
Cos'è il carcere? La forma architettonica del male. Il carcere è un muro, e "il muro è il più spaventoso strumento di violenza esistente. Non si è mai evoluto, perché è nato già perfetto". Tutti i giorni, all'ora d'aria, puoi arrivare a toccarlo col naso "per guardarlo così da vicino da non vederlo più. E il muro non è fatto per agire sul tuo corpo; se non lo tocchi tu, lui non ti tocca. Non è una cosa che fa male, è un'idea che fa male". Sandro Bonvissuto ha un'attitudine da speleologo dell'esistenza. Che parli della pena di vivere in galera, della scoperta di quella cosa gigantesca che è l'altro da sé, o di un bambino che impara a correre il rischio di cadere, i suoi pensieri si mescolano sempre a percezioni scandagliate, felicità assaporate, umiliazioni patite, declinazioni del sentimento dell'esistere restituite con la naturalezza e la potenza dell'acqua che scava in profondità. Così, la felicità frastornante che dà l'amicizia può sprigionarsi da tre semplici lettere ("Aveva detto 'noi'. E mi sembrò fosse la prima volta che risuonasse quel pronome nell'aria, riferito anche a me. Noi, detto così, ti faceva essere addirittura la metà di una cosa plurale"). L'infanzia che non conosce la dittatura del tempo ("lo sanno tutti che bambini e orologi sono due cose incompatibili"), che è insofferente agli spazi chiusi ("perché l'infanzia non ha case, l'infanzia ha strade"), è "davvero l'unico momento nel quale siamo stati un altro".
Tutto inizia con la telefonata in cui Giacomo, che ha sempre cercato di nascondere la sua omosessualità alla propria religiosissima famiglia, informa i genitori che è finalmente convolato a giuste nozze. Ma non con la fantomatica fidanzata, bensì con Miguel... In un carosello di situazioni a volte divertenti e a volte drammatiche, la difficoltà di confessare l'amore per una persona dello stesso sesso.
Crescendo in Versilia, un bambino impara subito che al mondo esistono differenze clamorose. Differenze tra le stagioni - in un paese che d'estate è Las Vegas e nel resto dell'anno ricorda Bucarest - e differenze sociali, sbattute in faccia senza pietà dalle sfarzose vite dei bambini villeggianti, biondi e viziati e senza dubbio migliori di noi. Una cosa deve essere chiara da subito, sennò di questo posto non si capisce nulla. Perché uno dice Versilia e pensa al lusso sfrenato, alle ville con la pista per gli elicotteri, ai furgoni con scritto "caviale", agli hotel cinque stelle per cani e al citofono per ordinare lo champagne senza doversi alzare dalla sdraio. Ma non è sempre stato così. Mio babbo faceva l'idraulico, e andava a lavorare a casa di Mina. Cioè, il mio babbo era l'idraulico di Mina. E certe volte, siccome lui si chiama Giorgio, lei passando gli cantava Giorgio, Giorgio del lago di Como... Il mio babbo aggiustava lo scarico della fognatura e intanto Mina cantava per lui. Una volta l'ho raccontato a un arredatore di Bologna e si è dovuto mettere a sedere perché sveniva. E invece il massimo commento del mio babbo, quando gli chiedo di quei giorni, è "Mi pare che cantava bene". Dire che vivi qua è una scelta abbastanza impegnativa. Va tutto liscio se stai a Roma o Milano o Ponte Biscottino. Ma se dici che vivi a Forte dei Marmi la gente va fuori di testa e non ti lascia più andare. Perché al Forte ci sono stati tutti, almeno una volta. Però d'estate, per le vacanze.
È una vita come tante, quella del palermitano Giovanni Ribaudo: un lavoro dignitoso, una moglie, Vera, e un figlio, Salvatore, che frequenta l'ultimo anno delle superiori. Un ragazzo simile a molti altri, con un po' di sogni per la testa e qualche piccolo segreto. Ma una notte la paura che è di ogni genitore diventa realtà: una telefonata sveglia di soprassalto i Ribaudo, una sconosciuta cerca Salvatore con voce agitata. Salvatore però non è rientrato. La mattina, dopo angosciose ricerche, Giovanni scopre che suo figlio è stato arrestato: un reato grave, un'accusa incomprensibile. E per quest'uomo, che ha sempre creduto a parole come onestà, giustizia, serietà, e ha cercato di viverle, inizia un incubo, nel quale precipita tutta la sua famiglia. Schiacciato negli affetti, assurdamente e crudelmente privato di un figlio, si trova a dover combattere una battaglia personale contro un muro di indifferenza, di arroganza, di corruzione: una macchina capace di stritolare chiunque, che lo porterà lontano, molto lontano dalla persona che era... Una storia di sopraffazione e una requisitoria morale che investe un mondo intero.
Inaspettati. Così sono tutti i doni degni di questo nome. E del tutto inaspettato è l'inizio di questa storia, con gli sguardi di due bambini che si sfiorano da lontano. Qualche anno dopo, a pochi giorni dal Natale, Olivia - la poco più che trentenne protagonista di questo romanzo - viene licenziata. O meglio: non viene licenziata perché non è mai stata assunta; semplicemente perde il posto di lavoro precario e si ritrova più precaria e fragile di prima. Così si rifugia in un bar tabacchi e, in attesa di riorganizzare, il suo futuro, scorre il suo curriculum pensando a tutto ciò che quelle pagine tralasciano: gli incontri che l'hanno segnata, gli amori veri e quelli che credeva lo fossero, le persone che non ha fatto in tempo ad abbracciare. E le passioni, i sogni, i fallimenti, la forza dei desideri. In quel bar tabacchi, che con il passare delle ore si popola di personaggi personaggi buffi, matti, generosi e pedanti, su Olivia veglia la nonna mai scomparsa davvero dalla sua vita, capace di leggere i segnali della felicità nelle scie di un aereo o nel verso di una poesia. La stessa nonna che le ha fatto un dono speciale: una Polaroid con la quale strappare al tempo gli istanti più belli, complici dell'inarrestabile e salvifica fantasia di Olivia. Nelle stesse ore, come in un film a montaggio alternato, irrompono tra le righe i passi di Diego. Anche per lui è un giorno speciale, forse l'alba di un nuovo inizio, che saprà offrire una tregua all'innominabile ferita che ha segnato la sua infanzia.
Franca Valeri compone in questo libro un mosaico di donne di ogni età, soprattutto borghesi, attraverso le parole inaudite che sfuggono loro di bocca o dalla penna. E lo fa con una forza comica trascinante, calibratissima, dove la profondità e la superficie, la leggerezza e la densità si mescolano di continuo. Lettere, telefonate sentite per caso, e-mail, sms: insomma, i molti modi di comunicare e di sproloquiare a cavallo tra due secoli, dagli anni Cinquanta a oggi. C'è una donna, ad esempio, che scrive alla sua migliore amica chiedendole di badare alla sua bambina e di fare un numero esorbitante di commissioni mentre lei se la spassa in città con il marito (non il suo, quello dell'altra). C'è una madre che scrive al figlio una lettera che è un capolavoro di diplomazia: in due paginette riesce a distruggere con metodo la figura della fidanzata (appena presentata in famiglia) fingendo di esaltarne le doti. Questo libro nasce da un desiderio: quello di ripensare oggi, prolungandolo, un testo uscito da Longanesi mezzo secolo fa, e ancora vivissimo: alle lettere possono ora aggiungersi le mail e gli sms, ma la penna, la tastiera del computer o del telefonino sono alla fine strumenti diversi sotto gli stessi femminilissimi polpastrelli.
Manuel ha cinque anni e un grande cuore indomito. Un giorno, quando si squarcia il velo sui misteri più reconditi della sua giovanissima vita, risponde al richiamo che la natura intorno al suo villaggio gli lancia e fugge tra i boschi del Cile. In molti probabilmente sapevano perché non aveva una mamma, e perché vivesse insieme a un uomo che chiamava nonno ma in realtà era un estraneo. Un uomo che nascondeva un segreto sconvolgente sul passato di quel bambino e di sua madre, un segreto di cui Manuel aveva perso ogni ricordo. Quando la verità riemerge dall'oblio, Manuel decide che la sua famiglia sarebbero stati gli alberi, i ruscelli, i cespugli di frutti selvatici che tante volte lo avevano sfamato. Se il mondo degli uomini lo escludeva e lo maltrattava, la natura sembrava accoglierlo, gli uccelli cantavano la forza della vita, le fronde stormivano e i prati lo accarezzavano come nessuno aveva mai fatto. Se casa è un posto dove sentirsi protetti, lì era casa sua. Per molti mesi, anni, Manuel vive da solo nel bosco, in silenzio, mangiando frutti selvatici, imparando a cacciare dai gatti, a costruirsi una fionda, a pescare a mani nude. Un piccolo ragazzo selvaggio che coltiva dentro di sé la libertà. Niente lo avrebbe convinto a tornare nella prigione di prima, nemmeno l'inverno, nemmeno il vento gelido. Fino a quando il destino non inizia il suo lungo viaggio in cerca del bambino invisibile...
Al centro di "Arcobaleni" è Elia e il suo papà, con il loro rapporto intenso e sfaccettato. Elia capelli rossi, tutto intelligenza, sensibilità e fantasia, con i segreti che i piccoli custodiscono. Elia che misteriosamente percepisce "sopramondi e sottomondi", con la sua immaginazione creatrice. E il suo papà, guida discreta e affettuosa. Nel romanzo l'infanzia s'intreccia con l'età adulta, l'incanto con le problematiche della vita dei "grandi", la narrazione con la riflessione saggistica e filosofica, in fitta policromia.
In un luogo fatto di polvere, dove ogni cosa ha un soprannome, dove il quartiere in cui sono nati e cresciuti è chiamato "la Fortezza", Beatrice e Alfredo sono per tutti "i gemelli". I due però non hanno in comune il sangue, ma qualcosa di più profondo. A legarli è un'amicizia ruvida come l'intonaco sbrecciato dei palazzi in cui abitano, nata quando erano bambini e sopravvissuta a tutto ciò che di oscuro la vita può regalare. Un'amicizia che cresce con loro fino a diventare un amore selvaggio, graffiante come vetro spezzato, delicato e luminoso come un girasole. Un amore nato nonostante tutto e tutti, nonostante loro stessi per primi. Ma alle soglie dei vent'anni, la voce di Beatrice è stanca e strozzata. E il cuore fragile di Alfredo ha perso i suoi colori. Perché tutto sta per cambiare.
"Capiva che è meglio la morte di una scomparsa, che è un po' il tema di questa storia che vi sto narrando". Un giorno, ad Amedeo Consonni, tappezziere in pensione e collezionista per hobby di cronaca nera, si presenta del tutto inaspettato il Barzaghi, compagno di lavoro di quando addobbavano le carrozze della Wagon-Lits. Nel suo vecchio casolare, in un'intercapedine ha trovato tre scheletri; e vorrebbe aiuto, dall'antico collega con il suo pluridecennale archivio di crimini, per capirci qualcosa, prima di rivolgersi alla Polizia con il rischio che gli blocchino i lavori di restauro. Sente il Consonni che è il prezzo della fama guadagnata per il ruolo (lui dice del tutto casuale) avuto nella risoluzione del precedente caso, cosiddetto della Sfinge di Lentate. Contro la sua volontà, dal suo arredatissimo appartamento nella casa di ringhiera, si trova costretto a cercare dei nomi per quelle ossa. Così inizia la commedia degli errori che ha tutta l'apparenza di un giallo ed è in effetti il mistero impenetrabile delle vite quotidiane quando sono scrutate da un cortile condominiale. Spuntano piste di ogni genere, ingegneri inghiottiti in loschi affari, boy-scout svaniti come fumo dietro a storiacce d'amore: e lui le segue tutte, mentre cadono a destra e sinistra pezzi di esistenza quotidiana a formare storie parallele che assumono autonomia e propulsione propria. Ma è un'unica vicenda che nasce dal connubio tra l'intrigo degli scheletri e il mestiere di vivere che agita lo zoo umano degli inquilini.
Nelle "Novelle per un anno", che Pirandello iniziò a riunire in volume nel 1922, lo sguardo penetrante dello scrittore agrigentino si annida nel grigiore della normalità, nell'esistenza quotidiana, squarcia le cortine del perbenismo, frantuma le rigide maschere che nascondono i veri, incerti lineamenti, si muove in una varietà multiforme di ambienti, sonda le profondità della psiche, incrina le false certezze. E libero, imprevedibile come la vita, mosso dal suo particolare umorismo, trascrive, senza aderire a moduli esterni, la sofferenza dell'individuo destituito di ogni orgoglio, in confitto con se stesso e con gli altri, disorientato da una sorte sempre mutevole. Il volume riunisce le raccolte di novelle "Scialle nero", "La vita nuda", "La rallegrata", "L'uomo solo", "La mosca", "In silenzio", "Tutt'e tre", "Dal naso al cielo", "Donna Mimma", "II vecchio Dio", "La giara", "II viaggio", "Candelora", "Berecche e la guerra", "Una giornata".
Attila, il "flagello di Dio", sinonimo di devastazione, di male assoluto, di diversità assoluta. Gli Unni, guidati da lui, sono stati spesso descritti come alieni feroci, dotati di poteri demoniaci, animati da un unico, terrificante desiderio di sterminio e morte. Eppure Attila - il mostro venuto da lontano in realtà passò la propria giovinezza a Roma. Mentre Flavio Ezio, il suo grande nemico, "l'ultimo dei romani", da ragazzo trascorse molti anni presso i barbari. Qualcosa non torna. Qual è dunque la verità? Il V secolo è un periodo tempestoso, enigmatico e decisivo. Grandi guerre. Disgregazioni di imperi. Migrazioni di popoli che, come onde inarrestabili, si spingono a vicenda da est a ovest, modificando l'assetto del mondo conosciuto. Questo libro parla di quel tempo, ma anche del nostro tempo. Ricostruisce l'avventurosa vicenda di Attila condottiero e la sua vita privata, piena di misteri. Alleanze, tradimenti, battaglie, vendette, amori reali o irraggiungibili, in una narrazione che alterna più voci. Un romanzo nato da una lunga e documentata ricerca storica, nutrito dalla leggenda e dall'immaginazione, narrato con i toni potenti e fantastici delle più grandi avventure. Età di lettura: da 11 anni.