
L'equipe che cura per i Meridiani le opere di Dante tradizionalmente definite "minori" è diretta da Marco Santagata. L'edizione si articola in tre volumi in cui le opere per la prima volta sono disposte in ordine cronologico, superando la consueta divisione fra il Dante latino e quello volgare. Significativa è l'attenzione riservata al pensiero politico di Dante, alla sua speculazione filosofica, alle sue riflessioni sulla lingua, che vengono studiati da esperti dei singoli ambiti. In questo primo volume viene presentata la poesia di Dante e la sua riflessione sulla poesia. Punti di forza sono il ricchissimo e innovativo commento di Claudio Giunta alle Rime; e quello di Mirko Tavoni al De vulgari eloquentia, le cui ricerche modificano in profondità il quadro del pensiero linguistico dantesco. Per la Vita Nova si ripropone, appositamente rivista e aggiornata, l'edizione pubblicata da Einaudi nel 1996 a cura di Guglielmo Gorni. La collocazione cronologica delle Rime prima della Vita Nova consente di seguire lo sperimentalismo di Dante giovane, impegnato su ogni accordo della tastiera lirica contemporanea e capace poi di operare una consapevole scelta critica e interpretativa. Di grande respiro l'Introduzione generale, firmata dallo stesso Santagata, che delinea un panorama originale della poetica e del pensiero di Dante, seguendone l'evoluzione e rintracciandone i motivi ricorrenti all'interno delle opere. Introduzione di Marco Santagata.
«... quando mi viene un’idea di qualcosa da scrivere, breve o lunga che sia,» ha dichiarato Sciascia «non so in prima se mi prenderà la forma del saggio o del racconto». Opera in lui, infatti, un «gioco costante di correlazione» tra queste due forme: il che fa sì che riesca a essere, come pochi altri, «saggista nel racconto e narratore nel saggio». E non sarà difficile, ripercorrendo – dopo quella ‘impura’ dei racconti-inchieste, delle ‘inquisizioni’ e delle cronachette affidata al precedente volume – anche la produzione saggistica in senso proprio, rintracciarvi un’innata vocazione alla fabula. La ritroveremo nei libretti dedicati al ‘padre’ Pirandello, al quale lo ha legato un rapporto così intenso da sfiorare l’ossessione («Tutto quello che ho tentato di dire, tutto quello che ho detto, è stato sempre, per me, anche un discorso su Pirandello: scontrosamente, e magari con un certo rancore, prima; cordialmente e serenamente poi»), vale a dire Pirandello e il pirandellismo, Pirandello e la Sicilia e Alfabeto pirandelliano; nelle raccolte come La corda pazza, Cruciverba e Fatti diversi di storia letteraria e civile, dove più si rivela il suo stendhalismo (nel senso di mobilità del pensiero, trasparenza e dilettantismo, inteso come ‘dilettarsi della vita’); e persino negli interventi che hanno fatto di lui, nel Novecento, lo scrittore disturbante per eccellenza: quelli dedicati alla mafia, al terrorismo e alla situazione della giustizia italiana, radunati in A futura memoria.
La terza parte dell'opera completa di Giovanni Testori, dal 1977 al 1993.
"Quando altro frutto non ci venga da questa navigazione, a me pare che ella ci sia profittevolissima in quanto ci fa cara la vita, ci fa pregevoli cose che altrimenti non avremmo preso in considerazione." È il celebre monito di Colombo che scruta pensoso l'orizzonte dal ponte della sua nave in uno dei più famosi dialoghi leopardiani, magistrali racconti filosofici venati di ironia e disincanto. Cosa ha ancora da dire il conte Giacomo Leopardi, fiero avversatore dei costumi del secolo Decimonono, a donne e uomini immersi nella complessità del vivere al secolo Ventunesimo? Maurizio Maggiani reinterpreta i quindici dialoghi contenuti nelle "Operette morali" e si confronta con gli immortali personaggi leopardiani trasformandoli in figure diverse eppure simili, quotidiane e senza tempo. Le sue "operette" portano in scena l'uomo e le sue tante maschere, in una galleria di invenzioni narrative che spaziano da un'inedita Mary Shelley all'operaio logorato dal sistema, da Coco Chanel all'ex sessantottino alle prese con una necessaria "decrescita poco felice", da Charlie Chaplin al fantasma di una nonna molto amata. Grazie alla penna di Maggiani, che plasma questi dialoghi e li fa propri, immergendoli nell'orizzonte inconfondibile del suo mondo letterario, Leopardi impara la lingua della modernità e l'incontro tra due maestri della parola si rivela un'opportunità unica per lasciarsi guidare alla riscoperta del poeta più amato di tutti i tempi.
Le Operette morali, composte nel 1824 e rimaneggiate fino al 1835, sono una raccolta di racconti e dialoghi che Leopardi dice di aver progettato «quasi per vendicarmi del mondo». Si tratta di scritti che risentono della “conversione filosofica dell’autore ed esprimono, con la chiarezza di una prosa pungente, la sua prospettiva sulla vita. Leopardi dà spazio libero al suo pessimismo esistenziale dipingendo l’esistenza umana come una ricerca continua e necessariamente insoddisfatta di un orizzonte infinito ed eterno. Nelle Operette troviamo affiancate la profonda riflessione esistenziale e la tagliente ironia che schernisce la piccolezza della vita umana: la risata è l’unico conforto possibile di fronte al male del mondo.
"Ora: non c'è passato e neppure futuro che non appaia nel presente e da qui si irradi avanti e indietro, illuminando il senso dell'esperienza e la direzione del cammino. Mattia Signorini, uno dei più originali e felici narratori italiani dell'ultima generazione, a poco più di trent'anni azzarda un bilancio esistenziale, misurandosi con il turbamento della memoria, la violenza dei ricordi, e con lo svaporare di un progetto sostenuto soprattutto dalla rabbia e dal desiderio di rivolta, per giungere a conclusioni che per la loro solidità morale, per la maturità che le sostiene, non possono non sorprendere il lettore, lasciandolo interdetto a interrogarsi sul destino di questa nostra società smarrita tra resistenza e innovazione, appunto. L'occasione gli è offerta dal ritorno al paese d'origine di Ettore, il protagonista, per svendere la casa dei genitori scomparsi un anno prima in un incidente stradale, che lo obbliga a confrontarsi con le ragioni del suo distacco, con la ricchezza delle presenze umane che animano il paesaggio campestre lungo gli argini del fiume, con gli affetti e i sentimenti che vibrano ancora tutt'intorno. In città ha lasciato una sorella più giovane, incinta, che lo aspetta ricordandogli altri doveri e responsabilità, ma anche il valore di una famiglia dispersa e distrutta non senza la loro correità: Ettore assiste alla disgregazione delle sue più radicate certezze, al confondersi di giudizi e pregiudizi, al riproporsi vitale dei valori rifiutati." (Cesare De Michelis)
Laura ama il marito e gode con pienezza della propria vita. Un'estate però scopre un nodulo al seno. Oltre al marito, che non smette mai di amarla, Laura trova nel medico curante un alleato, che col tempo diventa sempre più importante: l'amore che infine nasce tra Laura e Palmieri - l'oncologo che la cura - mette alla prova i principi etici di entrambi, eppure nessuno dei due trova giusto rinunciare a ciò che provano. È di questa relazione che, qualche tempo dopo la morte di Laura, Clara, viene incidentalmente a sapere. Clara sa che non è la prima volta. Qualche anno prima, il rapporto di una sua collega, anch'essa malata, con il suo oncologo, aveva scatenato pettegolezzi. Il segreto del medico si impadronisce di Clara come un'ossessione. Per entrare in contatto con lui è disposta a tutto. Perfino a simulare i sintomi di un linfoma incurabile...
Che cosa rimarrà di noi nella memoria di chi ci ha voluto bene? Come verrà raccontata la nostra vita ai nipoti che verranno? Andrea Camilleri sta scrivendo quando la pronipote Matilda si intrufola a giocare sotto il tavolo, e lui pensa che non vuole che siano altri - quando lei sarà grande - a raccontarle di lui. Così nasce questa lettera, che ripercorre una vita intera con l'intelligenza del cuore: illuminando i momenti in base al peso che hanno avuto nel rendere Camilleri l'uomo che tutti amiamo. Uno spettacolo teatrale alla presenza del gerarca Pavolini e una strage di mafia a Porto Empedocle, una straordinaria lezione di regia all'Accademia Silvio D'Amico e le parole di un vecchio attore dopo le prove, l'incontro con la moglie Rosetta e quello con Elvira Sellerio... Ogni episodio è un modo per parlare di ciò che rende la vita degna di essere vissuta: le radici, l'amore, gli amici, la politica, la letteratura. Con il coraggio di raccontare gli errori e le disillusioni, con la commozione di un bisnonno che può solo immaginare il futuro e consegnare alla nipote la lanterna preziosa del dubbio.
"Bellissima, ma tremendamente sbagliata." Questo pensa Mattia, quando vede Emi per la prima volta. Sorriso malizioso, una cascata di riccioli rosso fuoco, sembra una contraddizione vivente: di giorno fa volontariato e lavora come cameriera, la notte si trasforma in una provocante artista del burlesque. Ma guai ad avvicinarsi: il suo corpo è un'arma che Emi usa per sedurre e abbandonare tutti gli uomini che provano a conquistarla, il solo modo per dimenticare il passato, le violenze e i tradimenti subiti quando era ancora una bambina. Di innamorarsi non è capace, o almeno cosi crede, perché quando il caso le fa incontrare Mattia, il suo cuore indurito all'improvviso si scioglie. Spesso, però, l'amore da solo non basta: ci vogliono impegno e coraggio per far funzionare una storia, e Mattia non è sicuro di averne. Emi per lui è semplicemente troppo - troppo bella, troppo impulsiva, troppo complicata. Non riesce a lasciarla andare, ma neppure a sceglierla davvero. E lei, che potrebbe avere qualsiasi uomo, si ritrova a sfidare il destino, i pregiudizi e il peso dei ricordi per dimostrargli di non essere un errore. Ma l'unico errore da non commettere mai è provare a cambiare chi si ama, ed è solo quando sta per perderla che Mattia si accorge di quanto Emi sia importante per lui: ora lo sa, ora la vede. E per riaverla è pronto a mettere in gioco lutto se stesso.
11 settembre 1683: dopo due mesi di assedio, l’armata turca lancia l’assalto finale alle mura di Vienna.
12 settembre 1683: quando ormai tutto sembra perduto e le armate cristiane stanno per soccombere, arrivano in soccorso gli Ussari Alati polacchi, con una carica leggendaria che travolgerà l’esercito turco e garantirà all'Europa almeno tre secoli di libertà.
Questa è la storia del cavaliere ussaro Jacob – orfano, schiavo, guerriero, marito, padre – e di come il coraggio, la generosità e la passione di coloro che amano possano cambiare la Storia più delle decisioni dei "potenti".
Silvana De Mari è nata a Santa Maria Capua Vetere, l'antica Capua di Spartaco, nel 1953.
Le fate madrine le hanno portato in dono interessanti talenti, ma una fata dispettosa - che non era stata invitata al battesimo - ha aggiunto ai talenti un carattere non proprio conciliante, che Silvana, col senno di poi, considera forse il dono migliore.
Nonostante il caratteraccio (o forse grazie a quello) è orgogliosamente sposa di un uomo buono e con un carattere altrettanto poco conciliante, madre di un figlio con tutte le virtù del padre; medico chirurgo, psicoterapeuta e autrice di saggi e di libri fantasy amati da schiere di lettori.
Il famoso caratteraccio (vero grattacapo in questi tempi politicamente corretti e molto impressionabili dalle opinioni divergenti), le ha altresí conquistato tantissimi nemici, che lei, cristianamente, si sforza ogni giorno di affidare al loro angelo custode, che si dia da fare.