
Ci sono luoghi dove i ricordi di più persone si intrecciano, senza riuscire a diventare memoria condivisa. Giovanna, magistrata a rischio costretta a vivere sotto copertura benché ormai fuori dai ranghi, cerca in una casa di riposo qualcosa che sarà pena o sollievo, dipenderà anche dalle sue scelte. I suoi compagni di viaggio si conoscono fra di loro più per le malattie di cui soffrono che per nome, e condividerne la quotidiana fatica a sopravvivere, costantemente avvelenata dal rancore per le promesse non mantenute dalla vita, impegna Giovanna in una lotta vischiosa con se stessa. La grande Storia ha attraversato la piccola esistenza di ciascuno, imprimendovi cicatrici incancellabili: c'è Olga, che celebra accendendo candele le stragi di Stato; Virginia, che tutti chiamano Vandaosiris; e poi Quintina con la sua religiosità rabbiosa, l'ex partigiano Carlo, Dante che ostinatamente crede nei valori della Costituzione, e Federico, che per il segreto di cui si fa scudo rischia di trasformarsi, nei pensieri di ognuno, in capro espiatorio. Però sarà proprio Federico, per un malanno misterioso, a costituirsi per tutti in occasione di ripensamento, in opportunità di pacificazione nei confronti di se stessi e degli altri, in possibilità di percepirsi non come sommatoria di insofferenze e sospetti individuali ma come comunità. Un romanzo che ci racconta da dove veniamo e traccia un ritratto non rassegnato del presente: un'Italia fragile, invecchiata che non rinuncia in un impegno verso il futuro.
Di cosa è fatta una vita? Di domeniche pigre in cui non rispondiamo al telefono per rimanere sul divano abbracciando un libro appena iniziato. Di ore spese inutilmente a cercare le sigarette, le chiavi della macchina, gli occhiali da sole, perché si sa che spesso le cose si spostano per farci dispetto. Di pomeriggi adolescenziali passati a guardare le gocce di pioggia che rimbalzano sul vetro, sognando di sposare Mick Jagger. Di quei bomboloni sganciati da un razzo su un letto di zucchero che papà ti portava a mangiare per insegnarti i piaceri della vita. Di mattine in cui scopri allo specchio che in una notte hai preso cinque anni e non ti resta che tifare per un po' d'indulgenza, in un Paese in cui dimostrare la propria età è più grave che fare una rapina a mano armata. Di salti della quaglia da uno schieramento a un altro nella più autentica suddivisione tra esseri umani: quella tra coppie e single. E di tutto quello che non ricordiamo più ma ogni tanto affiora dalle misteriose stanze della nostra memoria difettosa. In questi racconti che spaziano tra ricordi e riflessioni chiamando a testimoni Borges e la moglie di Tolstoj, Grace Kelly e Gaber, Simenon e la zia Leila, Ovidio e gli U2, Serena Dandini torna alla scrittura dopo "Dai diamanti non nasce niente". "Grazie per quella volta" esplora con tenerezza, ironia e sincerità una catena di debolezze di cui andare fieri: è il tempo di autoassolverci, di fare pace con i nostri difetti imparando a conviverci tra alti e bassi.
Mentre Stoccolma si prepara a celebrare le Olimpiadi, una bomba esplode nello stadio principale della città, simbolo stesso dei Giochi. Dopo pochi giorni, un'altra bomba fa saltare un impianto sportivo, seminando il terrore. La polizia parla di atto terroristico, ma dalle pagine della Stampa della Sera, Annika Bengtzon conduce la sua personale indagine e scava nel mondo del comitato olimpico e della sua direttrice, donna potente e famosa, ma con molti lati oscuri nella vita privata. Appena promossa caposervizio di nera, Annika insegue una difficile carriera in una grande città: osteggiata da parte della redazione, deve dimostrare ogni giorno che anche una donna madre di due bambini è in grado di fare bene il suo lavoro e di battere la concorrenza.
Pensato per un pubblico - i braccianti della California - che non sapeva né leggere né scrivere, "Uomini e topi" (1937) è un breve romanzo, ricco di dialoghi, che, nelle intenzioni di Steinbeck, avrebbe dovuto essere in seguito adattato, come difatti avvenne, per il teatro e per il cinema. Protagonisti, due lavoratori stagionali, George Milton, e l'inseparabile Lennie Little, un gigante con il cuore e la mente di un bambino, che il destino e la malizia degli uomini sospingono verso una fine straziante. Il ritratto di un'America stretta dalla sua peggiore crisi economica nella drammatica rappresentazione di un maestro.
Una piccola isola al largo della penisola di Kenai, Alaska. Un lago ghiacciato. Un matrimonio in crisi. Gary, spinto da trent'anni di progetti abbandonati, e Irene, perseguitata dal suo passato, cercano di rinsaldare la loro vita insieme. Inseguendo il vecchio sogno di Gary, si spingono fino a Caribou Island e, col bel tempo e con la tempesta, in salute e in malattia, riescono a costruire il tipo di casetta che un tempo li aveva attirati in Alaska. Dall'altro lato del lago, sulla terraferma, la figlia di Gary e Irene, Rhoda, sta iniziando la sua vita da adulta. Sogna il matrimonio perfetto, mentre il suo fidanzato, il dentista Jim, immagina come potrebbe essere un futuro completamente diverso. Dall'autore di "L'isola di Sukkwan", la sconvolgente storia di un matrimonio: di una coppia che deve affrontare le ombre del passato e il peso delle aspettative verso se stessi e l'altro.
"Vedi," dice la nonna alla nipote, immaginando di prenderla per mano e condurla attraverso vasti campi in cui vengono bruciate le stoppie "sono i falò dell'autunno, che purificano la terra e la preparano per nuove sementi". Ma Thérèse è giovane, non ha la saggezza della nonna: ancora non sa che prima di poter ritrovare Bernard, l'uomo che ama da sempre, a cui ha dedicato la vita intera, le toccherà attraversare con pena e con fatica quei vasti campi, e subire le dolorose devastazioni provocate da quegli incendi. Perché Bernard, l'adolescente intrepido, impaziente di dar prova del proprio coraggio, partito volontario nel 1914, è tornato dalla guerra cinico e disincantato: quattro anni al fronte l'hanno trasformato in uno sciacallo, uno che non crede più a niente, che aspira solo a diventare ricco, molto ricco - e che per farlo si rotolerà nel fango della Parigi cosmopolita del dopoguerra, in quella palude dove sguazza la canaglia dei politicanti, dei profittatori, degli speculatori. Alla dolce, alla fedele e innamorata Thérèse, e ai figli che ha avuto da lei, preferirà sempre il letto della sua amante e lo scintillio dei salotti parigini. Ci vorranno la fine delle grandiose illusioni della Belle Epoque, la rovina finanziaria, e poi un'altra guerra, la prigionia, la morte del primogenito, perché Bernard ritrovi la sua anima: la cenere degli anni perduti servirà a purificare il terreno per una vita diversa.
Allo psichiatra Otto von Lambert hanno ammazzato la moglie nel deserto del Marocco, presso le rovine di Al-Hakim: chi l'ha violentata lasciando poi che gli sciacalli ne dilaniassero le spoglie? Autentico mostro, von Lambert incarica la giornalista televisiva F. di volare a Marrakech e ricostruire le tappe della scomparsa di Tina e un delitto "di cui lui come medico era l'autore, mentre l'esecutore non rappresentava che un fattore casuale". Si tratta di mettere in piedi una simulazione che consenta un'osservazione postuma e fittizia dei fatti: del resto, un occhio onnipresente e occulto ci scruta, e la realtà è percepibile solo attraverso l'obiettivo glaciale di una telecamera o di un satellite. Ma ciò in cui F. e la sua équipe si imbattono è uno scenario apocalittico: missili confitti nelle sabbie del Sahara, mezzi corazzati arenati come gigantesche testuggini, cadaveri di acciaio radioattivo, in un folle gioco di guerre simulate e abbandonate dopo i test. E via via che la temeraria indagine prosegue, F. si addentra in una storia più grande di lei, precipita nel gorgo di un intrigo internazionale e golpistico, si cala nei labirinti scavati nelle viscere della terra da apprendisti stregoni. Con questo "giallo", che ha la densità di un racconto filosofico, Dürrenmatt ci trascina in un universo alla mercé di occhi elettronici, dove il solo cui sia dato osservare tutto e tutti è un indifferente Dio nascosto.
Una breve storia d'Inghilterra non è un testo per specialisti ma l'intervento di uno dei più importanti intellettuali del tempo che sente il bisogno di scrivere per illuminare il lato nascosto, dimenticato della storia del suo Paese. Due i bersagli polemici scelti: il primo si connette alla falsa origine anglosassone del popolo inglese sovrapposta dagli storici dell'Ottocento, con un'abile operazione culturale, al passato romano e cristiano, il secondo concerne il controverso ruolo assunto dall'aristocrazia nel Settecento; se per un verso fu la protagonista della definitiva affermazione del parlamento e della costruzione dell'impero, per un altro legò sempre più le sorti del Paese alla Germania contribuendo al definitivo distacco dell'Inghilterra dalle sue origini cristiane.
Gilbert K. Chesterton dedicò questa importante biografia letteraria finora inedita in Italia a Robert Louis Stevenson, l'autore de "L'isola del tesoro" e de "Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde". Da questo saggio, Stevenson emerge come un testimone inconsapevole di verità, "un pagano altamente onorevole, responsabile e valoroso, in un mondo traboccante di pagani che erano per la maggior parte molto meno cavalieri e onorevoli". Di più, Chesterton lo considera alla stregua di un teologo cristiano che restituisce nei suoi personaggi votati all'avventura l'inquietudine della caduta e la moralità della ricerca di senso in un mondo che attende di essere esplorato. L'intera sua opera appare a Chesterton una difesa della possibilità di essere felici, e una risposta alla domanda di felicità dell'uomo, che può essere assolta solo ritornando piccoli e capaci di stupore. Il brusco ritorno alla semplicità dell'infanzia, come espressione del profondo desiderio di raggiungere la felicità, è un fatto ricorrente in tutta la storia umana. E in questo sta, per Chesterton, "l'importanza del posto che Stevenson occupa nella storia letteraria".
Il rapporto tra Ettore Mo, uno dei nostri più celebri e premiati corrispondenti di guerra, e l'Afghanistan, terra ferita da decenni di guerre intestine e interessi armati delle potenze mondiali, assomiglia a una storia d'amore dolce e sofferta, di quelle che durano anni e sopravvivono alla lontananza, che invece le rende più tenaci e più salde. Vi arriva nel 79, appena diventato corrispondente per il Corriere della Sera. Ma in quella terra torna periodicamente. Nel frattempo tiene un diario, dove annota tutto: la terra, le facce, le persone che incontra, le amicizie che stringe, come quella con Ahmad Shah Massud, il Leone del Panshir, terrore dei sovietici e dei talebani, che insegna ai suoi uomini la guerra, ma anche la poesia. Il diario di un viaggiatore perenne, italiano tra gli afghani e afghano tra gli italiani, l'immagine stessa della compenetrazione tra le culture attraverso il confronto e il rispetto delle differenze, per costruire un'idea frastagliata e mai consolatoria di umanità. I flash narrativi di Ettore Mo, come in ogni mémoire che si rispetti, non seguono una linea rigidamente cronologica ma si dispongono come lampi emotivi, istantanee che si accordano perfettamente alle fotografie di Luigi Baldelli, uno dei principali cantori per immagini dell'Afghanistan.
Galizia, IX secolo. Una strana distesa di stelle illumina tra le nebbie un punto preciso di quella terra ai confini del mondo. Da anni, un eremita di nome Pelagio tenta invano di attirare su quel fenomeno l'attenzione del vescovo Teodomiro. Quando questi si convince a seguirlo sul posto, insieme al suo fedele scrivano, i tre vi trovano un sepolcro contenente delle reliquie. Nessuno può attribuirle con certezza all'Apostolo Giacomo, che secondo antiche leggende avrebbe predicato in quella regione. Ma nulla può impedire loro di gridare al miracolo. Regno di Borgogna, XI secolo. Una sera di fine luglio, il sole al tramonto rischiara due simboli scolpiti dentro una chiesa abbandonata: sono incomprensibili per Mabilia, primogenita del conte di Montmerle, ed Ernaud, figlio di un umile scalpellino. La ragazzina ribelle ha accompagnato l'amico alla scoperta di quel luogo tetro, dove, in una cripta, sembrano celarsi segreti molto importanti. Gli epitaffi sulle lapidi promettono infatti maledizione eterna a chiunque osi profanare quelle sepolture e trafugare l'Inventio: il manoscritto vergato da un amanuense chiamato Martin di Bilibio. Ben presto, su Mabilia si abbatterà la persecuzione di uno zio usurpatore e la giovane sarà costretta alla fuga, travestita da monaco. Ritroverà però quei segni enigmatici nei vari luoghi di culto che costellano il cammino dei pellegrini diretti a Santiago di Compostela, e intreccerà il proprio destino a quello di uomini capaci di carpire l'anima delle pietre.
Ning Xuan lavora in un'azienda creata con capitale straniero nel Sud della Cina. Il suo impiego le permette una vita borghese in un ambiente di lusso, ma la lascia insoddisfatta e la lettura è il suo unico vero svago. Un giorno si imbatte in un libro di Tingsheng che la coinvolge e la commuove profondamente; decide allora di scrivere una lettera all'autore. Il romanzo ha inizio proprio con questa lettera, dalla quale nasce una relazione di amicizia prima e di amore coronato dal matrimonio poi. Romanzo autobiografico costruito su lettere e brani di diario dei due protagonisti, "Il Monte degli Aromi" (il titolo è tratto da una citazione del "Cantico dei Cantici") è il viaggio di due giovani cinesi alla ricerca appassionata del vero amore, della verità e del significato della vita; al tempo stesso diventa - attraverso i loro occhi - un affresco della Cina d'oggi e una critica senza sconti al suo sistema politico, che nega la libertà, i diritti umani e la possibilità di parlare apertamente.