
Tre motivi per leggerlo: Perché è un libro che non ti aspetti: una meditazione sul dissenso, che parla però molto di consenso e propone una collocazione costituzionale dei gruppi di protesta. Perché Hannah Arendt racconta di Socrate, Thoreau e della rivoluzione americana per tracciare la differenza che corre tra disobbedienza civile e obiezione di coscienza. Perché è un piccolo, prezioso manifesto sulla partecipazione attiva, contro la dittatura dei politici e le prepotenze dei governi.
Il nudo ha talmente ben attecchito nella cultura europea, da non riuscire a uscirne: in Occidente ha caratterizzato tutta l'arte, compresa la fotografia, ed è stato basilare per la formazione delle Belle Arti. La Chiesa è riuscita a rivestire il sesso ma ha mantenuto il nudo. C'è un vasto spazio culturale dove il nudo non è mai entrato, o è stato completamente ignorato, ed è la Cina. Un'assenza così radicale necessita uno studio approfondito, poiché rinvia a una "impossibilità".
Avrebbe mai potuto Friedrich Nietzsche, il filosofo più influente nella contemporaneità, fare un'altra filosofia? Il Nietzsche dei manuali viene improvvidamente riassunto in formule, come se il superuomo, la volontà di potenza e l'eterno ritorno fossero concetti inequivocabili. In realtà il senso di quelle formule, esposto alle più diverse interpretazioni, rimane tutt'altro che trasparente e profondamente enigmatico. Contro il Nietzsche citato a vanvera, pronto a sostenere qualunque tesi, questo libro si domanda: e se invece Nietzsche non sostenesse alcuna tesi? Se il suo pensiero fosse per l'appunto l'esempio di un pensiero sperimentante, antidogmatico, antifanatico? E se ciò fosse dovuto innanzitutto al tratto estetico che lo caratterizza? L'ipotesi sconcertante e liberatoria che propone Susanna Mati, dunque, è che si debba congedare l'immagine del Nietzsche pensatore oracolare e soprattutto dottrinale. Infatti la filosofia intesa in questo senso, cioè come quell'antica forma di aspirazione al sapere connotata da un rapporto di possesso con la verità, è finita. Perciò l'opera di Nietzsche mira piuttosto a produrre un effetto estetico, come lo definisce Susanna Mati, quasi fosse una sorta di operazione artistica svolta sull'intero corpo della filosofia occidentale, qualcosa che chiede di essere attraversato e lasciato alle spalle, concludendosi in un grande, definitivo naufragio. Un libro strutturato secondo la forma del labirinto, che si confronta con i molteplici volti del grande filosofo, perché essere nietzschiani oggi significa smascherare anche il maestro che ci ha insegnato le virtù psicologiche dello smascheramento.
Nella dimensione relazionale della sessualità si trova una chiave fondamentale per capire sia la complessa storia dei rapporti fra uomini e donne, sia i drastici cambiamenti che negli ultimi decenni si sono prodotti nel mondo del lavoro, nella vita in famiglia, nella politica e nella cultura, dove gli uomini e le donne sono diventati ugualmente attivi. Ma l'uguaglianza stabilita al livello delle attività significa forse che le differenze non abbiano nessun tipo di valore personale o sociale? Appoggiandosi sui recenti dati della ricerca psicologica e sociologica, Antonio Malo mette in luce come né le concezioni naturalistiche della sessualità, contrarie a ogni tipo di cambiamento, né quelle postmoderne, che pretendono di de-costruire i sessi, i generi e anche la famiglia, sono in grado di dare una risposta soddisfacente a questa domanda. Egli propone allora di ripensare la sessualità umana da un punto di vista analogico rispetto a quella dei mammiferi più evoluti, senza però cadere in una sorta di biologismo. L'autore evidenzia infatti che qualsiasi tipo di separazione tra sesso e genere equivale a un'astrazione (che presenta come reale qualcosa che esiste solo nella nostra mente) da cui derivano lo stereotipo e l'ideologia. La sessualità umana è invece, una struttura complessa e articolata. Non riguarda solo il sesso corporeo e sociale, ma include anche molti altri aspetti finora poco studiati, come la tendenza sessuata, il desiderio, l'innamoramento, la reciprocità nell'amore, le relazioni d'identificazione e differenziazione nella coppia e nella famiglia, ossia la genealogia, la generazione e l'inter-generazione. Ne consegue che un'identità matura richiede di integrare tutti questi elementi, per migliorare - come uomo o come donna - la qualità delle relazioni umane.
La nascita è, per tutti, l'esperienza straordinaria dell'accesso alla vita umana, e in quanto tale è un concetto che ha una potenzialità filosofica. Eppure il pensiero occidentale del Novecento si è perlopiù soffermato sulla morte come condizione ontologica fondamentale e solo sporadicamente sulla nascita, seppur questa vi lasci una significativa traccia. Una corrente sotterranea, ma carica di senso, qui indagata per la prima volta in maniera sistematica in un percorso che va dall'antica Grecia (il Sileno, Saffo, Eschilo, Sofocle, Euripide, Erodoto...) all'Antico Testamento (Geremia, Giobbe, Qoèlet...), dallo gnosticismo al pensiero cristiano medievale, con incursioni nel Novecento, attraverso alcuni dei suoi più profondi interpreti (Emil Cioran, Giinther Anders, Peter Sloterdijk, Hannah Arendt, Michel Henry, Jean-Luc Marion, Emmanuel Lévinas, Maria Zambrano, Romano Guardini...). Una lettura dell'evento natale capace di aprire molteplici prospettive, sia al "femminile" - con Hannah Arendt e Maria Zambrano -sia al "maschile", seguendo le principali prospettive fenomenologiche ma anche autori di confine come Hans Saner, originale allievo di Karl Jaspers. La nascita come categoria filosofica, indicando T'Inizio" ma anche la "rinascita", assurge a cifra dell'umano, permettendone una lettura antropologica, etica, teologica.
Il filo rosso che collega gli scritti raccolti in questo volume è la scienza matematica. Porfirio utilizza l'isagoge o introduzione, genere letterario che serve a iniziare i suoi allievi a un'opera del matematico alessandrino Claudio Tolemeo dal titolo "Tetrabiblos o Quadripartitum", cioè un trattato in quattro libri che spiega gli effetti prodotti dai corpi celesti sulla Terra. E, giacché lo scritto di Tolemeo si presenta in più punti oscuro per la complessità degli argomenti trattati, Porfirio scrive l'introduzione al ''Trattato sugli effetti prodotti dalle stelle'' per chiarire ai suoi discepoli, o ai neofiti, gli argomenti e i passaggi considerati di più difficile comprensione. L'opera - qui tradotta per la prima volta in italiano - pervenuta in modo parziale e corredata degli scolî di Demofilo, un dotto bizantino attivo intorno al X secolo, chiarisce alcuni argomenti quali le figure che i pianeti assumono in cielo e il conseguente influsso che hanno sulle realtà materiali, l'importanza della luce negli effetti prodotti tra le stelle e la realtà terrestre, i calcoli matematici per computare un oroscopo, il ruolo dei segni zodiacali e il potere che essi hanno su particolari punti del corpo umano. In quest'opera Porfirio espone numerosi argomenti provenienti dalla tradizione astrologica caldea, egizia e greca, e li confronta in modo critico con il pensiero di Tolemeo, apportando a sua volta importanti innovazioni. Gli altri scritti raccolti all'interno di questo volume trattano alcune testimonianze e frammenti su opere di aritmetica e geometria. Sugli studi di aritmetica rimangono solo poche testimonianze, mentre sulla geometria rimangono cinque frammenti, in cui Porfirio, esponendo alcuni enunciati di Euclide, ne riporta le dimostrazioni geometriche.
Scritto durante l'esilio londinese, il saggio muove da una riflessione critica sulla parola "persona" che aveva fondato la corrente del personalismo di Emmanuel Mounier. Il testo è però molto più che l'espressione di una rivendicazione semantica: è una luminosa meditazione filosofica sulla nozione di "diritto", di "democrazia", di "giustizia", di "male" e di "bellezza". Weil riflette sul fondo nascosto, impersonale, di ciascuno di noi, da cui risale la domanda: "Perché mi si fa del male?", l'unica in grado di dare fondamento al rispetto dovuto a ogni essere umano e alla sua esigenza di giustizia. Il "grido muto" che riaffiora in queste pagine, nella sua semplice immediatezza, smantella i cardini dell'intera riflessione politica dell'Occidente: il primato dei diritti individuali, il culto delle idee astratte, il predominio del linguaggio razionale su qualsiasi altro.
Pasquale Galluppi (Tropea 1770 - Napoli 1846) è stato uno dei più importanti filosofi italiani della prima metà dell'Ottocento. La Memoria sul sistema di Fichte è un documento prezioso, perché costituisce il primo confronto sistematico di un filosofo italiano con l'idealismo trascendentale del grande pensatore tedesco. Ma il testo in questione è un documento importante anche perché permette di mostrare la centralità che nell'ultima fase del suo pensiero Galluppi attribuiva al confronto con l'idealismo tedesco, che egli considera come il legittimo sviluppo del pensiero di Kant e del suo «razionalismo assoluto». In maniera analoga a quanto aveva sostenuto Jacobi, Galluppi vede nell'idealismo una forma estrema di negazione della realtà, che egli non esita a definire come «nichilismo assoluto». Inserendo la sua interpretazione all'interno di un'ampia ricostruzione storico-filosofica, che dall'antichità greca giunge alla filosofia moderna di Cartesio e Leibniz, egli cerca di mostrare che solo la «filosofia dell'esperienza» può recuperare un corretto senso della realtà, e porsi alla base di un coerente «realismo» filosofico.
La questione circa l'«Essere» è al cuore della riflessione filosofica di Emmanuel Levinas. Essa costituisce da un lato una critica radicale dell'ontologia fondamentale e dall'altro essa sposta l'esperienza della soggettività del soggetto verso la questione dell'identità ebraica, irriducibile, secondo Levinas a ciò che egli stesso chiama «Essere ebreo». La discussione sull'Essere ebreo è condotta con gli accenti tragici del dopo guerra, nella misura in cui Levinas non separa mai l'esistenza ebraica dalla sua precarietà e dalla coscienza di una identità segnata per sempre dalla Shoah. La riflessione di Levinas in questo testo del 1947 trova un prolungamento in una lettera inedita rivolta a Maurice Blanchot, del maggio 1948, scritta al momento della creazione dello Stato di Israele.
Il volume ripercorre in modo sintetico le linee principali della discussione filosofica del concetto con particolare riferimento alla teoria femminile nel progressivo delinearsi delle diverse teorizzazioni, soffermandosi sul confronto del concetto di 'care' e di 'giustizia', discussione ai confini tra filosofìa morale e filosofia del diritto. L'obiettivo è di delineare in modo sistematico gli elementi concettuali indispensabili per una possibile teoria generale della 'care' per verificare la possibilità di integrare il concetto di cura e di giustizia e di individuare alcuni percorsi applicativi rilevanti nell'ambito dell'etica e del diritto, con riferimento alla cura dell'essere umano nelle condizioni di particolare vulnerabilità. La particolare vulnerabilità alla quale siamo esposti deve tornare al centro della riflessione: esiste, è di fronte agli occhi di tutti, ma è costantemente rimossa. Una rimozione sistematica che è alla base dell'immagine del soggetto autonomo, autosufficiente, indipendente che domina, quantomeno nelle società occidentali, nei Paesi cd. sviluppati e tecnologicamente avanzati. Un'immagine che porta inevitabilmente all'esclusione, alla marginalizzazione, alla stigmatizzazione, se non anche alla discriminazione di ogni forma di dipendenza. La dipendenza è spesso presentata e vissuta come perdita o mancanza di autonomia e indipendenza, come una sconfitta da rimuovere, da eliminare. La riflessione sulla 'care' ci stimola a elaborare un'etica in grado di includere i bisogni delle persone vulnerabili, di costruire un diritto e delineare una politica capaci di riconoscere l'interdipendenza e proteggere la dipendenza.
Chi, durante l'infanzia, non ha fatto l'esperienza spaventosa di avanzare a tastoni nella notte nera? Alain Badiou, il più celebre filosofo francese, prende le mosse dai giochi infantili nel buio per esaminare, in brevi indimenticabili capitoli, le tante forme che il nero prende nel nostro immaginario e nella nostra cultura: il nero dell'inchiostro sulla carta e quello delle fascette sui volti nelle riviste pornografiche; il nero dei misteri cosmologici e il nero doloroso del lutto... In questo libro di straordinaria intensità, il teatro intimo del grande pensatore diviene così occasione per un'esplorazione filosofica fatta di ricordi, di sottili ragionamenti, di improvvise - è il caso di dirlo -illuminazioni, che coinvolgono la musica, la pittura, la politica, il sesso, la metafisica. Il nero non è mai stato così luminoso.
Cosa significa fare filosofia oggi? Sono in molti a diffidare dei filosofi contemporanei, a percepirli come individui per lo più solitari, immersi in fantasticherie speculative, impegnati in quesiti troppo astratti e inconsistenti. In un dialogo dal ritmo incalzante, si sviluppa una discussione socratica sul senso del filosofare nella post-modernità. L?etica, la politica, la tecnologia sono alcuni dei temi di una conversazione in cui tre intellettuali italiani si confrontano con gli splendori filosofici del pensiero antico e con la moderna pratica del dubbio, per interrogarsi sul ruolo dell?esercizio filosofico nell?epoca in cui viviamo.