
"La mia unica opera di getto": così Sibilla Aleramo definì questo romanzo epistolare, pubblicato nel 1927. Sono quarantatré appassionate lettere all'amante lontano, scritte per divenire, al suo ritorno, il "loro libro". Protagonisti Sibilla e Luciano, enigmatico e bellissimo giovane che si sottrae al suo amore per un ritiro spirituale iniziatico. Luciano fu nella realtà Giulio Parise, fascinoso mago del cenacolo di Julius Evola, amato dalla scrittrice fra il 1924 e il 1926. Un romanzo quindi autobiografico, che conserva tuttora la sua vivacità e sincerità e ricchezza, e mette a fuoco le perverse atmosfere della buona società romana del periodo fascista. Come sempre, anche in queste lettere mai spedite, l'autrice si abbandona ai ricordi, soprattutto amorosi, e alla confessione delle più impercettibili sensazioni fisiche e psicologiche. Il libro, che anticipa la scrittura degli ultimi "Diari", dà valore letterario alla quotidianità ed evoca i fantasmi della solitudine, della miseria, dell'isolamento nel panorama culturale dei tempi. Sibilla Aleramo vi rivendica il diritto all'identità di donna e scrittrice in un mondo maschile e maschilista, mostrando la contraddittorietà insita nell'essere artefice e vittima della propria immagine pubblica.
Il giovane e magro Said, nomade della savana africana, per sfuggire alla siccità e alla fame si adatta alla vita da pescatore sulle coste dell'Oceano Indiano. Ma dovrà dimostrare molto coraggio e vincere la paura del mare aperto. Mizuki, dell'antica comunità Ama, in Giappone, per vivere si tuffa nell'abisso, raccogliendo madreperle. Ragazzina coraggiosa e generosa comprenderà che le onde offrono i loro doni solo in cambio del nostro rispetto. E la tradizionale celebrazione del matrimonio fra il mare e la terraferma avrà per lei un significato tutto particolare... Dove vanno a finire i pescatori dispersi in alto mare? Se lo chiede Cosme, un allegro ragazzino brasiliano, il cui padre un giorno non è più tornato dalla pesca. Ma lui non è triste perché sa che Iemangià, la dolce dea Sirena, accoglie nel suo splendido palazzo in fondo al mare tutti coloro che amiamo e che l'Oceano ha preso con sé. Tre storie di amicizia, solidarietà e rispetto per la natura, in cui l'Oceano fa emergere dalle sue acque generose personaggi indimenticabili. Età di lettura: da 9 anni.
Soldati viaggiava in terza classe, non per fare esperienza o raccogliere materiale, ma per risparmiare. Eppure nei grandi scompartimenti pieni d'aria e di luce, dove ogni segreto era impossibile e capitavano mille incontri e mille incidenti, sono nati personaggi e storie di alcuni dei suoi racconti più belli. Come quelli raccolti ne "L'amico gesuita", l'antico compagno di scuola diventato Padre della Compagnia di Gesù, che Soldati riconosce nello svolazzo della veste, nella letizia contenuta e tranquilla, nella mimica tutta speciale del gesuita contento, che solo chi è stato in collegio dai preti può cogliere. Poi gli altri racconti racchiusi in tre quaderni: "Quaderno di viaggio" (il poliziotto del sud che lavora a Torino, "un uomo anche lui"; il pregiudicato che ritorna a casa dopo una vita di galera...), "Quaderno di malato": quattro racconti su medici e medicine che potrebbero essere stati scritti oggi, e "Torinesi", narrazioni ambientate nella aristocratica capitale sabauda dove le signore sono felici di parlare ogni tanto in francese e di mangiare la erre. Soldati si muove "nello spirito della commedia ma avvistando o sfiorando il tragico".
Scrittori e uomini, letteratura e amicizia: sono questi i temi che si rincorrono negli scritti di Luigi Santucci raccolti in questo volume e che costituiscono un'ampia selezione dei suoi articoli, saggi e racconti comparsi sul mensile "Il Ragguaglio librario" nell'arco di poco più di quarant'anni. Scritti nei quali, come scrive Ermanno Paccagnini nell'introduzione, è "il calore dell'amicizia e dell'affetto a riverberarsi sulla scrittura: è il vivere con pienezza il proprio essere uomini, persone, che dà pienezza alla parola". Articoli che, siano essi suggeriti da un testo da recensire, dal ricordo di un amico o un maestro appena scomparso, dal richiamo di un anniversario, di una recensione o altro ancora, portano tutti il segno del binomio "scrittore uomo": ne emergono alcuni commoventi ritratti di figure di altissimo spessore artistico e morale, da Primo Mazzolari a David Maria Turoldo, da Mario Apollonio a Nazareno Fabbretti. Così come la sentita rievocazione di quella stagione letteraria e spirituale a cavallo del concilio Vaticano II (1962-1965) caratterizzata da vivacissimi fermenti e altrettanto singolari contraddizioni. Una stagione in cui l'esperienza artistica e umana di Santucci spicca, a un tempo, per la sua coerenza e la sua libertà interiore.
Roma, 1943. Per Francesco la guerra è una cosa da eroi immortali. Nei pomeriggi in cortile con i suoi compagni di gioco, rida vita agli epici scontri che la chiassosa propaganda del regime racconta nei film e nelle canzoni. Il grande casamento INCIS è il teatro di tutte le loro azioni, il cuore di un'epopea tascabile interpretata con le fionde e gli schioppi di latta al fianco di indimenticabili eroi di carta: Mandrake, Dick Fulmine, Flash Gordon... Come per tutti gli altri bambini, anche per Francesco giocare alla guerra è partecipare a una grande avventura, dove ognuno fa la sua parte fino in fondo, ma senza mai morire. Il 19 luglio, però, la guerra, quella vera, giunge improvvisa e devastante nella capitale, la città eterna che si pensava intoccabile. San Lorenzo e il Verano, prima di tutto, e poi i quartieri Prenestino, Tiburtino, Casilino, fino al Tuscolano, al Nomentano: più di 4.000 bombe, più di 3.000 morti. Da questo momento in poi niente può essere più come prima, e anche la spietata illusione dell'infanzia di possedere una propria naturale immunità si frantuma contro la dura materia degli accadimenti. Improvvisamente, lo sventurato patriottismo degli italiani, nutrito di proclami altisonanti e imbellettato ad arte come le maschere nel melodramma, si volta in paura, in sgomento. La fame, le bombe, la miseria, l'occupazione nazista, gli sfollamenti verso la campagna, i rastrellamenti e le deportazioni, diventano per tutti la vita di ogni giorno. Anche per Francesco e per la sua banda d'intrepidi eroi, adesso, il sangue limpido dell'infanzia comincia a mescolarsi con quello marcio della Storia.
Bologna, 1954. Il Bar Margherita, sotto i portici di via Saragozza, è frequentato dai campioni della città: campioni nel biliardo, nel poker, nella briscola, nella conquista delle donne, nelle gare di boogie, nelle bevute, nel guidare spericolatamente ma, soprattutto, nell'investire gran parte del tempo negli scherzi da riservare agli amici. Tutto sembra andare per il meglio finché non accade l'irreparabile: il fidanzamento dell'ingenuo Bep con la navigata Beatrice, "l'unica a essere uscita con tutti i ragazzi di via Saragozza sia dalla parte dei numeri pari che dei numeri dispari"! Matrimonio più disarmonico è difficile da immaginarsi ma difficile sarebbe anche farlo saltare, considerati gli interessi delle rispettive famiglie... Fortuna però che esistono gli amici del Bar Margherita, quell'"unità di crisi" sempre pronta a correre in soccorso di uno dei suoi membri in difficoltà.
Il volume conclude la trilogia "La grande famiglia" iniziata con "L'assente" e "Arrivi e partenze". Nel 1999 la famiglia si è molto ingrandita ed è allietata da matrimoni e nascite, ma colpita anche da dure circostanze di sofferenza fisica e morale. Appaiono sulla scena persone sgradite e pericolose. Ma la grande famiglia ha in sé la forza per superare le avversità e gli ostacoli.
Sofia, Carla, Norma e Vera: donne in prima linea sulla frontiera della vita che corre veloce. I figli frequentano le stesse scuole milanesi, così la mattina prima del lavoro le quattro amiche condividono un caffè al bar Golden Palomino - una vera istituzione -, parlano di sé, di quello che succede intorno. Sofia è un po' fissata con il cibo, con i pasti che ogni giorno diventano il campo su cui misurare la propria ansia di perfezione e le proprie nevrosi; Carla è angosciata dalla precarietà di un lavoro che non si è mai concretizzato, dal rapporto difficile con il marito (la cui carriera va a gonfie vele) e dal fatto di ritrovarsi intrappolata negli spazi e nei riti domestici; Norma, invece, è reduce da una separazione dolorosa, e si trova a fronteggiare i molti paradossi dell'essere di nuovo single a quarant'anni e con i figli al seguito; infine Vera, una donna che porta il mondo sulle spalle e non si ferma mai, la breadwinner di una famiglia in cui il marito ha perso il lavoro: sarà proprio lui, rovinato dalle slot, a sparigliare le carte in modo drammatico e inaspettato. Questo momento di crisi unisce le amiche e le costringe a confrontarsi. Ciascuna di loro darà del dramma di Vera la sua interpretazione, in quel coro femminile di riflessioni autonome e concentriche che, piano piano, conferisce senso alla realtà, anche quella più dura, rendendola pensabile e visibile, come in un caleidoscopio.
Sofia, Carla, Norma e Vera: donne in prima linea sulla frontiera della vita che corre veloce. I figli frequentano le stesse scuole milanesi, così la mattina prima del lavoro le quattro amiche condividono un caffè al bar Golden Palomino - una vera istituzione -, parlano di sé, di quello che succede intorno. Sofia è un po' fissata con il cibo, con i pasti che ogni giorno diventano il campo su cui misurare la propria ansia di perfezione e le proprie nevrosi; Carla è angosciata dalla precarietà di un lavoro che non si è mai concretizzato, dal rapporto difficile con il marito (la cui carriera va a gonfie vele) e dal fatto di ritrovarsi intrappolata negli spazi e nei riti domestici; Norma, invece, è reduce da una separazione dolorosa, e si trova a fronteggiare i molti paradossi dell'essere di nuovo single a quarant'anni e con i figli al seguito; infine Vera, una donna che porta il mondo sulle spalle e non si ferma mai, la breadwinner di una famiglia in cui il marito ha perso il lavoro: sarà proprio lui, rovinato dalle slot, a sparigliare le carte in modo drammatico e inaspettato. Questo momento di crisi unisce le amiche e le costringe a confrontarsi. Ciascuna di loro darà del dramma di Vera la sua interpretazione, in quel coro femminile di riflessioni autonome e concentriche che, piano piano, conferisce senso alla realtà, anche quella più dura, rendendola pensabile e visibile, come in un caleidoscopio.
Mentre è in viaggio in Italia con il suo amante Vrónskij, Anna Karénina avvia quasi per caso una corrispondenza con Emma Bovary, una signora francese che abita in provincia. Per sfuggire alla monotonia della propria vita, Emma cerca rifugio nei piaceri della letteratura e quindi non esita a consigliare ad Anna di leggere "L'epistolario" di Abelardo ed Eloisa, che l'ha conquistata. Anche sulla spinta di questa comune passione, le due donne iniziano a scriversi con assiduità e a scambiarsi racconti, chiacchiere e considerazioni sulle rispettive esistenze, che in parte ricalcano la trama dei romanzi di cui sono protagoniste, in parte la reinterpretano o la reinventano. Mentre la corrispondenza tra Anna ed Emma si fa sempre più intima e disinibita, a una festa in casa Guermantes Anna incontra Charles Swann, che la introduce nei fascinosi ambienti di una Parigi a lei sconosciuta, l'accompagna al Père-Lachaise sulla tomba di Abelardo ed Eloisa, all'atelier di Degas, ai caffè degli impressionisti e soprattutto le presenta la sua amante, la cocotte Odette de Crécy. Nel frattempo, a Rouen, Emma incontra a teatro Rossella O'Hara e Rhett Butler: prigioniera delle sue passioni e ostinata nel desiderio di evadere dal meschino orizzonte borghese, progetta di partire per l'America con la sua nuova ed effervescente amica...