
È l'alba del XVI secolo.L'Italia è divisa in una miriade di regni litigiosi e incapaci di opporsi alle mire delle grandi potenze. Tra quelle corti soggette ai capricci della guerra si aggira un personaggio bizzarro e affascinante, che sembra uscito dalla penna di uno scrittore. È un pittore e scultore che come nessun altro riesce a catturare l'anima di ciò che raffigura. È un inventore in grado di concepire monumenti di prodigiosa bellezza, architetture così ardite da superare ogni immaginazione, macchine belliche che sembrano provenire da un futuro lontano. È uno scienziato che di ogni fenomeno dell'universo vuole indagare i meccanismi profondi: il moto dei pianeti, dell'aria e dell'acqua, il volo degli uccelli, il corpo umano. Quasi non esiste disciplina in cui non dimostri una maestria senza pari. Si chiama Leonardo da Vinci. Intorno al suo nome fioriranno leggende, miti, storie fantastiche. Eppure, sono ancora molti gli enigmi e le zone d'ombra nella sua biografia. Servirebbe una macchina del tempo o lo sguardo di un testimone oculare, per poter finalmente risolvere il rompicapo di colui che da secoli rappresenta, nell'immaginario comune dell'umanità, l'incarnazione del Rinascimento. Il libro che avete in mano è esattamente questo. Attraverso le memorie - immaginarie, ma scrupolosamente documentate - di Francesco Melzi, che del maestro fu per anni amico e allievo prediletto, Massimo Polidoro ci conduce in un incredibile viaggio nella turbolenta Europa di cinquecento anni fa. Cammineremo accanto a Leonardo, seguiremo gli stupefacenti sviluppi del suo ingegno, lo ammireremo nell'attimo irripetibile della creazione delle sue opere immortali, e ascolteremo dalla sua viva voce i pensieri e le intuizioni del più grande talento universale della storia. Prefazione di Piero Angela.
Leone ha sei anni e ogni tanto, senza una ragione, si mette a pregare nei luoghi piú impensati. Lo fa perché ha paura, perché desidera, perché si sente solo? Sua madre, che non crede, continua a interrogarsi, mentre vive la sua vita frenetica di donna separata, tutta presa dal lavoro e dalle fatiche quotidiane. Leone prega, e le cose che chiede un po' si avverano. Si sarebbero avverate comunque? E quanto conta il filo segreto che lega una nonna e un nipotino? L'unica certezza è che il mondo intorno cambia, e nessuno sarà piú com'era. Paola Mastrocola ha scritto un romanzo sul potere dirompente del credere in qualcosa. E noi lettori siamo chiamati a chiederci cosa sia questa preghiera ingenua e laica, questo gesto cosí spontaneo e naturale che riguarda tutti noi, al di là di qualsiasi fede. Quale sia l'essenza della magia che, a volte, sembra circondare le nostre vite.
Siamo a Roma, a partire dall'anno 800 dopo Cristo quando, nella notte di Natale, Leone incorona Carlo Magno, è questo lo sfondo delle vicende narrate da Beniamino Baldacci. Con rapidi tratti sulla complessa scena di una Roma altomedievale si affacciano molteplici personaggi che fanno rivivere un mondo dove ancora si mescolano l'eredità romana, il dominio longobardo e l'arrivo dei nuovi signori franchi, le vicende di corte e la quotidianità del popolo, gli intrighi politici e le passioni più genuinamente umane. In un susseguirsi di scene e di episodi dal ritmo sincopato, quasi convulso, si avvicendano personaggi molto umani e molto concreti, a partire dallo stesso Leone III, un papa tanto importante quanto controverso, poco amato dalla nobiltà locale e fatto oggetto persino di un attentato, di un processo e di un tentativo di deposizione. Così nel libro le congiure e i giochi di potere di conti e prelati si intrecciano con la quotidiana avventura della vita di Ottavia, Lucia, Lucrezia, Tullia, Flavia, tutte personalità forti capaci di sfidare a testa alta il destino avverso e la difficile condizione di donna, diventando addirittura chi guerriera, chi abile imprenditrice, chi saggia governante. Tanto che saranno le donne a chiudere il libro, guidando davanti a cardinali e a principi il corteo funebre di Leone.
In una grande dimora, alle porte di Milano, vivono i Cantoni, proprietari da tre generazioni delle omonime prestigiose rubinetterie. In apparenza, ogni componente della famiglia ha una personalità lineare. Nella realtà, ognuno di loro nasconde segreti che lo hanno segnato. È la regola dei Cantoni: ci sono situazioni che, anche se note a tutti, vanno taciute. Si tace perfino sulla vena di follia che affligge Bianca, la matriarca di questa dinastia. Un giorno entra in scena Léonie Tardivaux, una giovane squattrinata francese che sposa Guido Cantoni, l'unico nipote di nonna Bianca. La ragazza si integra così bene con la famiglia da assimilarne tutte le abitudini, compresa la legge del silenzio su certe vicende personali. Questo non le impedisce di essere una moglie esemplare, una madre attenta, una manager di talento, in grado di guidare con successo l'azienda nel mare ostile della recessione economica. E intanto coltiva il suo segreto, quello che ogni anno, per un solo giorno, la induce a lasciare tutto e a rifugiarsi in un romantico albergo sul lago di Como...
Testo inclassificabile, infinito e frammentario, ricco di dottrina e permeato di passione, intreccio di generi, lingue e discipline, lo "Zibaldone" è scrittura vivente che combatte il caos, il dolore, l'oblio, la morte. Il volume ne esplora la ricchezza, da molteplici punti di vista: tempi e luoghi della gestazione, modelli antichi e moderni, fonti esplicite e nascoste, forme di indicizzazione e di organizzazione del discorso, strategie retoriche. E soprattutto idee e problemi, ancora attualissimi, che Leopardi discute e offre ai posteri nei campi più disparati: etica, estetica, metafisica, antropologia, politica, storia e filosofia naturale, filologia e linguistica.
Quarant'anni di vita italiana e una famiglia indimenticabile sono al centro di una straordinaria autobiografia che allinea una serie di personaggi famosi, da Filippo Turati a Cesare Pavese. Un libro unico, un ritratto di famiglia dell'Italia migliore che continua a incantare e divertire anche i lettori delle nuove generazioni.
Lessico famigliare è il libro di Natalia Ginzburg che ha avuto maggiori e piú duraturi riflessi nella critica e nei lettori. La chiave di questo straordinario romanzo è delineata già nel titolo. Famigliare, perché racconta la la storia di una famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino tra gli anni Trenta e i Cinquanta del Novecento. E Lessico perché le strade della memoria passano attraverso il ricordo di frasi, modi di dire, espressioni gergali.
Scrive la Ginzburg: «Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti, o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire "Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna" o "De cosa spussa l'acido cloridrico", per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole».
In appendice la Cronistoria di «Lessico famigliare» a cura di Domenico Scarpa e uno scritto di Cesare Garboli.
«Capire qualcosa di più della mia stirpe, trovare il bandolo del nostro comune sentire femminile. Così ho legato la mia parola a quella di tante donne che mi hanno preceduta e nutrita, le scrittrici di cui possiedo libri sottolineati, appuntati, deformati. Amati. Virginia Woolf, Natalia Ginzburg, Annie Ernaux, Marguerite Duras, Elsa Morante, Sylvia Plath, Ingeborg Bachmann, Anna Maria Ortese, Lalla Romano, Joyce Carol Oates, Nina Berberova, Karen Blixen, Clarice Lispector, Marguerite Yourcenar, Hannah Arendt. E tantissime altre. Ne ho seguito le orme, le ombre, le opere e i fatti della vita, per decifrare la tela di un pensiero e di un lessico nostri.» La materialità delle cose, l'urgenza della vita, la solitudine, la ricerca di un senso: pagina dopo pagina, la scrittrice Sandra Petrignani ricostruisce un mosaico che è il volto delle donne.
Il libro è il tragico monologo di una donna che aspetta un figlio guardando alla maternità non come a un dovere ma come a una scelta personale e responsabile. Una donna di cui non si conosce né il nome né il volto né l'età né l'indirizzo: l'unico riferimento che viene dato per immaginarla è che vive nel nostro tempo, sola, indipendente e lavora. Il monologo comincia nell'attimo in cui essa avverte d'essere incinta e si pone l'interrogativo angoscioso: basta volere un figlio per costringerlo alla vita? Piacerà nascere a lui? Nel tentativo di avere una risposta la donna spiega al bambino quali sono le realtà da subire entrando in un mondo dove la sopravvivenza è violenza, la libertà un sogno, l'amore una parola dal significato non chiaro. Con la prefazione di Lucia Annunziata.
Nel libro Antona Arslan ridà vita alle vicende di donne che combattono per il proprio futuro e per restare se stesse, che hanno saputo ricostruirsi una vita quando tutto sembrava perso. C'è chi è scappata da situazioni politiche difficili, chi ha deciso di tornare nella propria patria perduta e chi si è realizzata in un nuovo mondo. Sono storie di destini affermativi, racconti capaci di intrecciare il passato e il presente. Ieri e oggi convivono perché per tantissime donne crearsi una strada alternativa è rimasto - anche ai nostri giorni - quasi impossibile. Servono forza, intelligenza e fortuna. E il coraggio di dichiararsi in rivolta.
Scritto all'indomani della morte di Primo Levi, Lettera alla madre è un "dialogo in forma di soliloquio" in cui, accanto a temi cruciali per l'opera di Edith Bruck, quali il racconto del trauma vissuto in prima persona nei campi di concentramento dell'Europa Centrale, la propria diaspora famigliare e il dramma storico della Shoah, l'autrice affronta, attraverso una prospettiva intima, la contrapposizione tra fede religiosa e laicità e propone una profonda riflessione su cosa significhi per un superstite dell'Olocausto avere la responsabilità di esserne testimone. Il confronto serrato e a tratti impietoso con la figura della madre, ebrea ungherese saldamente ancorata alle tradizioni, diventa il luogo per la rievocazione di un'infanzia sospesa tra ricordi e fantasmi, per un'analisi delle proprie scelte e per una interrogazione di sé e del proprio valore testimoniale.