
A 16 anni, Kevin ha preso l'arco con cui si esercitava da tempo e ha ucciso sistematicamente, nella palestra della scuola che frequentava, sette compagni e l'insegnante di algebra. Uccidere, nella sua logica distorta, era il mezzo per uscire dalla massa indistinta e diventare protagonista. E ora lo è, nel carcere minorile in cui è rinchiuso, temuto e rispettato dagli altri giovani reclusi. A raccontarcelo è la madre, Eva Katchadourian, newyorkese di successo, in una serie di lettere al marito assente. Attraverso le sue parole si snoda la storia della famiglia e dei suoi componenti: Eva, con il suo rapporto ambivalente nei confronti della maternità, il marito Frank, sempre pronto a giustificare il figlio in totale contrasto con lei, e lo stesso Kevin, un piccolo genio del male da quando ha aperto gli occhi sul mondo. Lettera dopo lettera, è un susseguirsi di fatti e di episodi che scavano nella vita familiare e ci restituiscono un quadro lacerante, sofferto, filtrato dalla lucida intelligenza e dalla profonda umanità di Eva, che non smette di chiedersi se non sia anche sua, e del rapporto di malcelata ostilità con il figlio, la colpa di quanto è successo.
Camila, cilena di nascita e rifugiata da anni negli Stati Uniti, è una reporter. Ha appena perso il figlio, è disperata, in crisi con il marito e incapace di chiedere l'aiuto della madre perché nutre nei suoi confronti un devastante senso di inferiorità. Malgrado tutto, accetta di fare un reportage in Messico. Qui, in una sperduta cittadina i cui abitanti sostengono il ribelle zapatista Marcos, incontra Reina de Barcelona. La vicenda di questa donna coraggiosa susciterà in Camila riflessioni e confronti e la incoraggerà a riavvicinarsi alla madre e al marito.
"Camilleri è il cronista - sottolinea S. S. Nigro - il favolista e il mitografo della comunità vigatese. Racconta di Minica e di suo marito. Della loro modesta vita nella solitaria casetta gialla, accanto a un pozzo e a un ulivo saraceno: in un paesaggio arcigno, blandito dal vicino mare e dalla luce". Siamo in Sicilia, tra Vigata e Castelvetrano negli ultimi anni del fascismo. Lungo la linea ferroviaria che collega i paesi della costa fare il casellante è un privilegio non da poco: una casa, il pozzo, uno stipendio sicuro, ma la zona, alla vigilia dello sbarco alleato, si va animando di un via vai di militari e i fascisti, quasi presagendo la fine imminente, si fanno più sfrontati. A Nino Zarcuto, "trentino, beddro picciotto" è toccato un casello stretto tra la spiaggia e la linea ferrata. Si è sposato con Minica e aspettano, finalmente, un figlio. Il lavoro è poco, quindi c'è tempo per l'orto e per andare ogni tanto in paese dove Nino, appassionato di mandolino, può anche dilettarsi con l'amico Totò in qualche serenata improvvisata. Poi una notte, mentre Nino è in carcere, colpevole di avere ridotto le canzoni fasciste a marce e mazurche con chitarra e mandolino, un evento sconvolgente travolge la vita di Minica. Un romanzo in cui mito e storia si intrecciano in quello che Camilleri definisce il secondo romanzo - dopo "Maruzza Musumeci" di una "trilogia della metamorfosi".
Ai Mondiali del 1982 Mario Soldati andò quasi per caso. Fu una idea di Alberto Cavallari, allora direttore del Corriere della Sera. "Mi aveva detto che dovevo - cosa per me nuovissima - scrivere un articolo al giorno per tutta la durata del mio servizio". Soldati si ritrovò così a 75 anni nella veste inedita di corrispondente sportivo. Fu un mese indimenticabile, per lui e per i lettori del quotidiano. Partì quasi in sordina, non sembrava un tipo da emozionarsi. Il primo incontro è con Bearzot, gli parve onesto, serio, un severo funzionario di stile mitteleuropeo, un personaggio di Joseph Roth, scrisse. Ma Soldati fa presto a scoprirsi tifoso. Sin dalla prima partita, "non avrei mai creduto di soffrire così per la nostra nazionale", dice dopo lo 0 a 0 di Italia-Polonia. Il giorno prima è andato a trovare i giocatori polacchi nel loro ritiro, li ha visti tesi, preoccupati, si è commosso al punto quasi da augurarsi una loro vittoria. Ma una volta in campo tutto cambia, ogni ondeggiamento svanisce: Soldati segue con ardore le guizzanti manovre degli azzurri, smania perché un soffio di fortuna aiuti il pallone a entrare in porta, urla di rabbia. Da commentatore distaccato diventa un esperto, si indispettisce per il comportamento di Paolo Rossi che vuole tener palla, è pronto a dare lui la formazione.
Jane Austen è stata definita la scrittrice più enigmatica e controversa della letteratura inglese. Per molto tempo è stata vista come una moralista e una conservatrice, le cui opere non toccano i grandi temi sociali e ideologici della sua epoca, ma ritraggono soltano il "piccolo mondo" femminile della middle class. In realtà, le storie raccontate dalla Austen, proprio per essere così clamorosamente chiuse nello spazio concesso al "femminile", da un lato esaltano quel mondo e dall'altro costituiscono un implicito atto d'accusa verso chi ne ha segnato i confini. Sotto la superficie controllata e apparentemente convenzionale del testo si coglie una vena ironica e parodica la vera cifra della scrittura austeniana - che destabilizza i valori di una società rappresentata con brillante e divertito realismo.
Gli abitanti di Pompei rivivono con i loro vizi e le loro abitudini quotidiane alla vigilia della distruzione della città (79 d.C.), in un intreccio originale dove finzione e realtà storica si fondono. Ispirandosi agli affreschi e ai graffiti famosi in tutto il mondo, Maja Lundgren ritrae una Pompei reale e affascinante: sono veri la struttura e la decorazione delle case in cui ci fa entrare, i nomi delle strade, dei magistrati e dei commercianti, la collocazione delle botteghe e dei bordelli, le abitudini alimentari e le ricette culinarie, l'abbigliamento, le acconciature e le pratiche sessuali.
In una torrida notte di luglio del 1888 un uomo e una donna concepiscono un figlio in una locanda di Braunau. Non sono soli. Con loro c'è una presenza occulta che assiste, anzi, partecipa attivamente al concepimento "come l'arcangelo Gabriele fece con Geova in una notte cruciale a Nazareth". Lui è Alois Hitler, alto ufficiale della dogana con un'insana passione per le donne, la birra e le api. Lei è Klara Poelzl, terza moglie nonché, con ogni probabilità, figlia dello stesso Alois Hitler. Il terzo incomodo è il diavolo. Il 20 aprile 1889, nove mesi e dieci giorni dopo quella notte, nascerà Adolf Hitler. Ed è proprio il diavolo, sotto le mentite spoglie di un ufficiale delle SS, a narrare con brio infernale, da un incipit che rimanda direttamente a Moby Dick ("Potete chiamarmi D. T."), le vicissitudini della famiglia Hitler rivelandone senza remore i segreti più turpi e inconfessabili. Solo un maestro della scrittura con il coraggio di Norman Mailer poteva decidere, giunto all'ultima prova, di affrontare il personaggio più scomodo in un corpo a corpo che si riflette sulla pagina senza esclusione di colpi. E trovare, proprio in Adolf Hitler, l'ispirazione che gli ha concesso di scrivere il suo grande libro.
"L'arte della gioia" è un libro postumo: giaceva da vent'anni abbandonato in una cassapanca e, dopo essere stato rifiutato da molti editori, venne stampato in pochi esemplari da Stampa Alternativa nel 1998. Ma soltanto quando uscì in Francia ricevette il giusto riconoscimento. Nel romanzo tutto ruota intorno alla figura di Modesta: una donna vitale e scomoda, potentemente immorale secondo la morale comune. Una donna siciliana in cui si fondono carnalità e intelletto. Modesta nasce in una casa povera ma fin dall'inizio è consapevole di essere destinata a una vita che va oltre i confini del suo villaggio. Ancora ragazzina è mandata in un convento e successivamente in una casa di nobili dove, grazie al suo talento e alla sua intelligenza, riesce a convertirsi in aristocratica attraverso un matrimonio di convenienza. Tutto ciò senza smettere di sedurre uomini e donne di ogni tipo. Amica generosa, madre affettuosa, amante sensuale: Modesta è una donna capace di scombinare ogni regola del gioco pur di godere del vero piacere, sfidando la cultura patriarcale, fascista, mafiosa e oppressiva in cui vive. "L'arte della gioia" è l'opera scandalo di una scrittrice. È un'autobiografia immaginaria. È un romanzo d'avventura. È un romanzo di formazione. Ed è anche un romanzo erotico, e politico, e psicologico. Insomma, è un romanzo indefinibile, che conquista e sconvolge.
Nel 1958 Adam Strickland è un laureando di Cambridge, che viene mandato dal suo professore a scrivere la tesi su un celebre giardino rinascimentale di un'antica dimora vicino a Firenze, Villa Docci. Ad attenderlo, però, non ci sono solo le sfarzose feste in terrazza della padrona di casa e le conversazioni brillanti con le rampolle dell'aristocrazia locale, ma anche un complotto la cui ombra ttraversa i secoli e lega insieme due omicidi distanti quattrocento anni. Su tutto e tutti domina l'antico giardino, che sembra esercitare, su chiunque vi entri, un fascino che sconfina nel sortilegio.
Finlandia, primi anni Settanta: due pedofili uccidono una ragazzina di tredici anni. Passano trentatre anni, il caso non è mai stato risolto, l'ispettore di polizia che allora indagava va in pensione. Qualche giorno dopo, nello stesso punto scompare un'altra ragazza. La nuova indagine è affidata a Kimmo Joentaa, che procede con molta prudenza e sensibilità. Nonostante passato e presente sembrino dolorosamente convergere, la polizia spera di ritrovare ancora in vita la ragazza. I due assassini, che dai tempi del primo omicidio non si erano piú rivisti, iniziano a controllarsi, l'uno angosciato dai rimorsi, l'altro indifferente a quanto gli accade intorno. E quando Joentaa chiuderà il caso, non sarà lui, ma solo il lettore, a conoscere la verità.
Arthur Hemmings è un uomo tranquillo. Mezz'età, sexy quanto basta, con un lavoro di ricercatore ai Kew Gardens. Ma dietro la sua placida apparenza si nasconde una doppia vita. Perché Arthur è uno degli uomini di fiducia dei Servizi Segreti britannici. Quando il professor Scott, a Oxford, viene trovato a faccia in giù nel Tamigi, i Servizi Segreti incaricano Hemmings delle indagini, anche perché dal laboratorio sono scomparsi alcuni semi su cui Scott stava lavorando. La ricerca del professore verteva su un gene in grado di controllare la riproduzione, le cui applicazioni sarebbero state vitali per risolvere i problemi della fame nel mondo. Soprattutto perché Scott era deciso a mettere i risultati a disposizione di tutti, senza privilegiare alcuna società del settore. Le indagini portano Hemmings nel mondo spietato dei brevetti internazionali, dove la caccia al prezioso gene si fa mortale. Con l'aiuto di una giovane ricercatrice americana, l'agente seguirà le sue piste attraverso l'Europa.
Un successo immediato accolse fin dalla prima edizione "Le straordinarie e sorprendenti avventure di Robinson Crusoe". Nei quasi trent'anni trascorsi lontano da ogni forma di civiltà, Robinson costruisce, coltiva, caccia, assegna nomi, ripercorrendo in sostanza la storia del genere umano. La forza di suggestione di quelle pagine è tale da aver oscurato tutto il resto, e forse pochi saprebbero dire, a dispetto della notorietà della vicenda, che cosa avvenne prima e dopo il fatidico naufragio. Dall'universo letterario Robinson Crusoe è passato rapidamente a quello del mito, e tuttavia questo non esaurisce il progetto dell'opera. Robinson, infatti, protagonista di una biografia in due tempi, fa ritorno nelle "Ulteriori avventure" alla sua isola di Speranza, di cui fu già king and lord. Qui ricomposto, il grande affresco di Robinson si arricchisce per la prima volta anche della traduzione italiana delle "Serie riflessioni", in cui lo stesso personaggio rievoca e commenta in chiave morale alcuni episodi del libro.