
«La vicenda di una bambina vissuta poco più di tre mesi evoca tutto il dolore del mondo e della storia; lo sguardo contemplativo di "mamma e papà" sulla piccola dolce Maria Gabriella si incontra con il travaglio di pensieri, sentimenti, imprecazioni, eroismi e generosità di tutta l'umanità » (dalla Presentazione di Carlo Casini). (pp. 248).
Testo poetico che viaggia sui binari della memoria. Prepotente e soave a un tempo, il ricordo trascina negli anni della guerra, e della gioventù dell'autore, che rievoca figure e storie, raccogliendo le testimonianze dell'amico Piero. Incontriamo così curiosi personaggi legati alle vicende della lotta partigiana, nella cornice nebbiosa di Varallo Sesia. Il primo è Tita, padre dell'amico Piero, famoso per la sua abilità nella pesca con la mosca, in realtà attivissimo "passatore" che aiutava i fuggiaschi a raggiungere la Svizzera. Tra costoro anche un ufficiale tornato volontariamente per guidare una banda di comunisti (lui monarchico) e insignito della medaglia d'oro per la morte eroica. Affascinante ritratto dagli emblematici risvolti umani è il maestro Costantino Burla, esempio di integrità morale, che si oppone al fascismo nei fatti, per il modo in cui svolge il proprio compito e resiste a ogni forma di prepotenza e di angheria. Del tutto diverso è il partigiano straniero Frank, australiano, ma in realtà agente segreto britannico, che diventa amico sincero del capo comunista Moscatelli e che riesce ad aiutarlo e a proteggerlo, passando continuamente dall'Italia alla Svizzera, fino a svanire nel nulla dopo la guerra. Fra aneddoti e testimonianze, valori universali e pittoreschi dettagli di vita quotidiana, un libro che si legge non soltanto come un "diario dei ricordi", ma che soprattutto si sfoglia come un album di fotografie.
Le opere di Arthur Rimbaud (Poesie, Ultimi versi, Una stagione all'inferno, Illuminazioni, scritti minori) sono qui inquadrate storicamente da un'ampia introduzione e accompagnate da un commento sia linguistico sia esegetico. Il testo francese è quello dell'edizione critica di Bouillane de Lacoste. A ciò si aggiunge una scelta delle lettere più importanti del poeta di Charleville, un succinto schema biografico e alcune indicazioni bibliografiche. Il lettore italiano dispone di uno strumento di avvicinamento e di studio di uno dei poeti più importanti, affascinanti e difficili della moderna letteratura europea, la cui opera ha esercitato un'influenza profonda e talora determinante su tanta parte dell'arte contemporanea
Il racconto, tratto dalla raccolta «Le storie del buon Dio», evoca suggestioni che probabilmente risalgono al più lungo dei soggiorni veneziani del poeta (1907), anche se la vicenda è ambientata nel ghetto di Venezia nel Settecento. I protagonisti sono il vecchio orafo ebreo Melchisedek, che si propone di raggiungere il cielo in un modo singolare, e la più giovane delle sue nipoti, Esther, che concepisce un bambino in modo poetico e misterioso.Nota di lettura di Riccardo Calimani.
Le "Lettere a un giovane poeta" sono un manifesto della creazione artistica. Eppure pochi finora si sono interrogati sulla personalità del destinatario delle celebri missive di Rilke: Franz Xaver Kappus, uno studente ventenne che nelle pause tra le lezioni divora i libri di Rilke e un giorno decide di contattarlo. Il rapporto tra i due è al centro di questa edizione delle "Lettere a un giovane poeta", in cui, dopo anni di oblio, sono presentate al lettore le risposte di Kappus. L'aspirante poeta affida allo scrittore le prime prove poetiche e i segreti della sua anima, cui il maestro risponde con sincerità, talvolta fermezza, impegno e affetto. Per fare arte è necessario sentire un'urgenza assoluta, l'«ineludibile risposta a una chiamata», come la definisce Valerio Magrelli nella prefazione. Le "Lettere a un giovane poeta" si trasformano così in una conversazione a due, un dialogo, un botta e risposta tra mentore e allievo in cui si intrecciano arte e vita; perché, scrive Rilke, «l'arte è solo una maniera di vivere, e ci si può preparare a essa vivendo».
La caducità di tutte le cose che abitano la terra, l'imperscrutabilità della vita e della morte, la creazione artistica come via di salvezza. Sono questi alcuni dei temi al centro delle "Elegie duinesi", iniziate da Rilke nel 1912 a Duino e poi scritte fra intervalli e slanci creativi nel corso di dieci anni, fino alla pubblicazione nel 1923. Profondamente innovative nelle scelte linguistiche, le "Elegie" rappresentano il punto più alto dell'opera di Rilke: in esse il poeta dona nuova profondità alle figure chiave che accompagnano la sua scrittura gli angeli, l'eroe, gli amanti e arriva a cogliere il valore della poesia come riscatto dell'uomo davanti alla fragilità dell'esistenza. Perché, come spiegato da Franco Rella nell'introduzione, "lo spazio ulteriore che Rilke disegna con la sua opera è lo spazio che non è né vita né morte, ma 'una nuova terza cosa'. È la scoperta di un mondo intermedio, il mondo propriamente umano".
"Questo è il Natale, avvertire dentro di sé, una volta all'anno, questa aspettativa, questo fermo diritto che niente può deludere. Sentire che in fondo i nostri più grandi desideri, se solo apriamo a loro il nostro cuore, non possono non essere esauditi. Questi sono, carissima mamma, i miei pensieri di Natale per te...". (Rainer Maria Rilke)
Narrate ai grandi perché le ripetano ai bambini, come recita il sottotitolo, le "Storie del buon Dio" furono scritte tra il 10 e il 21 novembre 1899 e pubblicate l'anno successivo in occasione del Natale. Opera singolare nella produzione del grande poeta praghese, ma anche opera 'centrale' nella sua evoluzione, le Storie furono la prima delle sue opere in prosa che Rilke non volle disconoscere. "Il Dio delle Storie" scrive Sabrina Mori Carmignani nella prefazione" è un dio cercato, atteso, smarrito, persino dimenticato e mai posseduto", un dio che "vede, scruta, osserva, prova immensa nostalgia, ma tra lui e l'uomo tornano a frapporsi immagini di una lontananza, o di un dissidio, che lo costringe a ritrarsi sempre più nei suoi cicli". Ma non è mai vera 'assenza', tutt'altro; questo buon Dio resta insieme protagonista e 'sfondo' delle Storie: un protagonista molto discreto ma insostituibile, che sembra non comparire se non come motivazione ultima del narrare; e invece 'sfondo' onnipresente, perché la purezza di ascolto dei bambini sente quella presenza, come uno sguardo innocente e nuovo che sa ancora cogliere la freschezza del mondo e della vita.
Queste pagine sono un dono di amicizia: sono invito a diventare lucidi e svegli, a scoprire e vivere la propria originalità. Esse testimoniano la possibilità reale di non cadere nella superficialità. infatti, "tutto è importante". Tocca a noi aprire gli occhi e gli orecchi e renderci sensibili al mondo, per coglierne la bellezza e la preziosità.
dalla "Prefazione" di Enzo Bianchi
Opera singolare nella produzione del grande poeta praghese, ma anche opera "centrale" nella sua evoluzione, le Storie furono la prima delle sue opere in prosa che Rilke non volle disconoscere. Il Dio delle Storie è un dio cercato, atteso, smarrito, persino dimenticato e mai posseduto, un Dio che vede, scruta, osserva, prova immensa nostalgia, ma tra lui e l'uomo tornano a frapporsi immagini di una lontananza, o di un dissidio, che lo costringe a ritrarsi sempre più nei suoi cicli. Ma non è mai vera "assenza", tutt'altro; questo buon Dio resta insieme protagonista e "sfondo" delle Storie: un protagonista molto discreto ma insostituibile, che sembra non comparire se non come motivazione ultima del narrare; e invece "sfondo" onnipresente, perché la purezza di ascolto dei bambini sente quella presenza, come uno sguardo innocente e nuovo che sa ancora cogliere la freschezza del mondo e della vita. Presentazione di Peter Girardi.
L'incontro con la grande arte di Cézanne ebbe una importanza fondamentale nell'evoluzione espressiva della poesia di Rilke, un'importanza che lo stesso Rilke ebbe più volte a riconoscere, fino a dichiarare di aver seguito, dopo la morte del Maestro, le sue tracce in ogni luogo. Le lettere alla moglie qui raccolte, scritte in margine alle reiterate visite che Rilke fece alla grande retrospettiva di Cézanne tenutasi a Parigi nel 1907, un anno dopo la sua morte, sono la testimonianza di un interesse che doveva sfociare in vera devozione; e basti pensare che il poeta arrivò a confessare, di fronte ad una Montagne Sainte-Victoire del pittore provenzale, che nessuno, dai tempi di Mosè, aveva saputo guardare una montagna in maniera tanto maestosa.

