
Qual è la pratica che impegna, da sempre, chi "fa" filosofia e qual è l'efficacia di tale fare? In questo volume non ci si interroga sulla natura della filosofia, o sulla possibilità di considerarla una disciplina scientifica alla stregua di molte altre. Ci si chiede piuttosto che genere di esercizio teorico si compia "facendo "filosofia e perché esso affascini ancora migliaia di giovani, che continuano a scegliere questa materia di studi, palesemente improduttiva secondo alcuni paradigmi della contemporaneità. Riflettendo sul pensiero greco, risulta evidente come la filosofia non possa essere separata dalla politica, né possa essere considerata avulsa da un uso pragmatico, produttivo di una ben definita forma di vita. L'esempio dei cinici come "praticanti della verità" aiuta a chiarire il tema della postura filosofica come attitudine a stringere un'alleanza tra vita e pensiero. Cosa è andato perduto con l'avanzare dei progressi della ragione, in età cartesiana e poi kantiana? Come è possibile praticare una filosofia che sia in grado di incorporare la verità, secondo le parole di Nietzsche? Alla ricerca di possibili risposte, il testo interroga differenti posizioni teoriche, per continuare a interpretare la filosofia come resistenza al conformismo del presente, ma anche come trasformazione etica e pratica.
La categoria "esistenza", nelle sue molteplici derivazioni, ha un ruolo importante nel pensiero antropologico e teologico di Guardini. Nel volume, frutto dell'omonimo Convegno promosso dalla Facoltà di Filosofia dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, filosofi e teologi di fama internazionale si misurano con la domanda circa il senso e la profondità dell'interpretazione esistenziale offerta da Guardini. Quest'ultima è importante perché tuttora esiste una grande disparità di opinioni circa il senso dell'esistenza umana: ovvero, che cosa sia, come la si debba definire o interpretare, quali le conseguenze per l'umano. Guardini, teologo e filosofo, è noto per aver trovato l'equilibrio in ogni ambito anche grazie alla sua sensibilità e alla metodologia da lui sviluppata per comprendere le realtà vitali. Al centro della sua attenzione non vi è tanto "l'esistenza" come fenomeno generico, bensì "l'esistente", che assume la sua più concreta espressione nell"'io".
Già nella cultura dell'antico Egitto è possibile rintracciare un'idea di libertà intesa come possibilità di giocare creativamente con i vincoli. A partire da qui Giorello ripercorre le tappe salienti del pensiero scientifico moderno: attraverso Bruno, Galilei, Keplero, Newton e altri eminenti uomini di scienza rappresenta la tensione costante fra la libertà degli scienziati e l'autorità politica, mostrando come ogni nuova scoperta sia frutto di una riduzione dell'arbitrario nella descrizione dei fenomeni e del riconoscimento di alcuni limiti. In un audace parallelo tra scienza e politica l'autore sottolinea inoltre il valore delle eterodossie, individuando il frutto migliore della democrazia nella capacità di opporsi a qualunque potere che si pretenda assoluto. Così il vincolo, non più imposizione che opprime, diventa lo spazio di gioco di una nuova libertà.
"L'uomo plasma se stesso" di Georg Christoph Lichtenberg, originale e brillante scrittore del XVIII secolo, riunisce aforismi e pensieri di materia etico-filosofica e socio-antropologica pensati alla stregua di «uno specchio in cui possiate guardare voi stessi e non come un occhialino con cui guardare gli altri». Con ironia e a tratti fine sarcasmo, in queste pagine sono presi di mira e smascherati gli pseudo-intellettuali e le diverse forme di moralismo, le libertà presunte tali, le finte virtù e le false verità; si tratta inoltre del rapporto tra ragione e creatività, di coscienza critica e di differenti e possibili visioni del mondo.
Aaron James è il massimo teorico mondiale della stronzaggine. Come ha dimostrato nel suo libro precedente, "Stronzi". "Un saggio filosofico", si definisce tecnicamente "stronzo" "l'individuo che, nell'ambito delle relazioni interpersonali, si arroga in modo sistematico privilegi che non gli competono, sulla base di un inossidabile (ed erroneo) senso di superiorità che lo rende immune alle recriminazioni di altri soggetti". Oggi James prosegue la sua ricerca filosofica sull'irresistibile ascesa di questa categoria concentrandosi sul nuovo presidente americano, Donald Trump. Come ha fatto a sedurre gli elettori? Perché non riusciamo a staccare lo sguardo da lui, stupiti, sconcertati, scossi e divertiti nello stesso tempo? E ancora: quali caratteristiche specifiche deve avere uno stronzo per ottenere simili risultati in modo tanto spettacolare? Delle molte specie che fanno parte dell'ecosistema degli stronzi, Trump, esattamente, a quale tipo appartiene? E questo gli conferisce o no i requisiti per occupare la più alta carica politica del più potente Stato del mondo? E, soprattutto, che rischi può rappresentare - e magari quali vantaggi può portare - la presidenza Trump per la democrazia? Rispondere a queste domande significa guardare dentro se stessi, riflettere sui fondamenti del nostro contratto sociale, indagare la natura dell'ordine e dell'autorità in una democrazia moderna.
Questo libro ripercorre la storia del pensiero occidentale con una chiave di lettura forte e originalissima. Le storie della filosofia, in effetti, sono due. Quella che si studia sui manuali è la versione ufficiale, il canone maggiore. I nomi che costellano questa tradizione sono illustri. Eppure, il canone maggiore è anche la vicenda di un lungo allontanamento dalla vocazione autentica della filosofia: "La filosofia sta da una parte sola. Essa scorre sulla linea che abbiamo chiamato minore". Rocco Ronchi tratteggia un percorso più silenzioso, e tuttavia ricchissimo di tesori spesso nascosti, il solo a non aver tradito il compito più urgente della filosofia. È il canone minore, che conta tra le sue fila William James negli Stati Uniti, Henri Bergson in Francia, Giovanni Gentile in Italia, Alfred North Whitehead in Gran Bretagna. Nomi prestigiosi, ma marginali nel dibattito odierno. Pensatori raffinatissimi, che sulla soglia del Novecento hanno pensato non il loro secolo, ma il secolo successivo, il nostro. La rivoluzione del canone minore non mette più al centro l'uomo con i suoi valori, il soggetto con la sua esperienza e i suoi desideri. Al contrario, questa nuova versione della storia della filosofia è profondamente antiumanistica e immoralistica, perché rivolge la sua attenzione alla natura, allo splendore della sua immanenza assoluta, alla sua incomprensibile e infinitamente intelligente processualità. In un dialogo serrato con la scienza contemporanea, Ronchi si chiede che cosa sono il tempo e la vita e dimostra che la filosofia è necessariamente una filosofia della natura.
Tra il 1971 e il 1977 Michel Foucault elabora alcune delle sue ricerche più note sui saperi e i poteri dell'età moderna. L'archeologo della scienza e della letteratura diviene il "paziente archivista" delle pratiche politiche e disciplinari che si prolungano fino alle soglie del nostro tempo. Foucault indaga le diverse forme del potere moderno nella sua attitudine a controllare, definire e fornire un'identità agli individui. Questo volume raccoglie saggi come "La vita degli uomini infami", la conferenza "La verità e le forme giuridiche", interviste e tavole rotonde in cui il metodo filosofico e storico viene sottoposto al banco di prova delle questioni di ogni giorno. Ecco allora un Foucault spesso inedito, che non disdegna di esprimersi sui suoi rapporti con il marxismo e la psicoanalisi, sul senso delle istituzioni educative e universitarie, sulla medicina contemporanea e soprattutto sulle lotte dei dannati della Terra. Un filosofo, come è documentato nella "Cronologia" e in alcuni testi in appendice, che non si sottraeva all'attività militante e ai manganelli quando si trattava di "dire la verità del potere".
La parola chiave di questo dizionario dei vizi e delle virtù è "saggezza". Si può non possedere una dottrina, si può non avere il conforto di un'ideologia, ma è possibile comunque dissipare il velo di nebbia che si leva ogni volta che siamo chiamati a giudicare o a giudicarci.
Un bambino in età prescolare fa in media 75 domande all'ora. È un vulcano di curiosità, di tentativi ed errori, di invenzione di mondi alternativi, di "facciamo finta che" e di mille cose ancora. E ogni bambino lo è in modo diverso e peculiare, un modo tutto suo. A fronte di questa esuberante diversità, propria di tutti i bambini, la nostra società ha sempre di più prodotto una pletora di rigide "ricette" per educare nel modo "giusto" i nostri figli, proponendo "metodi" infallibili per farne adulti di "successo". Prendersi cura dei bambini è naturalmente importantissimo, ma non dovrebbe essere inteso come un compito il cui scopo sia quello di produrre un particolare tipo di individuo; piuttosto, significa lasciare che quei piccoli esseri confusionari, imprevedibili e tanto diversi dai genitori siano liberi di svilupparsi secondo le loro caratteristiche. È la differenza che c'è tra un falegname e un giardiniere, sostiene Gopnik, in una felice metafora continuamente richiamata nelle pagine di questo libro. Un falegname è mosso da uno scopo, assembla il legno, lo taglia e lo modella in modo da raggiungere la forma necessaria a soddisfare una funzione precisa. Il suo è a tutti gli effetti un "mestiere". Un giardiniere invece si confronta con la natura propria delle piante con cui si relaziona; il suo compito è quello di creare attorno a loro l'ambiente migliore perché queste si sviluppino al meglio seguendo le proprie caratteristiche. Questo libro è un appello perché il mondo veda sempre più genitori-giardinieri e sempre meno genitori-falegnami.
La riflessione dell'intera vita di padre Sertillanges è riassunta in questa sua ultima opera, rimasta incompiuta, che affronta la ponderosa tematica del male. È su questo che il domenicano riflette, da storico del pensiero e da meditativo, perché non diventi una paralizzante malattia dello spirito - rischio del periodo in cui scriveva, successivo alla seconda guerra mondiale, ma anche di ogni tempo di crisi, compreso il nostro. Il primo volume espone criticamente la storia del problema del male: dalla preistoria all'antico oriente, da Grecia e Roma classiche al pensiero cristiano, da Cartesio e Kant al pessimismo francese, fino all'esistenzialismo. Nel secondo l'autore presenta la visione cristiana della teodicea: l'origine del male, il problema capitale dei rapporti fra Dio e la sua creazione e il peccato originale come spiegazione del male. Si sforza di rispondere alle obiezioni sollevate dall'insuccesso iniziale di Dio, dallo scacco della riparazione, dalla protesta dell'abisso e dal prezzo della libertà. Ma è il richiamo alla meditazione nell'ultimo capitolo, "Il mistero", a offrire più di ogni altro il timbro con il quale il pensiero di Sertillanges incrocia la questione, le lotte con cui si è tentato di fronteggiarla e il grido degli uomini.
La riflessione dell'intera vita di padre Sertillanges è riassunta in questa sua ultima opera, rimasta incompiuta, che affronta la ponderosa tematica del male. È su questo che il domenicano riflette, da storico del pensiero e da meditativo, perché non diventi una paralizzante malattia dello spirito - rischio del periodo in cui scriveva, successivo alla seconda guerra mondiale, ma anche di ogni tempo di crisi, compreso il nostro. Il primo volume espone criticamente la storia del problema del male: dalla preistoria all'antico oriente, da Grecia e Roma classiche al pensiero cristiano, da Cartesio e Kant al pessimismo francese, fino all'esistenzialismo. Nel secondo l'autore presenta la visione cristiana della teodicea: l'origine del male, il problema capitale dei rapporti fra Dio e la sua creazione e il peccato originale come spiegazione del male. Si sforza di rispondere alle obiezioni sollevate dall'insuccesso iniziale di Dio, dallo scacco della riparazione, dalla protesta dell'abisso e dal prezzo della libertà. Ma è il richiamo alla meditazione nell'ultimo capitolo, Il mistero, a offrire più di ogni altro il timbro con il quale il pensiero di Sertillanges incrocia la questione, le lotte con cui si è tentato di fronteggiarla e il grido degli uomini.
Che cosa significa vedere degli oggetti in un'immagine o nella fantasia invece che percepirli come presenti in "carne e ossa"? In che cosa si distinguono essenzialmente le immagini e le fantasie dalle percezioni? Quale tipo di atti vengono compiuti nella fantasia? Questo libro - che contiene le celebri lezioni dedicate alla fantasia e alla coscienza d'immagine, tenute a Gottinga nel semestre invernale 1904/05, insieme a una selezione di manoscritti di ricerca che arrivano a coprire l'arco del successivo ventennio - offre al lettore italiano una viva e concreta testimonianza di come il padre della fenomenologia, Edmund Husserl, si sia confrontato a fondo con tali questioni, considerandole nevralgiche per l'intero progetto fenomenologico. In un momento in cui l'esigenza di ridefinire i confini fra realtà e irrealtà si fa sempre più inaggirabile e stringente, queste analisi costituiscono un decisivo contributo per affrontare con rigore concettuale il problema delle immagini nell'età contemporanea. Ripercorrere i sentieri qui tracciati da Husserl non ci dà solo l'opportunità di illuminare "regioni" della nostra esperienza assai spesso lasciate nell'ombra, ma ci permette anche di spingerci, al di là del presente, nel futuro dell"'immagine".