postbellica, in una multietnica Tripoli dove italiani, inglesi, francesi, americani, ebrei, cristiani, musulmani vivono fianco a fianco. Ha superato indenne gli esami di maturità al liceo scientifico italiano e sta finalmente iniziando ad affrancarsi da una famiglia dominata da tre donne, più esattamente tre "primedonne": una nonna dal passato burrascoso e ancora piena di energia, una madre implacabile e ben poco affettuosa, una zia di pochi anni più grande ma, al contrario della nipote, svenevole e in crisi isterica permanente. A differenza della sua famiglia, imprigionata tra apparenza e non detto, della sonnacchiosa comunità di cui fa parte, e di una città sospesa tra il vuoto e l'oblio, Sara freme dal desiderio di crescere, di sapere, di capire, di amare. Sempre più attratta dal mondo che la circonda al di fuori della comunità italiana, tra storie impregnate di colore, folklore, profumi, emozioni, Sara scopre di vivere in una società incapace di fare i conti con il proprio passato e impreparata ad affrontare il futuro, in uno straordinario e pericolante miscuglio di lingue, religioni, nazionalità e culture. Costretta a passare le vacanze in interminabili giornate sulle sabbie roventi del detestato Beach Club, poco incline a socializzare con le ricche e annoiate connazionali che frequentano il lussuoso ambiente, l'unico passatempo per la ragazza è farsi beffe del mondo che la circonda e rifugiarsi nella lettura.
È il maggio del 1816 e a Londra i ministri degli Esteri britannico e francese stanno per firmare un accordo che segnerà inesorabilmente le sorti di una parte del mondo cruciale dal punto di vista politico ed economico: il Medio Oriente. L'Impero Ottomano infatti ha i giorni contati e la sua caduta sta per lasciare un vuoto di potere dall'Egitto all'Iraq al Libano alla Palestina. Inglesi e francesi si spartiscono le future zone di influenza in un patto segreto tra le loro diplomazie, noto alla storia come "trattato Sykes-Picot". Ma, chiede Jean-Francois Levent, un giovane diplomatico francese presente alla firma degli accordi, e gli arabi? "Gli arabi non esistono, sono solo un miserabile aggregato di tribù, piccole fazioni gelose le une delle altre e incapaci di coesione", è la sprezzante risposta del ministro inglese. Parole che provocherebbero incredulità e indignazione se le udisse Hussein Shahid, produttore di agrumi in Palestina, o Farid Lufti, coltivatore di cotone al Cairo, o Nidal El-Safì, colto patriarca di un'influente famiglia di Baghdad. Queste tre famiglie arabe, così come i Tarbush di Haifa, o come la famiglia ebrea dei Marcus, fuggita dai pogrom della Polonia per stabilirsi in Palestina, conducono la loro esistenza in una maniera ben diversa da quella immaginata dai ministri occidentali. Seguono rispettosamente tradizioni millenarie, ma allo stesso tempo sono culturalmente aperte, capaci di convivere in sintonia e amicizia con arabi di diverse origini e con gli ebrei.
Marc, scultore affermato, è un quarantacinquenne di successo che non si fa mancare nulla: donne, alcol, droghe - fin quando il figlio Alexandre si suicida nel bel mezzo di una festa. L'incontro con Gloria sembra offrirgli una possibilità di riscatto. Decide di portarla a casa e prendersi cura di lei. Ma la ragazza scompare dopo avergli distrutto Vappartamento. Perché lo ha fatto? Chi è? Marc non immagina quanto della propria vita possa ancora volare in pezzi. Un Philippe Djian lucido e mortale come la lama di un rasoio.
Tutti continuavano a dire che col tempo sarebbe passata, ma Jamie sa che è solo una di quelle bugie che i grandi dicono nelle situazioni difficili. Da quando sua sorella Rose è morta in un attentato sono passati cinque anni, e ora è peggio che mai: il papà beve, la mamma se n'è andata con un altro e a Jamie sono rimaste tante domande a cui deve rispondere da solo. Anche sua sorella Jasmine, la gemella di Rose, non sembra essersi ripresa: si è tinta i capelli di rosa, si è fatta un piercing e ha smesso di mangiare. Jamie però ha deciso di salvarsi: gioca con il suo gatto Roger, pensa alla maglietta di Spider-Man che desidera tanto e fa amicizia con Sunya, una bambina musulmana, cercando di tenerlo nascosto al padre. Quando un giorno vede alla tv l'appello per partecipare a una trasmissione di giovani talenti, sogna che possa essere un modo per salvare la sua famiglia... Sullo sfondo del piccolo mondo di Jamie rimbombano le grandi questioni dell'umanità,ma è la sua voce trasparente e pura, sono i suoi occhi ingenui di bambino che danno la misura della forza che hanno solo le cose essenziali: l'amore della mamma, la verità della morte, l'immensità della vita.
Radko Suban, alter ego dell'autore, torna a Trieste dopo la drammatica esperienza del lager e la degenza nel sanatorio dove l'amore per l'infermiera francese Arlette gli ha fatto riscoprire il gusto per la vita. La città natale, con i suoi caffè che un tempo echeggiavano delle conversazioni di una intellighenzia tra le più brillanti d'Europa, è la stessa di ieri ma Radko fatica a riconoscerla, mentre le grandi potenze ne tengono ancora in sospeso il destino. La comunità slovena è più straziata che mai dopo la costituzione della Jugoslavia che un tempo sembrava incarnare l'anima della resistenza a tutti i fascismi e che già versa, appena nata, nella peggiore caricatura totalitaria. Arlette, che prometteva di aiutarlo con la sua presenza, gli scrive ma si guarda bene dal raggiungerlo. Presto Radko comprende che i rapporti che riesce a intessere sono falsati dalle ideologie, dal calcolo. Ormai dovrà avanzare su un terreno minato, eredità trasmessa dalla guerra alla pace ritrovata, ricavarsi la strada in un labirinto ostile. Imparare di nuovo a orientarsi nella notte: questo è il compito che si trova davanti. Impossibile, forse, il solo però che valga la pena di affrontare se si è uomini.
Al largo di Fjällbacka, nella nassa di un pescatore a caccia di aragoste rimane impigliato il corpo senza vita di una bambina. Nei suoi polmoni ci sono tracce d'acqua dolce e sapone: qualcuno l'ha annegata in una vasca da bagno prima di gettarla in mare. Mentre Erica, mamma da poche settimane, è completamente assorbita da una neonata che tutto le offre fuorché le "gioie deliranti della maternità" che si aspettava, Patrik guida le indagini. Ma chi può aver voluto la morte della piccola Sara? Il paese è alla ricerca di un capro espiatorio, la gente bisbiglia, i conflitti nutriti negli anni si fanno più aspri: dentro le case dalle facciate perfette affiorano drammi famigliari che il tempo non ha saputo placare. Al terzo romanzo della sua serie pubblicata in trentadue paesi, Camilla Làckberg, con occhio attento agli esseri umani e alla loro psicologia, intreccia le colpe del passato agli effetti devastanti sul presente, tracciando il ritratto lacerante di una psiche femminile sfrenata, affascinante, e mostruosa.
Nel giorno che cambierà la sua vita, il Maestro si sveglia prima dell'alba. Guarda il sole sorgere sulla laguna e ascolta le pulsioni dolorose inviategli dal proprio corpo. Sono "i dolori del braccio che regge lo scudo". È il 25 dicembre, fa già caldo alle sette del mattino e una nuova giostra sanguinaria si prepara. Ma nulla di tutto questo oramai importa. Ora il Maestro ha un motivo per rimanere in vita. 2092, Venezia - ricostruita da una multinazionale di Pechino dopo una terribile onda alluvionale - è la perversa Las Vegas della decadenza europea). In un clima africano, una folla di nuovi ricchi vi accorre per concedersi ogni vizio e, soprattutto, per assistere alle lotte tra gladiatori. Piazza San Marco è, infatti, trasformata in un arena: il Colosseo del terzo millennio. Mentre le Nazioni si dissolvono, il carnevale si avvicina e i padroni cinesi preparano lussi sfrenati e spettacoli crudeli. Gli ultimi veneziani ai quali è stata interdetta la riproduzione, vivono confinati in un ghetto, piegati e derelitti. Nessuno sembra più volersi sottrarre alla violenza e alla lussuria di questo bordello della fine dei tempi. Eppure, perfino in questo parco giochi orwelliano, ci sono due uomini in rivolta che si levano contro l'orgia del potere. "Il Maestro", guida dei nuovi gladiatori, e Spartaco, suo allievo. L'antica via dei ribelli li condurrà alla città delle donne. Un libro non solo ambientato nel futuro, ma rivolto al futuro, a quella speranza di vita che sorge solo nel senso della lotta.
Due storie narrate a capitoli alterni e che mai s'intersecano: quella dei due amanti che fuggono dalla società per chiudersi nel loro rapporto esclusivo e che nel tentativo d'interrompere una gravidanza finiscono con l'autodistruggersi; e quella del detenuto che durante la grande inondazione del Mississippi viene mandato in cerca di una partoriente aggrappata a un albero semisommerso, la trova, fa nascere il bambino, porta entrambi in salvo e poi, invece di darsi alla fuga, rientra nella monastica società del penitenziario. Estraneo a qualsiasi genere conosciuto, Le "Palme selvagge" non ha mai cessato di suscitare interrogativi. Si tratta di due racconti autonomi, intercalati per una qualche audace trovata? Di due racconti sotterraneamente legati? O di un romanzo, ancorché anomalo? Interrogativi ai quali ha fornito una risposta definitiva Kundera: "La "Sonata" opera 111 [di Beethoven] mi fa pensare a "Palme selvagge" di Faulkner, in cui si alternano un racconto d' amore e la storia di un evaso, due soggetti che non hanno nulla in comune, non un personaggio, e neanche una qualunque percettibile affinità di motivi o di temi: una composizione che non può servire da modello a nessun altro romanziere, che può esistere una volta e basta, che è arbitraria, non raccomandabile, ingiustificabile - ed è ingiustificabile perché dietro di essa si avverte un "es muß sein" che rende superflua ogni giustificazione".
Il viaggio di Guglielmo ha inizio nel 1253: è passato pochissimo tempo da quando il terrore di un'invasione mongola ha sconvolto l'europa. gli invasori sono giunti, invincibili, in Polonia, Boemia, Ungheria, sino alle coste dell'Adriatico, seminando distruzione e facendo prigionieri cristiani di mezzo continente. Poi, sono svaniti. È necessario conoscerli meglio, stabilire relazioni diplomatiche e commerciali, tentare di convertirli. Per due anni il frate fiammingo percorre i territori dell'Asia Centrale, attraversa la regione del Volga e raggiunge Karakorum, la capitale del gran Khan Mangu. Rientrato in Terrasanta nel 1255, Guglielmo scrive l'Itinerarium: un resoconto ufficiale del viaggio in forma di lettera, una relazione che sfata le leggende diffuse in Occidente sui mostri che popolerebbero le regioni misteriose dell'Asia. È un uomo forte, colto, infaticabile, aperto. Gli interessano gli usi e i costumi dei Mongoli, le persone che incontra, le discussioni che tiene con loro. Rimane colpito dal loro perenne vagare di nomadi, turbato dall'assenza di città, villaggi e case, spaesato negli orizzonti senza fine delle steppe: "Tutto ciò che vedevamo era cielo e terra..." scrive; "per tutto quello spazio non ci sono né boschi, né alture, né pietre, ma solo ottima erba".
Nel 2009 la Corte popolare di Pechino ha processato e condannato alcuni intellettuali e giornalisti per aver partecipato alla stesura e alla diffusione di Carta 08, un manifesto civile volto a promuovere importanti riforme politiche e a sostenere la causa della difesa dei diritti umani. Un anno dopo l'ispiratore e primo firmatario del documento, Liu Xiaobo, è stato insignito del premio Nobel per la pace, ma non ha potuto ritirarlo perché rinchiuso in prigione, dove dovrà rimanere per altri dieci anni. Sfidando ancora una volta la censura di Pechino, in questa raccolta di saggi e poesie Liu Xiaobo ci offre un vasto e sconvolgente spaccato della Cina di oggi. I cittadini del paese che ambisce al ruolo di prima potenza economica mondiale vengono descritti, infatti, come cinici, ossessionati dal successo economico e personale, o come fanatici nazionalisti. Eppure, nonostante l'attuale vittoria delle forze illiberali, agli occhi di Liu Xiaobo sono evidenti le crepe che faranno implodere il sistema autoritario cinese. Ovunque nel paese stanno crescendo la disillusione giovanile, lo scollamento tra realtà concreta e ideologia politica, la rabbia contro la prepotenza dei burocrati. Malgrado la ridotta libertà d'espressione e l'oppressione del governo sulla società civile, è nel progressivo diffondersi di questi movimenti dal basso che Liu Xiaobo ripone le sue speranze, o meglio le sue certezze, di un futuro democratico anche per la Cina. Prefazione di Federico Rampini.
"Doppiare il capo", come ogni espressione nella scrittura di J. M. Coetzee, possiede molteplici significad. Di certo ha a che fare con l'idea di un passaggio, una svolta nella continuità: la possibilità, volgendo lo sguardo al cammino compiuto, di riflettere su se stessi. I saggi raccolti in "Doppiare il capo" affrontano argomenti molto diversi: letterari (Rousseau, Tolstoj e Dostoevskij, Beckett...) e non solo (da Capitan America al rugby, dalla pubblicità alla censura), restituendo la varietà degli interessi intellettuali e politici del premio Nobel sudafricano. Ma tutti, a ben vedere, sono tentativi di affrontare il medesimo tormentato problema: come dire la verità (anche su se stessi) quando quella verità potrebbe non essere nel nostro interesse. Ammesso poi che tale verità esista: "Tutto ciò che scrivi, incluso critica e narrativa, ti scrive mentre lo scrivi. La domanda allora è: questa massiccia impresa autobiografica che riempie una vita, questa imponente opera di costruzione di sé, produce solo finzioni? Oppure tra le varie finzioni, ce ne sono alcune più vere di altre? Come faccio a sapere che dico la verità su me stesso?".