
Il segretario del maggiore partito d'opposizione, Salvatore Oliveri, dopo il crollo dei sondaggi e l'ennesima, violenta, contestazione, decide di scomparire e si rifugia in segreto a Parigi, in casa di un'amica che non vede da trent'anni, Danielle, una segretaria di edizione conosciuta all'epoca in cui ancora accarezzava l'idea di fare il regista. Unici, e parziali, depositari della scomoda verità, Andrea Bottini, collaboratore di Oliveri, e Anna, la moglie dell'onorevole, in realtà continuano ad arrovellarsi sul perché della fuga e sulla possibile identità di un eventuale complice. Bottini propone ad Anna di usare il fratello gemello di Oliveri, un filosofo geniale segnato da una depressione bipolare, come sostituto dello scomparso. Il filosofo si trasferirà a casa sua, avviando uno strano mènage e un'involontaria carriera politica. Un affresco sull'Italia di oggi, una favola filosofica sulla politica e i misteri della vita
Barabba è il capolavoro di Lagerkvist, un classico assoluto della letteratura del XX secolo, pubblicato nel 1950, un anno prima che gli fosse conferito 0 premio Nobel. È un romanzo di rara potenza drammatica e suggestione visiva, caratterizzato da una scrittura densa e concisa, sicuramente nell'insieme debitrice della passione per il teatro dell'autore (che infatti ne trarrà una riduzione teatrale qualche anno più avanti). Così Lagerkvist conduce il racconto non per trame ma per scene (forse, stazioni), secondo le strutture tradizionali del dramma religioso, che tuttavia rappresenta con incisive pennellate narrative volte a delineare i personaggi e i moti del loro animo. Non dramma, non teatro quindi, ma narrazione pura alimentata dal senso scenico di chi amava il teatro. "Barabba è lo studio di un essere che dal suo stato primitivo di bruto evolve in uomo, a causa di un trauma rivelativo, e che desidererebbe cogliere il senso della ragione dei suoi ora nuovi sentimenti, di quella, vaga, presenza divina che scorge nelle cose, in quegli altri, i cristiani, cui vanamente vorrebbe mescolarsi sottraendosi alla sua decisa funzione simbolica: Barabba, l'uomo 'con sul petto il nome di Dio sbarrato da una croce'." (dalla Postfazione di Alessandro Ceni
Dopo questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1984, l'isola Ferdinandea è diventata una delle immagini più ricorrenti di sicilianità, scelta da giornalisti, scrittori e commentatori. E la storia della comparsa, nel luglio del 1831, di un isolotto (che i geologi oggi sanno vulcanico) al largo della cittadina siciliana di Sciacca; e del suo repentino riaffondare nei flutti pochi mesi dopo. Nel frattempo, ogni tipo di appetiti, di curiosità, di fantasie e di avventure si accese, dietro le sollecitazioni di una campagna di tipo comunicativo premonitrice di futuri eventi mediatici. Un teatro del mondo che Salvatore Mazzarella racconta con una erudizione ricchissima di riferimenti e con una ironia da cronaca illuminista, che la casa editrice Sellerio ripubblica in memoria dell'autore nel decennale della morte
"Il rosso è decisamente il colore di questa serata, come se una luna anemica avesse chiesto un contributo cromatico per alzare un po' il suo sorriso..." Con la luna piena, verso l'una di notte, tutto può succedere: un giovane naufraga tra ricordi sepolti che tornano a galla, un uomo senza ambizioni torna a essere il re della foresta, dettagli affiorano inaspettatamente dopo tanti anni e suggeriscono la soluzione di misteri irrisolti... Due protagonisti e i loro inconfessabili segreti in un'unica, travagliata e calda notte di fine luglio, dominata dalla luna e dal beffardo gioco delle coincidenze... "Le Girandole" si arricchiscono di un originalissimo libro di esordio, scritto in una prosa precisa ed elegante, che modula il registro accordandolo con le situazioni e che in pochi tratti crea personaggi capaci di imprimersi nella memoria: dalle intense figure femminili di Anna, Paola e Marta a quella tenera e ambigua di Enrico, solo rievocata eppure nitidissima, ai due protagonisti, Giovanni e Alfio, apparentemente agli antipodi eppure potenzialmente così simili. Due destini, i loro, che per una vita si sono sfiorati senza mai conoscersi, e che nel delirio ora si intrecciano, si avvicinano e preparano il colpo di scena finale
"Se niente ha senso, è meglio non far niente piuttosto che qualcosa" dichiara un giorno Pierre Anthon, tredici anni. Poi, come il barone rampante, sale su un albero vicino alla scuola. Per dimostrargli che sta sbagliando, i suoi compagni decidono di raccogliere cose che abbiano un significato. All'inizio si tratta di oggetti innocenti: una canna da pesca, un pallone, un paio di sandali, ma presto si fanno prendere la mano, si sfidano, si spingono più in là. Al sacrificio di un adorato criceto seguono un taglio di capelli, un certificato di adozione, la bara di un bambino, l'indice di una mano che suonava la chitarra come i Beatles. Richieste sempre più angosciose, rese vincolanti dalla legge del gruppo. È ancora la ricerca del senso della vita? O è una vendetta per aver dovuto sacrificare qualcosa a cui si teneva davvero? Abbandonati a se stessi, nella totale inesistenza degli adulti e delle loro leggi, gli adolescenti si trascinano a vicenda in un'escalation d'orrore. E quando i media si accorgono del caso, mettendo sottosopra la cittadina, il progetto precipita verso la sua fatale conclusione. Il romanzo mette in scena follia e fanatismo, perversione e fragilità, paura e speranza. Ma soprattutto sfida il lettore adulto a ritrovare in sé l'innocente crudeltà dell'adolescenza, fatta di assenza di compromessi, coraggio provocatorio e commovente brutalità
"Venga, le ho detto. Perché? Guardi fuori, è già l'alba. E allora? È ora che lei torni a casa a dormire. Cosa c'entra che ora è, sono mica una bambina. Non è questione di ore, è una questione di luce. Che cavolo dice? È la luce giusta per tornare a casa, è fatta apposta per quello. La luce? Non c'è luce migliore per sentirsi puliti. Andiamo". Si incontreranno per tre volte, ma ogni volta sarà l'unica, e la prima, e l'ultima
"I segreti di Milano" appartengono alla prima grande avventura narrativa e teatrale di Giovanni Testori. Come un Balzac ipnotizzato da una società che il secondo dopoguerra rivela fortemente caratterizzata e mobile, Testori penetra nella sua Milano: la città popolare e nuova degli anni Cinquanta, segnata dalla presenza di una forte e agguerrita classe operaia. Dagli scenari delle periferie che stanno crescendo e dilatandosi alla dialettale irruenza di figure avvitate nella loro apparente aneddoticità, alla nettezza con cui mettono in scena interni di torbidi intrecci famigliari, "I segreti di Milano" vengono disegnando - e mai come in questa edizione - un mondo, un mondo che ha continuamente bisogno di localizzazione (il Mac Mahon, Roserio, la Ghisolfa) per poter reggere l'ampiezza umana dei gesti, la potenza della rappresentazione, la grandezza, anche melodrammatica, delle vicende. I segreti di Milano appaiono in questo volume secondo la progressione voluta dall'autore: "Il ponte della Ghisolfa", "La Gilda del Mac Mahon", "La Maria Brasca", "L'Arialda", "Il Fabbricone"
Un'inspiegabile scritta sul soffitto della camera di un ragazzino quattordicenne, Niko, una casa misteriosa, impossibile da aprire con un'unica chiave per tre chiavistelli, elfi, gatti che compaiono e scompaiono, buchi neri, armadi che portano lontano e... nientemeno che la fisica quantistica: questi alcuni degli ingredienti, apparentemente incompatibili tra loro, che compongono la storia di Niko alle prese con le sorprendenti vicende che accadono nel mondo dei quanti. Proiettato in quell'universo, Niko assiste alla guerra tra materia e antimateria e vive in concreto la relatività del tempo e dello spazio; incontra personaggi fantastici e trova nuovi amici che lo guidano attraverso quel mondo in cui a strane domande si ribatte con strane risposte. Una volta tornato a casa, Niko avrà una missione da compiere. Ma come potrà tornare? "Se vuoi andare da qualche parte devi fare le domande giuste" si dice nell'universo quantico. E Niko le fa. Età di lettura: da 13 anni
Elena è una giovane donna cresciuta in un podere nel Reggiano, a pochi chilometri dal Po. Dalla famiglia ha preso la vitalità del legame con la terra, con la natura e con il calendario immutabile delle stagioni. Ma anche l'asprezza della vita quotidiana sui campi, che le generazioni passate hanno vissuto garantendo agli Adorni il benessere attuale. Una ricchezza che le consente di essere oggi una ragazza libera, al passo coi tempi, non una semplice contadina: Elena infatti legge, va al cinema, a teatro, all'opera. Ha il carattere forte e deciso del nonno Evaristo, tanto che, quando i due fratelli maggiori scelgono di diventare avvocati, Elena sarà la prima donna a prendere le redini dell'azienda di famiglia. Una trasgressione alle leggi non scritte della terra che salva la continuità del patrimonio. Nella vita privata ha le idee altrettanto chiare: il matrimonio non fa per lei e, lasciato a vent'anni il suo primo e unico fidanzato, sembra aver cancellato completamente l'amore dalla sua vita. Finché un incontro inaspettato la mette di fronte a un bivio: continuare a negarsi la felicità o riconoscere che dal germe ribelle che l'ha sempre guidata può nascere un amore autentico, anche se proibito? "Non è te che sceglierò" è una saga familiare che dal primissimo Novecento arriva ai giorni nostri ma soprattutto la storia di una donna coraggiosa, in bilico tra i valori della tradizione e il bisogno di riconoscere la parte più vera di sé
I "Saggi" di Montaigne non sono un breviario di saggezza ben temperata, un prontuario di morale salutifera, ma lo specchio delle paure e delle difese di un essere che si scopre frammentario e diversificato. È infatti Montaigne stesso il soggetto di questo libro: soggetto mutevole, di cui appunto non l'essere si può descrivere, ma solo il passaggio, e un passaggio "di giorno in giorno, di minuto in minuto", adattando la descrizione al momento. Con alcuni secoli di anticipo sulle ricerche della psicologia, Montaigne sperimenta come la personalità sia un aggregato provvisorio, incomprensibile e affascinante, di soggetti istantanei, un mosaico di io che variano secondo le contingenze. Non per nulla i Saggi sono un'opera in divenire, in continua trasformazione. I due libri consegnati al tipografo per la prima volta nel 1580 (e ristampati con alcune aggiunte nel 1582), nella successiva edizione del 1588 si trovano accresciuti d'un terzo libro, non solo, ma intarsiati di più di seicento addizioni: via via che l'io muta - senza peraltro rinnegare la sua forma precedente - l'opera, sosia dell'io, dovrà mimarne le metamorfosi. Il testo stabilito da André Tournon sull'Esemplare di Bordeaux (corredato da un completo apparato di varianti) e la nuova traduzione di Fausta Garavini fanno di questa edizione un contributo fondamentale agli studi su Montaigne.
Il "Gargantua e Pantagruel" ha deliziato per secoli generazioni di lettori permettendo al suo autore di essere considerato come il "creatore delle lettere francesi" (Chateaubriand) o il "più grande spirito dell'età moderna" (Balzac). Narratore dall'inesauribile estro, François Rabelais è anche il più straordinario inventore di figure mitiche e di mirabolanti avventure che il Cinquecento abbia conosciuto. Nei cinque libri della sua opera - adesso pubblicati con il testo francese in edizione critica a fronte - il suo pubblico ha visto di volta in volta il puro intento comico e burlevole, l'atteggiamento irreligioso e dissacrante, la volontà di richiamarsi a una cultura popolare e carnevalesca, il recupero dei valori materiali e corporei, l'adesione a un cristianesimo vicino all'evangelismo erasmiano. Tutte queste letture hanno una parte di verità. Ma soprattutto va tenuto presente l'esplicito intento di Rabelais di proporre quello che egli stesso chiama il "sostanzioso midollo" dell'opera: una trama simbolica che, sotto la superficie comica, coincide coi percorsi del dubbio e si risolve nella ricerca della verità e della saggezza.
Vienna, primi del Novecento. A parlare in prima persona - e a redigere così una sorta di memoriale a sua discolpa - è il barone von Yosch, militare in congedo, follemente innamorato della bella Dina, andata in sposa a un celebre, osannato attore di corte. L'improvviso decesso di quest'ultimo - secondo di una serie di delitti camuffati da suicidi, che nell'arco di cinque giorni funestano come un "tragico incubo" la vita della città - avviene in circostanze tali da far convogliare ogni sospetto sul giovane barone. Il quale si lancia allora in un'accanita caccia al misterioso assassino, che pare sempre più assumere le sembianze diaboliche di "uno spettro emerso da secoli lontani": o di una potenza arcana, del "terribile nemico" che ognuno di noi alberga in sé, assopito ma pronto a destarsi dal letargo, specie se a risvegliarlo è il richiamo dell'arte. Sempre intento a perlustrare i territori ambigui che si aprono oltre la soglia della ragione e della norma, Perutz costruisce con questo romanzo un thriller metafisico, un intrigo a scatole cinesi in cui, elusa ogni barriera di spazio e di tempo e ogni logica umana, i protagonisti, e con essi il lettore, sono ben presto costretti a scontrarsi con una dimensione del reale instabile, minacciata dalla presenza di forze demoniache, da pulsioni oscure alle quali non si può che soccombere