
Il volume può essere considerato il più compiuto e profondo nella produzione teoretica di Maréchal. Si potrebbe dire che le due tensioni fondamentali, quella che resta nella tradizione metafisica e quella che si apre alla considerazione moderna della gnoseologia, vi trovano il più alto equilibrio e la più convincente integrazione. Determinante è in tal senso l'incontro con Kant e con l'asserto principale della sua ricognizione trascendentale, così come suona nella "Critica della ragion pura": "se il condizionato è dato, è allora data altresì l'intera somma delle condizioni, e quindi è dato l'assolutamente incondizionato". Com'è noto, si trattava per Kant non di un asserto di realtà, ma solo di un'esigenza inderogabile della ragione. Attraverso un'articolata analisi Maréchal può invece piegarlo dalla parte di un asserto di realtà, anzi a fondazione dell'intero edificio metafisico.
Ludwig Wittgenstein ha catturato la fantasia popolare apparendo come una sorta di moderno Socrate: l'affascinante e attraente maestro della logica enigmatica. Ma che cosa ha veramente detto Wittgenstein? Qui incontriamo: un uomo stravagante, il rigoroso logico che privilegiava la poesia rispetto alla filosofia; uno che ereditò un'immensa fortuna e la diede via tutta; un intellettuale che cercò la morte nelle trincee della prima guerra mondiale; un grande maestro che suggeriva ai suoi studenti di lasciar perdere la filosofia; un'anima tormentata che si dilettava in scherzi e nella lettura di libri polizieschi; un solitario che ispirava amicizie di tutta una vita. Qui troviamo anche una guida chiara e accessibile sia al suo lavoro principale, il Tractatus logico-philosophicus, un apparente ghiacciaio di logica, sia al suo successivo Ricerche filosofiche. Chiunque si senta respinto dalla complessità di questi lavori, o attratto dalla fama di Wittgenstein ma troppo impaurito per leggerlo, troverà nel lucido testo di John Heaton e nelle brillanti illustrazioni di Judy Groves l'introduzione ideale a un grande filosofo del ventesimo secolo.
Partendo dalla fenomenologia col suo "ritorno alle cose stesse", ma staccandosi presto dall'uso husserliano della sospensione di ogni opinione sul mondo, l'autore propone una riduzione che vuole "assecondare" l'odierna passività di un soggetto privato del sentire. Si tratta di rovesciare questa passività con una passività che faccia cadere le resistenze nei confronti dell'esistente nella sua concretezza, che spesso appare dura e ingombrante. Approdo finale è il riconoscimento dell'esistere di qualcosa prima di ogni nome, che sia ornamento e riconoscenza nei confronti della forma come ciò che è "altrove" per essere "qui", come sospensione al lasciar-essere-e-stare divino, passione per l'Altro che scende con la sua bellezza.
Il libro è al tempo stesso una introduzione al pensiero di Lévinas e un lavoro teoreticamente interessato ai problemi da lui affrontati. La riflessione di Lévinas parte dal pensiero di Husserl e Heidegger, dalla Bibbia, dal Talmud e dalla letteratura russa, mettendo in discussione le categorie principali del pensiero occidentale, quelle della coscienza tematizzante, di identità, di soggetto. L'autore ritiene che lo spostamento del discorso filosofico alla dimensione dell'alterità sia il contributo fondamentale di Lévinas.
Le quattro tematiche di questa raccolta di saggi in onore di Francesca Rivetti Barbò esprimono i moventi e gli snodi del percorso del suo pensiero: l'ispirazione etico-religiosa del discorso, la sua struttura logico-teoretica, il problema del suo valore, la questione della sua destinazione. Gli autori dei contributi sono colleghi italiani e stranieri, suoi amici di lunga data o allievi: fra loro Adriano Bausola e Emanuele Severino.
Atti del Seminario di Studio su Primo Levi: la dignita dell'uomo", organizzato dalla Biblioteca della Pro Civitate Christiana di Assisi, 20-23 novembre 1994. "
PUBBLICA ARTICOLI RIGUARDANTI: TEOLOGIA DELL ANTICO E DEL NUOVO TESTAMENTO, TEOLOGIA DEI PADRI, TEOLOGIA DOGMATICA, TEOLOGIA MORALE, MISTICA E LITURGICA. ALCUNI QUADERNI SONO MONOGRAFICI.
E' possibile in un'epoca che assiste ad una specializzazione spesso estrema conservare una prospettiva unitaria della realtà e dell'uomo, conciliando la diversità delle scienze con l'unità del sapere? Tale domanda ha una pressante attualità per la cultura odierna, ma le sue origini risalgono lontane nel tempo e ne condizionano tuttora le risposte. Esempio chiarissimo del modo in cui nasce ed è affrontato questo interrogativo è il dibattito sorto nel XIII secolo tra diverse scuole filosofiche.