
Roma, aprile 1515. Nelle giornate turbinose che precedono l'ingresso dell'Italia nella Prima guerra mondiale l'ex commissario di polizia Giovanni Sperelli viene coinvolto nelle indagini su un fatto di cronaca che, in un clima meno carico di tensione e sospetto, sarebbe passato quasi inosservato: la scomparsa di un anonimo studente russo domiciliato in una pensioncina di terz'ordine. Sperelli, fratellastro del dannunziano Andrea e già protagonista di Quel treno da Vienna, si trova così a indagare su un complesso caso di spionaggio internazionale connesso al devastante conflitto in cui, di lì a poco, tutto il Paese verrà precipitato. Pubblicato per la prima volta negli anni Ottanta, Il fazzoletto azzurro è un giallo coinvolgente e raffinato, in cui una trama ricca di suspense e perfettamente congegnata si unisce a una rigorosa quanto evocativa ricostruzione della vita della borghesia romana del primo Novecento.
Un killer "per bisogno" disadattato e nostalgico, la vita da clandestino nella Parigi degli anni Ottanta, un semplice omicidio su commissione che si trasforma in una trama complessa e carica di reminescenze del passato, un'amicizia che è complicità, una fuga in Messico: la storia di Andrea Durante. Un racconto un po' nero, un po' giallo, che non si prende troppo sul serio mentre sciorina un sfilza di morti ammazzati, in un mondo popolato di personaggi squinternati, moderni, vinti e nuovi emarginati che si improvvisano assassini perché non hanno altro da fare.
Marco ha studiato filosofia e ha smesso. Ha lavorato nelle toilette di un autogrill e ha smesso. Ha convissuto con una ragazza e ha smesso. Ha voluto una famiglia e ha smesso di volerla. Ora lavora in una pizzeria e già non ne può più. Cerca casa e la trova in condivisione con Chiara, una giovane senz'arte né parte ma con molti, troppi amici e soprattutto con una spiccata propensione a consumare in una notte, con l'ingenuità di un cuore facile, un grande amore dopo l'altro. È allora che a Marco viene l'idea: e se questi "grandi amori" glieli procurassi io, dietro adeguato compenso? Detto, fatto. Ma Marco è veramente un pappone? E Chiara è veramente una prostituta?
Il volume presenta l'edizione completa del ciclo di romanzi dedicati all'avventura coloniale italiana in Africa: il deserto, la guerra, la decolonizzazione. Romanzi e racconti storici che sono anche delle narrazioni, per scrittura e atmosfere, uniche nel panorama letterario italiano ed europeo. Con un'introduzione di Pietro Gibellini.
Nei racconti di Massimo Barone l'individuo si ritrae dagli altri e da sé, preso dall'intrattabile misantropia che affiora all'improvviso. Nello svenimento del ragazzino nell'isola d'Elba si celebra una ritirata dal mondo che poi si ripeterà, diversamente declinata, in tutti i protagonisti di queste storie: dal "bell'Alfio che lasciava tutto" fino al borghesissimo Odissea che torna a Itaca e contempla malinconicamente il figlio Telemaco che tesse la tela... Da questa ritirata si origina un punto di vista straniato e poetico sulla realtà. Ma il talento affabulatorio di Barone si esprime soprattutto in una ritrattistica apparentemente minore, in una selva di personaggi disegnati con felicità impressionistica e precisione da entomologo. Tanti frammenti implosi di una comédie humaine difficile a ricomporsi nel caos contemporaneo, scandita da una nascosta pietas verso individui irregolari e generosi, "uomini poco allineati" direbbe Ivano Fossati. E alla fine scopriremo che forse è proprio la letteratura quella preziosa "endorfina" che ci aiuta a tenere a bada, prima ancora di qualsiasi svenimento, ciò che Massimo Barone chiama "l'amor panico e il panico senso della morte che ti sfiorano in tutte l'età".
In fondo, la vacanza è uno sport estremo. Forte di tale convinzione, l'io narrante, che gestisce uno stabilimento balneare, racconta la propria lieve odissea di salvanatanti. Ma non è solo: altri personaggi - pavidi, burloni, stravaganti, abulici - popolano questo scanzonato romanzo di mare e di costa con un fondo amaro. Una brulicante umanità che va dalla casalinga di Voghera all'azzimato perito (industriale); in mezzo, un oceano di vitelloni che tra una cazzata (di vela) e l'altra guardano ammirati le poppe (degli yacht) sfilargli in bella vista sotto il naso. Un alone lunare accomuna i beati che rosolano al sole sognando Hollywood. Ogni situazione è frutto di fantasia, ma qualsiasi nesso con un'eventuale realtà è casualmente voluto.
"Immaginate un libro in cui l'abitante di una casa bombardata si adatta a vivere nella buca dell'esplosione. Una famiglia presso cui per 30 anni si installa un guappo e non se ne va più. Un giocatore di carte incallito che avendo perso tutto è costretto dalla moglie a giocare solo con il figlio del portinaio. La fenomenologia del "pernacchio". Una zona temporaneamente autonoma in cui impazza la maschera Totò, che infatti ha interpretato il capolavoro di Marotta." (Giuseppe Genna)
Con questo volume riprende la pubblicazione delle lettere di Vittorini, rimasta ferma al periodo 1933-1951. In questa nuova collana verranno prossimamente integrati e riproposti i volumi già usciti e sarà completata la serie in modo da raccogliere in una veste omogenea il corpus dell'intero epistolario. Nelle lettere dal 1952 al 1955 si avvertono i segni di un distacco dai temi politici e dalle battaglie politico-culturali degli anni precedenti. L'attenzione di Vittorini si concentra sull'attività editoriale e sul rinnovamento della narrativa italiana. In particolare il lavoro per la collana dei "Gettoni" einaudiani mette in luce il suo rapporto di guida con tutta una giovane generazione di scrittori, ma anche la dialettica, a volte serrata, con gli altri collaboratori della casa editrice torinese, in particolare con Calvino. Tutte le lettere di questo volume sono testimonianza di un impegno serio e appassionato, di entusiasmo e difficoltà, e sono anche espressione di grandi soddisfazioni e confessione di impasse insuperabili, come per esempio quelle riguardanti l'ultimo romanzo, "Le città del mondo", che dopo lo slancio delle prime 140 pagine, giudicate "perfette", procederà a fatica per essere infine abbandonato da Vittorini al destino di opera incompiuta.
Enrico Metz ha deciso di tornare a vivere nella casa di famiglia, di ridurre il lavoro a poche consulenze (è stato fino ad allora il legale di operazioni di portata planetaria, è stato al fianco di tutti gli uomini che contano) e di rimodellare la propria esistenza borghese intorno ad alcuni amici ritrovati, alla famiglia, alla memoria ritrovata. Coinvolto in uno dei più rovinosi crack finanziari del paese, quello dell'ingegner Marani, Metz è stato sotto la luce dei riflettori, ma, grazie alla lungimiranza dell'uomo di cui è stato fedele braccio destro, ha salvato la propria posizione. Ora l'ingegner Marani lo chiama per accertarsi che la "nuova vita" sia cominciata, in realtà per accomiatarsi. Il giorno seguente arriva la notizia della sua morte. Intanto Metz, esperto di legislazione internazionale, è riuscito a ottenere un manipolo di clienti locali, forti, interessanti. Ma il suo ritorno in città non è passato inosservato presso gli altri studi che ne temono la concorrenza. I suoi nuovi nemici, sconcertati e sospettosi, scatenano una campagna denigratoria che lo induce a ritrarsi più drasticamente. Il rumore del mondo svanisce e Metz comincia un lento abbandono di sé a se stesso, una progressiva cancellazione di atti ed emozioni, che non ha nulla di remissivo ma semmai è l'estremo omaggio alla vita, alla bellezza, a quel che poteva essere e non è stato.
Dall'osservatorio sul tetto del Collegio Romano, notte dopo notte padre Athanasius Kircher scruta il cielo. A chi la sa leggere, la volta celeste svela segreti e capovolgimenti che sfuggono all'occhio profano. E quando vede delinearsi, dopo quarant'anni, una rara configurazione astrale, il gesuita non ha dubbi: eventi funesti stanno per abbattersi su Roma, in quell'anno che già porta in sé il segno del male, il 1666. L'era dello Scorpione è tornata. Di li a poco una serie di barbari omicidi sconvolge la città. Le vittime sono tutte gesuiti, tutti decapitati, e lasciati sconciamente con le gambe scoperte. Dietro i delitti sembra celarsi la mano di uno spietato e temibile sicario, lo Scorpione. Nessuno lo ha mai visto, nessuno sa chi sia. Nessuno tranne Giovanni Battista Sacchi, detto il FuIminacci, irascibile e squattrinato pittore, che senza saperlo lo ha ritratto sul luogo del primo omicidio. Da questo momento, la sua vita è in pericolo e, per salvarsi, dovrà gettarsi in una caccia senza respiro all'assassino e scoprire il movente degli omicidi. Aiutato dall'affascinante Beatrice, cartomante e indovina, da padre Kircher, che anni prima aveva assistito ai primi delitti dello Scorpione, dal vescovo de Simara, Fulminacci dovrà affrontare agguati e processi inquisitoriali, duelli e inseguimenti per le vie e i palazzi di una Roma barocca e inquietante. E il quadro che si delinea assume dimensioni sempre più vaste, fino a coinvolgere uomini in tonaca e teste coronate...
Pulsatilla sta alla condizione della ragazza d'oggi come la Nutella alla merenda, come Bertinotti al cachemire, come "Babbo" a "Natale". Questa è una guida pratica a tutti gli aspetti più ambigui della vita, dalla messa in piega alla consultazione degli oracoli, dalla lotta ai chili superflui al rimorchio su Internet, con tanto di beceri espedienti a letto. L'idea dell'opera nasce da una semplice indagine: non si è mai sentito un uomo che vorrebbe rinascere donna, non si è mai sentita una donna che vorrebbe rinascere donna.

