
“Addio al calcio”, di Valerio Magrelli, si presenta come un libro ibrido, a cavallo fra generi diversi. Strutturato come una raccolta di novanta “racconti da un minuto”, e diviso in due “tempi” di quarantacinque minuti ciascuno, il volume conduce il lettore attraverso aneddoti, ricordi, microbiografie, realizzando una sorta di immersione totale nell’universo di una passione vissuta e insieme sognata. Mentre si alternano le immagini di campioni antichi e moderni, Magrelli si concentra sul particolare legame che unisce in questo gioco la figura del padre a quella del figlio. Trasmesso di generazione in generazione, il calcio appare allora come una staffetta, un pegno, un’umile divinità domestica chiamata a vegliare sul futuro delle famiglie italiane.
Lara Rebecca Ramones ha trentacinque anni e nella vita non ha fatto altro che spostarsi, cambiando casa, città, amici e, soprattutto, uomini. Nata da padre spagnolo e da madre finlandese, si è sempre considerata diversa dalle altre: troppo bruna per le strade di Helsinki, troppo pallida per le spiagge di San Sebastiàn. Fin da piccola, il lavoro del padre l’ha costretta a girare per l’Europa; poi, una volta cresciuta, quella di non avere fissa dimora è divenuta una scelta consapevole. Da un lato la curiosità di scoprire il mondo, di provare esperienze sempre nuove, dall’altro un incontenibile terrore di fermarsi, di conoscersi a fondo e, soprattutto, di mettere radici. Lo stesso vale per il suo rapporto con gli uomini: li conquista, li fa entrare nella propria vita, ma, appena viene messa alle strette, scappa. Forse è il desiderio di trovare lui, l’Uomo Giusto, che la costringe ad abbandonare ogni storia non appena si presentano le prime incomprensioni.
Un giorno, però, accade l’impossibile: quello che sembrava l’uomo più sbagliato sulla faccia della terra riesce a sciogliere le resistenze di Lara, e lei decide, per la prima volta, di fermarsi.
Senza neanche rendersene conto diventa madre di una creaturina di 3,3 chili, vive in una deliziosa villetta con piscina appena fuori città e del suo amato lavoro non resta che un vago ricordo.
È proprio a questo punto che l’istinto di fuga, il desiderio di avere di più torna a farsi sentire. Solo scavando a fondo nel proprio cuore capirà che cosa la può rendere veramente felice.
Non è raro sentire di bambini che hanno vissuto una breve esistenza, segnati dalla malattia e dalla sofferenza. Ma è senz’altro meno comune che un bambino di tredici anni, consapevole della fine imminente, conforti la madre dicendole: «Non temere, mamma... Se non avessi fatto la cresima, come avrei fatto? Se non avessi ricevuto lo Spirito Santo, come avrei potuto arrivare fino a qui?».
In questa semplice verità sta la grandezza di Luca (1996-2009), la cui breve esistenza è stata un continuo inno alla vita, nella gioia di seguire le gare di MotoGP, mangiarsi la pizza preferita e dormire fino a tardi, come tutti i ragazzini della sua età.
Luca, quel “pezzetto di cielo” – per via degli occhi di un azzurro intenso – che ha testimoniato una fede semplice e matura al tempo stesso, affrontando la malattia con pazienza e spirito di sacrificio, sempre grato a quanti gli sono stati accanto negli anni del dolore, ma soprattutto riconoscente a quel Signore che era certo non lo avrebbe lasciato fino all’incontro definitivo con Lui.
Attraverso i suoi scritti e le pagine del suo diario, legate dal racconto della mamma, una testimonianza commovente, capace di toccare ogni cuore, come già ha fatto con i cuori di campioni del calibro di Pedrosa e Capirossi.
Il libro è tratto da una tragedia realmente accaduta quarant’anni fa, quando una violentissima tromba d’aria uccise trentacinque persone, ne ferì un centinaio e provocò gravi danni nel territorio veneziano. L’autore basa la sua opera sulle vere testimonianze dei superstiti e sugli articoli di giornali dell’epoca, mescolando vicende reali con racconti di fantasia. La tragedia è ricostruita intrecciando le vicende di una famiglia di turisti tedeschi (frutto della fantasia dell’autore) e quelle reali dei soccorritori sottolineando da entrambe le parti le esperienze, le tragedie personali e le sensazioni vissute dalle vittime della catastrofe.
Letteratura di intrattenimento per curiosi e appassionati di storia del territorio.
Poco prima del '68 scoppia uno scandalo che mette in subbuglio la principale banca della città: i vertici dell'Istituto, i giudici, gli impiegati, i funzionari, i dirigenti dell'esattoria e i loro clienti, gli amici, i parenti, si trasformano in attori di una vicenda paradossale nella quale i buoni diventano i cattivi, le vittime i carnefici, i colpevoli gli innocenti e alla fin fine tutti sono irrimediabilmente complici. Questo mondo alla rovescia rivela contraddizioni e magagne di una società che, mentre conquista il benessere, ha perso il ben dell'intelletto e ogni senso morale, ogni discernimento. In una sequenza di casi raccapriccianti ricostruita con feroce sarcasmo.
Pino Ravera, 52 anni, ingegnere, alto dirigente nel settore dell’elettronica, una moglie, Silvia, e due splendidi figli alle soglie dell’adolescenza. Pietro Quarenghi, 52 anni, brillante chirurgo, scapolo impenitente e assiduo lavoratore, sempre sulla breccia, sempre disponibile. Un mal di stomaco che si fa insistente. Gli esami di routine. La diagnosi. Pino e Pietro hanno entrambi un cancro all’esofago. “Una sentenza molto vicina alla pena capitale” pensa Pietro, che sa bene di cosa si tratta. Pino, sostenuto dall’amore di Silvia e dei figli, intraprende l’iter terapeutico indicato dai medici: intervento chirurgico, chemioterapia, radioterapia… Pietro no, Pietro decide che vuole vivere con pienezza il tempo che gli resta: lascia tutto, si dota dell’armamentario necessario a lenire a se stesso le sofferenze causate dal progredire della malattia e parte per Los Roques, paradiso nel mar dei Caraibi. Pino ancora non sa a quanti compromessi e umiliazioni lo costringeranno le cure; sa che vuole vivere, costi quel che costi. Pietro ancora non sa quanto l’amore per la vita sia forte e radicato in lui, e quanto sarà difficile abbandonarsi al destino come un’onda al moto del mare – quel mare scintillante che custodisce il segreto della sua felicità perduta. Pino e Pietro: un destino, due scelte opposte.
Come ci si prepara a un’operazione di cambiamento di sesso da femmina a maschio o viceversa? E il dopo, come sarà? Lo raccontano i protagonisti, mentre un reportage dalla sala operatoria fotografa il lavoro dei chirurghi, i dubbi e le conquiste. Il libro racconta le spinte che portano a una decisione da cui non si torna indietro. Registra le reazioni di familiari, colleghi, amici (“Tu mi rubi il padre”, dice una figlia a un papà che diventerà donna). Dà voce a coloro che “si piacciono così”, in equilibrio tra maschile e femminile. Racconta i rapporti d’amore: ora felici, ora abortiti per via del pregiudizio che bolla le persone trans come prostitute, laddove si tratta invece di medici, operai, centraliniste. Narra le speranze e i tentativi di cancellare il passato. Entra nell’intimità delle persone coinvolte, ma dà conto anche delle leggi, delle difficoltà sul lavoro, delle metodiche di intervento, dei centri a cui rivolgersi. Un viaggio che tocca le nuove frontiere della sessualità e del sentire, della chirurgia e dell’identità.
Valter, cronista, una mattina inizia a sanguinare dal naso e dalle orecchie davanti agli occhi inorriditi dei colleghi, poi sviene. L’epatite, lo stesso male che ha già ucciso suo padre, è ormai in stato avanzato: solo un trapianto può scongiurare la morte. La vita di Valter è stata un addestramento al dolore, alla malattia, alla degenza ospedaliera, e ora più che mai lo mette davanti alla metamorfosi del corpo, alla perdita di intimità per l’invasione di macchinari e visite, e a un supplizio fisico che continua anche dopo il trapianto. Eppure, questo attraversamento del dolore diventa una strada verso la salvezza, la risurrezione. Il percorso che lo conduce a una vera e propria rinascita. Solo chi prova un dolore estremo può riconoscere il proprio dolore dentro il dolore di tutti, e trovare una via verso la gioia.
Per Isabella Bossi Fedrigotti la scrittura è sempre stata una «scorciatoia segreta» per indagare a fondo i legami familiari, svelando le tensioni e i veleni ipocritamente nascosti in molti inferni domestici. In questo libro, la sua scorciatoia segreta l’ha condotta ancora più in fondo, lì dove abitualmente regna il silenzio dell’incomprensione e del dolore. L’ha portata a raccontare storie di figli dimenticati e lasciati soli da genitori fragili, frustrati o semplicemente egoisti.
La sua attenta compassione ci inchioda commossi al racconto di queste piccole vite difficili segnate dalla solitudine: Lorenzo – con i suoi «non voglio» gridati e le sue instancabili domande – che, sconfitto e domato, finisce con lo spegnere la sua energia e la sua curiosità diventando un adolescente silenzioso, assente e indifferente. Annalisa, intoccabile e irraggiungibile, innamorata del suo corpo senza carne. Paolina, bambina soave che finisce a vivere per strada, infagottata, sporca e arrabbiata. Pietro, che scappa continuamente di casa per sottrarsi alla triste giostra della famiglia allargata. Francesco e la sua trascinante vitalità prosciugata da videogiochi e film porno.
Dopo aver letto queste storie sarà davvero difficile farsi cogliere impreparati dalla solitudine dei nostri figli.
In breve
"E tutto è di nuovo come prima. Allora si alza, mi tende la mano e dice: 'Torniamo a casa, Gretel'. E io lo seguo. Seguo Ulisse Bernardini, mio padre, sangue mio". Mancano pochi giorni alla fine della pena per rapina a mano armata e omicidio, quando Ulisse Bernardini riceve una lettera; è di sua figlia Gretel, una ragazza di vent’anni che non ha mai conosciuto e che ora gli chiede di poterlo andare a trovare in carcere...
Il libro
Mancano pochi giorni alla fine della pena per rapina a mano armata e omicidio, quando Ulisse Bernardini riceve una lettera; è di sua figlia Gretel, una ragazza di vent’anni che non ha mai conosciuto e che ora gli chiede di poterlo andare a trovare in carcere.
Ulisse è stato un bandito, un rapinatore di banche, affascinante, intelligente, amante della bella vita, ma adesso non vede alcun futuro davanti a sé.
Padre e figlia si incontrano. C’è dell’imbarazzo. C’è dell’emozione. Lei rompe il ghiaccio e invita il padre a un viaggio verso Sud. A bordo di una Panda, lungo le strade che tagliano l’Italia in verticale, i due imparano faticosamente a conoscersi finché Gretel mette Ulisse davanti a un dilemma atroce.
Romanzo on the road, romanzo di sentimenti, romanzo di valori che si ritrovano, Sangue mio è una storia che vuole colpire al cuore. E ci riesce.
In tanta narrativa di cartapesta che affligge le patrie lettere,
Cordelli spicca per il suo fascino ispido,
per la sua forte identità scevra da compromessi.
Enzo Golino, “la Repubblica”
“Le mie passeggiate, Procida, il cane, il passato tremendo e il passato remoto, Costanza, la cartolina, i critici, il rimuginare. Ce n’è abba stanza per ricominciare. Ma si può trovare del ridicolo in tutto ciò. Del resto sarebbe sorprendente se non fosse così. Si comincia con una visione, un’euforia. L’incipit è sempre paradossale.” Inizia così Le forze in campo, con un “incipit paradossale” che sembra contenere delle scuse anticipate per non aver saputo vincere la ten tazione di narrare un’estate romana indigesta e torrida, immersa nell’atmosfera stordente della capitale negli anni Settanta. Nello stralunato diario di un boxeur in pensione, riciclatosi istruttore di tennis e nuoto presso un circolo sportivo all’Acqua Acetosa, la storia si avvolge attorno a una galleria di personaggi eccentrici e intriganti. Tra lezioni, pettegolezzi, invidie e svogliate passioni amorose, Le forze in campo, scritto da Franco Cordelli nel 1979, rimane un esempio di scrittura raffinata che si sposa con il piacere della lettura.
Franco Cordelli, scrittore e critico teatrale e letterario, ha esordito nel 1973 con il romanzo Procida, ripubblicato da Rizzoli nel 2006 in una versione interamente riscritta. Tra le sue opere ricordiamo Pinkerton (1986), Un inchino a terra (1999), Il duca di Mantova (2004) e il suo ultimo libro, La marea umana (Rizzoli 2010). Collabora con il “Corriere della Sera”.

