
Cinque racconti che sono innanzitutto una fenomenologia dell'amore. L'amore che si rivela inaspettato, quello che si fa giocando insieme, quello che si conquista nascondendosi dietro alle parole, quello che si consuma e si reinventa calandosi letteralmente nei panni altrui. Ma siccome ogni storia impone che ci si metta in gioco, e non c'è gioco che non sia pericoloso, ciascuno di noi dispone di un armamentario di difese per non lasciare che gli altri penetrino troppo facilmente nella nostra esistenza. Sono barriere linguistiche, reali o metaforiche, che frapponiamo come ostacoli ma spesso aprono nuove strade. Sono anche esercizi intorno a una mancanza, esorcismi per non dire il vuoto che ci spaventa portarci dentro. Miranda per esempio con gli occhi non ci vede, ma scorge con le mani colori e forme davvero imprevedibili: un giro per vetrine in sua compagnia può diventare un'avventura rischiosa ed eccitante. E quando Lele incontra Ulla, durante un'indolente vacanza a Stromboli, la trova fascinosa come una ninfa dei boschi, lievemente altera e irrimediabilmente tedesca: tra giochi erotici e giochi di parole, il non capirsi sarà soltanto un'altra forma del desiderio. Mentre Mara e Michele, una passione per i viaggi e per Polanski, niente figli e molti anni di vita in comune, credono di aver trovato la formula del matrimonio perfetto: fino a quando all'aeroporto non ritirano la valigia sbagliata...
Per cucinare gli spaghetti all'assassina, il piatto più famoso di Bari, ci vuole la padella in ferro nero che si trova solo nella città vecchia. Ed è proprio lì che sorge il ristorante di Colino Stramaglia, inventore della famosa ricetta. Una mattina di primavera, all'apertura del locale, il grande chef viene trovato morto ammazzato in maniera talmente efferata da far sospettare un torbido movente passionale. Quale grave sgarbo avrebbe commesso l'illustre personaggio per meritare una fine così orrenda? E quanti misteri si celano dietro al mondo sempre più competitivo dell'alta cucina? Fra le persone informate sui fatti, un affascinante cuoco algerino, una spogliarellista brasiliana e un capocameriere con un'aria da becchino uscito da un film western. A indagare è il commissario Lolita Lobosco, che stavolta trova imbrattate di sangue le sue due attività preferite: l'amore e la cucina. Sullo sfondo di una città sempre più pulp, una nuova intricata indagine, con fosche tinte da noir mediterraneo, metterà a dura prova l'abilità e l'istinto della caparbia investigatrice barese.
La realtà italiana è incerta. Si tradisce, è sospetta. La realtà italiana è un’operazione a somma zero. L’Italia è un paese a somma zero.
«Qui l’Italia si vede benissimo. Quello che hai scoperto è che l’Italia è la prosecuzione di Palermo con gli stessi mezzi. Hai scoperto, dice, che Palermo è l’Italia.» Tre giorni a Palermo, alla fine dell’estate, come occasione per prendere le misure del presente italiano. Perché se davvero la parte è in grado di descrivere il tutto, allora immergersi in fenomeni quotidiani apparentemente irrilevanti – andare in spiaggia al mattino e a spasso per la città durante il pomeriggio – può diventare un modo per confrontarsi con la tragicomica brutalità del nostro paese. Un paese ‘spaesato’ nel quale i paradossi si mescolano ai miraggi, le intenzioni concrete alle velleità, i bar del centro spariscono e i bagnanti in spiaggia fabbricano tutti insieme un idolo di sabbia. E Berlusconi, il fantasma di Berlusconi, pervade ogni cosa rivelandoci il processo in atto: la disponibilità nazionale a rassegnarsi, senza rabbia, con stucchevole fierezza, alla propria miseria.
Isole britanniche, 1600 a. C. Da giorni la tormenta non dava tregua, il gelo attanagliava le carni e la neve aveva trasformato il mondo in un deserto bianco. Presagi più infausti non potevano esserci nel giorno della nascita di Conan. Eppure quel bambino, appena nato e già orfano, è un predestinato. Lui, figlio di druidi, è l'uomo delle profezie celtiche, l'eroe che dovrà trovare la mitica stele di pietra, su cui sono incisi antichi segreti. Per il momento, però, Conan è ignaro di tutto e cresce come figlio adottivo di Erin la Bella, dissoluta moglie del capo di una delle tribù più sanguinarie d'Irlanda. Le sue origini sconosciute lo espongono a ogni umiliazione e gli valgono l'odioso soprannome di Straniero. Quel giogo non durerà a lungo.
Isole britanniche, 1600 a. C. Da giorni la tormenta non dava tregua, il gelo attanagliava le carni e la neve aveva trasformato il mondo in un deserto bianco. Presagi più infausti non potevano esserci nel giorno della nascita di Conan. Eppure quel bambino, appena nato e già orfano, è un predestinato. Lui, figlio di druidi, è l'uomo delle profezie celtiche, l'eroe che dovrà trovare la mitica stele di pietra, su cui sono incisi antichi segreti. Per il momento, però, Conan è ignaro di tutto e cresce come figlio adottivo di Erin la Bella, dissoluta moglie del capo di una delle tribù più sanguinarie d'Irlanda. Le sue origini sconosciute lo espongono a ogni umiliazione e gli valgono l'odioso soprannome di Straniero. Quel giogo non durerà a lungo.
Landolfi offre ai lettori, in questa silloge di "esercizi di stile", le storie di un nobiluomo che usa la spada avita per tagliare in due la fanciulla che ama in una sorta di rito dolcissimo e struggente; la relazione accademica di un cane - che è un professore arzebeigiano e risponde al nome di Onisammot Iflodnal - il quale annuncia a un pubblico parecchio irritato che anche gli uomini, sebbene non tutti, intendono, sentono, pensano; una cronaca brigantesca che già nell'epigrafe, tratta da Michael Kohlhaas, evoca atmosfere kleistiane; il solo apparentemente comico "Il babbo di Kafka", in cui l'ironia vela a malapena risvolti dolorosamente autobiografici.
Pubblicato nel 1947, "Spaccanapoli" è il libro d'esordio di Domenico Rea che cominciò a scrivere assai giovane, in quella particolare atmosfera che si era venuta a creare a Napoli durante l'occupazione militare alleata. Accolto con favore dalla critica, ma confuso da alcuni con le vane operazioni neorealistiche di quegli anni, "Spaccanapoli" rivela già per intero le doti di uno scrittore incatalogabile, che descrive un mondo - quello della plebe - in una lingua sonante, ellittica, nervosa. La novità di questi racconti che Emilio Cecchi definì "al lampo di magnesio", risiedeva nella compresenza e alternanza di alto e basso, di dialettale e letterario, di quel dialetto "avviluppato e attaccato alle cose".
A ottobre il tempo è ancora indeciso. Un giorno fa caldo, quello dopo il freddo e l'umidità ridestano la gente dall'illusione di una vacanza perenne e la riportano alla realtà. Anche il crimine, però, si risveglia. Un uomo viene trovato in un cantiere della metropolitana privo di documenti e di cellulare; qualcuno lo ha aggredito e percosso con violenza. Trasportato in ospedale, entra in coma senza che nessuno sia riuscito a parlargli. Di far luce sull'episodio sono incaricati i Bastardi, che identificano la vittima: è un americano in villeggiatura a Sorrento con la sorella e la madre, un'ex diva di Hollywood ora affetta da Alzheimer. Recandosi a più riprese nella cittadina del golfo, vestita fuori stagione di un fascino malinconico, i poliziotti si convincono che la chiave del caso sia da ricercare in fatti accaduti là molti anni prima. Incrociando il presente con un passato che hanno conosciuto solo al cinema, i poliziotti di Pizzofalcone, ciascuno sempre alle prese con le proprie vicende personali, porteranno alla luce un segreto custodito con cura per cinquant'anni, una storia d'amore e di sacrificio indimenticabile come un vecchio film.
Una mappa del tesoro di oltre due secoli fa è apparentemente indecifrabile; ricorrendo alla crittologia più sofisticata, uno studioso riesce finalmente nell'impresa, ma l'indovinello che ne risulta pare non avere a sua volta soluzione; inoltre, il tesoro sarebbe nascosto nelle Negrillos, isolette nel mar dei Caraibi che dal 1867 in avanti scompaiono inspiegabilmente da tutte le carte nautiche. Un narcotrafficante colombiano indagato dalle autorità statunitensi ha bisogno di trovare il tesoro - ben sedici galeoni stipati d'oro - per giustificare i suoi introiti, e obbliga un caccia-tesori irlandese, Christopher, e una filosofa cubana ma cresciuta a New York, Marisol, a trovarlo in sua vece. La spedizione in barca a vela avviene durante una Settimana Astrale in cui gli dèi che hanno dato il proprio nome ai giorni influenzano gli eventi quotidianamente; a pari passo si procede allo smantellamento del razionalismo, con il fallimento della «cerca» dell'algoritmo elusivo di Marisol, e del materialismo, quando si scopre che l'oro cercato era, in realtà, l'"aurum non vulgi sedphilosophorum" (l'oro non della gente ma dei filosofi). Finalmente il mistero della congiunzione si solidifica nel fine ultimo dell'alchimia.
"Il racconto, e la narrazione in generale, mi sono apparsi la forma più adatta per rispondere alla domanda ineludibile su 'chi sono io per me stesso e su chi sono per gli altri'". Così, di questo suo libro, scrive Pietro Barcellona (Catania, 1936-2013). Giurista e filosofo, interprete della società e del suo mutamento in oltre novanta saggi e nelle sue opere pittoriche, Barcellona è stato professore di Diritto privato e di Filosofia del diritto nelle Università di Catania, Firenze e Roma, dirigente e parlamentare del Pci, membro del Consiglio Superiore della Magistratura e presidente del Centro per la Riforma dello Stato. L'ultimo suo saggio, "Parolepotere", è stato pubblicato da Castelvecchi nel 2013.
Mio padre tornava a casa dall'ufficio e ripeteva ossessivamente una frase: "Sta diventando una cosa impossibile". Ma che cosa o chi stava diventando una cosa impossibile? Qualcosa di più grande del lavoro e di più piccolo della vita? O era così debordante da essere più grande della vita? C'erano giorni in cui molte piccole cose che componevano la vita erano più potenti e importanti della vita stessa, che pareva un'entità misera, lontana. Allora fuori esisteva questa cosa che rendeva la vita impossibile a mio padre, a milioni di esseri umani e animali e vegetali, e la cosa diventava impossibile perfino per se stessa, si sarebbe suicidata senza rendersene conto, questa cosa che nemmeno si poteva definire continuava a lievitare, soffocava l'esistenza di tutto.
La scienza cerca di scoprire quali sono le leggi che regolano l'universo, il nostro pianeta, il nostro corpo, mediante osservazioni ed esperimenti. La conoscenza scientifica rende liberi, ci sottrae a paure irrazionali, a quel terrore che i nostri antenati provavano davanti a fenomeni naturali inusuali, quali l'apparizione di una cometa, un'eclisse di Luna o peggio ancora di Sole. La curiosità che caratterizza il genere umano l'ha portato, attraverso secoli di osservazioni, a decifrare pian piano il libro dell'universo, la "cupola stellata" a cui accenna il titolo di questo libro. In una conversazione appassionata con Marco Santarelli, Margherita Hack ripercorre nodi essenziali che riguardano lo sviluppo della scienza in sé e i rapporti della scienza con gli altri saperi. In primo luogo dà conto degli sviluppi della cosmologia e della nostra conoscenza dell'universo, ove continuamente si susseguono nuove scoperte, tra le più recenti quella relativa al bosone di Higgs. La Hack affronta poi i rapporti, a volte burrascosi, tra scienza e religione, rivendicando con coerenza la possibilità e l'urgenza di un'etica laica. Il volume tratta anche le relazioni più ampie che riguardano la scienza e la società: i rapporti tra ricerca scientifica e democrazia, lo stato dell'università italiana, la "fuga dei cervelli", il problema irrisolto delle due culture.