
La contiguità cronologica stabilisce un primo e diretto legame tra questi tre racconti della maturità di Tolstoj. Nati uno a ridosso dell'altro, uno nelle pieghe dell'altro, come a integrarsi e a glossarsi a vicenda, i racconti sono legati dall'ossessiva tenacia di un tema: il rifiuto e la condanna dell'educazione sessuale nella società moderna. Tolstoj è particolarmente interessato a illuminare gli impulsi nascosti e inconsapevoli delle azioni, a smascherare quanto c'è di insincero nell'"io ufficiale". Nei suoi racconti non ci sono teorie astratte o verità rivelate, ma una tenace ricerca della sostanza delle cose, del senso profondo della vita.
Opera della piena maturità, tutta pervasa dal fluire delle passioni, "La sonata a Kreutzer" (1889) - che deriva il suo titolo dall'omonima sonata per violino e pianoforte di Beethoven, sulle note della quale ha origine la relazione 'proibita' - descrive il tragico degenerare di un rapporto amoroso, dalla passione iniziale all'indifferenza, fino alla gelosia, all'odio, al delitto.
È la storia di un adulterio, costruita a bella posta per formulare un atto d'accusa contro l'educazione sessuale del tempo. Lisa, moglie di Pozdnysev, si innamora del giovane violinista Truchacevskij, col quale s'incontra per eseguire la beethoveniana sonata a Kreutzer, finendo col tradire il marito. Questi, accecato dalla gelosia, la uccide. Le pagine migliori del racconto sono quelle dedicate alla spietata analisi del rapporto tra i due coniugi, che si trascina stancamente, sorretto dal solo legame dei sensi.
"L'adolescente Giurlà è un mandriano di capre. Proviene dalla costa. È un ottimo nuotatore, e ha rischiato di diventare un altro Cola Pesce. Ha sfiorato pure il pericolo della deportazione nelle terre calve: poteva diventare un caruso, un nuovo (pirandelliano) Ciàula negli antri infernali e nelle tenebre di una zolfara. Come guardiano di armenti, sugli altopiani, poteva toccargli in sorte il destino di solitudine di Jeli il pastore. Giurlà approda invece in una prateria. Si immerge e galleggia nell'erba, o nelle acque sciapide di un lago, ora. Sente l'allarme dei sensi. E cerca calore nel pelliccione di una capra, tra una musata e una sgroppata. La capra, Beba, è solitaria: ostinata e fedele; oltre che di permalosa gelosia. Sa battere gli zoccoli, al momento opportuno, e imporsi, dopo i lagni di un belare querulo e dolente. Beba è ferina e misteriosamente umana. Sa amare e farsi amare. Giurlà è un amante che non sopporta la distanza; e neppure l'attesa. La favola della capra-donna è di nuda tenerezza; assai diversa dalla cronaca della continuata violenza, che "armàli" più grossi dei becchi consumano intanto su una innocente "pupa" fatta di carne. Beba è diversamente innocente, pur nella sua selvaggia rustichezza". (Salvatore Silvano Nigro)
Questo romanzo di Christian Bobin, dalla trama alla forma, è una fantasmagoria, un miracolo letterario. Pagine oniriche che, fingendo di raccontare la quotidianità banale di una giovane colf di nome Ariane, parlano di innocenza, astuzia, gelosia, tristezza, orgoglio, amore folle, domani senza speranza e illuminazioni senza ritorno. Come indica il titolo del romanzo, tutti sono occupati a cercare di appendere ghirlande all'infinita sarabanda di giorni cupi, al tocco di bacchetta magica di Bobin, l'incantatore, maestro dell'illusione, prodigio della metafora e re di un meraviglioso genere romanzesco. (Jean-Rémi Barland)
Ouali sono le strutture gerarchiche di un sistema autoritario e quali le tecniche per annientare la personalità di un individuo? Ouali rapporti si creano tra oppressori e oppressi? Chi sono gli esseri che abitano la "zona grigia" della collaborazione? Come si costruisce un mostro? Era possibile capire dall'interno la logica della macchina dello sterminio? Era possibile ribellarsi? E ancora: come funziona la memoria di una esperienza estrema? Le risposte dell'autore di Se questo è un uomo nel suo ultimo e per certi versi più importante libro sui Lager nazisti. Un saggio per capire il Novecento e ricostruire un'antropologia dell'uomo contemporaneo.
Quando il Sommario apparve a Parigi, nel 1949, Cioran era un oscuro apolide, che aveva già pubblicato in Romania opere importanti, ma ignorate da tutti. La cultura francese inclinava per l'engangement e le sue molteplici bassezze, che sarebbero poi venute alla luce con decenni di ritardo. Cioran era perfettamente solo e, con queste pagine, scopriva una lingua, il francese, di cui si rivelava subito maestro. Non alla maniera di Sartre ma piuttosto a quella di Chamfort e di Pascal. Con un solo gesto Cioran presentava tutto se stesso. Così non meraviglia che questo libro abbia avuto la ventura di incontrare come traduttore in tedesco uno dei poeti più alti del secolo: Paul Celan.
Sono gli anni che seguono la morte della figlia Paula. Isabel Allende adotta la forma "diario" per fare la cronaca della famiglia, faticosamente riunita in California dal 1992 al 2006. I ricordi si intrecciano alle riflessioni sulla vita, sulla sua opera e sul mondo contemporaneo. Due leitmotiv danno coesione all'insieme: la relazione amorosa con il secondo marito Willie e l'ansia di costituire e difendere una grande tribù familiare. Con intelligenza e autoironia Isabel ci mostra le difficoltà di tenere insieme un clan variegatissimo e di dominarlo; in una sorta di messa a nudo delle proprie inclinazioni, ci dice che un'innata generosità può facilmente travalicare in esercizio di potere e controllo nelle altrui vite per modificarne il corso. Gli episodi teneri, burleschi si intrecciano a quelli tragicomici o drammatici e la narratrice esibisce una tolleranza imperturbabile per le passioni e un'intolleranza viscerale nei confronti dell'ingiustizia. Non mancano le acute riflessioni sull'incombere della terza età, sulle proprie debolezze, sulla fatica di sbagliare. Si esce dalla lettura con la sensazione di aver attraversato una grande galleria di ritratti familiari, di aver vissuto una cronaca di affetti che ci riguarda da vicino.
Nella campagna inglese del 1944 un uomo di quasi novant'anni - il grande Sherlock Holmes, secondo alcune voci - sembra più interessato ad accudire le sue api che alla guerra che devasta l'Europa. Poi, in un giorno d'estate uguale a tanti altri, incontra Linus Steinmann: un bambino di soli nove anni a cui le crudeltà della Germania nazista hanno tolto la famiglia e la voce. Linus è muto, e il suo unico compagno di viaggio è un pappagallo grigio africano, da cui non si separa mai. Ma qual è il significato della litania di numeri che l'uccello recita in continuazione, per giunta in tedesco? Qualcuno è pronto a scommettere che si tratti di un misterioso codice usato dai nazisti.
Elfrida Phipps, sessantenne ex attrice di musical, è affranta dal dolore per la morte dell'uomo che ha sempre amato. Oscar Blundell, musicista in pensione, ha perso la moglie e la figlia in un tragico incidente. Uniti dalle avversità, Oscar e Elfrida decidono di lasciarsi alle spalle il passato e di trasferirsi in Scozia per ricucire le fila delle loro esistenze. Il primo Natale trascorso insieme ridà a entrambi la forza di ricominciare a vivere e di riassaporare la gioia dei sentimenti.
Il racconto abbraccia due secoli, due sponde dell'Atlantico e cinque generazioni di una dinastia ebraica in cui tutto è smisurato: vitalità, ricchezza, lusso, inclinazione al piacere in ogni sua forma. Ma nessuna grande famiglia è senza macchia, e la macchia dei Gursky si chiama Solomon, rampollo in disgrazia che pare essere stato presente, come Zelig più o meno negli stessi anni, in tutti i momenti cruciali del ventesimo secolo - la Lunga Marcia, l'ultima telefonata di Marilyn, le deposizioni del Watergate, il raid di Entebbe. Solomon rimarrebbe tuttavia un mistero, se della sua fenomenale parabola non decidesse di occuparsi il più improbabile dei biografi, Moses Berger, ex ragazzo prodigio rovinato dal rancore e dall'alcol.

