
Questo testo risale al 1967, anno in cui Perec entra a far parte dell'OuLiPo, l'opificio di letteratura potenziale, con Raymond Queneau, Jacques Roubaud e Italo Calvino.
La forza di rottura che il free jazz – o new thing – porta nello stallo e nella stagnazione che seguono la morte di Charlie Parker, consente all'autore di chiarire questioni che riguardano soprattutto i problemi della scrittura.
Il contributo di Perec – osserva Paolo Fabbri – potrebbe smussare il duro giudizio sull'esoterismo delle avanguardie pronunciato dal grande storico del Novecento Eric J. Hobsbawm, secondo il quale il jazz e il cinema, più del cubismo e delle ricerche musicali dotte, hanno rappresentato le esperienze estetiche più ricche di senso per gli uomini del XX secolo.
sommario
La cosa. Nota di lettura. Un gioco esemplare di vincoli e libertà (P. Fabbri).
note sull'autore
Georges Perec (1936-1982), scrittore francese, si impone con il primo romanzo Le cose e nel 1967 entra a far parte dell'OuLiPo divenendone ben presto figura di spicco. La sua opera principale è La vita, istruzioni per l'uso, nella quale descrive in modo metodico, tra ironia e pessimismo, le persone e le cose presenti e passate di un caseggiato parigino.
Paolo Fabbri, semiologo, ha collaborato per molti anni con Algirdas J. Greimas a Parigi e con Umberto Eco a Bologna. Ha insegnato nelle Università di Firenze, Urbino, Palermo, Bologna e in molti atenei europei e americani. È stato direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Parigi.
Il presente volume storico-fotografico raccoglie i più significativi discorsi dei Papi durante le Giornate Mondiali della Gioventù (GMG), da Roma a Cracovia, la città di san Giovanni Paolo II e di santa Faustina Kowalska, luogo in cui Papa Francesco celebrerà l'imminente Giubileo dei Giovani. Il libro è corredato inoltre da suggestivi scatti del fotografo polacco, Grzegorz Galazka, curatore del volume. La Prefazione è a cura di don Giuseppe Costa SDB, direttore della Libreria Editrice Vaticana.
Questa pièce teatrale di Sandro Veronesi si svolge in un luogo rigorosamente circoscritto, una trincea, durante la guerra serbo-bosniaca. Due soldati bosniaci sono i personaggi principali: Tchiki e Tsera. La loro guida li ha persi di vista e loro hanno perso di vista la guida, ritrovandosi in una terra di nessuno, una zona franca da cui non sanno più uscire. L'arrivo di altri due militari serbi e poi dei caschi blu francesi e di una giornalista televisiva innescherà una spirale di violenza acuita dall'intento di sfruttare televisivamente la situazione anomala che si è venuta a creare.
Il volume nasce con la volontà di offrire un approccio non convenzionale ad un tema oggi sempre più importante: il territorio. L'autrice parte da una analisi lucida dell'evoluzione che nel nostro Paese hanno avuto le politiche di sviluppo territoriale troppo spesso incentrate sull'edilizia, mettendone in luce disequilibri, manchevolezze, sprechi, convenienze. Per riaffermare la necessità di una rinnovata attenzione all'armonia ed alla bellezza dei nostri spazi urbani, capace di ricollegarsi alla grande tradizione dell'economia civile cui si rifà la logica della cooperazione.
La Madonna della Madia di Monopoli: guardarLa e sentirsi guardato non è un semplice gioco ottico, è una preghiera silenziosa che nasce per fede convinta, qui riscaldata dallo sguardo dolcissimo, appena implorante, della Theotòkos, della Madre di Dio. Per questo in un certo senso la Città di Monopoli non avrebbe bisogno di sapere di più del linguaggio della sua Icona: per la sua natura di città di mare e per un destino segnato, Monopoli da secoli vi-ve e si sviluppa confermata e confermandosi nel Patto di Bellezza che la lega alla Sacra Immagine di Maria. Ma pure si può tentare di aprire e leggere di più di questo stupendo libro iconografico (tale è sempre un'icona). Per tradizione antica è giunto dal mare, una notte di dicembre, per regalare l'immagine di una Madre che porta un messaggio di salvezza, Suo Figlio: saperne di più sarebbe un atto di conoscenza che arricchirebbe il dialogo di ognuno con le Sacre Figure. Ecco allora la ricerca di una lettura più attenta dei segni e dei simboli con cui l'Icona è stata segnata dall'arte e dalla fede orientali. Se poi la ricerca permette di intravvedere sull'Icona i segni della storia di una grande reliquia della Chiesa, la Sacra Sindone di Torino, allora la ricerca può diventare necessaria. E può diventare più incisiva l'opportunità di parlare d'ora in avanti dell'Icona della No-stra Signora della Madia, della Città di Monopoli
Si può passeggiare nel verde imparando anche a saperci guardare intorno . Detto così si potrebbe pensare ad una introduzione alla botanica . Invece , e ci piace sottolinearne l’eccezionalità, la collana “I giardini storici di Roma “ curata dalla Sopraintendenza Comunale di Roma , chiede al lettore molto più che una partecipata attenzione a piante e cespugli : senza niente togliere all’approfondimento naturalistico , le guide invitano a ripercorrere gli aspetti più o meno conosciuti, gli itinerari storici, l’intreccio imprescindibile tra architettura e paesaggio del verde romano che non ha eguale al mondo per compresenza di valori storici e ambientali. Villa Torlonia è una delle ultime ville romane ad essere stata acquistata a uso pubblico . Pur nelle limitate dimensioni, essa ha un’ altissima concentrazione di manufatti artistici non che è uno dei parchi più interessanti della città di quella tipologia detta all’inglese poco comune in Italia.
Si può passeggiare nel verde imparando anche a saperci guardare intorno . Detto così si potrebbe pensare ad una introduzione alla botanica . Invece , e ci piace sottolinearne l’eccezionalità, la collana “I giardini storici di Roma “ curata dalla Sopraintendenza Comunale di Roma , chiede al lettore molto più che una partecipata attenzione a piante e cespugli : senza niente togliere all’approfondimento naturalistico , le guide invitano a ripercorrere gli aspetti più o meno conosciuti, gli itinerari storici, l’intreccio imprescindibile tra architettura e paesaggio del verde romano che non ha eguale al mondo per compresenza di valori storici e ambientalI. Si inizia la passeggiata del Pincio , pensato da sempre come uno spazio verde per il pubblico , ritrovo mondano ma anche di semplice svago e simbolo delle glorie patrie grazie alla progressiva collocazione di ben 229 busti di illustri italiani.
Villa Ada Savoia, una delle più estese tra le ville storiche romane con i suoi 150 ettari, è nota soprattutto per essere stata commissionata dal primo re d'Italia, Vittorio Emanuele II e per essere stata per decenni residenza della famiglia Savoia.
Per complesse vicende giuridiche ed ereditarie la Villa, dopo l'avvento della Repubblica è stata divisa in due parti, una proprietà pubblica e quindi aperta e fruibile da tutti, l'altra rimasta proprietà degli eredi Savoia e che solo di recente, nel 1994, è stata acquisita dal Comune di Roma.
Il complesso cosi riunificato è stato oggetto negli anni scorsi di un complicato ed impegnativo recupero per renderlo fruibile, ma molti interventi sono ancora in corso o di prossimo avvio.
Nonostante l'aspetto naturale e un po' selvaggio, dovuto in parte a decenni di abbandono, la Villa contiene numerose memorie storiche in edifici particolari o in sistemazioni a giardino spesso frutto di ingegnose invenzioni. Alcuni edifici sono rimasti proprietà privata e quindi inaccessibili, come la Palazzina reale, sede dell'Ambasciata della Repubblica Araba d'Egitto, o il Villino Pallavicini, testimonianza della storia della Villa antecedente la committenza Savoia.
Nella guida si è voluto dar conto anche di queste realtà, ricostruendo la storia di tutto il complesso, sia degli edifici sia del parco.
Si è inteso così offrire ai numerosi fruitori del parco uno strumento per apprezzare tutte le valenze della Villa, contribuendo alla conoscenza e quindi al rispetto dei luoghi.
La nuova commedia di Dario Fo. Le "centoventi bugie" del pentito Marino, le prove mai provate contro Sofri, Bompressi, Pietrostefani. Lo spettacolo grottesco e tragico dell'italia dei misteri, dalle bombe di piazza Fontana ai giorni nostri.
Nel più celebre dramma di Luigi Pirandello, rappresentato per la prima volta nel 1921, sei personaggi si presentano a un Capocomico e raccontano di essere stati inventati da un autore che li ha abbandonati senza risolvere la loro storia nelle forme dell'arte. Creature vive e autonome quali ormai sono, essi soffrono il fatto di dover imprigionare negli schemi generici e convenzionali del linguaggio scenico le proprie vicende, pur avendo nella finzione teatrale l'unica fonte di salvezza. Lo stesso motivo, ricco di pathos, del contrasto tra arte e vita, anima l'"Enrico IV", scritto nel 1921 e rappresentato l'anno seguente: la tragedia del giovane improvvisamente impazzito che crede di essere l'imperatore di Germania ed è costretto a fingersi tale anche dopo aver riacquistato la ragione. Due classici del teatro universale, dall'altissima significazione poetica, caratterizzati da un'ardita tecnica scenica e da un desolato scavo dell'animo umano.
Come per Omero e Saffo, in Dylan la musica si fa poesia. O viceversa. È questa in sintesi la motivazione con cui l’Accademia di Svezia annuncia il 13 ottobre 2016 il conferimento del Premio Nobel per la Letteratura al cantautore più amato del mondo. Il resto è storia nota: Dylan non va a ritirare il premio a causa di impegni presi in precedenza, la sua lettera di ringraziamento viene letta dall’ambasciatrice degli Stati Uniti in Svezia, Patti Smith esegue A Hard Rain’s A-Gonna Fall e si commuove. Intanto l’eterno dibattito si riaccende: una canzone può essere letteratura? In queste pagine, che contengono la lettera di ringraziamento e il discorso tenuto all’Accademia di Svezia durante una cerimonia privata, non si trovano le risposte di Dylan a questa domanda, ma c’è il suo rapporto con quello che ha letto e quello che ha ascoltato, con le storie che ha amato, con i linguaggi che lo hanno nutrito. Perché se è vero che “mai una volta ho avuto il tempo di chiedermi se le mie canzoni sono letteratura”, è anche vero che le pagine dei libri ti danno “un modo di guardare la vita, una comprensione della natura umana e un metro con il quale misurare le cose”. È così che, nel suo modo di guardare la vita, ci sono Omero e Buddy Holly, Moby Dick e Niente di nuovo sul fronte occidentale. E soprattutto ci sono incontri e ricordi, perché “le canzoni sono vive nella terra dei vivi” e Dylan, come Omero, invoca la Musa chiedendole semplicemente di cantare, attraverso la sua bocca, una storia. Nel suo discorso per il Nobel Dylan non parla solo del rapporto tra letteratura e musica, ma del rapporto tra letteratura e vita.

