
Che le tecnologie digitali stiano cambiando il nostro cervello, i nostri gusti e i nostri comportamenti è un dato acquisito. Se questo però ci renda più stupidi o più intelligenti, resta un problema aperto. Pietro Montani lo affronta qui in chiave estetica, interrogando da filosofo gli effetti delle nuove tecnologie sulla sensibilità e sulla percezione, l'immaginazione e l'interattività. Il saggio esplora questi effetti dal punto di vista del consumo e della produzione di immagini e li esemplifica riferendosi alle prospettive aperte dalla "realtà aumentata" e dalle "tecnologie indossabili" (per esempio i Google Glass). L'approccio originale adottato da Montani mette l'accento sull'importanza dei processi interattivi e prospetta la possibilità di un innalzamento della loro capacità di dar luogo a fenomeni in senso ampio creativi. È in questo quadro che l'autore propone, da ultimo, un'interpretazione innovativa della sperimentazione artistica.
La famiglia, così come s'è venuta costruendo nella modernità, appare in crisi per motivi sociali e culturali: da luogo di formazione di individui che si riconoscono in una continuità generazionale è diventata spazio di conflitti dove si smarriscono le identità dei figli e dei genitori. Una trasformazione su cui la filosofia ha a lungo riflettuto - da Kant a Hegel, alla Scuola di Francoforte... - e i cui momenti essenziali sono qui ricostruiti con cristallina chiarezza. Ma la famiglia - nella sua essenza, di educazione al mondo - non resta un ideale necessario per qualsiasi società? Una domanda che l'autore declina dal punto di vista del personalismo, mostrando una tensione etico-religiosa nella vita famigliare che si fonda sulla libertà della persona. Libertà che è il fondamento stesso della famiglia, con i rischi che la libertà porta con sé. Un rischio che è l'eredità imprescindibile della tradizione cristiana e che la pone all'altezza delle sfide, inedite, del presente.
Questo studio, per la prima volta tradotto in italiano, intende ricostruire il contributo di Baden Powell (1796-1860) ai dibattiti sulla metodologia della scienza, sulla teologia naturale e sulla questione della specie, nel contesto della cultura anglicana - e non solo - dei primi decenni dell'Ottocento. Un pensatore dimenticato dalla storiografia sull'Inghilterra vittoriana, la cui carriera rispecchia le trasformazioni culturali delle élite inglesi dell'epoca: dalla prima giovinezza trascorsa negli ambienti ultra-conservatori della High Church, agli studi all'Oriel College di Oxford, fino alla frequentazione dell'intellighenzia londinese degli anni Quaranta. Nei diversi ambienti culturali e politici, Powell si pone alla costante ricerca di una conciliazione tra la fede anglicana e la modernità teologica, scientifica e filosofica, nella convinzione che solo tale coraggioso compromesso avrebbe consentito di reggere la pressione politica e culturale della nuova classe urbana mercantile, industriale e professionale. In questo sforzo rientra la sua battaglia per una teologia naturale in grado di spiegare la successione delle forme di vita nel corso delle ere geologiche, condotta ben prima della pubblica-zione dell'Origine delle specie (1859). Se gran parte della storiografia darwiniana ha cercato di ricostruire il tempo di Darwin attraverso le sue opere, studiare Powell significa prendere in esame un testimone del suo tempo, mettendo in luce il clima culturale...
Il problema dell'unità del sapere è stato sempre fortemente sentito nella nostra cultura scientifica che risale al progetto greco di sviluppo sistematico della razionalità. La scienza di per sé tende a ciò che è specifico, ma anche all'unità. Nonostante la crescente specializzazione e il pluralismo degli approcci epistemologici tipici dell'epoca contemporanea, il problema menzionato continua ad essere fondamentale, anzi è più che mai urgente e importante. Il lavoro di Valeria Ascheri entra perfettamente in questo quadro epistemologico. Il volume che il lettore ha in mano apre molti spazi di riflessione per avvicinarsi a questo ideale il che significa in definitiva la migliore comprensione di ciò che è la scienza in se stessa. L'unità del sapere è un progetto da perseguire, scrive l'autrice alla fine del libro. I lettori troveranno in queste pagine un contributo rilevante e uno stimolo efficace per perseguire questo compito.
In dieci capitoli che si sviluppano nella forma di un dialogo, Robert Spaemann descrive episodi, esperienze ed incontri che lo hanno durevolmente segnato. Dialoghi ed episodi formano così un libro nel quale Robert Spaemann racconta le tappe della sua vita e il proprio itinerario intellettuale. Elementi biografici e filosofici si mescolano, e il racconto - come è tipico per questi e per molti altri dialoghi con Robert Spaemann - si allarga fino a sfociare in un nuovo pensare. Ne è derivato un panorama di immagini e di pensieri dalle tappe di vita, ritratti, discussioni e posizioni, che farà gioire chi già conosce Spaemann, ma terrà pure viva l'attenzione di ogni altro lettore che ancora non lo abbia incontrato. I due interessi della ragione, un testo che in nuce ripropone il pensiero di Robert Spaemann degli ultimi anni, costituisce il punto conclusivo e l'ultimo atto di questa concisa biografia intellettuale in forma di dialogo.
Che si tratti di un disastro naturale devastante o di un'importante decisione esistenziale, di una rivolta politica violenta o di un'illuminazione religiosa, di un avvenimento mondano o di una buona notizia, c'è sempre qualcosa di dirompente, inaspettato e addirittura miracoloso in un "evento": concetto tra i più rilevanti della storia del pensiero e insieme tra i più ambigui, caratterizzato da ben più di cinquanta sfumature. Che cos'è l'evento? Una trasformazione nel modo in cui il mondo ci appare o un cambiamento nella realtà stessa? Entrambe le cose - e molto di più - ci spiega con chiarezza e ironia Slavoj Zizek, uno dei più celebri e apprezzati filosofi viventi, spaziando con lo stile irresistibile che gli è proprio tra excursus scientifici e barzellette sconvenienti, tra aneddoti storici e spiazzanti citazioni dai film. Insomma: dal Big Bang agli haiku Zen, passando per il waterboarding, Hegel, Buddha e Lars von Trier, senza tralasciare neppure una rapida ma efficacissima disamina dell'"evento" pop Gangnam Style. Perché per Zizek l'evento può essere la chiave per comprendere uno spettro straordinariamente ampio di fenomeni delle nostre vite. Perfino l'amore: la nascita di "qualcosa di nuovo in grado di sovvertire gli schemi", un evento personalissimo e dirompente al di là di ogni causa e fattore spiegabile.
Ognuno di noi ha dentro di sé potenzialità illimitate, riserve di coraggio e positività che spesso rimangono inutilizzate perché viviamo in società che non incoraggiano e non insegnano a guardarsi dentro. Per la velocità a cui dobbiamo vivere, consumare e produrre, anzi, l'introspezione è un vero e proprio ostacolo da eliminare. Eppure questa saggezza innata, se stimolata e liberata, ci consentirebbe di stare meglio, di risolvere i conflitti personali, di superare le difficoltà senza lasciarci abbattere e trasformare i problemi in opportunità. E ci farebbe sentire pienamente realizzati, come fiori finalmente sbocciati. Daisaku Ikeda, insigne pensatore buddista, e il noto consulente filosofico Lou Marinoff affrontano i temi che stanno a cuore a tutti, rapporti familiari e interpersonali, benessere, educazione dei figli, grandi tematiche sociali, invitando a cercare conforto nel pensiero dei grandi filosofi occidentali e buddisti, di cui svelano inaspettati punti di contatto. Per scoprire che, quando il gioco si fa duro, niente è più pratico e risolutivo della filosofia.
"La malattia del secolo" è il burnout, quel "bruciarsi", "esaurirsi", dovuto all'eccessiva spersonalizzazione soprattutto nel mondo del lavoro. Malattia del troppo, tipica degli eccessi del sistema di consumo, produzione e lavoro occidentale; malattia che porta alla spersonalizzazione e all'annientamento della parte umana di ciascuno di noi: prima di essere un problema individuale, il burnout è una patologia della nostra società. "Quando l'equilibrio di una persona si rompe e prendere la metropolitana per andare a lavorare sembra un ostacolo insormontabile, sorgono delle domande. Quello che funzionava da sé diventa subito problematico. Consacrare la propria esistenza a un'azienda non ha più il senso di un tempo, accettare orari di lavoro assurdi non è più sopportabile. Ma come ritrovare un nuovo equilibrio, dato che il precedente si era costruito senza che neanche ci si dovesse pensare, e che lavorare era tanto naturale quanto camminare?".
Lo chiamano "pluralismo" ed è un fatto incontestabile. Significa che siamo tutti diversi e che, di conseguenza, la nostra convivenza non è né semplice né scontata. Significa che se Dio parla a ciascuno di noi, sembra restare in silenzio di fronte alla comunità: ci lascia nel guado, intenti a fuggire da odio, disprezzo, prepotenza, violenza. Qual è, allora, la via d'uscita? "Quale che sia il nome di Dio, quali che siano i cieli sopra di noi o dentro di noi, quanto deboli o forti siano i doveri che si impongono alle nostre coscienze, tutte le decisioni sulla terra sono rimandate a noi, esseri terreni che devono cercare da sé la propria strada, sia quella da percorrere quotidianamente, verso i propri fini e confini, sia quella da percorrere per l'incontro con Dio, per chi ci crede, per chi lo cerca, per chi ce la fa". Nella nuova collana "Spiragli", un testo che indaga i misteri delle convivenze umane, dal tema del pluralismo culturale, alla tolleranza, fino al rapporto tra le culture e a quello tra le diverse fedi e confessioni religiose. "Io penso che la tolleranza sia una cosa buona: è la virtù di chi accoglie pur disapprovando, di chi rispetta pur dissentendo, di chi distingue le persone dalle loro idee e perfino dalle loro condotte. È certamente una virtù difficile e controversa: ma cercherò di difenderla e spiegherò perché".
Dopo più di due millenni, può la filosofia di Platone dire ancora una parola nuova al pensiero contemporaneo? Quale è il suo insegnamento oggi? Hans-Georg Gadamer (1900-2002), studiando per tutta la sua lunga vita il pensiero dell'Ateniese, ha tentato di coglierne, nei suoi numerosi studi, i tratti peculiari, muovendo dal neokantismo, passando attraverso le interpretazioni fenomenologiche heideggeriane, sino a entrare a contatto con la nuova interpretazione di Platone delle Scuole di Tubinga e di Milano. In questi molti stimoli, recepiti variamente, pare essere colta la stessa forza del pensiero platonico: il dialogo, l'apertura verso l'altro, la potenza del comprendere. Questo libro ricostruisce il pensiero di Platone nell'interpretazione di Gadamer, nell'intento di restituirne alla storia della filosofia una lettura organica. Attraverso una specifica esegesi della teoria delle idee e dell'Idea di Bene, dei dialoghi e delle 'dottrine non scritte', della metamatematica platonica e dei concetti di numero, eidos, idea, logos, methexis, si ripercorre, da un lato, la storia dell'interpretazione di Platone del Novecento, dall'altro, si mette in moto quel circolo ermeneutico per il quale, contro ogni sofistica, non si confonde l'essere con il mezzo e il mezzo con l'essere, ma si scorge nel logos l'accadere dell'essere.
Questo libro presenta un itinerario di riflessione in cui il tema della cura diventa l'occasione per ripensare la condizione umana che fa da sfondo e anche da fondamento dell'agire medico contemporaneo. Dalla raffigurazione della morte di Socrate, con cui Platone ci consegna la relazione di cura come philia, passando attraverso il mito heideggeriano di cura, la foucaultiana 'cura di sé', ma anche, più in filigrana, la pecora malaticcia e il mito della 'grande salute' nietzscheani, il testo di Alessandra Papa pone a tema il corpo vulnerabile come paradigma delle relazioni e primo valore della persona, sempre esposta al fraintendimento, all'abbandono o all'incomprensione. Nel dialogo con i temi dell'ethics of care e con le sollecitazioni sviluppate nei Disability Studies, il testo propone una rilettura dei limiti procedurali e formali con cui la medicina oggi guarda alla figura del paziente, e cioè, in ultima analisi, dell'uomo, di cui dovrebbe essere la custode. Grazie a una comprensione filosofica dell'azione di cura, descritta anzitutto come impegno nei suoi aspetti etico-sociali, ma anche politici, si auspica che la medicina, rifondata ontologicamente, e con gli strumenti che la filosofia le mette a disposizione, possa finalmente giungere alla costruzione teoretica di modelli relazionali efficaci che non sacrifichino la persona umana di volta in volta al principio normativo, o a un modello di comprensione empirico-naturalista, o matematico.
Struttura e livelli ontologici del reale - Nunzio Incardona e il suo tempo. I - Struttura e livelli ontologici del reale, A cura di Mariano L. Bianca e Giuseppe Nicolaci. Sommario: Mariano L. Bianca - Giuseppe Nicolaci, PremessaStefano Besoli, Intorno alla nozione fenomenologica di realtà e alla sua genesi trascendentale- Mariano L. Bianca, Eventualismo degli alcunché e livelli del reale- Claudio Ciancio, L'essere, il dover essere, l'originarioAngelo Cicatello, Fenomeni ben fondati. Note sul realismo di Kant- Franca D'Agostini, La rinascita della metafisica dallo spirito della logica. Livelli ontologici e livelli semantici- Elio Franzini, Ontologia della cosa spirituale- Luca Illetterati, Pensiero e realtà. La problematizzazione del rapporto fra soggetto e mondo in Kant e Hegel- Paolo Piccari, L'ontologia della conoscenza ordinaria- Furia Valori, Soggetto, interpretazione e mondo in Hans Georg Gadamer- Achille C. Varzi, Livelli di realtà e descrizioni del mondo- Giovanni Ventimiglia, Senso o sensi dell'esistere? I livelli ontologici del reale nel cosiddetto "tomismo analitico".II - Nunzio Incardona e il suo tempo, a cura di Giuseppe Nicolaci.- Giuseppe Nicolaci, Nunzio Incardona e il suo tempo. Avvertenza- Nunzio Incardona, Tempo e idea- Rafael Alvira, Il romanticismo di Nunzio Incardona- Leonardo Samonà, Esistenza, tempo e pensiero. La prospettiva di Nunzio Incardona- Angelo Cicatello, Questioni di principio. Pensare con Nunzio Incardona- Gaetano Messina.