
"Nessuno di noi si era mai trovato davanti a un malato privato del suo fegato senza che ce ne fosse uno pronto da sostituire", racconta la voce narrante di questo romanzo, in una delle incredibili storie che lo compongono. Storie di pazienti, medici, infermieri, storie di vita in corsia. Prima che fossero trasformati per sempre in aziende interessate più al profitto che alla cura, gli ospedali erano luoghi in cui il colloquio medicopaziente era la premessa per qualsivoglia percorso di guarigione. Perché al centro di tutto c'era l'uomo, incarnato qui da tanti personaggi incredibilmente autentici, così come veri e drammatici sono il dolore, la speranza e la felicità di avercela fatta. Fuori dalla sala operatoria, intanto (e a volte anche al suo interno), gelosie e invidie, amori e passioni travolgenti fanno da cornice a eventi eccezionali. Come lo xenotrapianto tra uomo e babbuino, l'operazione di un bambino collegato a un anziano paziente in coma irreversibile e la storia di un giovane che vivrà 42 ore senza fegato e che al suo risveglio sembrerà aver assorbito difetti e vizi del donatore. Narrato dall'interno di un mondo ai più sconosciuto, grazie allo sguardo disincantato ma partecipe di un autore che è anche medico chirurgo di consolidata esperienza, questo romanzo apre uno squarcio su fatti e misfatti della sanità in Italia.
L'offerta è una di quelle che non si possono rifiutare: un sacco di soldi per un lavoro che non prenderà più di un mese. E a David Miller non importa se le condizioni sono quantomeno singolari: rimanere chiuso in una villa nella Foresta Nera, insieme con Arthur Doffre, il facoltoso committente, per scrivere un libro su un serial killer - tristemente noto col soprannome "Boia 125" - responsabile della morte di sette coppie e suicidatosi quasi trent'anni or sono. Raggiunta la casa, David si trova subito immerso in un'atmosfera surreale: la villa, lontanissima dal villaggio, è stata costruita intorno a una quercia secolare e le grandi vetrate che la caratterizzano sono prive di ante e di tapparelle. In più, la neve copre ogni cosa. Ciò che lo aspetta, poi, non è meno inquietante: lo studio in cui dovrà produrre almeno dieci pagine ai giorno si affaccia su una sorta di mattatoio; la presenza di Doffre è costante e implacabile; i racconti sul Boia 125 sono raccapriccianti. Ma soltanto con l'arrivo allo chalet di una donna terrorizzata e gravemente ferita quell'incubo claustrofobico giungerà al culmine, esplodendo in un'imprevedibile e agghiacciante follia...
Ci sono romanzi brevi più densi di emozioni e di vicende di certi romanzoni da ottocento pagine e passa. Ed è esattamente il caso di "Il calore del sangue". Questa volta Irène Némirovsky punta il suo obiettivo non già sul milieu dell'alta borghesia ebraica in cui è cresciuta, né su quello dei ghetti dell'Europa orientale, bensì sul piccolo, angusto, gretto mondo della provincia francese. Il quadro è, in apparenza, di quieta, finanche un pò scialba agiatezza campagnola: la figlia di due ricchi proprietari terrieri sta per sposare l'erede di un'altra famiglia in tutto e per tutto simile, un bravo ragazzo, come si dice, innamorato e devoto. Eppure bastano poche note stridenti (che l'autrice è abilissima a insinuare fin dalle prime pagine) per farci intuire che dietro la compatta, liscia superficie di perfetta felicità agreste - in cui sembra che ogni sentimento si sia come pietrificato - si spalancano voragini insospettate: nessuno, insomma, è al riparo dalla passione, dalla violenza, persino dal delitto, quando è spinto e travolto dal "calore del sangue".
Circondate da un'aura di mistero, le geishe hanno sempre esercitato sugli occidentali un'attrazione quasi irresistibile. Ma chi sono in realtà queste donne? A tutte le domande che queste figure leggendarie suscitano, Arthur Golden ha risposto con un romanzo, profondamente documentato, che conserva tutta l'immediatezza e l'emozione di una storia vera. Che cosa significa essere una geisha lo apprendiamo così dalla voce di Sayuri che ci racconta la sua storia: l'infanzia, il rapimento, l'addestramento, la disciplina - tutte le vicende che, sullo sfondo del Giappone del '900, l'hanno condotta a diventare la geisha più famosa e ricercata. Un romanzo avvincente e toccante, coronato da uno straordinario ritratto femminile e dalla sua voce indimenticabile.
Toscana, estate 1953. Una bambina sembra non dover nascere: i medici sconsigliano una gravidanza pericolosa per la vita della madre. Ma nonostante tutto e tutti lei nasce. Attraverso i suoi occhi prendono forma, quasi fantastica e favolistica, i personaggi che la circondano e l'evoluzione cui il suo piccolo paese va incontro dopo la sua nascita. Sono gli anni delle prime televisioni, delle riunioni familiari nei circoli Arci per i varietà del sabato sera; sono gli anni dei primi elettrodomestici, dei bagni finalmente dentro le case; gli anni delle prime automobili. La bambina vive questo mondo filtrandolo attraverso la sua ipersensibilità, avvolta in un silenzio quasi irreale, sviluppando con la natura e le cose che la circondano un rapporto quasi mistico-religioso. Sono sempre i suoi occhi a restituirci le immagini di familiari e parenti, gli occhi di chi sente troppo su di sé il dolore altrui e per questo è incline a ritirarsi in se stessa. La sorella, alla quale è morbosamente legata; la madre, della quale subisce il penoso alternarsi della ciclotimia, che renderà Nada una bambina sensibile e con un estremo bisogno d'amore; la zia, rifiutata in gioventù dal grande amore della sua vita, che vive ora a servizio di un prete; la nonna Mora, dai modi burberi con gli altri, ma sempre protettiva verso la nipote: l'unica capace di far apparire il suo soffio al cuore come il funzionamento di un normale cuore umano; sullo sfondo familiare un padre taciturno e apparentemente assente.
Chi ha di Mordecai Richler l'immagine di un narratore irresistibile e torrenziale (irresistibile anche perché torrenziale) deve metterla da parte. Da vero epigono di razza del cabaret yiddish, Richler sapeva perfettamente come allestire un one man show, cioè come scrivere e interpretare un breve monologo che sotto l'ombrello di una comicità viscerale e inarginabile disegnasse, attraverso le vicissitudini e i tic di un personaggio, tutto un mondo. Non è dunque un caso che nel 1969, a metà circa della sua carriera, abbia deciso di prendersi una vacanza, e raccontare daccapo le storie del suo quartiere a Montreal, solo in una forma più diretta e confidenziale, lasciando cioè che si sovrapponessero e si intrecciassero così come, in apparenza, gli venivano in mente. Ecco perché in queste pagine si mischiano, con la massima libertà possibile, una disamina delle catastrofiche ripercussioni di un pezzo di "Time" sulla vita quotidiana di St. Urbain Street, una divagazione sull'uso "privato" delle cabine telefoniche pubbliche e un manualetto sul sesso redatto da un cultore della materia assai vicino a molti lettori: Duddy Kravitz. Per capire di chi è questo libro, e cosa offra, basterebbe insomma aprirlo a caso, senza neppure guardare la copertina.
"Dallo speciale mondo chiuso e anacronistico delle comunità chassidiche sperdute nelle grandi gelide pianure orientali non s'innalzerà mai più una voce. Il libro del ceco Jirí Langer "Le nove porte" è il documento meno mediato di cui oggi si possa disporre per avvicinare l'oscuro e luminoso regno dei chassidim, cuore di quell'universo perduto." (Sergio Quinzio)
Il narratore e un amico, partiti a piedi da Roma e già in viaggio da quaranta giorni, vengono raggiunti in Svizzera da due compagni che cammineranno con loro per una settimana attraverso le Alpi. L'antico Ospitale fondato da San Bernardo sul Passo che oggi porta il suo nome rappresenta per loro la sommità di una salita lunga giorni e la porta d'italia. Ma quella che sembrava un'avventura on the road assume ben presto i toni di una fuga dalla figura sempre più ingombrante di un sedicente pellegrino, intenzionato ad aggregarsi a ogni costo ai protagonisti. Al salire della quota altimetrica sale anche la tensione degli eventi, fino alla misteriosa sparizione di una giovane scout, della quale ovviamente il pellegrino tatuato è il principale sospettato.
Roger Seagraves, agente della CIA, è un killer meticoloso e privo di scrupoli, che vende sottobanco preziose informazioni al miglior offerente. La seducente ed enigmatica Annabelle Conroy, truffatrice di professione, sta invece tentando di mettere insieme un pool di esperti del crimine per fare il colpo grosso ai danni di un magnate del Casinò di Atlantic City. Le loro strade si incroceranno con quelle del Camel Club, un gruppo di Washington, quattro amici che si incontrano una volta alla settimana per coltivare il loro hobby: discutere di complotti politici e teorie cospirative. L'improbabile gruppo si sta lambiccando sulla morte, avvenuta in circostanze misteriose, di Jonathan DeHaven, direttore della divisione Libri Rari della Biblioteca del Congresso, dove lavora uno dei membri del Camel Club. Nessuno di loro, però, può riuscire a immaginarsi che qui, in questo luogo a due passi dalla sede del potere a Washington, si stia dipanando una trama sempre più complessa nella quale interessi nazionali, malavita e corruzione politica sì sovrappongono fino all'imprevedibile finale, che appare non molto distante da una possibile realtà.
Israele, guerra dei Sei Giorni. Avram, Orah e Ilan, sedicenni, sono ricoverati nel reparto di isolamento di un piccolo ospedale di Gerusalemme. Il conflitto infuria e nelle lunghe e buie ore del coprifuoco i tre ragazzi si uniscono in un'amicizia che si trasformerà, molto tempo dopo, nell'amore e nel matrimonio tra Orah e Ilan. A distanza di parecchi anni da quel primo incontro, Orah è una donna separata, madre di due figli, Adam e Ofer. Quest'ultimo, che sta svolgendo il servizio di leva, accetta di partecipare a un'incursione in Cisgiordania nonostante siano ormai i suoi ultimi giorni di ferma. Orah, che aveva progettato una gita con il figlio per festeggiare la fine del servizio militare, decide di partire lo stesso. Non riesce infatti a vincere un oscuro presentimento che si agita dentro di lei, e d'altra parte non resiste all'idea di trascorrere altro tempo con l'incubo di essere svegliata nel cuore della notte, come da protocollo dell'esercito israeliano, e ricevere la notizia di una disgrazia. Orah tuttavia non parte da sola. L'accompagnerà Avram, l'amico degli anni di gioventù, che reca nel corpo e nell'anima le cicatrici profonde dell'incessante conflitto che lacera Israele. Con lui Orah inizia un viaggio che diventerà via via occasione di riflessione, rimpianto, ma anche di gioia e di tenera rievocazione. Fino a che arriverà il momento di tornare a fare i conti con la vita e con il presente che, tutt'intorno, preme inesorabile. Illustrandoci il dramma di una madre e di una nazione, Grossman torna al suo pubblico con un romanzo mirabile che, pagina dopo pagina, si rivela una riflessione lucida e implacabile sul diaframma che divide vita e narrazione. Un testo in cui la forza della grande letteratura trova nuovo slancio nella verità del dramma personale di uno scrittore che, suo malgrado e per destino, è ormai un simbolo.
Il protagonista di questo libro, il Maschio, è un padre capace di tenerezza e di attenzione, è un marito allegro e appassionato. Ma ha molte altre donne. Relazioni di lunga durata, in cui il sesso è il veicolo primario attraverso il quale passano la comunicazione, l'affetto, la curiosità, la scoperta dell'altro. Il sesso è un pensiero costante, un'ossessione e una consuetudine, un modo per entrare in contatto con il mondo esterno. Più ancora della seduzione e della conquista, più dell'amore che in forme diverse è parte fondamentale di ciascuna di queste relazioni. È questa la separazione del maschio, dunque. Dove per maschio s'intende davvero, genericamente, il maschio di uomo nell'apice dell'età riproduttiva, in un ambiente circostante quanto mai generoso di sollecitazioni e stimoli. E per separazione s'intendono due cose: quella, letterale, dalla moglie, a cui condurrà fatalmente il percorso del libro; e quella, fisica e metaforica, che divide all'interno dello stesso uomo il padre dal marito e dall'amante. Quasi che fosse impossibile conciliare gli impulsi e i sentimenti, quasi che l'unica strada per tenere tutto insieme fosse una rigida compartimentazione, cioè: vivere molte vite.
Forse solo per passare il tempo, l'anziano critico letterario August Brill nelle lunghe ore di insonnia inventa un romanzo in cui l'America, dopo la prima, contestata elezione di George W. Bush, viene lacerata da una nuova terribile guerra civile. Altri fantasmi però bussano alla sua porta e Brill capisce che non può sfuggire ai racconti veri, alla storia della sua vita.