
1812. La fregata inglese Leopard giunge malconcia nella baia di Pulo Batang, nelle Indie Orientali, dopo uno scontro vittorioso con una nave da guerra olandese. Abbandonata la nave, Jack Aubrey sale sulla Fleche per tornare a casa, ma proprio durante la navigazione scoppia la guerra tra gli Stati Uniti e l'Inghilterra. Eppure, questa volta, il bottino di guerra più prezioso per i nemici non è costituito da un'altra nave, bensì da Stephen Maturin, il più caro amico di Jack nonché agente segreto al soldo degli inglesi: un uomo che possiede informazioni d'importanza davvero incalcolabile...
Una donna attende il ritorno dal lavoro del marito. L'uomo arriva e, come ogni sera, si accorge che la moglie non ha preso il pane. Scende a comprarne e da quel momento inizia per la donna (io narrante del romanzo) un'attesa che si protrae per alcuni giorni. E in quest'attesa viene assalita da ricordi, rimpianti, rimorsi, fantasmi: tutto il reale le si sfalda attorno, vede nascere ombre, addensarsi colonne d'aria; assiste al materializzarsi di cose e persone (tra cui il marito stesso) e alla scomparsa di altre, sino a quando il marito "ricompare" sul davanzale della finestra.
Matthias Lane, archivista in una grande biblioteca di Washington, appartiene a quella piccola e sparsa comunità di persone destinate a trovare nella lettura dei libri un motivo di totale dedizione. Il gioiello della sua collezione sono le lettere che T. S. Eliot scrisse a un'amica americana nell'arco di vent'anni. Quando una giovane studentessa chiede di vederle, Matthias capisce che vi sono ragioni profonde che la spingono a quella lettura e lo stesso vale per lui. Vi è infatti una specularità tra l'esistenza del grande poeta e quella dell'archivista: entrambi non sono stati capaci di offrire amore.
Non si può dire che sia contento, l'ex commissario di divisione Jules Maigret, di essere svegliato in piena notte, nella casa di campagna dove si è ritirato da quando è in pensione, dal nipote di sua moglie, giovane poliziotto imbranato che un testimone accusa di omicidio. Né è contento di dover abbandonare le sue canne da pesca e i suoi lucci per ritrovarsi, in un'alba gelata, a correre verso Parigi dentro un taxi per cercare di tirare fuori dai pasticci quell'imbecille di Philippe. Ed è ancor meno contento quando si rende conto di essere tagliato fuori dal mondo che per tanti anni è stato il suo, e di sentirsi "vecchio e privo di energie, di risorse e di idee".
Cristina Campo che amava dire di sé "scrisse poco, e vorrebbe aver scritto ancor meno", così poco in realtà non scrisse. I saggi qui raccolti trattano gli argomenti più svariati: le arti figurative, la liturgia, la filosofia della religione, i tappeti persiani e i riti tibetani, le ville fiorentine e la chirurgia francese e, soprattutto, la letteratura. Fra gli autori recensiti o annotati, alcuni dei suoi più amati: Borges, D'Annunzio, Capote, Cechov, Williams, Shakespeare. Nonché alcune poetesse e scrittrici di ogni epoca: Katherine Mansfield, Virginia Wolf, Djuna Barnes, Cécile Bruyère, Simone Weil.