
Cosa accade quando la bugia di un padre, proprio lui che dovrebbe dare il buon esempio, viene smascherata davanti ai figli? E cosa si prova nello scoprire che la faccia del nemico può essere quella di chi hai generato? E poi: ma un padre deve per forza volere che il suo bambino sia il più bravo di tutti? Magari con tuo figlio riesci a parlare solo con brevi comunicazioni di servizio appiccicate sul frigorifero cercando di tenere a bada l'ansia e far passare fra le righe prima di tutto l'affetto. Di fronte ai figli solo immaginati non c'è bisogno di ricalibrare costantemente le proprie aspettative, o di reinventarsi ogni giorno. Nella vita, invece, per parare i colpi sferrati da chi ha il tuo stesso corredo genetico non basta sentirsi "l'ultimo uomo sveglio in una terra in catalessi" e passeggiare di notte in corridoio tenendo in braccio un fagotto inquieto. Né basta fare il tifo insieme agli altri genitori durante la gara di nuoto. Prima o poi arriverà il momento in cui il confronto sarà inevitabile, costringendoti a scoprire ciò che in fondo hai sempre temuto: un figlio ti è alleato e rivale in parti uguali. Per questo motivo fanno parte di "Scena padre" soltanto scrittori che genitori lo sono davvero, nella pratica dei giorni. Il che significa inciampare continuamente nello scarto tra la potenza del generare e l'impotenza dell'allevare, e provare allora ad affinare la creatività e l'ironia.
Un romanzo che narra la storia vera di una vocazione tra le suore cappuccine di madre Francesca Rubatto; la crisi che spinge la protagonista Ilaria, juniores, ad abbandonare la strada intrapresa, per poi riprenderla definitivamente. Una storia per gli uomini e le donne di oggi, in particolare per i giovani, perché sia come una piccola luce sul cammino di tanti che sono alla ricerca di un posto nel mondo dentro un disegno più grande, una volontà di bene che Dio Padre ha sul mondo. Affinché ogni uomo sia pronto ad accogliere la chiamata. Capita, nella vita, di dover scegliere.
L'autore
Paolo Damosso, nato a Torino nel 1964, da quindici anni si occupa, come autore e regista, di produzioni televisive. Sono più di cinquanta i lavori realizzati per la Nova-T, il centro di produzione dei Padri cappuccini italiani, e tra questi ricordiamo: Un uomo in prestito al mondo sulla vita del card. Schuster; Padre Pio. Uomo di Dio, prodotto con la Rai; I fioretti di San Francesco; Io non lo so. Come autore delle sue sceneggiature, ha pubblicato il romanzo (da cui l’omonimo film) Una cosa in mente (San Paolo, 2006) su san Giuseppe Benedetto Cottolengo.
Dicembre è lo scrigno di ogni festa futura. Se ne contano i giorni, uno per uno. Quattro sono le settimane dell'Avvento, quattro le candele che si devono accendere sul davanzale della finestra, una per ogni domenica. Mentre l'anno e la luce del giorno precipitano verso il buio, quelle piccole luci coraggiosamente dichiarano una speranza. Alfa e Omega, principio e fine, nascita e morte. E in mezzo il respiro di un'attesa. La parabola esistenziale di ciascuno di noi è fatta di piccole e grandi sospensioni: la trepidazione per una nascita, la fiducia in una nuova stagione, la realizzazione di un progetto, la preghiera per una guarigione, il desiderio di un ritorno. Aspettare non è mai atto passivo. Come per i bambini, che a Natale non riescono a star fermi, l'attesa è movimento, creazione, passione. Questo vogliono rappresentare le storie di questo piccolo libro, familiari e fantastiche, che attingono a tradizioni diverse, occidentali e orientali, seguendo un ritmo musicale, sensibile, per declinare quel senso della vita che tutti cerchiamo e che risuona nella voce del verbo "attendere".
Il libro
Questo libro, tra ricordi, testimonianze, immagini e cronache giornalistiche, briciole d’archivio raccolte qua e là, come in un puzzle, tenta di ricostruire la vita del giovane Pietro Mennea, negli anni vissuti a Barletta, la sua dimensione umana, il suo percorso sportivo-agonistico, il suo ostinato talento, la sua tenace voglia di arrivare ad ogni costo. Si racconta la vita di Pietro Mennea negli anni in cui, nella sua città, maturò la sua personalità, la sua ragione di vita, dai primi calci tirati al pallone sul campetto sterrato di piazzetta Pescheria e dai primi allenamenti sulla battigia della spiaggia di Ponente, ai Campionati studenteschi di Bari, e dai Campionati nazionali “allievi” dell’AICS, alle “Leve dello Sport di Termoli”, fino al Bronzo di Monaco ‘72.
L'autore
Renato Russo, laureato in giurisprudenza presso l’Università di Bari, esplica da oltre vent’anni la sua attività di editore nella città di Barletta dove ha ricoperto anche incarichi politici di pubblico amministratore fra cui quello di sindaco della città. Promotore culturale, è anche giornalista (ha diretto numerose riviste fra cui Eco-Fin bollettino di informazione economica, Urbanistica e Territorio a diffusione regionale e Il Fieramosca periodico del comprensorio Nord Barese al suo 40° anno di vita) ma soprattutto è un ricercatore storico, autore di un gran numero di pubblicazioni sulla storia del suo territorio, non per nulla la casa editrice da lui fondata reca come slogan identificativo “Storia e Storie di Puglia”. Fra le sue numerose pubblicazioni:
• La Disfida di Barletta, l’epoca e i suoi protagonisti, introduzione di Pietro Petrarolo
• I Templari a Barletta, introduzione di Pasquale Corsi
• Storia della Puglia fra antico e futuro, introduzione di Michele Cristallo
• Federico II - Cronaca della vita di un imperatore, introduzione di Vito Fumagalli
• Federico II e la Puglia, introduzione di Ludovico Gatto
• Federico II album della vita • Giuseppe De Nittis, la vita e le opere,
introduzione di Raffaele Nigro • La battaglia di Canne, introduzione
di Vito Antonio Sirago • La cittadella di Canne, introduzione
di Cosimo D’Angela
• Isabella D’Aragona – duchessa di Bari • Valdemaro Vecchi, ricordo del grande editore, introduzione di Michele Cristallo
• Boemondo d’Altavilla, un pugliese alla prima Crociata, introduzione di Pasquale Corsi
Ester è una professoressa, una che crede nel suo lavoro, nel suo ruolo. Fin da ragazza, fin da quando frequenta la parrocchia e aiuta don Carlo, un prete di borgata che legge ai ragazzi Don Milani al posto del Vangelo e che cerca di strappare i figli degli ultimi al loro destino di ignoranza ed esclusione. È stato lui a creare il doposcuola in cui Ester ha compiuto i primi passi come insegnante. Ma la storia non si ferma davanti ai muri dell'oratorio e, mentre Battisti e poi Guccini prendono il posto di Modugno sul giradischi, scorrono le notizie della guerra in Vietnam, le contestazioni studentesche, la bomba a piazza Fontana, le scritte "Assassini" sui muri della scuola. Qualcuno cambia chiesa, come Giovanni, il primo amore di Ester, quando scopre che "Dio è morto" e che ci sono battaglie più importanti da combattere, riunioni di comitato, e poi chissà. Attraverso la vicenda di Ester, prima scolara e studentessa e poi professoressa, Vauro ripercorre oltre quarant'anni di scuola e di società italiana, dagli anni Sessanta a oggi.
Un uomo che esce vivo dalla sua tomba, un ragazzino destinato a diventare un grande compositore, un leggendario generale napoleonico che non si piega al suo Imperatore, un romanziere dalla fantasia smisurata. Quattro vite immortali legate da un unico misterioso filo... Quando Wolfgang Amadeus Mozart, braccato dagli spietati membri della Sfinge, sparisce da Vienna, ha con sé un'unica cosa: un'antica scatola egizia di lacca nera con sopra un occhio d'avorio intarsiato, conosciuta come lo Scrigno dell'Immortalità. Nell'arco di un secolo quella stessa scatola passerà dalle mani del Maestro al suo giovane e promettente allievo di nome Gioacchino Rossini. E attraverso il Diavolo Nero, il soldato senz'anima mandato sulle loro tracce da Napoleone, arriverà a uno scrittore di talento capace di trasformare quella storia avvincente in uno dei più grandi romanzi d'avventura di tutti i tempi: "Il conte di Montecristo". Età di lettura: da 10 anni.
Onde azzurre dell'Adriatico, calamari fritti e birra rossa; l'ispettore Stucky ha desiderio di distanza. In sella alla sua Morini, ricama la costa croata, negli occhi isole di sughero, cocci di terre frantumate. Lungo la strada un guizzo, occhiali nerissimi, perla all'orecchio: ah, le donne. Certe donne. Lei si chiama Ajda e lo scorta in un campeggio naturista; se ne va con la promessa di tornare. Senza costume, è più facile abbandonarsi ai racconti che si scambiano i corpi, seguire i balzi sulla sabbia di Argo, il cane salsiccio, l'animale più fiducioso che ci sia. Contemplando paradisi di curve senza silicone, Stucky aspetta il ritorno della bella. Sarebbe tutto perfetto, ma non dura: anche il sole di Croazia ha la sua ombra. Un delitto irrompe nel suo sogno di vacanza. La corda appesa alla trave delle docce è incrostata di sabbia, di salsedine. Sa di mare aperto, vele al vento, scorribande notturne. Ante Latinski, il commissario incaricato delle indagini, ha scritta sulla faccia la malinconia di Vukovar. Non lo vuole tra i piedi, questo poliziotto italiano. Il morto è un Boscolo, però, e aveva la parlata di Chioggia. Com'è finito a farsi impiccare sul lato B dell'Adriatico? Stucky non ce la fa, a tirarsi indietro. Ispettore clandestino in terra straniera, rivolta cameriere, nudiste triestine, motoscafi troppo veloci. Senza distintivo, è più facile tuffarsi anima e corpo in questa storia di pesca abusiva, documenti che scottano, arrembaggi, tradimenti.
Forse sono di là, forse sono altrove. In genere dormono quando il resto del mondo è sveglio, e vegliano quando il resto del mondo sta dormendo. Sono gli sdraiati. I figli adolescenti, i figli già ragazzi. Michele Serra si inoltra in quel mondo misterioso. Non risparmia niente ai figli, niente ai padri. Racconta l'estraneità, i conflitti, le occasioni perdute, il montare del senso di colpa, il formicolare di un'ostilità che nessuna saggezza riesce a placare. Quando è successo? Come è successo? Dove ci siamo persi? E basterà, per ritrovarci, il disperato, patetico invito che il padre reitera al figlio per una passeggiata in montagna? Fra burrasche psichiche, satira sociale, orgogliose impennate di relativismo etico, il racconto affonda nel mondo ignoto dei figli e in quello almeno altrettanto ignoto dei "dopopadri". "Gli sdraiati" è un romanzo comico, un romanzo di avventure, una storia di rabbia, amore e malinconia. Ed è anche il piccolo monumento a una generazione che si è allungata orizzontalmente nel mondo, e forse da quella posizione riesce a vedere cose che gli "eretti" non vedono più, non vedono ancora, hanno smesso di vedere.
Canti di un unico canto. Raccontati al modo dei cantastorie, forgiati sulla viva carne della memoria popolare, questi pezzi fanno della voce narrante l'orchestra di un mondo, il mondo che vive nell'emozione di paesaggi sazi di grano e di demoni. O, al contrario, nella risata di tipi tanto eccentrici quanto gravi di coerenza, nella nuda cronaca di disfatta e morte. Ecco allora il guascone rugbista diventato capomafia o la solare ascesa al cielo degli eroi del milite Zappalà, il soldato che combatte gli invasori e trovò la morte sulla spiaggia di Donnalucata. Comincia con i passettini dello Scravacchio, ovvero lo scarafaggio di tutti i Cunti, e si conclude con la rosa dai cento petali che in una notte nera d'aloe fece a gara di liuto con il cipresso d'argento.
Grande è la sorpresa di Publio Aurelio quando, coinvolto nel crollo di un'antica tomba sull'Esquilino, rinviene al suo interno lo scheletro di una donna orribilmente inchiodata al sepolcro. Nessuno ha mai sentito parlare di simili riti barbarici nell'Urbe, anche se in alcune remote province dell'impero si narra di demoni femminili dai piedi di bronzo, chiamati dai greci "empuse", che userebbero sedurre giovani maschi di bell'aspetto per portarli lentamente alla morte, succhiandone il sangue. Secondo le leggende di quei lontani popoli, uccidere questi demoni non basta, occorre inchiodarne il corpo per impedire loro di risorgere nuovamente dal sepolcro. Alieno da ogni superstizione, il senatore dà avvio a un'indagine che lo porterà a incontrare una folla di personaggi eccezionali...
Tra il 17 giugno 1939 e il 20 gennaio del 1940, Elsa Morante tenne la rubrica "Giardino d'infanzia" sul settimanale "Oggi", uno spazio in cui mosse i primi passi di scrittrice affinando il suo sguardo acuminato e la sua lingua corposa. Queste fantasie infantili (tra le sue prime prove di narratrice) affondano le radici nella memoria, nei primissimi anni di scuola, e lo fanno sempre con il sorriso, la civetteria, la capacità di giocare e di mantenersi, nel gioco, intelligenti e innocenti. Come quando, con l'amica Giacinta, Elsa organizza una recita scolastica di cui si fa regista, ma gli attori, venuto il momento, recalcitrano dirottando lo spettacolo verso il disastro; oppure quando scrive parole infuocate a Lindbergh l'aviatore, firmandosi "Velivola". Un campionario di immagini e personaggi vivacissimi, che abitano un mondo magistralmente disegnato.
Quando Ugo Foscolo è a Bologna, nel 1798, compie la prima parziale stesura del romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis, che viene poi pubblicato in quello stesso anno. L'opera, profondamente riveduta, viene ripubblicata a Milano nel 1802; ispiratore di questa seconda redazione è l'amore del poeta per Isabella Roncioni, conosciuta in Toscana. Ma le Lettere hanno un destino movimentato perché subiranno ulteriori aggiunte e correzioni a Zurigo (1816) e a Londra (1817). Il travaglio "compositivo" dell'opera rispecchia la crisi, non solo politica, ma soprattutto filosofica ed esistenziale dell'autore, scaturita dal contrasto tra leggi meccanicistiche della natura e ansia di vita, tra razionalismo e nuove aspirazioni romantiche.