
Una donna, guardando un quadro dell'Annunciazione, si identifica con la paura che sembra vissuta dalla Vergine. Questa fascinazione inesplicabile è l'inizio di una ricerca che la porterà in musei e gallerie di tutta Italia, dove scoprirà immagini diverse e spesso conturbanti di un evento che irrompe con forza in una vita e che ancora oggi conserva il significato di una rivelazione misteriosa. Incontri anonimi o amorosi, presenze di famigliare estraneità, raccontate con nitore crudele, accompagnano questi viaggi. E parallelo si svolge un altro percorso: quello dentro le interpretazioni di Maria. La materia religiosa e storica si trasforma così in un'esperienza individuale che, pur rispettando le fonti, le mescola in una corrente interiore, tra echi poetici e figurativi.
Il titolo del libro è tratto dal titolo di una rubrica (appunto "Cronaca della vita che passa") tenuta da Fernando Pessoa nell'aprile del 1915 per "O Jornal". Sono pagine che trattano, in corsivi brevi e veloci che ci permettono così di conoscere l'aspetto più squisitamente giornalistico del poeta portoghese, di politica, di vita quotidiana, di carattere dei portoghesi, di letteratura, di filosofia e con il consueto piglio, sempre polemico, sempre corrosivo, ma arguto e sottile, di Pessoa. A queste "cronache", fanno seguito i suoi due articoli scritti in occasione della misteriosa visita e della presunta scomparsa (1930) del sedicente mago Aleister Crowley: il "mostro di perversità", il "vile degenerato", il "peggior uomo dell'Inghilterra", colui il quale si era ribattezzato "la Bestia 666". E per rileggere questo curioso interesse di Pessoa per il mago inglese vengono riportate anche le quattro lettere da lui scritte a Crowley e infine gli Appunti del capo della polizia generale E. De Bono al Capo del Governo Sua Eccellenza Benito Mussolini sul cittadino inglese Edward Alexander Crowley. Appunti che costeranno alla cosiddetta Bestia 666 l'espulsione da nostro Paese in quanto persona non grata.
Firenze, aprile 1478. Sono giorni terribili, quelli che seguono il fallimento della congiura ordita dalla famiglia Pazzi contro i Medici. Firenze è assetata di sangue, decisa a punire con la tortura o con la morte chiunque abbia partecipato alla cospirazione. Al sicuro nel suo palazzo, Lorenzo il Magnifico viene a sapere dei cadaveri gettati in Arno, delle decapitazioni, dei linciaggi. È la città intera che vendica l'assassinio di suo fratello Giuliano e che si consegna nelle sue mani, rendendolo potente come non mai. Però Lorenzo non sa che i fili di quella congiura sono stati tirati da personaggi molto più influenti della famiglia Pazzi. E ignora di essere lui stesso un burattino nelle mani della Storia... Firenze, oggi. Sono in pochi a conoscere Pierpaolo Masoni, pittore rinascimentale dallo stile e dall'animo tormentati. E Ana Sotomayor, dottoranda in Storia dell'arte, è arrivata a Firenze proprio per capire qualcosa di più su questo oscuro personaggio, che esercita su di lei un fascino singolare. Le sue appassionate ricerche si appuntano su uno dei quadri più controversi di Masoni, in restauro nei laboratori degli Uffizi, e su una serie di quaderni in cui il pittore racconta nei dettagli la propria esistenza e gli eventi che hanno segnato la storia di Firenze alla fine del XV secolo, tra cui la congiura dei Pazzi. D'un tratto, però, Ana diventa oggetto di minacce e ricatti e si ritrova a temere per la propria vita e per quella delle persone a lei care.
Dal 1940 alla sua morte nel 1966, Flann O'Brien, con lo pseudonimo di Myles na Gopaleen, tenne una rubrica quotidiana di cronache dublinesi sull'Irish Times. Con impudente ironia e sfrenato umorismo, O'Brien metteva in ridicolo le assurdità e le boriosità della vita dublinese, con un'arditezza che lo rese il più temuto, rispettato e apprezzato commentatore della storia del giornalismo irlandese. Nel corso degli anni la rubrica assunse forme e caratteristiche sempre diverse: dal diario pubblico al saggio, all'esercizio del gioco di parole, alla gag umoristica, all'intervento critico, alla tirata polemica, al monologo, alla spiegazione didattica, all'invenzione narrativa e alla creazione di personaggi che ancor oggi vengono ricordati al pari di quelli che animano i suoi romanzi. E tra tutti gli strambi personaggi usciti dalla sua penna, il più notevole è proprio Myles na Gopaleen, l'implacabile fustigatore di costumi di queste "Cronache dublinesi", bizzarro miscuglio tra uno scienziato pazzo, un tuttologo e un fanfarone.
Questa è la storia di Teodoro, della sua famiglia e degli anni Sessanta. Di una ricerca interiore semplice, ricca di senso e leggerezza. Questa è la storia di una città, Brindisi, gloriosa e trascurata, del suo porto illustre, storico crocevia di traffici commerciali con l'Oriente e la Grecia. È la storia di un uomo. Un insegnante di educazione fisica orgoglioso di fare un mestiere che aiuti i ragazzi a volare tutti interi: cuore, mente, muscoli. Innamorato, da perdere il fiato, di sua moglie e della sua bambina prodigio. Emozioni, tradimenti, bassezze, dolcezze infinite, scintille di grandezza e picchiate. Pura vita da lui ripresa, riavvolta e proiettata, millimetro dopo millimetro, col suo strumento più preciso: il sentimento. Questa è la storia di un uomo invisibile, come lo sono tutte le persone speciali. Capaci di semine inattese, piccoli grandi gesti. I più difficili. Quelli che richiedono maggior fatica, i meno notati, ricordati. Nessuno lo vedeva, Teodoro. Nessuno si accorgeva della sua regia. Ma lui vedeva tutto. Tutti. Questa è la storia di chi, ogni giorno, celebra con dignità il miracolo della vita.
Cinquecento anni fa gli ambasciatori del Ducato di Milano e della Repubblica di Venezia sottoscrissero un trattato che inaugurava, dopo lunghi anni di guerre, un inaspettato periodo di pace. Un quarantennio d'oro. Nessuna generazione aveva mai goduto di quel dono, e nessun'altra, per il mezzo millennio successivo, ne avrebbe più goduto. Finché sono arrivati loro, i nati fra il 1946 e il 1950. Il protagonista di questo romanzo ha avuto la fortuna di nascere nel quinquennio felice e di avere, insieme agli altri fortunati, un'esistenza baciata dagli dèi: di conoscere due mondi, due infanzie e due giovinezze, la prima in un'Italia pre e paleoindustriale, ancora a misura di bambino, e la seconda, fatta di entusiasmi e di esperienze del tutto originali, nel periodo eroico del Sessantotto. Ma di quel dono questi "frontalieri della Storia" cos'hanno saputo fare? Cos'hanno costruito per il futuro, con i loro slanci, le loro battaglie al riparo dalle guerre e le loro allegre rivoluzioni sessuali? Mentre la vita scorre, il protagonista si interroga, cerca ragioni e spiegazioni, angosciato per il figlio, condannato a essere precario, per le tante donne che lo attraggono e gli complicano le giornate, per i colleghi e le vicende dell'università verso cui è ogni giorno più insofferente, per il mondo così come è diventato. Rimangono il suo vitalismo, il conforto degli amici di sempre e il lucido disincanto al quale, senza proporselo, si è allenato.
Una casa silenziosa e tetra, dove aleggia un sentore di farmaci. Una donna ancora giovane, Lea, che ormai non lascia più la sua stanza e porta appesa al collo la chiave di un cofanetto che custodisce un fascio di scritti. Un marito instancabile e muto, che sembra non avere altro scopo nella vita che sacrificarsi per lei. Quando sente la morte vicina, Lea legge un'ultima volta quegli scritti prima di gettarli nel fuoco - e fino a sera ne aspira il fumo. È attraverso gli occhi vigili e asciutti di Tirza, la figlia di Lea, che osserviamo questo indecifrabile teatro di ombre. E con lei ci interroghiamo, presagendo il segreto che negli anni ha gettato sulla casa dei Mintz la sua tela di ragno: chi è Akavia Mazal, l'uomo cui, dopo un anno di lutto, il marito di Lea affida l'incarico di redigere l'epitaffio per la lapide? Perché al cimitero, il capo sulla pietra, il marito di Lea recita il kaddish stringendo la sua mano? Un padre e una madre sono un uomo e una donna, una sola carne, si dice Tirza, ma come lei non ci diamo pace - vogliamo sapere. Simile alla dolce cantilena del maestro che insegna a Tirza il Pentateuco e le preghiere, "Nel fiore degli anni" ci ammalia dalla prima pagina all'ultima, infondendoci grazia e clemenza.
Quando incontra Umberto Boccioni, Vittoria Colonna ha trentacinque anni, e da quindici è la moglie di Leone Caetani di Teano. Un'unione, la loro, che suggellava il riavvicinamento fra due grandi dinastie romane acerrime rivali sin dal Medioevo; e tuttavia non esattamente felice: lei passa gran parte del suo tempo prendendo lezioni di pittura, viaggiando su e giù per l'Europa e frequentando il gran mondo; Leone si occupa delle sue terre di Cisterna o persegue i suoi studi di islamistica nella biblioteca di palazzo Caetani. Nel giugno del 1916, mentre Leone è al fronte, Vittoria trascorre le sue giornate nella quiete irreale dell'Isolino di San Giovanni, la più piccola delle Borromee, che ha affittato per l'estate, occupandosi del giardino e scrivendo lettere al marito. Umberto Boccioni (che all'epoca ha trentatré anni, è in attesa di tornare a combattere e sta consumando una difficile rottura con il gruppo futurista) è ospite dei marchesi della Valle di Casanova a Villa San Remigio, sulla sponda orientale del Lago Maggiore. Dopo un primo incontro dai Casanova, il tormentato Boccioni e la irrequieta nobildonna si vedranno ogni giorno. E, nel corso del mese di luglio, Boccioni sarà a due riprese ospite di Vittoria all'Isolino. L'ultimo soggiorno si conclude il 23 luglio; meno di un mese dopo, il 17 agosto, morirà a causa di una caduta da cavallo; nel suo portafogli, l'ultima delle lettere ricevute da Vittoria.
Mosca, 20 settembre 1968. Rubén nasce affetto da paralisi cerebrale: le facoltà intellettuali sono intatte, ma non può muovere gli arti, salvo due dita. Dopo poco più di un anno sarà separato dalla madre e rinchiuso negli speciali orfanotrofi in cui vengono isolati, e sottratti allo sguardo, quelli come lui, considerati impresentabili da una società che esalta il mito dell'uomo nuovo e dichiara di muoversi verso un radioso futuro. Solo all'inizio degli anni Novanta Rubén riuscirà a fuggire dal suo gulag personale e, ritrovata la madre, comincerà a raccontare la sua storia, rivelandosi scrittore vero.
Spesso i lettori chiedono: che cosa c'era prima di Maigret? In questo racconto del 1931 troveranno una risposta: quando ancora non aveva individuato nel commissario il personaggio che lo avrebbe accompagnato fino al 1972, Georges Simenon ha infatti tentato altre strade, altri personaggi destinati alla serialità. Uno di questi è l'ispettore G.7 - trent'anni, capelli rossi, l'aria timida -, che qui si trova a dover risolvere una faccenda assai intricata, che comincia con la sostituzione, e poi la sparizione, di un cadavere, e ha al centro una bellissima bionda, delicata e un po' folle.
"Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo..." Il caffè sospeso è un'usanza partenopea, ma anche una filosofia di vita. Questo libro raccoglie il meglio dei suoi articoli usciti su quotidiani e riviste dal 1977 al 2007 e mai pubblicati in libreria. Filosofia greca applicata alla vita quotidiana, aneddoti pieni di senso non comune, l'Italia passata sotto la lente dell'ironia: un pezzo dopo l'altro il libro compone una perfetta summa del pensiero di Luciano De Crescenzo.
Viktor Erofeev è cresciuto nel cuore del potere politico sovietico, suo padre faceva parte della ristretta cerchia di alti funzionari vicini a Stalin, in qualità di consigliere, interprete e, in seguito, di ambasciatore. È vissuto in un ambiente ultraprivilegiato, in cui dominava la figura del padre, un uomo colto, bello e sportivo. Alla fine degli anni '70, deciso a rompere con un mondo di cui non voleva più condividere quei valori che gli erano stati instillati fin dalla più tenera età, pubblica con alcuni amici un polemico almanacco di giovani autori "MetrOpol". Nasce uno scandalo di vaste proporzioni che coinvolge anche la figura del padre, costretto a dimettersi per solidarietà familiare alla scelte del figlio, che pure non condivide.