
Dura la vita per il generale Taddeo Bottardi. Una serie di furti mai risolti, in apparenza collegati tra loro, e una teoria (la sua) che sostiene l'esistenza di un personaggio misterioso, un ladro fin troppo astuto, dal nome ancora più improbabile e bizzarro: Giotto, nientemeno. E una donna dice di avere informazioni relative a un dipinto trafugato più di trent'anni prima da un palazzo fiorentino - un Paolo Uccello che compare nell'elenco dei furti in cerca d'autore del generale - il «caso Giotto» viene ufficialmente riaperto. Ma esiste davvero un ladro così abile da non lasciare alcuna traccia, un'impronta, niente di niente? Alla fedele collaboratrice di Bottardi, l'agente Flavia Di Stefano, tocca l'arduo compito di condurre le indagini. Quando anche Jonathan Argyll, suo compagno e giovane mercante d'arte, si mette in mezzo le cose prendono una brutta piega. Il solo uomo in grado di aiutarli muore in circostanze non chiare. Tra i pochi indizi restano la confessione di una donna in fin di vita, una nobile famiglia decaduta e un'antica dimora inglese, Weller House, nel Norfolk, che sembra nascondere più di un segreto.
Come ogni mattina, malgrado il freddo, Elena Weaver, giovane e bella studentessa del St Stephen's College di Cambridge, esce all'alba per andarsi ad allenare lungo il fiume. Qualcuno, però, la sta aspettando. Un delitto assurdo, perpetrato con spietata ferocia. Elena, benché sordomuta, era piena di vita, di sensualità e al tempo stesso di innocenza che nessuno riesce a spiegarsi una fine tanto orribile. La tragedia ha un impatto devastante sul mondo dorato del college inglese, cui appartiene anche il padre della ragazza, stimato professore che aspira a una cattedra di prestigio. E forse la verità va ricercata proprio in quell'universo rarefatto, oltre che nella cerchia familiare. Il college chiama in causa New Scotland Yard, e tornano in scena l'ispettore Thomas Lynley e il sergente Barbara Havers, pronti a rovistare negli armadi più oscuri dell'esclusivo ambiente di Cambridge, sicuri di trovarvi, fra ampie toghe e letture shakespeariane, ben più di uno scheletro. Ma incontrano subito grossi ostacoli, primo fra tutti la difficoltà di inquadrare la personalità della vittima. Il romanzo è stato precedentemente pubblicato con il titolo "Per amore di Elena".
Alternando i diari di bordo, Isabelle Autissier, velista di lungo corso, e Erik Orsenna, membro dell'Acadèmie Francaise, descrivono la loro esplorazione dell'Antartide, una terra che non finisce mai di stupire. Alla scoperta della sua origine geologica e il motivo per cui su di esso le temperature sono più basse che in qualsiasi altro luogo della Terra. Vengono descritte, poi, le mille declinazioni della parola "ghiaccio", dagli iceberg alla banchisa, che danno forma (e sfumature di colore infinite) a fenomeni di straordinaria bellezza, pur costituendo un grave pericolo per i naviganti. Tutto, insomma, diventa materia d'osservazione: l'intensità delle correnti, la forma delle nuvole, la varietà di pesci e volatili. Più di ogni altra cosa, però, sulle tracce di personaggi leggendari come Charcot, Shackleton e Nordenskjold, è un viaggio alla scoperta della storia delle esplorazioni antartiche, rivissute percorrendone rotte e luoghi, con un rispetto profondo per tutto ciò che vive: uomini, animali, natura.
"La Barbagia d'inverno dunque. Per un barbaricino l'inverno è quasi una condizione naturale. Certo per chi è abituato a pensare alla Sardegna "smeraldizzata", alla Sardegna come regione monostagionale, può sembrare una stranezza pensare alla montagna, al clima alpino, al freddo secco, alla neve. Eppure basta voltarsi dal mare alla terra e si possono vedere le montagne che si gettano nell'acqua. Dentro a quelle montagne abita la sostanza di un territorio molto folklorizzato, ma ancora sconosciuto nella sostanza. Il territorio barbaricino rifiuta, direi quasi geneticamente, il concetto di "divertimentificio", la costa barbaricina rifiuta la condizione di "Caraibi del Mediterraneo", che tanto piace ai tour operators improvvisati e ai turisti da gossip. Chi navigasse da Posada ad Arbatax lo capirebbe al volo. Chi cioè passasse per mare dalla costa gallurese, quella dove è sempre estate, a quella barbaricina dove le stagioni si alternano, vedrebbe a occhio nudo la differenza. È proprio l'inverno che dà alla Barbagia quella profondità di territorio vivo, che differenzia il viaggiatore dal vacanziere. Perché come l'estate sostanzia il mare, l'inverno sostanzia i monti a Nuoro, in Barbagia, d'inverno. Se veniste da queste parti, dunque, dove sono nato io, dovreste affrontare il tratto più straordinario dell'intera strada statale 131, dal mare fino all'interno, salendo appena sareste gratificati nella vista e nell'olfatto. Da Olbia a Nuoro tutto profuma".
"Almeno un quarto dei paesi italiani è gravemente malato. È una malattia nuovissima. Di cosa si tratta? Di desolazione. Per secoli o forse millenni i paesi sono stati poveri ma, anche se modesta, la vita che si svolgeva un tempo era piena. Ogni persona stava nel suo paese come un pesce dentro al lago. Adesso pare che tutti stiano in un secchio rotto. Si vive con poca acqua e con la sensazione che nessuno sappia come conservare la poca che rimane. Chi visita i paesi d'estate o la domenica ne cattura un'impressione del tutto illusoria: il piacere del silenzio, del buon cibo, aria buona. Tutto questo è solo una facciata, una realtà apparente che nasconde un'inerzia acida, un tempo vissuto senza letizia. D'altra parte, "uno arriva e ferma la macchina in piazza. Guarda qualcuno vicino al bar o sulle panchine. Guarda una vecchia che va a fare la spesa, un cane disteso al sole, guarda porte chiuse, guarda la propria macchina e capisce che lo strumento per la fuga è a portata di mano. Basta una mezz'oretta di curve e si torna al mondo gremito, il mondo che si muove." Se i sani scappano lontano, nel paese restano i malati. Può essere depressione, può essere disagio, può essere la smania velleitaria fai nulla e di non poter arrivare da nessuna parte.
In questo grande romanzo, tra i più importanti della letteratura francese, Victor Hugo riversa gran parte della sua esperienza umana e sociale, per costruire una storia di fatica, esilio, amore e povertà. Un'epopea della miseria e un imponente affresco d'epoca che, nella Parigi dell'800, vede protagonisti alcuni indimenticabili personaggi, come Jean Valjean, la solare Cosette, Fantine, il cupo ispettore Javert: anti-eroi ricchi di luci e ombre, capaci di gesti scellerati ma anche di azioni generose e commoventi. Una storia dal ritmo incalzante, magistrale e irripetibile per l'autenticità delle emozioni e per la complessità della trama narrativa.
Marta è una tarma che divora libri, si ciba di cultura e vive a Napoli nella libreria di Claudio, il "Leggilibri". È curiosa, sensibile, profonda e ama giocare con la fantasia immaginando un mondo tutto suo dove ogni cosa è un sogno. E così, tra un Piccolo principe narrato nelle Cronache marziane e Moby Dick che adora nuotare in un Oceano mare sotto una Eva luna alta nel cielo, si ritrova a volare Sulle ali delle aquile sotto lo sguardo indagatore di Sherlock Holmes. Ma a un tratto il sogno svanisce e Marta è costretta ad affrontare il mondo esterno e a cominciare così un Viaggio al termine della notte, dove incontrerà la madre perduta e scoprirà il sapore amaro della vita. Un romanzo che parla di ecologia, cultura, storia e Napoli, una travolgente avventura in un mondo di insetti. Una storia di emozioni che vivono e animano i cuori di noi umani, come i libri ci hanno sempre insegnato.
È un fulgido maggio, che a Maigret ricorda la prima comunione e l'infanzia. Quasi una premonizione. Perché non appena comincia a indagare sull'assassinio del conte Armand de Saint-Hilaire, illustre ex ambasciatore ucciso con quattro colpi di revolver nel suo studio in rue Saint-Dominique, il commissario ha davvero l'impressione di regredire pericolosamente all'infanzia, quando a Saint-Fiacre la contessa appariva, a lui, figlio dell'intendente del castello, nobile, elegante e irraggiungibile come l'eroina di un romanzo popolare. Insigni diplomatici, funzionari beffardi e pieni di sicumera, quartieri eleganti, residenze squisitamente armoniose. Proprio l'ambiente in cui Maigret si sente più a suo agio, non c'è che dire. E la fase di impregnazione con cui s'inaugura ogni sua inchiesta è questa volta più che mai fatta di esitazione, impaccio, timidezza. E poi tutti sembrano irreali, sfocati, inconsistenti, quasi appartenessero a un mondo svanito: il conte, Isi - la principessa cui ha dovuto rinunciare ma che ha continuato ad amare, da lontano, con incrollabile tenacia, per cinquant'anni, come se fosse una creatura eterea e soprannaturale -, la devota governante Jaquette, che ha lo sguardo fisso di certi uccelli, il gelido nipote Alain. L'unico dato reale sono i quattro colpi di pistola che l'assassino ha sparato con ferocia. Un caso frustrante, un delitto privo di una spiegazione plausibile. Condurre a termine l'inchiesta, per Maigret, è come acchiappare una nuvola. O il passato.
Pubblicato a puntate su una rivista femminile nipponica nel 1966, "Abito da sera" (Yakailuku) è un'opera atipica nel panorama della produzione dello scrittore giapponese, solitamente incentrata sui temi alti ed eroici. Rimasto finora inedito in Italia, il testo costituisce una feroce, irresistibile satira dell'alta borghesia giapponese nel dopoguerra, prona ai desideri degli occidentali, stregata dal fascino di modelli di vita viziati e dimentica dell'antica, nobile tradizione del paese dei samurai.
Somma voce poetica della lirica italiana - e non solo - nel Novecento, Eugenio Montale è stato anche un prosatore raffinato ed elegante. In questo volume sono raccolti i suoi scritti narrativi, quelli che egli stesso chiamava i libri di "fantasia e d'invenzione", dai quali emerge l'immagine di un Montale viaggiatore, elzevirista e ritrattista, osservatore sempre acuto e curioso della realtà che lo circondava. Le "Prose narrative" ci permettono quindi di cogliere un aspetto meno noto del grande scrittore, componendo di lui un'immagine più sfaccettata e completa e conoscendo meglio il suo mondo. Il volume contiene anche un saggio di Cesare Segre e uno scritto di Emilio Cecchi.
Varsavia, 1942. Un giovane ebreo fugge dal ghetto, inseguito dai tedeschi. A salvarlo da morte sicura è un anonimo libraio,solitario ed ombroso,che gli offre riparo nella sua casa e bottega. Entrambi gli uomini sono destinati ad alti incarichi nel piano salvifico di Dio: il fanciullo diverrà il monaco sapiente e fedele che sfiderà il Nemico;l’anziano sarà chiamato al sacrificio per proteggere la vita del giovane eletto.Prologo de Il Nemico,un romanzo appassionante e bellissimo,che racconta come è possibile opporre all’attacco del Male un unico ma inesorabile gesto di amore, tale da riscattare una vita di dolore e ignavia e da far fiorire la speranza nel mondo.
“Michael O'Brien è l’Andréi Tarkovski della letteratura” ( Guglielmo Spirito )
“Questo libro si muove come un thriller, un dramma dell’umanità, ma è un vero romanzo delle idee”
(Michael Potemra,National Review)