
L'esame dei Misteri di Parigi, dei Beati Paoli, della meccanica dell'agnizione, di superuomini classici come Montecristo, Rocambole, Arsenio Lupin, Tarzan, eccetera, traccia una teoria del romanzo consolatorio e delle sue contraddizioni, valida anche per i prodotti di massa dei giorni nostri. Nietzsche ed Eugènc Sue, Pitigrilli e Ian Fleming, fumetti e feuilletons, i corsari in lacrime di Salgari e l'impeccabile ed elegante 007.
"Questo libro raccoglie una serie di studi scritti in diverse occasioni ed è dominato da una sola idea fissa. Inoltre questa idea non è la mia, ma di Gramsci. L'idea fissa, che giustifica anche il titolo, è la seguente: 'mi pare che si possa affermare che molta sedicente superumanità nicciana ha come origine e modello dottrinale non Zarathustra, ma il Conte di Montecristo di A. Dumas '(A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale, III, "Letteratura popolare")." Un viaggio fra vari miti della narrativa popolare (dal Conte di Montecristo al Corsaro nero, fino a James Bond), per capire - accompagnati dallo sguardo di Eco - come le ideologie si annidino nei prodotti pop che sembrano più banali, e meno politicamente impegnati. Una delle lezioni più felici di Eco, tra intrattenimento, riflessione sociologica e rigorosa analisi narrativa.
Nel corso della sua lunga, sfolgorante carriera di alto funzionario di banca, Febo Germosino ha ricevuto tre lettere anonime. Adesso, nel primo giorno della sua nuova vita da pensionato, le ha allineate davanti a sé. Le prime due sono vecchie di decenni, l'ultima è recente e insinua dubbi sulla fedeltà della sua giovane e bellissima seconda moglie, Adele. È lei la protagonista di questo romanzo, una splendida femme fatale che ama indossare un apparentemente castigato tailleur grigio. Un vestito che per lei ha un profondo significato simbolico. Un significato che sarebbe stato molto meglio non conoscere mai... La letteratura di Camilleri è ricchissima di figure femminili, sempre seguite con una partecipazione amorevole, una sorta d'indulgente, quasi sorniona, profonda adesione alle loro carnali debolezze, una incuriosita attenzione all'attimo del cedimento, quando i freni inibitori si allentano per passione, per vendetta, per un semplice capriccio; per un attimo o per sempre; per malizia, per calcolo o per esplosione dei sensi. In queste pagine del più "francese" dei suoi romanzi, in questa affascinante, temibile Adele accarezzata dalla scrittura come da mani appassionate e al tempo stesso intimorite, si sentono echi di Maupassant, del Pierre Louys di "La donna e il burattino" e di tutti i classici della letteratura e del noir che ci hanno fatto sognare su certe dark ladies tanto incantevoli da amare nella finzione quanto pericolose da incontrare nella realtà.
Fin dall'infanzia, il protagonista di questo romanzo rivela un'estrosa inventiva nella ricerca della felicità: e se alle volte, come in occasione della memorabile vincita al casinò di Campione, la fortuna favorisce le sue intuizioni, altre volte è lui a forzarle la mano, per esempio con il ricatto innocente grazie al quale entra in possesso dela prima bicicletta a dodici anni. Il romanzo narra le vicende di un talento sempre in lotta con la fortuna, di un personaggio ora candido e sensibile, ora sventato e disonesto sullo sfondo dell'Italia degli ultimi quarant'anni.
Dopo "Il mio Afghanistan", Gholam Najafi torna nella sua terra d'origine attraverso 16 racconti: storie di donne, di infanzie, di amicizie, di difficoltà e di piccole gioie che, come fili intessuti, tracciano la trama dell'Afghanistan, "terra aspra e un non sempre morbido tappeto", come scrive Giampiero Bellingeri nell'introduzione. Storie che sono testimonianza di un legame ancora forte dell'autore con la sua terra e con il distendersi dei suoi ricordi. Introduzione di Giampiero Bellingeri.
"'Ora, Ampelio, secondo lei io mi metto a parlare del caso qui, al bar, di fronte a tutto il paese?'. 'Come, tutto il paese? Ci siamo solo noi quattro'. 'Appunto' confermò la commissaria". Ma in realtà tra la giovane commissaria Alice Martelli e i quattro vecchietti del BarLume s'è creato un feeling operativo. Il pettegolezzo come sistema investigativo trova una riconosciuta efficacia. È successo che Vanessa Benedetti è scomparsa. Venuta da fuori, dalla "lontana" Umbria, gestisce col marito Gianfranco, da cui ha divorziato per motivi fiscali, uno zoppicante agriturismo. Un giorno ordina chili e chili di carne, ma i tedeschi suoi ospiti pranzano regolarmente al Bocacito, il ristorante di uno dei pensionati. Poi svanisce nel nulla. Questo basta ai vecchietti per saltare al thriller: Vanessa uccisa dal marito che si è liberato del corpo. Tutte farneticazioni di anziani perdigiorno? A moltiplicare le ipotesi infinite che rimbombano nel BarLume, spunta una svolta imprevista. Atlante il Luminoso, un cartomante di successo, che aveva pronunciato da una televisione privata la sua preveggente verità sul caso Vanessa, viene ritrovato cadavere. Assassinio o suicidio? Nonostante la canicola a Pineta, i vecchietti del BarLume, con l'interprete investigativo delle loro maldicenze Massimo il barrista, sono in forma smagliante per dissolvere ogni dubbio, con l'arma della battuta letale e della rissa verbale, nel loro nuovo mistero.
Milano, 1447. La cattedrale di Santa Maria Nascente è ancora un cantiere in pieno fermento. Nei progetti dei signori di Milano, i Visconti, dovrà diventare il duomo più maestoso d'Europa. Ma quando Filippo Maria Visconti muore senza lasciare eredi legittimi, il Ducato rischia di precipitare nel caos, preda delle mire dei molti che aspirano a governare su quel territorio, primo fra tutti il valoroso condottiero Francesco Sforza. Ma proprio tra le navate della cattedrale, lontano da tutti gli intrighi tessuti dai pretendenti alla successione, cresce un bambino che ha nelle vene il sangue visconteo, e che potrebbe reclamare il potere per sé. Educato come un figlio dall'arcidiacono Onorio, il giovane Niccolò viene iniziato ai misteri di un'antica Confraternita che agisce nascosta sotto le fondamenta del duomo: tra rituali alchemici e trame di corte, Niccolò dovrà scegliere se percorrere la strada della Luce, o quella delle Tenebre. Un romanzo che scava nell'animo più oscuro di una Milano antica e mai raccontata, dove le atmosfere gotiche si intrecciano con la Storia.
Un romanzo che scava nell'animo più oscuro di una Milano antica e mai raccontata, dove le atmosfere gotiche si intrecciano con la Storia.
Milano, 1447. La cattedrale di Santa Maria Nascente è ancora un cantiere in pieno fermento. Nei progetti dei signori di Milano, i Visconti, dovrà diventare il duomo più maestoso d'Europa. Ma quando Filippo Maria Visconti muore senza lasciare eredi legittimi, il Ducato rischia di precipitare nel caos, preda delle mire dei molti che aspirano a governare su quel territorio, primo fra tutti il valoroso condottiero Francesco Sforza. Ma proprio tra le navate della cattedrale, lontano da tutti gli intrighi tessuti dai pretendenti alla successione, cresce un bambino che ha nelle vene il sangue visconteo, e che potrebbe reclamare il potere per sé. Educato come un figlio dall'arcidiacono Onorio, il giovane Niccolò viene iniziato ai misteri di un'antica Confraternita che agisce nascosta sotto le fondamenta del duomo: tra rituali alchemici e trame di corte, Niccolò dovrà scegliere se percorrere la strada della Luce, o quella delle Tenebre.
Belma Goralija è andata via improvvisamente. Non ho avuto il tempo di incontrarla nella sua casa o al caffè, come avevo pensato. Neppure ho avuto il tempo di tornare a Sarajevo, dove viveva. Complice la pandemia che ha cancellato il biglietto aereo che avevo acquistato due anni fa. Ora rimpiango questo tempo perduto da parte mia e mi sconvolge il tempo vorace della natura umana, in cui scorrono i nostri giorni. Non potremo incontrarci, parlare, ascoltare. Non potrò più scrivere quello che avrei potuto scrivere. Allora io e chiunque altro può chiedere: che fare del tempo che rimane? Proprio quel tempo, il nostro tempo che ci rimane da vivere. Prima era il tempo di correre, di scrivere, ogni giorno. Di raccontare agli altri quello che la vita quotidiana dischiudeva. Oggi mi sembra il tempo di afferrare i ricordi di chi abbiamo incontrato, perché hanno qualcosa o forse tanto da insegnare. Questo verbo mi sembra bellissimo. Il tempo che rimane è attraversato dai loro volti, dalle loro storie, da quello che ci hanno insegnato. L'indice del libro saranno le lettere dei loro nomi.
"I'll trade all my tomorrows for a single yesterday: cambierei tutti i miei domani per un solo ieri, come canta Janis Joplin." È forse proprio questo il tempo che vorrei.
Lorenzo non sa amare, o semplicemente non sa dimostrarlo. Per questo motivo si trova di fronte a due amori difficili da riconquistare, da ricostruire: con un padre che forse non c'è mai stato e con una lei che se n'è andata. Forse diventare grandi significa imparare ad amare e a perdonare, fare un lungo viaggio alla ricerca del tempo che abbiamo perso e che non abbiamo più. È il percorso che compie Lorenzo, un viaggio alla ricerca di se stesso e dei suoi sentimenti, quelli più autentici, quelli più profondi.
Il nuovo libro di Fabio Volo è anche il più sentito, il più vero, e la forza di questa sincerità viene fuori in ogni pagina. Ci si ritrova spesso a ridere in momenti di travolgente ironia. Ma soprattutto ci si ritrova emozionati, magari commossi, e stupiti di quanto la vita di Lorenzo assomigli a quella di ciascuno di noi.
Ma si può davvero, e così in tanti, morire per niente, si chiede, stupefatto, il capitano Colaprico, che indaga con il carabiniere indigeno Ogbà - scrigno di sapienza e ironia - sulla improvvisa epidemia di morti più che sospette che colpisce la Colonia Eritrea; Certo che è possibile, se quel niente vale molto più dell'oro, in quella sorta di Far West che è diventata la colonia negli anni subito dopo la sconfitta di Adua, quando l'Italia non sa bene che fare del suo sogno africano. Un sogno che forse cova un incubo sconcertante, e attualissimo più che mai, ancora oggi. Benvenuti nel tempo delle iene. Tra miraggi di arricchimento e concretissime speculazioni di borsa, sogni d'amore perduti e follie omicide, monelle meravigliose e donne orgogliose vestite di bianco, tra bambine meticce cui è affidato il futuro, reduci dello Yukon e avventurieri bianchi che hanno conosciuto Arthur Rimbaud, la storia si dispiega scintillante, come le anse di un grande fiume sotto il sole africano. E attenti al catard, l'insetto che ti entra dentro l'anima, e te la divora piano piano.
Al centro di questo romanzo misterioso e potente, che scorre in una lingua tersa dove sembrano risuonare insieme gli echi delle vite dei mistici e la poesia di Emily Dickinson, c'è la figura di Ildegarda. Una donna che viene lasciata dal marito amatissimo ma devastato nello spirito. La sua solitudine è illuminata solo dall'amore per il figlio che adora. Quando l'ombra della morte sembra sfiorare il bambino, Ildegarda si interroga sul male del mondo, sulla paura di vivere, di perdere l'amore, di perdere il figlio. Lo strazio per l'abbandono e soprattutto l'angoscia per non saper proteggere il figlio portano Ildegarda a cercare nella sua fede irrequieta una strada di salvezza. Un patto con quel Dio che appare impotente di fronte al dolore dell'uomo. È la lotta che ciascuno di noi, credente o no, un giorno si trova a combattere. Un nuovo inatteso incontro, nell'incanto di un paesaggio di neve dalla bellezza struggente, porta Ildegarda a vivere una passione del corpo e dello spirito che ha in sé un'attesa di eternità. Di un'altra vita e giorni nuovi. Perché il sogno di ogni amore è che il miracolo non abbia fine. Forse è solo una promessa, ma una promessa è molto più potente di un sogno.