
Il libro è formato dall'intreccio di storie raccontate, di immagini, di spiegazioni delle une e delle altre, allo scopo di dare un'idea più precisa degli anni fra il 1590 e il 1630. La città al centro di questi racconti è Bologna. Le storie sono quasi tutte tratte dagli atti dei processi del tribunale criminale del Torrone (così detto dalla grande torre in cui aveva sede), che operò in città dal 1535 circa al 1796.
Testo poetico che viaggia sui binari della memoria. Prepotente e soave a un tempo, il ricordo trascina negli anni della guerra, e della gioventù dell'autore, che rievoca figure e storie, raccogliendo le testimonianze dell'amico Piero. Incontriamo così curiosi personaggi legati alle vicende della lotta partigiana, nella cornice nebbiosa di Varallo Sesia. Il primo è Tita, padre dell'amico Piero, famoso per la sua abilità nella pesca con la mosca, in realtà attivissimo "passatore" che aiutava i fuggiaschi a raggiungere la Svizzera. Tra costoro anche un ufficiale tornato volontariamente per guidare una banda di comunisti (lui monarchico) e insignito della medaglia d'oro per la morte eroica. Affascinante ritratto dagli emblematici risvolti umani è il maestro Costantino Burla, esempio di integrità morale, che si oppone al fascismo nei fatti, per il modo in cui svolge il proprio compito e resiste a ogni forma di prepotenza e di angheria. Del tutto diverso è il partigiano straniero Frank, australiano, ma in realtà agente segreto britannico, che diventa amico sincero del capo comunista Moscatelli e che riesce ad aiutarlo e a proteggerlo, passando continuamente dall'Italia alla Svizzera, fino a svanire nel nulla dopo la guerra. Fra aneddoti e testimonianze, valori universali e pittoreschi dettagli di vita quotidiana, un libro che si legge non soltanto come un "diario dei ricordi", ma che soprattutto si sfoglia come un album di fotografie.
Nel giorno della Liberazione di Roma un padre e un bambino avanzano contromano nella folla da Porta Pia verso il Quadraro: nel loro racconto i fatti salienti della guerra a Roma si mescolano al libero scorrere della fantasia narrativa. Il testo nasce da una storia vera raccontata all'autore dal padre, Gaetano Celestini detto Nino. Lo spettacolo "Scemo di guerra" ha esordito alla Biennale di Venezia e questo libro, a differenza degli altri volumi di Celestini pubblicati da Donzelli, non è il testo dello spettacolo ma una versione romanzesca dello stesso spunto.
Sin è il nome della luna. Così la chiamavano gli antichi nomadi arabi che l'adoravano sulla vetta della montagna conosciuta col nome di Sinai. Roberto è un giovane tossicodipendente che, dopo un periodo trascorso fra crisi violente, furti per procurarsi la droga e il carcere, scompare da casa senza lasciare alcuna traccia di sé. Il padre, nel disperato tentativo di ritrovarlo, si rivolge a una donna dai poteri misteriosi che venera la luna di cui conosce le influenze, i riti e le magie. Il suo nome è Anna ma gli abitanti del paese di Solano la chiamano "Annaluna". L'uomo percorre la strada indicatagli dalla donna e arriva ai piedi della montagna della verità, l'ultima fatica della purificazione. Oltre la vetta, ritrova Roberto...
Un viaggio di sedicimila chilometri tra strade di asfalto e di polvere, da New York alla California, e poi al centro dell'America, giù fino al Messico e di nuovo in California, sulle tracce di "On the road" di Jack Kerouac, per scoprire cosa è cambiato nel grande paese e ascoltare nuove storie. Un racconto dove si incontrano i vecchi drive-in e l'ombra di John Wayne. E dove si incrociano le pagine di Jack London e Cormac McCarthy, tra l'antico mito del West e la più struggente e bizzarra di tutte le nostalgie: quella per ciò che non si è vissuto. Con una prefazione di Fernanda Pivano.
Chi non ha sognato, almeno una volta, di piantare tutto e tutti, e sparire? Una donna corre lungo la Strada provinciale Tre, tra i camion e i gas di scarico, in un paesaggio italiano irrimediabilmente mutato e sconvolto. Forse ha scelto di fuggire, o forse deve. Che cosa nasconde, quale peso insostenibile? Ai margini di tutto, dove sembrava non esserci nulla, si compone un mondo di umanità commovente. Una storia di incontri, di misteri e di colpi di scena. Una storia che, infine, parla della nostra stessa esperienza di esseri umani, della possibilità che si ha ancora di darle un senso. E di che cosa significa oggi essere, o credersi, liberi.
Una donna in dialogo perpetuo con sé stessa e con il mondo disegna una mappa delle sue ossessioni, del suo rapporto con l'amore e con il corpo, serbatoio di ipocondrie e nevrosi: il nuovo romanzo di Daniela Ranieri è un diario lucido e iperrealistico, in cui ogni dettaglio, ogni sussulto di vita interiore è trattato allo stesso tempo come dato scientifico e ferita dell'anima. Dalla pandemia di Covid-19 alla vita quotidiana di Roma, tutto viene fatto oggetto di narrazione ironica e burrascosa, ma in special modo le relazioni d'amore: le tante sfaccettature di Eros - l'incontro, il flirt, il piacere, le convivenze sbagliate, la violenza, l'idealizzazione, la dipendenza, l'amore puro - vengono sviscerate nello stile impareggiabile dell'autrice, un misto di strazio, risentimento, ironia impastati con la grande letteratura europea (e non solo). E forse è proprio la lingua di Daniela Ranieri il vero protagonista di questo "Stradario aggiornato di tutti i miei baci", una lingua ricchissima di echi gaddiani, di irritazioni à la Thomas Bernhard, di citazioni, e allo stesso tempo inquietantemente diretta e inaudita, una lingua la cui capacità di nominare e avvicinare le cose è pari soltanto alla sua potenza nel distruggerle. Lo Stradario di Daniela Ranieri non è solo un romanzo: ha la sostanza di un corpo vivente che abita nel mondo, di una voce che avvince e persuade con la forza della grande letteratura.
"Questo è il senso profondo de Le strade di polvere, un libro che anche nel titolo sembra richiamare il senso del viaggio nello spazio (e quindi nel tempo) e del raccontare senza fine, affidando alla immagine della polvere la suggesione della labilità del vivere e la sua asprezza in campagne avare" (Claudio Marabito, "Nuova Antologia"). Premio Viareggio e Premio Supercampiello 1988.
Dunque, il 15 ottobre 1991 il tribunale civile e penale di Milano mi assolse. Le motivazioni contenute nella sentenza erano varie; la piú importante, secondo me, è quella che affermava che l'autore (il sottoscritto) non era punibile in quanto aveva semplicemente esercitato il diritto di cronaca e di critica, emanazioni dell'articolo 21 della Costituzione che sancisce il diritto di libertà di stampa e informazione. Un diritto-dovere che, ancor oggi, continua a essere messo in discussione da chi ha altri interessi che la libertà di stampa e l'informazione.
Solo oggi, nel 2010, trentesimo anniversario della strage di Bologna, il romanzo torna in libreria, praticamente inedito.
Due righe sulla storia. Fantasia, niente altro che ipotesi di un romanziere, basate su alcuni dati emersi nel corso delle tante indagini eseguite dai magistrati e che io ho utilizzato per aumentare l'interesse dell'intrigo e rendere piú credibile la vicenda. Anche il finale è pura invenzione.
Chi ritenesse di riconoscersi in uno dei tanti personaggi, uomo o donna, si tolga subito l'illusione di essere diventato un eroe da romanzo.
I personaggi sono di fantasia esattamente com'era di fantasia Jules Quicher, esperto di problemi di sicurezza in una multinazionale svizzera.
Loriano Macchiavelli
maggio 2010
BOLOGNA 1980 - 2010
Attenzione: questo è solo un romanzo. Ma come escludere che un romanzo sia piú vero della storia vera?
Giancarlo De Cataldo
Loriano Macchiavelli ci regala un magnifico romanzo, denso di colpi di scena e di sorprendenti intuizioni che contendono alle verità faticosamente ricostruite in tante sentenze, plausibilità, razionalità, verità.
Libero Mancuso
Questo libro, con il titolo Strage e a firma di Jules Quicher, «esperto di sicurezza in una famosa multinazionale svizzera», in realtà pseudonimo di Loriano Macchiavelli, uscí nel maggio del 1990 da Rizzoli, e subito fu ritirato dalle librerie, e mai piú pubblicato, in seguito alle vicende che lo stesso Macchiavelli racconta nello scritto introduttivo a questa nuova edizione.
I moti del 1848 in Sicilia come pretesto per rivalse trasformistiche da parte del notabilato: in questo contesto si svolgono due efferate stragi sulle quali le autorità si affrettarono a stendere un velo di silenzio. La prima strage avvenne a Porto Empedocle, dove il maggiore Sarzana si liberò in un sol colpo di 114 detenuti, soffocandoli e bruciandoli vivi in una cella comune; la seconda ebbe luogo a Pantelleria, dove ad opera di mafiosi e proprietari furono giustiziati 15 contadini in base a pretestuose accuse. Sulla scorta dei ricordi tramandati dalla sua famiglia, e consultando residue documentazioni, Camilleri fa rivivere quei tetri episodi in un racconto amaramente umoristico.