
La seconda guerra mondiale infuria per l'Europa e in Polonia la vita, già difficile per tutti, è per gli ebrei pressoché insopportabile. E Alex è, appunto, ebreo. Sua madre è scomparsa nel nulla e suo padre è stato prelevato dalle SS e fatto partire per una destinazione ignota. Rimasto solo Alex si è rifugiato in un edificio abbandonato, al numero 78 di Via degli Uccelli, e dalla sua isola segreta esce solo di notte, per procurarsi il cibo. Finché, un giorno, Alex ode delle voci: degli sconosciuti si sono introdotti nel palazzo. Il coraggio, l'eroismo perfino, non sono insoliti in tempo di guerra, ma Alex ha appena undici anni, e la sua è la storia di come la nuda forza di volontà riesca talvolta ad avere la meglio sulla crudeltà e l'ingiustizia.
Una grande storia di amore e morte e della perversione dell'occhio clinico che la osserva. Dall'interno di un tetro manicomio criminale vittoriano uno psichiatra comincia a esporre il caso clinico più perturbante della sua carriera: la passione tra Stella Raphael, moglie di un altro psichiatra, e Edgar Stark, artista detenuto per uxoricidio. Alla fine del libro ci si troverà a decidere se la "follia" che percorre il libro è solo nell'amour fou vissuto dai protagonisti o anche nell'occhio clinico che ce lo racconta.
Tre racconti di sottile indagine della psicologia femminile. Hélène, Ornella, Ulde sono personaggi intessuti dei ricordi dell'autrice, che si imprimono nella memoria del lettore recuperando la dimensione del tempo nella brace dei sentimenti. Un capolavoro che riconcilia con la letteratura (pp. 192).
Il racconto, che intreccia dati sociali e ambientali a temi magici e mitici della tradizione popolare, riflessi di antiche credenze religiose a un crescente fatalismo tragico, muove dalla decadenza morale e materiale di Friedrich Mergel che viene trascinato al male da uno zio dai tratti demoniaci. Ma esso va ben oltre la vicenda di miseria, di omertà e di furti dettati dal bisogno e dalle disparità sociali, per incentrarsi tutto sull'omicidio dell'ebreo Aaron, sulle motivazioni del gesto assassino, e soprattutto sulla condanna che, dopo ventotto anni, attende implacabile il colpevole nello stesso luogo del delitto. Ed è proprio l'albero, il grande faggio che dà il titolo al racconto, il simbolo forte del male e, insieme, della giustizia.
Constant racconta qui i primi vent'anni della propria vita: la nascita, l'educazione discontinua sotto la guida di un padre vedovo, sino alla fuga in Inghilterra. Il narratore non risparmia il sale dell'ironia neppure alla sua persona e ai suoi amori. Dal suo beffardo umorismo si salva solo l'amica di sempre, cui sono dirette le bellissime lettere dall'Inghilterra che completano il volume.
Dodici omicidi di donne, raccontati dal protagonista. La sua storia di bambino di undici anni, dei suoi giochi impudichi, della sua vita in una famiglia difficile, della sua ingiusta condanna al riformatorio giudiziario: "entrato con l'anima segnata, me era uscito che l'anima non ce l'aveva più". La sua storia di povero diavolo, capro espiatorio in una losca vicenda, tra un imprenditore disonesto e un pubblico ministero - Angela Omoboni - corrotta e perversa. Una storia narrata da Rugarli con umorismo sferzante e macabro.
Un "romanzo in forma di variazioni" calamitato da un tema: "la lotta dell'uomo contro il potere e la lotta della memoria contro l'oblio".