
Antesignana di tutte le mamme blogger, grande firma della satira italiana, Lia Celi ha iniziato la sua carriera di «mamma imperfetta » nel 1998, quando «Travaglio» significava solo «dolori del parto», non «giornalista scomodo». Le Spice Girls stavano ancora insieme. Per collegarsi a Internet c’erano i modem analogici, quelli che facevano «fiiiiii-chchchchch». Anche le mamme erano analogiche. Cioè, si sbattevano solo tra famiglia e lavoro, non tra famiglia, lavoro, palestra, estetista e Facebook. Non esistevano ancora le Milf (Mothers I’d Like to F***k). E nemmeno le mamme imperfette - o meglio, esistevano eccome, ma non erano state sdoganate. Erano una maggioranza silenziosa e ansiosa, tormentata dall’impari confronto con il fantasma della Mamma Perfetta, o con la sua ultima (sedicente) incarnazione: la suocera. Quali erano i requisiti della Mamma Perfetta? Non avere un lavoro, né desiderarlo. Non essere soggetta a pulsioni egoistiche come fame, sonno e desiderio sessuale. Non sentire mai il bisogno di un po’ di tempo per sé. Una spiccata tendenza alla pulizia compulsiva completava il quadro, titolo Madonna con Bambino e sterilizzatore. Da allora la famiglia di Lia è diventata un clan numeroso e bizzarro, dove i bimbi si partoriscono in casa e vengono svezzati a tortellini, il papà disegna fumetti, la gatta fa la babysitter e la tv è quasi sempre spenta. E chi ne ha bisogno, con tre ragazzine? Emma, the Brain, Gioconda, the Body e Iris, the Voice, bastano a riempire il palinsesto quotidiano di commedie, tragedie e cabaret, talent show e sport. Il quartogenito è un piccolo uomo: Orlando, the Darling. E meno male, perché perfino il virtuoso papà delle alcottiane Piccole donne, giunto a quota quattro figlie, aveva pensato bene di partire volontario per la guerra di Secessione. Per la madre di una famiglia numerosa, la realtà spesso sconfina nella fantasia: in questo libro, scritto con penna irresistibile e arguta, Lia Celi racconta quasi dodici anni vissuti pericolosamente, vivacemente, appassionatamente. Una storia in cui la quotidianità diventa, grazie a una mamma imperfetta ma sempre ironica, un susseguirsi entusiasmante di sorprese.
Lia Celi è nata a Parma e vive e lavora a Rimini. Autrice di satira, per sei anni ha fatto parte della redazione di “Cuore”. Ha scritto anche per Smemoranda, “Avvenimenti”, «Insieme » (dove da dodici anni tiene la rubrica cult Diario di una mamma imperfetta), “Gulliver” e lo “Specchio della Stampa”, per la tv e la radio. Ha pubblicato numerosi racconti per adulti e libri per ragazzi, fra cui la serie Ice magic (EL) e Anita Garibaldi (Einaudi 2008).
Un libro regalo sul tema dell’amore, perduto e ritrovato. Le illustrazioni di Natalini, per le quali l’autore ha ricevuto diversi premi, molto curate e ricercate, si prestano al racconto di una storia d’amore che si adatta alle diverse situazioni nelle quali è in qualche modo in gioco l’amore in genere, l’amore tra uomo e donna o l’amore tra genitori e figli.
Sandro Natalini è diplomato alla Scuola d’Arte di Urbino dove attualmente tiene dei corsi di illustrazione. È autore per San Paolo di Amore a prima vista, 2006.
Andrea detto Osso, Martina detta Pupetta, Marco detto Gaga, tre trentenni senza grazia di Dio, funzionano così: non sopportano le minchiate. Le minchiate e i pidocchi. E Lortica, il piccolo paese siciliano dove sono cresciuti e da cui sono andati via per inseguire studi lavori e amori, a Roma Berlino e Praga, ne è infestata. Il sindaco racconta minchiate, ma anche il comandante dei carabinieri, persino un ministro della Repubblica. Alla minchiata più grossa, una menzogna sui fratelli Bonanno, che a Lortica volevano aprire un negozio di fiori e per questo sono stati ammazzati dai pidocchi, i tre amici decidono di tornare in paese con un piano: istituire una squadra di sabotatori delle minchiate e mettere tutto a soqquadro assieme all'aiuto di Mario detto Mario, quarantenne scorbutico e idealista. Tra discoteche scalcagnate, musica elettronica rock e tarantelle, pupi cannoli e templi greci, il mare d'agosto e le campagne riarse, Montalbano e Il Gattopardo, attentati all'ordine pubblico e scazzottate indimenticabili, questa brigata di antieroi riesce a far esplodere molti luoghi comuni sulla Sicilia e sull'Italia. Fino a una rocambolesca sfida finale e una risposta tutta loro alla domanda: come li scacciamo questi pidocchi?
Andrea detto Osso, Martina detta Pupetta, Marco detto Gaga, tre trentenni senza grazia di Dio, funzionano così: non sopportano le minchiate. Le minchiate e i pidocchi. E Lortica, il piccolo paese siciliano dove sono cresciuti e da cui sono andati via per inseguire studi, lavori e amori, a Roma, Berlino e Praga, ne è infestata. Il sindaco racconta minchiate, ma anche il comandante dei carabinieri, persino un ministro della Repubblica. Alla minchiata più grossa, una menzogna sui fratelli Bonanno, che a Lortica volevano aprire un negozio di fiori e per questo sono stati ammazzati dai pidocchi, i tre amici decidono di tornare in paese con un piano: istituire una squadra di sabotatori delle minchiate e mettere tutto a soqquadro assieme all'aiuto di Mario detto Mario, quarantenne scorbutico e idealista. Tra discoteche scalcagnate, musica elettronica rock e tarantelle, pupi, cannoli e templi greci, il mare d'agosto e le campagne riarse, Montalbano e "Il Gattopardo", attentati all'ordine pubblico e scazzottate indimenticabili, questa brigata di antieroi riesce a far esplodere molti luoghi comuni sulla Sicilia e sull'Italia. Fino a una rocambolesca sfida finale e una risposta tutta loro alla domanda: come li scacciamo questi pidocchi?
"Pianura proibita" è un libro che racconta una storia personale, e può essere letto come un diario nato da occasioni esteriori, ma illuminato da un sistema coerente d'idee e attraversato da lucide confessioni. E' la storia di un letterato che non ama i libri ma non può farne a meno. La storia di uno che cerca nei libri quel che non si trova, e non si può trovare, nella carta stampata. Per questa ragione l'autore di "Pianura proibita" - dove figurano Roberto Longhi e Benedetto Croce, Mario Soldati, Italo Calvino e Goffredo Parise - ha spesso e volentieri abbandonato le pagine dei filosofi e degli scrittori per inoltrarsi rapito e felice in tutt'altre esperienze.
Storie viste dal marciapiede, dal basso di chi nei luoghi sta. Cartoline, brevi lettere, trenta racconti scritti come si fa quando si parte per davvero e si racconta una storia a qualcuno che si ama. Con lo stesso titolo era già uscito un altro libro di Erri De Luca, alla fine degli anni Novanta. In quell'edizione c'erano le storie dei suoi viaggi nella Bosnia in guerra, nel pieno della Guerra civile jugoslava. In questo altro "Pianoterra" quelle storie non ci sono quasi più. Resta però identica la prospettiva di chi guarda. Perché questo libro è un "atto di residenza": racconta luoghi, avventure, impressioni, uniti da un esclusivo punto di vista, quello del "pianoterra". "Tra due esseri umani è infinito il grado di premure che possono offrirsi incontrandosi al pianoterra di un marciapiede [...]. Dall'angolo stretto di chi sta in una folla proviene la scrittura di queste pagine." Cosa è la virilità, come cambia e cosa diventa. L'idea di patria. La pentola sul fuoco e nonna Emma e decine di altre storie di residenza.
Quando nel maggio del '99, Erri De Luca partì per Belgrado, bombardata dalla Nato, fece "atto di residenza, non di resistenza". In un certo senso, tutto questo libro è "un atto di residenza". Raccoglie scritti diversi, che raccontano luoghi, avventure, impressioni, unite da un unico punto di vista, quello del "pianoterra", cioè uno sguardo dal basso e uno sguardo di residente: lo sguardo stanziale di chi, pur vagabondo, per il breve periodo in cui si ferma, mette radici, costruisce pareti di cartone o di latta. Uno sguardo che gli fa vedere gli uomini come alberi che camminano, la politica come un museo delle marionette, il mondo come un vecchio cappotto capovolto...
Palermo, estate 1942. Come in un lucido delirio, il barone Enrico Sorci dal suo letto di morte vede passare davanti agli occhi la storia recente della sua famiglia. Vede la devozione della moglie e i torti che le ha inflitto, vede le figlie Maria Teresa, Anna e Lia, i figli Cola, Ludovico, Filippo e Andrea; e vede Laura, la nuora prediletta, con il figlio Carlino, per il cui futuro si inquieta. Poco prima di morire il barone ordina che la notizia del suo trapasso non venga immediatamente annunciata e infatti, ignari, i parenti si radunano intorno alla tavola per un affollatissimo pranzo che si tiene fra silenzi, ammicchi, messaggi in codice, tensioni, battibecchi, antichi veleni, segrete ambizioni. È come se il piano nobile di palazzo Sorci fosse il centro del mondo, del mondo che tramonta - fra i bombardamenti alleati e la fine del fascismo - e del mondo che sta arrivando, segnato da speranze ma anche da una diversa e più aggressiva criminalità. Uno dopo l'altro, i protagonisti prendono la parola per portare testimonianze, visioni, memorie che si avviluppano in una spirale di fatti e di passioni, vendette e tradimenti, componendo un quadro privato e collettivo degli eventi che segnano Palermo fino all'aprile del 1955. Offesa dalla guerra e dall'occupazione, la città si apre con sventato entusiasmo a una nuova ricchezza e a nuove alleanze con la politica e la malavita; nelle pieghe della famiglia Sorci si consumano amori, fughe, ribellioni, rovine. E tutto fluisce, incessante. Agnello Hornby sgomitola storie che sono anche episodi della storia di tutto il Paese e dilatano quella capacità di allacciare la visione d'insieme e la potenza del dettaglio che i lettori hanno già imparato a riconoscere nei suoi romanzi. Con "Piano nobile" prende vita il secondo capitolo della saga familiare cominciata con "Caffè amaro". Le famiglie sono famiglie, e chissà ancora per quanto impediranno, nasconderanno, confonderanno.
Iris ha 79 anni, una figlia intelligentissima e antipatica, che parla esclusivamente con Dio, e una nipote bellissima e ignorante, che trae vantaggio dalle passioni degli uomini. Vive sola ed è in ottima salute, ma quando, per risolvere una decorosa miseria ormai intollerabile, vende la nuda proprietà della casa in cui abita, incomincia a pensare alla morte. È perché ha scommesso sulla sua aspettativa di vita? Lo chiede a Carlo, lo psicoanalista che lavora al pianterreno e, da tre anni, prende il caffè con lei al bar di fronte. Carlo è una buona conoscenza, una consuetudine, quasi un amico. È lui che le consiglia di tenere un diario per contenere e disinnescare quei sintomi minacciosi, Iris esegue. Prima è cauta, racconta le sue paure per dominarle. Ma poi finisce per raccontare anche altro. E si scopre innamorata di Carlo. Anche questo è un sintomo, ma siamo portati a pensare che sia sintomo di una malattia giovanile. È così? Esiste una scadenza per l'eros, un inverno del nostro desiderio? Oppure è uno dei tanti stereotipi che ci obbligano a rinunciare alla vita? Contro ogni previsione Iris e Carlo vivranno la loro storia d'amore, impareranno a guardarsi l'un l'altra, e a guardare il tratto di strada che devono ancora percorrere, approfittando della luce più suggestiva. Quella del tramonto. Con "Piangi pure" Lidia Ravera racconta una storia struggente in cui l'età avanzata dei protagonisti diventa l'occasione per un rinnovato inno alla vita.
«Anima camaleontica, mutabile, fluida, virtuale», Andrea Sperelli è il protagonista-esteta del Piacere, un aristocratico romano di antica nobiltà, che vive una vita splendida, tutta immersa nella mondanità, ricca di donne e avventure. Combattuto tra la passione per Elena Muti e l'amore per Maria Ferres, Sperelli crede che «bisogna fare la propria vita come si fa un'opera d'arte». Malgrado le buone intenzioni, sarà sopraffatto dalle attrattive d'una Roma corrotta e lussuriosa, ritrovandosi invischiato in una perversa sovrapposizione psicologica delle due donne amate. Abbandonato da entrambe, resterà preda della sua abulica esistenza di nobiluomo, inetto a vivere.