
IL LIBRO
Un'isola greca, un gruppo di persone che si ritrova al bancone di un bar di un vecchio pescatore, in attesa di un ospite che li condurrà alla ricerca di emozioni e segreti. Un percorso di scoperta dello stare insieme, tra dinamiche di gruppo e meccanismi della psiche, che mette in luce il segreto della presenza dei corpi, delle espressioni gestuali, della comprensione dell'alterità. Una ninfa che danza distribuendo vino e sorrisi, grandi capre bianche che sorvegliano le coste, alberi d'arancio profumati e scogliere bianche che discendono verso il mare. In uno spazio mitologico, il gruppo trasforma i pensieri ed apre prospettive inedite sul registro affettivo dei comportamenti. Un finale a sorpresa, forse un po' amaro, che mette a nudo i meccanismi inconsci nelle relazioni tra le persone e rimette in discussione tutte le certezze del racconto
Postfazione di Sergio Erba
GLI AUTORI
PIETRO BARCELLONA (Catania, 1936) è docente di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania. È stato membro del Consiglio Superiore della Magistratura e in seguito deputato e membro della Commissione giustizia della Camera. È autore di molte pubblicazioni.
"Il racconto, e la narrazione in generale, mi sono apparsi la forma più adatta per rispondere alla domanda ineludibile su 'chi sono io per me stesso e su chi sono per gli altri'". Così, di questo suo libro, scrive Pietro Barcellona (Catania, 1936-2013). Giurista e filosofo, interprete della società e del suo mutamento in oltre novanta saggi e nelle sue opere pittoriche, Barcellona è stato professore di Diritto privato e di Filosofia del diritto nelle Università di Catania, Firenze e Roma, dirigente e parlamentare del Pci, membro del Consiglio Superiore della Magistratura e presidente del Centro per la Riforma dello Stato. L'ultimo suo saggio, "Parolepotere", è stato pubblicato da Castelvecchi nel 2013.
Max Moscatelli è un ladro di tombe che si spaccia per archeologo: l'anziano Peter, professore americano in pensione, molto idealista, l'ha conosciuto in Italia e l'ha coinvolto in un progetto in Argentina: accanto a una caserma dell'esercito è stato rinvenuto un cadavere; si sospetta che vi sia una fossa comune di desaparecidos e Peter è stato incaricato di effettuare gli scavi necessari per chiarire la vicenda. Siamo negli anni '80, l'esercito conserva lo strapotere anche dopo la fine della dittatura e non vede di buon occhio le ricerche sul recente passato. Peter muore in un incidente sospetto e Max è tentato di abbandonare tutto, ma il resto del team lo convince a continuare. Il gruppo dovrebbe proseguire gli scavi nella zona militare e decide di scavare un tunnel: l'operazione ha successo, si trovano i corpi e si riesce a estrarne quattro, ma i militari si sono accorti di qualcosa e fanno crollare la galleria. I corpi estratti vengono identificati con l'aiuto della popolazione locale, la vittoria sui militari è raggiunta perché l'opinione pubblica scopre l'eccidio, ma Max deve scappare in tutta fretta dall'Argentina, dove nel frattempo ha trovato l'amore.
Quella di Gianni Schuff è una vita senza increspature. Si è inventato un'attività di successo - recupera pezzi di modernariato tra il Veneto e la ex Jugoslavia e li rivende, restaurati, a prezzi altissimi -, ha una rete di collaboratori discreti e privi di scrupoli, una bella moglie, una serena capacità di galleggiare lontano dalle profondità della coscienza. Fino a che, per ampliare il proprio giro, non entra in contatto con un giro di insospettabili mafiosi del Nordest, e incontra Iriljana, giovane violoncellista dal passato segnato dagli orrori della storia jugoslava. Vent'anni li separano. Quei vent'anni saranno la misura di un amore talmente assoluto da esigere un'espiazione altrettanto radicale. Gianni Schuff, l'uomo che con eleganza sapeva reggere tra le mani tutti i fili dell'esistenza, percorrerà fino in fondo i gradini che conducono un uomo davanti ai propri fantasmi.
Tutto comincia con un taccuino, 182 fogli a quadretti più alcuni sparsi, dove una calligrafia un po' infantile, da maestra, ha annotato le ricette del repertorio di famiglia.
Mamma le ha raccolte da parenti e amiche, alcune le ha copiate dal Talismano della felicità: in gran parte però arrivano da nonna Armida, e dunque da un Ottocento che in questo modo riesce ancora a trasmettere il suo bagaglio di storia e di sapori.
Gli ultimi assaggi di queste Ricette di famiglia arrivano invece dai sushi bar e dagli happy hour che vanno di moda oggi, dove si assaggia ma non si mangia.
I pranzi e gli spuntini sono quelli di una famiglia che, generazione dopo generazione, bizzarria dopo bizzarria, attraversa più di un secolo di storia d'Italia, dalle dimore di campagna dove si riunivano le grandi famiglie patriarcali ai bilocali metropolitani che ospitano le nostre inquietudini. Ricette di famiglia è anche una girandola di personaggi indimenticabili: la mamma che si lamenta perché fa tutto lei ma impedisce a chiunque di avvicinarsi ai fornelli; il babbo dall'olfatto perfetto e che perciò non vuole che si tagli la sfoglia con il coltello, perché altrimenti «sa di metallo»; il professor Valentini, afflitto da un figlio anoressico e da una figlia bulimica; Eugenio di Parigi, cugino della «nonna cattiva»; l'amico Giap che sposa solo donne giapponesi; il Malinverni che vuole «globalizzare» le tigelle aprendo un fast food in India. Ma si incontrano anche un giovanissimo Pavarotti e un conte Dracula alla ricerca dei suoi antenati modenesi...
Sullo sfondo, la passione per il cinema e il tifo per il ciclismo, il Mago Zurlì e il Guzzino rosso, la via Emilia e le feste patronali, che sembrano sempre uguali e invece continuano a cambiare con noi, con i nostri affetti e i nostri sentimenti.
Venezia, fine del Cinquecento: una città tentacolare e spietata in cui anche i muri hanno gli occhi, il doge usa il pugno di ferro e il Sant'Uffizio sospetta di tutti e non ci pensa due volte a mandare a chiamare un poveraccio e a dargli due tratti di corda. La Serenissima osserva, ascolta e condanna. Anche ingiustamente. Ed è proprio per sfuggire a un'accusa infondata che Michele, giovane muratore, è costretto a imbarcarsi su una galera lasciando tutto e senza nemmeno il tempo per salutare la sua bella moglie Bianca, appena diciassettenne. Bandito da Venezia, rematore su una nave che vaga per il Mediterraneo carica di zecchini e di spezie e senza speranza di ritornare a breve, Michele vivrà straordinarie avventure tra le onde, sulle isole e nei porti del mare nostrum, fino ad approdare nelle terre del Sultano. Per sopravvivere, con il pensiero sempre rivolto a Bianca, da ragazzo ignaro e inesperto dovrà farsi uomo astuto, coraggioso e forte. Nel frattempo, Bianca rimane completamente sola in città, tra i palazzi dei signori e il ghetto. Il suo temperamento tenace e orgoglioso dovrà scontrarsi con prove se possibile più dure di quelle toccate a Michele, e incontri non meno terribili e importanti l'attendono nel dedalo di vicoli e calli, tra i profumi intensi delle botteghe di speziali, quello del pane cotto nel forno di quartiere, il torso dell'acqua gelida in cui lavare i panni e i pagliericci pidocchiosi che sono il solo giaciglio per la povera gente.
Atene, 411 a.C. Siamo in campagna, appena fuori dalle porte della città, dove, in due casette adiacenti, abitano due vecchi reduci di guerra, Trasillo e Polemone. Anni prima hanno combattuto insieme nella ingloriosa battaglia di Mantinea, che ha visto gli Ateniesi sbaragliati dagli Spartani, sono sopravvissuti e ora vivono lavorando la terra e senza mai decidersi a trovare un marito per le loro due figlie, Glicera e Charis, che però iniziano a mordere un po' il freno. Per i due vecchi l'unica cosa che conta è la politica. Atene ha inventato la democrazia ma deve difenderla, i ricchi complottano per instaurare la tirannide: anche il vicino Eubulo, grande proprietario che si ritira in una villa poco distante quando le fatiche della vita nella polis richiedono un po' di riposo, è guardato con sospetto. Ma Charis e Glicera pensano che i padri vivano fuori dal mondo: per loro il giovane Cimone, figlio di Eubulo, ricco, disinvolto e arrogante, è un oggetto di sogni segreti. È così che, quando tutti gli uomini si radunano in città per la prima rappresentazione di una commedia di Aristofane, le ragazze violano tutte le regole di una società patriarcale e accettano di entrare in casa di Cimone, lontane dagli occhi severi dei padri. Ma mentre in teatro l'ateniese Lisistrata e la spartana Lampitò decretano il primo, incredibile sciopero delle donne contro gli uomini per invocare la fine di tutte le guerre, la notte nella villa di Eubulo prende una piega drammatica...
Alcuni anni fa, nei suoi percorsi e studi da storico, Barbero ha incontrato una storia che non poteva essere racchiusa in un saggio. Ed è quella di Alabama, che pur non essendo nato come reazione alla storia recente ne anticipa i motivi profondi, scandagliandone l'oscurità delle viscere. È la vicenda di un eccidio di neri, di «negri», durante la Guerra di Secessione, la prima grande lacerazione nazionale che divide il paese tra chi vuole bandire la schiavitù e chi non ne ha nessuna intenzione. Ed è la storia di bianchi pulciosi e affamati che vanno in guerra per pochi spiccioli e che sentono il diritto naturale di fare dei negri quello che vogliono. Tutto questo diventa il racconto fluviale, trascinante, inarrestabile, dell'unico testimone sopravvissuto, Dick Stanton, soldato dell'esercito del Sud, stanato e pungolato in fin di vita da una giovane studentessa che vuole ricostruire la verità. Verità storica e romanzesca, perché Barbero inventa una voce indimenticabile, comica e inaffidabile, logorroica e irritante, dolente e angosciosa, che trascina il lettore in quegli abissi che ancora una volta si sono riaperti. Il nuovo romanzo di Barbero va davvero a toccare i tratti del carattere americano che sono deflagrati negli eventi dell'ultimo anno e degli ultimi mesi: la questione del suprematismo bianco, il razzismo profondo che innerva persino le istituzioni, la mentalità paranoica, l'orgoglio e la presunzione di farsi giustizia da sé, la violenza che scaturisce dalla povertà, dalla rabbia, da ciò che si vive come ingiusto sulla propria pelle e che si rovescia su chi è ancora più debole.
È l'anno fatidico 2001. A New York, Harvey Sonnenfeld, agente CIA messo un po' in disparte ma carico di esperienza, ha un'intuizione, una di quelle convinzioni tenaci che non si sa da dove vengano ma che possono essere più radicate di un ragionamento articolato: ci sarà un attentato. «New York conta un bel po' di milioni di abitanti, e nessuno può sapere esattamente quanti stanno preparando un attentato. Loro sono qui e io prima o poi li annuserò». Ingaggia allo scopo un gruppo di persone tanto assurdo quanto efficace. Bobby Fischer, l'unico americano della storia campione mondiale di scacchi, paranoico, ma capace di anticipare un migliaio di mosse; l'immigrato russo Kozlov, un ubriacone, proveniente dall'Afghanistan, ingegnere esperto di ogni tipo di attentato; il professor Koselleck, cacciato dall'università a causa di una condanna per stalkeraggio contro la moglie, il massimo studioso del pianeta di graffiti offensivi e scritte oscene. Intanto un'ombra si aggira, un altro gruppo affaccendato a tessere una rete di contatti; per loro non è il 2001 ma l'anno 1421 dall'Egira. L'improbabile squadra di Harvey Sonnenfeld da un labile indizio scovato in metropolitana e una conversazione captata per caso, dà l'avvio a una corsa contro un tempo immaginario, in cui si profilano minuziosamente terroristi costruiti sull'equivoco. Siamo arrivati a settembre. La fine è nota. Ma il racconto è pieno di tensione e di sorprese, e pervaso dall'ironia di chi, come Alessandro Barbero, sa guardare alla storia con disincanto. E il desiderio di complotti produce le sue conseguenze, mentre la realtà va pericolosamente, indisturbata, per conto suo.
Un uomo del Medioevo, immerso nel suo tempo. Questo il Dante che ci racconta un grande storico in pagine di vivida bellezza. Dante è l’uomo su cui, per la fama che lo accompagnava già in vita, sappiamo forse più cose che su qualunque altro uomo di quell’epoca, e che ci ha lasciato la sua testimonianza personale su cosa significava, allora, essere un giovane uomo innamorato o cosa si provava quando si saliva a cavallo per andare in battaglia. Alessandro Barbero segue Dante nella sua adolescenza di figlio d’un usuraio che sogna di appartenere al mondo dei nobili e dei letterati; nei corridoi oscuri della politica, dove gli ideali si infrangono davanti alla realtà meschina degli odi di partito e della corruzione dilagante; nei vagabondaggi dell’esiliato che scopre l’incredibile varietà dell’Italia del Trecento, fra metropoli commerciali e corti cavalleresche. Il libro affronta anche le lacune e i silenzi che rendono incerta la ricostruzione di interi periodi della vita di Dante, presentando gli argomenti pro e contro le diverse ipotesi e permettendo a chi legge di farsi una propria idea, come quando il lettore di un romanzo giallo è invitato a gareggiare con il detective e arrivare per proprio conto a una conclusione.
Davide Bergamaschi. Occhi da bambino, corpo da adulto, forte e vivo come lo si è solo a sedici anni. Di fronte a lui, invisibile tra una folla di persone che ballano e bevono, un uomo anziano, stanco e pericoloso, lo osserva. E lo sceglie. Il ragazzo viene rapito, scaraventato a forza su un camion e costretto a lottare a mani nude contro uno sconosciuto. È il suo ingresso nel mondo dei combattimenti clandestini all'ultimo sangue: o uccidi o vieni ucciso. All'inizio Davide piange, protesta, si ribella: cresciuto in una quotidianità ovattata e rassicurante, non sa cosa sia la violenza. Ma il suo corpo conosce l'istinto, e vince i primi incontri. L'uomo, il suo rapitore, scorge in lui il potenziale di un combattente diverso da tutti gli altri, e forse anche qualcosa di più, una sorta di erede a cui trasmettere la sua conoscenza, i suoi valori e le sue personalissime leggi morali. Lo aiuterà a sopravvivere in un mondo disumano, gli insegnerà che la prigionia, i soprusi, l'omicidio e la morte possono diventare accettabili, una nuova "normalità". Dopo 1442 giorni, un centinaio di omicidi alle spalle e la perdita di ogni inibizione o moralità, di Davide Bergamaschi non sarà rimasto più niente e dalle sue ceneri sarà nato Batiza, il più feroce degli assassini. Il secondo romanzo di Paola Barbato è l'educazione alla violenza di un moderno gladiatore in un inferno popolato da sadici con il colletto bianco.

