
«Quando Edmond Dantès arriva finalmente alla grotta sull'isola di Montecristo ad aprire il baule che contiene il tesoro dell'abate Faria, ecco quel che accade: "Si rialzò e prese una corsa attraverso la caverna con la fremente esaltazione di un uomo che sta per diventare pazzo". Con la Commedia può succedere qualcosa di simile.» A 700 anni dalla morte del Poeta, in apertura dell'anno dantesco 2021, un libro per rivisitare tutta la Commedia come racconto di viaggio. Perché quel poema complicato, erudito e pieno di enigmi è anzitutto "commedia", narrazione popolare, teatro. Per questo i lettori comuni hanno obiettivi diversi dai professori e dai Bignami: loro, come Edmond Dantès, vogliono ficcare le mani nel tesoro, immergersi nella musica, inebriarsi delle immagini.
Al centro del libro, la vicenda di Guglielmo, studente dell’ultimo anno di liceo che, pur intraprendente e capace, non si adatta al mondo della scuola. Proprio, lui, tuttavia, attraverso il racconto dell’amico Ferdinando, appassionato di storia, sembra essere proiettato nella vicenda di un frate, Padre Massimiliano Kolbe, che nel buco nero dell’Europa salva la vita a un compagno di prigionia accettando la morte per fame e sete. La narrazione si concentra sulla volontà di Guglielmo di non tirarsi indietro e scrutare l’oscuro. In questo esercizio dello sguardo, Guglielmo vede la misericordia del frate nei confronti del capo, artefice di una morte tanto ignobile; vede Anita, la moglie del capo, sempre più insofferente al sistema in cui il marito è immerso.
Il romanzo sta fra questi due piani basculanti, fra il passato e il presente, e nel finale saranno i compagni di classe di Guglielmo ad accettare di colmare il divario temporale e di mettere in scena la morte di una persona che avuto il coraggio di dare la vita per gli amici, svelando a tutti coloro che vogliono andare oltre lo schermo dell’evidenza la forza del Bene inesauribile.
Graziella Bonansea è storica e scrittrice, membro della Società Italiana delle Storiche, titolare di corsi di Storia delle donne presso l’Università del Piemonte Orientale di Vercelli, Researche Associate dal 2013 al 2018 all’European University Institute di Firenze in cui ha lavorato a una ricerca su nuove memorie d’Europa nelle culture giovanili.
Ci sono tanti modi per diventare grandi. A volte è un sentiero diritto, fatto di cadute e risalite, dove c'è sempre una mano a cui aggrapparsi. Per Alba, dieci anni, crescere è uno scarto brusco, da una vita di presenze, di giochi, di abbracci, a una di assenze. Del padre che muore in circostanze tragiche e della madre che si rinchiude nel proprio dolore, cullandolo come se allontanarsene significasse perdere i ricordi, il proprio passato, se stessa. E allora Alba capisce che crescere significa scomparire, non farsi trovare, camminare in punta di piedi, senza toccare e farsi toccare, per non disturbare il mondo. Guarda la vita da dietro a un vetro, studia, comincia a lavorare facendo le pulizie per mantenere la madre nella clinica in cui è stata ricoverata. Lavora negli spazi dove vivono gli altri, quando le persone non ci sono, colma il vuoto immaginando vite diverse dalla sua. Vite vere. È l'incontro con Roger a incrinare il vetro, fino a frantumarlo. Insieme a lui Alba intraprende un viaggio che la porterà lontano, dalle assenze e dai ricordi, dalla paura di soffrire ancora. Sarà un viaggio, reale e figurato insieme, di scoperta di se stessa, dell'amore, di un mondo che non credeva esistesse. Sarà una vera e propria rinascita.
Il protagonista è immobile, sembra privo di coscienza, è inerte, ma questo è un romanzo pieno di vita, quella che sta per nascere, quella che agita i pensieri di chi sembra non poter pensare... "L'uomo immobile" è una storia d'amore ai confini tra la vita e la morte, ma anche una riflessione su un tema di controversa e scottante attualità. L'autrice si è ispirata a un fatto vero raccontatole da un primario neurologo, direttore scientifico di un istituto che accoglie pazienti in stato vegetativo. Dieci anni fa diventò un breve racconto, sviluppato e approfondito ora in questo romanzo che è anche una inaspettata fonte di conoscenza su un tema così attuale. Un libro che riesce a coniugare le emozioni con le informazioni, alcune forse sorprendenti, ma tutte verificabili: i rimandi scientifici che si possono trovare in queste pagine sono stati vagliati da esperti clinici del settore, che hanno considerato qualche imperfezione nel "protocollo ospedaliero" ininfluente per l'attendibilità del percorso clinico, tanto da approvare e affiancare con convinzione le tesi che l'autrice interseca nella più classica storia d'amore fra lui, lei e l'altra...
Nel 1733, a Londra, la ricca e anziana Mrs. Lydia Duncomb viene orrendamente assassinata insieme a due inservienti. Del terribile crimine viene accusata una cameriera ventiduenne, Sarah Malcolm, che pur proclamandosi innocente non scampa l'impiccagione. Il libro è la ricostruzione storica rigorosa di questo caso, ma anche una storia privata che rasenta il fantastico: un sogno, inseguito per molti anni, mette l'autrice sulla pista di questa vicenda e la spinge a una lunga indagine. Attraverso la ricostruzione dei processi, questo piccolo mondo sorpreso nel sonno, prende vita, con i suoi personaggi più oscuri, quelli celebri, e tra tutti campeggia la figura di Sarah Malcolm, col suo destino crudele, la sua personalità forte e fragile, il suo segreto.
"Un nuovo libro di racconti dalle carceri nel nome di Goliarda Sapienza. Un'altra raccolta di storie stracolme di esperienze e di umori. Con la tutela e l'attenzione viva di un gruppo di scrittori noti e autorevoli. Da che lasciarsi prendere? Forse dalla compassione, nel senso della condivisione, forse dalla drammaticità delle vicende raccontate; certo dalla capacità di cercarsi in una scrittura che significa ed esprime il coraggio di consegnarsi agli altri e al mondo nella propria accostata o ritrovata verità." (Elio Pecora) Prefazione di Dario Edoardo Viganò.
Somalia, 1994. Murayo, una bambina gravemente malata, viene lasciata in un ospedale militare italiano per essere curata. Il padre va a visitarla una volta e poi sparisce. La piccola diventa la mascotte dell'accampamento fino al momento del ritiro del contingente. Ma il militare che avrebbe dovuto accompagnarla all'orfanotrofio di Mogadiscio non se la sente di abbandonarla, le vuole bene e decide di portarla con sé. Murayo arriva in Sicilia e diventa il centro di una nuova famiglia. È convinta di aver perso tutti i suoi cari e la Somalia resta per lei solo un lontano ricordo. Fino a quando, quattordici anni dopo, una puntata della trasmissione Chi l'ha visto? rimescola di nuovo le carte e accade quello che nessuno avrebbe mai immaginato: Murayo riconosce suo padre in un campo di rifugiati in Kenya. "Solo le montagne non si incontrano" mai è l'incredibile storia di una ragazza che intraprende il viaggio più importante della vita per ritrovare la sua famiglia. Una vicenda segnata da situazioni imprevedibili e coincidenze fatali che travolgono anche tutte le persone a lei vicine. L'aiuta in questa impresa una donna determinata come Laura Boldrini, da anni impegnata nella difesa dei diritti dei rifugiati, che racconta con grande coinvolgimento come una perdita può trasformarsi in una conquista. Perché oggi Murayo non è più divisa tra due padri ma unita a tutti e due.
Nel mio mondo ci sono tre stelle Del firmamento son le più belle La più grande è l’orsa maggiore Le altre due formano l’orsa minore È bello poterle guardare È bello poterle amare L’autrice, attraverso le pagine del suo libro d’esordio, racconta la storia della sua vita. I numerosi ostacoli che ha dovuto superare e le gioie che la vita le ha riservato.
Note sull'autore
Carla Boldrin è nata il 28 aprile del 1947 a Mestre in provincia di Venezia. Ha lavorato sempre come infermiera. Questo è il suo scritto d’esordio.
Otto, calzoncini corti e maglia a righe da cui si intravedono le scapole magre, adora le favole. Quelle che gli racconta suo padre quando lo accompagna a scuola. Perché con il potere della fantasia tutto è possibile. Anche far felice sua madre che passa le giornate nel letto, al buio, senza parlare con nessuno. Senza riuscire a giocare con lui. Otto non sa cosa le accade, ma il suo unico desiderio è farla sorridere. Greta è una bambina bellissima e delicata. Per tutti è come una principessa. Ma a Greta questo non interessa. Lei vorrebbe solo un padre che la prenda in braccio, che partecipi alle sue recite, come succede a tutti suoi compagni. Lei che un padre non l'ha mai avuto. La madre non parla di lui, troppo intenta a lavorare per occuparsi di lei. Troppo incapace di farle arrivare il suo amore per farla sentire al sicuro. Otto e Greta sono due bambini che sentono dentro una forte mancanza, una forte assenza. Otto e Greta non possono fare altro che diventare due adolescenti pieni di domande a cui nessuno ha dato risposte. I loro destini corrono su due binari paralleli. Opposti, ma profondamente simili. Apparentemente distanti, ma vicini. Fino al momento in cui, in un istante che sembra infinito, si incontrano. Solo un istante che però lascia il segno. Un segno che scava nel profondo. Otto e Greta non sono più gli stessi. Eppure per cambiare ci vuole coraggio. Il coraggio di credere che, come nelle favole, anche nella realtà l'impossibile accade e due metà possono fondersi in un tutto.
La stessa città fa da sfondo ai due racconti: la Milano di fine Ottocento di Camillo Boito e la Milano di oggi di Patrizia Violi. Prima c'era l'omnibus, adesso c'è la metropolitana. Molte cose sono cambiate col passare del tempo, altre invece sono immutabili. Come, per esempio, la solitudine che può provare un uomo, camminando per le vie deserte e nebbiose, mentre dalle sale da pranzo delle case riecheggiano le risa festose delle famiglie, riunite intorno alla tavola per celebrare la vigilia di Natale. Età di lettura: da 8 anni.