
All'inizio Ugo Riccarelli non avrebbe voluto scrivere questo libro, un libro che in qualche modo lo porta a rivivere la sua condizione di trapiantato e a ripercorrere i meandri inconsci, un po' scomodi e spesso insicuri, di quel territorio dai confini incerti che, soprattutto nei casi come il suo, sta tra la malattia e la guarigione. Poi l'incontro con un centro d'eccellenza, l'ISMETT di Palermo, e la scoperta che anche da noi, all'interno della nostra controversa sanità, è possibile trovare quello che una volta esisteva solo all'estero, l'hanno convinto a ridare voce alle molte storie che gravitano attorno a una condizione estrema come quella dei trapianti. Le vicende legate ai trapianti sono testimonianze incredibili di vita, un affascinante intreccio di sofferenza e allegria, di speranza e delusione, di fortuna e volontà, di molta di quella sostanza complessa che, come si può intuire, compone la materia di cui è fatta la vita degli uomini. Ma sono anche un territorio poco esplorato, e forse la premessa indispensabile per percorrerlo è capire che cos'è un trapianto: non il frutto del lavoro di un chirurgo, ma una storia complessa in cui converge un'incredibile quantità di conoscenze, di variabili, di opportunità, di organizzazione, della quale l'operazione chirurgica è solo l'atto finale. Tutto questo ci racconta Ugo Riccarelli in "Ricucire la vita", in cui e le storie dei singoli si intrecciano in un'unica grande storia che esplora il senso della vita stessa.
L'estate nelle Dolomiti negli occhi di una bambina. La raccolta del fieno, i falò della notte dell'Assunta, la memoria dei valligiani; l'alba rosa che si alza ogni mattina sulle montagne, e sembra un miracolo. Mentre le vecchie ampezzane con le vesti lunghe e nere e la falce in mano evocano un'oscurità che una bambina ancora non può conoscere, ma percepisce - come se passasse un'ombra. Cronaca di un'infanzia davanti alle Tofane, come registrata e fedelmente trascritta.
"Stamattina apro io, ho le chiavi del nuovo giorno." Giacomo vuole essere padrone del proprio destino per costruire il suo piccolo angolo di serenità, quello a cui tutti abbiamo diritto. Lui è "il figlio bravo" dei Rossi, quelli che hanno la vineria appena dietro la piazza. Il suo piano è semplice: laurearsi e far felici i genitori. A studiare lo aiuta Cristina, l'amica del cuore fin dalle elementari - ma tra loro niente sesso, per carità, solo un bacetto dimostrativo. All'improvviso, però, arrivano a cambiargli la vita altre promesse di felicità: l'amico Francesco, DJ nei locali di tendenza in giro per l'Europa; e poi Alice, che forse è la donna della sua vita... Invece le cose non sono così semplici. Soprattutto per chi appartiene a una generazione a cui tutto sembra insieme così facile e così difficile. Una generazione precaria, che vorrebbe costruire dei legami ma si spaventa di fronte all'amore e all'amicizia. Raccontandosi mentre passa dalla vineria di suo padre - con cui ha da sempre un rapporto difficile - alle discoteche e ai capannoni dei rave, dai bar dove divide il panino con i colleghi ai pub che frequenta con gli amici, Giacomo imparerà a conoscere sé stesso e i propri sentimenti. Per capire davvero che cosa vuol dire essere felici.
Il Saggiatore lancia la sua nuova collana di narrativa italiana con un libro visionario e perturbante. Ferruccio Parazzoli riprende e amplia il successo di "Adesso viene la notte"... Una risposta narrativa a "L'affaire Moro" di Sciascia e a "Buongiorno, notte" di Bellocchio. In "Altare della patria" Dio e Satana si giocano le anime e i corpi di Paolo VI e di Aldo Moro. Tra Dostoevskij e Bret Easton Ellis, il racconto medianico di un grande narratore del nostro tempo.
Eccoci, tutti noi, figli di un'Italia multietnica e variopinta. Eccoci, raccontati dall'abile penna di chi l'Italia non solo l'ha vissuta, ma sa descriverla minuziosamente, cogliendone particolari e sfumature. Storie di quotidiana follia (Rupert), di amicizie infinite (Antonio), di donne tradite (Flavia) e uomini disillusi dall'amore (Alberto), cronache di un'Italia selvatica e rurale, incantata dai miti antichi, della cui magia ci resta ben poco (Annibale). Per ogni nome una storia, un inizio e una fine, e nel frangente che li separa la percezione di un'insolita inquietudine, come se qualcuno ci avesse appena ricordato che la grana dei racconti è quella della realtà in cui siamo vissuti e di cui non ci siamo mai realmente accorti. Storie amare e malinconiche, storie gioiose e allegre, che si compongono in un mosaico colorato da cui emergono meraviglie e miserie, mescolate come nella vita.
Il 17 giugno del 1944 l'Isola d'Elba fu liberata da uno sbarco alleato a comando francese. I primi a sbarcare sulla spiaggia di Marina di Campo furono i tirailleurs senegalesi. La spiaggia era minata e moltissimi soldati coloniali morirono. Partendo da questo fatto storico, l'autrice costruisce un romanzo in cui si intrecciano le vite di tre protagonisti. Boubacar il nonno, strappato dal suo villaggio, addestrato a Dakar e a Casablanca, imbarcato su una nave insieme a tanti compagni, testimone di quello che dagli storici fu considerato lo sbarco più sanguinoso del Mediterraneo nella seconda guerra mondiale. Boubacar il nipote, che come il nonno rischia la vita per mare non per liberare l'Italia, ma per trovare un lavoro e anche per conoscere la spiaggia di cui lui gli aveva parlato. Gustavine, ragazza francese precaria come tanti suoi coetanei, che, in un momento di incertezze, decide anche lei di andare a conoscere la spiaggia di cui le raccontava suo nonno, il sergente Flaubert, superiore di Boubacar. Un romanzo che dà voce agli "altri" che hanno combattuto per la libertà dell'Italia e dell'Europa più di sessant'anni fa, agli "altri" che oggi contribuiscono al nostro benessere mettendo in pericolo la propria vita, agli "altri" che vivono con difficoltà la spregiudicata corsa all'arricchimento della società occidentale di cui fanno parte.
In una Milano agli albori della luce elettrica, negli anni tra due disastri della storia patria - la battaglia di Adua e la rotta di Caporetto - le vicende di una famiglia borghese vengono raccontate dalle voci di Luciano, medico omeopata non molto sveglio ma attentissimo alle cose materiali, e di Alfonso, poeta stralunato e proiettato più verso i sogni che sul mondo reale. Attorno alle voci narranti, da un lato le figure femminili di Maria Rosaria, virtuosa forse suo malgrado, ed Elisa, custode di una verità ingombrante e dedita al peccato con assoluta innocenza; dall'altro personaggi contraddittori e spesso sfiorati da un'ala di follia, autentica o simulata, come il padre di Alfonso, tormentato dal rimorso di una colpa vergognosa eppure buon cliente di un bordello. Il tutto nello scenario storico di un'epoca che ha visto vorticare gli eventi più diversi e che ancora ci coinvolgono: dall'attentato a Sarajevo al volo dei dirigibili, dal socialismo di Mussolini e Nenni alle spedizioni polari, dal naufragio del Lusitania al fulgore e al dramma dell'icona della danza Isadora Duncan.
La bambina che cullava il soldatino ussaro... Il prete che andava a dir messa in un eremo di monaci bizantini... Zia Anja e zia Nini, le migliori sferruzzatrici del paese. Nonno Yerwant, l'armeno, che tornava da un lungo viaggio... I personaggi di questo libro palpitano di vitalità e di splendore. Si rimane intrappolati dalle loro storie, sospese tra due mondi: quello magico, che sa di sogni e di fiabe, e quello concreto, che narra di vita contadina, di terre lontane, di senso della patria e della famiglia, di fede e della forza invincibile dell'amore. Una galleria di racconti capaci di commuovere e regalare emozioni come solo i ricordi di vita vissuta sanno fare.