
Il tema del nuovo libro di Sebastiano Vassalli è un condensato della sua poetica: undici storie paradigmatiche del carattere degli italiani, colto nella debolezza, nella meschinità, nell'infantilismo, nella vigliaccheria. L'ultimo doge di Venezia, Ludovico Manin, svillaneggiato come traditore della patria, lascia tutti i suoi averi ai matti perché sono forse le persone meno stolte che ci siano. Saverio Polito è "Il trasformista": ex funzionario dell'Ovra, generale di Badoglio, cerca di approfittare della moglie del duce. Viene denunciato da donna Rachele e arrestato; dopo la liberazione, forte del fatto di essere stato incarcerato da Mussolini, fa carriera e diventa questore di Roma. Togliatti durante una conferenza alla Normale di Pisa è attaccato da un giovane studente, perde la pazienza e sbotta: "Provaci tu, a fare la rivoluzione". "Ci proverò stia tranquillo", risponde il giovane Adriano Sofri.
Bart, un gringo con la faccia da latino varca la frontiera a Tijuana, scendendo in Messico per l'ennesimo incarico che svolgerà con la consueta indifferenza: uccidere un uomo che potrebbe minacciare gli interessi di una multinazionale farmaceutica. Ma a Tijuana arriva anche un battagliero videogiornalista italiano, Leandro, e le loro strade fatalmente si incontrano. Entrambi rischiano di compiere l'ultima missione della loro vita, e chi sopravviverà non sarà comunque un vincitore.
L’estate piú calda del secolo. Quattro case sperdute nel grano. I grandi sono tappati in casa. Sei bambini, sulle loro biciclette, si avventurano nella campagna rovente e abbandonata: in mezzo a quel mare di spighe c’è un segreto pauroso, un segreto che cambierà per sempre la vita di uno di loro. La storia di Io non ho paura è un congegno a orologeria che si carica fino a una conclusione sorprendente, e mette in scena la paura stessa.
Quasi cinquant'anni di attività letteraria e creativa danno vita a queste "Smorfie", una raccolta che contiene dalle prime prove fino alla produzione degli anni duemila e un inedito. In una lingua essenziale, e sempre funzionale al progetto di scrittura, Sanguineti propone una sorta di viaggio in un io che è davvero un altro, in quanto si configura non solo come frammentato e distrutto sul piano della coscienza, ma come dislocazione del corpo, delle sue pulsioni e delle sue affezioni, intersecando amori, dolori e delusioni, progetti e incontri casuali, mettendo sotto gli occhi una scrittura che, da una posizione defilata, ha fatto da controcanto all'intero percorso poetico dell'autore.
"Maschere nude" è il titolo che Pirandello stesso ha scelto per la raccolta dei propri testi teatrali: un ossimoro, immagine di un teatro nel quale l'uomo che si è dato (o al quale è stata imposta) una "maschera" ne scopre la nudità": maschere smascherate, quindi, vestiti denudati. Con questo quarto volume (che contiene i testi dell'ultima stagione pirandelliana, dal 1929 alla morte) si chiude l'intera nuova edizione delle opere di Luigi Pirandello. La seconda parte di questo tomo contiene le "Opere teatrali in dialetto" di Pirandello: dodici drammi, corredati da un'introduzione di Andrea Camilleri, e annotati da uno dei massimi dialettologi italiani, Alberto Varvaro.
Tutte le mattine un padre accompagna la figlia a scuola, e quando passano davanti all'orologio lei fa "Den" e vuole che lui le racconti una storia. Le favole che il padre s'inventa sono piene di fantasia, delicate e divertenti: sono il commento fantastico alle piccole avventure di ogni giorno. La bambina e l'adulto si incontrano in un momento difficile e irripetibile delle loro vite. La piccola Maria sta uscendo dall'infanzia e si prepara a entrare nell'adolescenza, suo padre sta uscendo da un periodo cruciale della sua vita, e dissimula le sue amarezze dietro la comicità e la delicatezza per non gravare o ferire la persona più piccola e indifesa. Insieme sviluppano un piccolo romanzo, con la storia della loro relazione e delle reciproche difficoltà che risuona attraverso le vicende del principe Cagaquattro e della strega Orecchiamolla, le peripezie della lettera Y, le tecniche per mangiarsi la scuola...
"Raprì l'occhi, si susì, annò alla finestra, spalancò le persiane. E la prima cosa che vitti fu un cavaddro, stinnicchiato di fianco supra la rina, immobile. La vestia era tutta 'nsanguliata, gli avivano spaccato la testa con qualichi spranga di ferro, ma tutto il corpo portava i segni di una vastoniatura longa e feroci..." Il commissario ha appena il tempo di convocare i suoi uomini e il cavallo è sparito, rimane solo il segno del corpo sulla sabbia. Quello stesso giorno una donna "forestiera", Rachele Estermann, denunzia al commissariato di Vigata il furto del suo cavallo mentre nelle scuderie di Saverio Lo Duca, uno degli uomini più ricchi della Sicilia, un altro purosangue è svanito nel nulla. Lo scenario della vicenda è il mondo delle corse clandestine, passatempo preferito di una certa aristocrazia terriera che scommette forte. È in quest'ambiente dorato che Montalbano deve indagare, perché, dopo il cavallo, viene trovato cadavere anche un custode delle scuderie. Fra maggiordomi in livrea, baroni e contesse Montalbano sta un po' a disagio, mentre "ignoti" entrano una, due, tre volte nella casa di Marinella: non rubano niente ma mettono tutto sottosopra, sembrano cercare qualcosa; ma cosa?
Dov'è finita Colomba? Perché la sua bicicletta giace abbandonata ai margini della foresta? Tante ipotesi si affollano nella mente di sua nonna Zaira, dalla fuga al rapimento, alla morte. L'unico indizio è la bicicletta abbandonata dalla ragazza, un anno prima, ai margini della foresta. Ogni mattina Zaira passa al setaccio i boschi delle montagne abruzzesi e intanto cerca una soluzione nell'ordito dei ricordi. Così, in quella nipote persa finisce per cercare tutte le persone scomparse nel passato, in un percorso a ostacoli che diviene la storia della sua famiglia. Con l'aiuto della "donna dai capelli corti", una scrittrice che vive tra le montagne d'Abruzzo, Zaira riannoda i tanti fili della memoria. Le voci delle due donne si alternano, si sovrappongono, narrano una fiaba che intreccia storie personali e storia italiana. Un romanzo epico e corale, che segna il grande ritorno di Dacia Maraini ai suoi temi prediletti: la trama sottile dei sentimenti, l'attenzione per il mondo femminile e i suoi conflitti, il dolore causato dalla storia, l'amore per la natura.
Marina è una donna di mezza età, con una vita alle spalle fatta di fatiche e abbandoni, di violenze familiari subite per destino, ma con una voglia di riscatto che non è venuta mai meno e che alla fine pare averla condotta alle soglie di una nuova esistenza, serena, assieme al marito Federico e al figlio Gianluca. Ma qualcosa poi s'incrina, lo spettro della più grande piaga del nostro tempo, la droga, entra dalla porta di casa e sparge il suo veleno. Gianluca smarrisce se stesso, finisce in carcere: il mondo si è ribaltato, e tutto è accaduto in un attimo. E allora, ecco profilarsi l'odissea di questa Madre coraggio. Plebea e sublime, volgare e delicata - perché la contraddizione appartiene all'anima delle persone in cui dimora la verità Marina farà di tutto per salvare la sua caracreatura, fino a un gesto d'amore estremo e sorprendente. Pino Roveredo ritorna fra noi con una storia in presa diretta che possiede il rigore di una perfetta macchina narrativa. Ma il suo è anche più di un romanzo: è una lama che colpisce al cuore con la spietatezza di chi, senza usare trucchi e accomodamenti, vuole mostrare che la vita può essere anche questa. Non un gioco, ma una lotta in cui gettarsi con le unghie e coi denti, rendendoci partecipi, da lettori, di una commozione che va forse al di là delle parole.
L'autonecrologia, osserva Lodovico Terzi, "è trasgressiva, narcisistica, creativa, e presuppone due qualità squisitamente letterarie: il gusto del paradosso (come autore dell'annuncio funebre il morto ruba la parte al vivo) e un incoercibile protagonismo (nemmeno da morto il morto è disposto a cedere la parola)". Jonathan Swift, a cui non fanno difetto né l'uno né l'altro, va ben oltre e nel 1731 si diverte (con il suo solito spirito feroce) a mettere in scena la propria morte e tutte le reazioni che susciterà, negli estimatori come nei detrattori: dall'insofferenza dei congiunti per l'eccessivo prolungarsi dell'agonia, al compiacimento di chi al confronto con il moribondo si sente vivo e sano, allo sgomento di chi nella sua imminente dipartita vede profilarsi la propria, fino al "compianto" (si fa per dire) della regina in persona, che nel ricevere la notizia esclama: "Davvero se n'è andato? Era ora! / È morto, dici? Be', marcisca pure". La beffarda vena filosofica e morale che intride questo testo ha ispirato il traduttore a riprendere i vari temi toccati da Swift - l'amore e il potere, l'amicizia e l'ambizione personale, lo slancio morale e i meandri dell'ipocrisia - e a intercalare alla lettura dei versi (in quelle "pause naturali" che la lettura stessa sottintende) una serie di riflessioni, o digressioni. Ne risulta un piccolo libro originale, bizzarro e intrigante - una sorta di dialogo fra il grande scrittore satirico del Settecento e il suo estroso interprete moderno.
Italo Calvino ha personalmente selezionato questa speciale raccolta dal ricchissimo patrimonio delle "Fiabe Italiane", da lui recuperato in un'unica opera comprendente la tradizione fiabesca popolare degli ultimi cento anni. Le fiabe si rivolgono a bambini grandi e piccoli e offrono uno straordinario panorama che passa dalle fiabe-filastrocche ai racconti buffi. Età di lettura: da 9 anni.

