
Lo storicismo e la sua filosofia, l'appello alla ragione critica e alla "religione della libertà" sono nel Croce di questa silloge, più che in ogni altra fase della sua lunga vicenda di pensiero, una professione di alta moralità, alla cui luce vanno lette anche le pagine mirabili di analisi letteraria, poetica e storica che l'antologia comprende.
«Così, dopo lunghe titubanze e una serie di soluzioni provvisorie, nel febbraio o marzo del 1893, meditando intensamente un giorno intero, alla sera abbozzai una memoria ... che fu come una rivelazione di me a me stesso» scrive Croce in "Contributo alla critica di me stesso". In effetti, a partire da questa «memoria» fervidamente antipositivistica ? volta a confutare le tesi di storici come Droysen e Bernheim ? Croce si libera dal suo passato, dalla «scrittura di erudizione» come lui stesso la definiva, e, nell'affrontare le complesse relazioni fra arte, scienza e storia, scopre la sua vera vocazione: l'interesse, prepotente, per le questioni teoriche e le indagini storiche di più ampio respiro. Leggendola, ritroveremo non solo «la facilità e il calore» con cui Croce la compose, ma tutta la forza dimostrativa di uno stile ineguagliabile.
Alla propria «autobiografia mentale» Croce ha dedicato, oltre al Contributo alla critica di me stesso, numerosi luoghi delle sue opere, della corrispondenza e, soprattutto, del diario che per oltre quarant'anni ha tenuto nell'austero intento di «invigilare» sé stesso. Ritagliando da queste fonti i passi più rivelatori, con una finezza pari alla sua competenza, Giuseppe Galasso ha costruito un'antologia capace di farci vivere dall'interno l'ininterrotto dialogo che Croce ha intrattenuto con sé stesso e di svelarci così le ragioni profonde di un'attività tanto prodigiosa. Un'attività che nasce da un'intima tendenza per la letteratura e per la storia e che, dopo avergli consentito di superare gli anni dolorosi e cupi successivi alla scomparsa dei genitori e della sorella nel terremoto del 1883, varca i confini dell'erudizione per poi aprirsi alla vita politica e sociale. Anche di questo ruolo centrale sulla scena pubblica cogliamo qui i risvolti più personali e segreti: dall'«amaro compiacimento» che gli deriva nel 1925 - dopo il rifiuto di sostituire Gentile come ministro dell'Istruzione - dal «sentirsi libero tra schiavi», al senso di liberazione «da un male che gravava sul centro dell'anima» suscitato dall'arresto di Mussolini, sino all'emblematica confessione del 1951: «La morte ... non può fare altro che così interromperci, come noi non possiamo fare altro che lasciarci interrompere, perché in ozio stupido essa non ci può trovare». Prefazione di Piero Craveri.
Benedetto Croce e Giovanni Gentile sono tra i protagonisti della riscoperta di Leonardo in Italia agli inizi del Novecento, e il loro contributo è decisivo per la definizione di una autentica critica del pensiero leonardesco. I due testi qui raccolti per la prima volta in volume, apparsi nel 1910 e nel 1919, affrontano la questione se Leonardo possa essere considerato propriamente un filosofo e se, nell'amalgama "caotico" della sua creazione, siano ravvisabili tracce d'una qualche forma di filosofia. Croce e Gentile, ciascuno fedele alle proprie categorie di pensiero, restituiscono l'immagine di un infaticabile indagatore della natura attraverso la multiformità della sua opera, ricostruita in un dedalo di frammenti, di abbozzi e di studi preparatori. Filosofo, inventore, artista sublime, naturalista: se Leonardo sfugge a una definizione univoca e ordinaria, il merito di Croce e Gentile è quello di saperne cogliere e testimoniare, parafrasando Eugenio Garin, la dimensione storica, la misura umana, al di fuori di ogni mito.
Tradizionalmente si ritiene che ciò che siamo giustificati a credere dipenda solo da criteri di tipo conoscitivo, ovvero debba riguardare soltanto la qualità della nostra evidenza. Ma cosa succede quando le nostre credenze, pur sostenute da buone prove, rischiano di ledere gli altri, discriminandoli o facendo loro un torto? Alcuni filosofi e alcune filosofe hanno iniziato a chiedersi se sia giusto che anche le considerazioni morali influenzino i nostri doveri epistemici. In altre parole: quando le nostre credenze rischiano di fare male a qualcuno, l'etica ha il diritto di invadere il campo della filosofia della conoscenza e modificarne gli standard normativi? L'intersezione tra questioni morali e questioni epistemologiche è diventata così un ampio terreno da esplorare. Attraverso esempi di bruciante attualità, questo volume offre la prima indagine in lingua italiana sull'etica degli sconfinamenti normativi, fornendo una solida base teorica per chiunque sia interessato a comprendere meglio le intersezioni tra norme etiche e norme epistemiche. Dopo aver ricostruito le fondamenta dell'etica della credenza e la disputa tra evidenzialisti e pragmatisti, il volume discute criticamente le principali caratterizzazioni delle credenze che fanno male presenti sul mercato e propone una chiave di lettura originale e innovativa del conflitto tra norme morali e norme epistemiche.
Ogni proposta morale si concentra sui modi in cui i soggetti si relazionano e sulle norme che dovrebbero regolare tali relazioni. Rimane, però, spesso inevasa la domanda circa l'esistenza di una pluralità di soggetti a cui applicare l'analisi etica e morale. In questo volume, si studiano le vie entro cui storicamente si è messa in discussione una certezza in cui inevitabilmente confidiamo: l'esistenza degli altri. Ci si chiederà: io sono il solo soggetto? Posso affermare che tutto ciò che vedo e tutti coloro con cui mi relaziono esistono, o sono imprigionato dentro a una convinzione tanto illegittima quanto inevadibile? Il percorso, che si seguirà per tentare l'impresa di affermare l'intersoggettività, sarà quello dell'argomentazione elenctica: via di "mostrazione" dialettica, dialogica, ma - qualcuno sostiene - non necessariamente inclusa in un contesto intersoggettivo. Sfruttando lo stesso élenchos, si cercherà di mostrare che l'intersoggettività non è solo l'ambiente fattuale in cui ogni affermazione e ogni presa di posizione scettica avvengono, ma è anche loro presupposto pragmatico strutturale e, per questo, necessario.
Le sfide contemporanee, derivanti dall'incontro plurale fra le culture, impongono un ripensamento dei modi in cui le religioni concorrono al progresso spirituale dell'uomo. A quale spazio possono ambire, nel discorso politico, le religioni? E, prima, possono pretenderne uno? Una laicità temperata, tollerante e fertile non può che passare per il dialogo inclusivo, unica via per mettere fuori gioco ogni dogmatismo, senza con ciò perdere quello che di buono la sensibilità religiosa può ancora offrire al pensiero umano.
Il volume raccoglie i contributi, rivisti dagli autori, presentati in occasione del Convegno Oltre la crisi: finanza responsabile e solidale tenutosi il 4 marzo 2013 presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma.
Nel Convegno si è analizzato il tema della finanza sotto varie sfaccettature: le nuove caratteristiche delle attività finanziarie nella società contemporanea, le loro degenerazioni, la progressiva dissoluzione dei legami tra responsabilità e solidarietà nei rapporti di scambio, l’esigenza di una riforma della finanza attraverso la messa a punto di regole e valori che la rendano funzionalmente ed eticamente giustificabile. Con uno sguardo attento a suggestivi aspetti storico-filosofici e teologici (la nascita e la diffusione della moneta nel mondo antico, il rapporto tra teologia ed economia nella “Scuola di Salamanca”, il realismo dinamico di Tommaso Demaria, il pauperismo...). Senza trascurare di affrontare una vasta gamma di questioni riguardanti la recente crisi finanziaria (genesi, rapporto tra crisi finanziaria e crisi morale, relazione tra crisi finanziaria e crisi della democrazia).
Con almeno due convinzioni di fondo che animano il volume: la prima, dalla crisi si può (e si deve) uscire; la seconda, correlata alla prima, la crisi può essere un’opportunità per la creazione di nuove dinamiche e di nuovi rapporti tra società e mercato.
Sono intervenuti: Marcello Allasia, Luigino Bruni, Paolo Carlotti, Pascual Chávez Villanueva, Massimo Crosti, Stefano Curci, Piero Damosso, Giovanni Ferri, Giulio Gallazzi, Gianluca Garbi, Valerio Leone Sciabolazza, Lorenzo Leuzzi, Mauro Mantovani, Maurizio Marin, Nicola Mele, Jean Paul Muller, Graziano Perillo, Cecilia Rinaldini, Roberto Roggero, Tiziano Salvaterra, Raffaello Sestini, Alessandra Smerilli, Mario Toso.
Il volume ha per oggetto l'incertezza, la natura e i limiti della politica. Problemi ai quali si stenta a dare risposte convincenti anche perché la politica, un'attività ricca di seduzioni che a causa della sua importanza suscita da sempre inesauste passioni, grandi aspettative e un'inarrestabile espansione, ha sempre offerto di sé uno spettacolo controverso se non deplorevole. Il tema del libro, prendendo atto del fallimento dei tentativi di renderla meno coercitiva ed invasiva, è quindi la possibilità di fare a meno della politica.