
"Il rapido sviluppo delle città attuali, dovuto alla tecnica moderna, ci ha fatto quasi dimenticare cosa sia una civitas nell'autentico senso della parola, cioè una città edificata a misura umana e ordinata secondo le esigenze spirituali della comunità. Siena ha mantenuto fino ad oggi un tale aspetto e un tale ordine. Non si tratta dell'ordine razionale proprio di certe città barocche; l'universo di Siena è multiforme, è corpo, anima, intelletto, come l'uomo. La bellezza di Siena non è il risultato di uno sviluppo casuale, "naturale"; la città è stata costruita con piena consapevolezza dai suoi abitanti che volevano l'unità, ma che nel contempo, da veri aristocratici, conservavano quel rispetto per la vita privata delle famiglie e delle classi sociali tipico del Medioevo. È stato giustamente detto che nell'Italia del Medioevo il grande capolavoro della comunità è la città, mentre nell'Europa del Nord, in Francia e in Germania, il gioiello da essa creato è la cattedrale gotica. Siena, fra tutte le città italiane, ha conservato più intatta la sua unità gotica; in nessun'altra città esiste una piazza come il Campo, con la sua incomparabile armonia di misure; nessun'altra città testimonia in modo così unitario lo stile aspro e insieme nobile di quell'epoca. La storia di Siena si svolge limpida come una storia sacra: dapprima la vittoria nel segno della fede, poi la sfrenata ebbrezza del potere, le discordie interne, la decadenza, e l'umiliazione estrema, preceduta da innumerevoli moniti."
Jacob Burckhardt durante la sua carriera aveva progettato anche un monumentale lavoro, rimasto incompiuto, sull'arte italiana del Rinascimento che avrebbe dovuto comprendere i suoi decennali studi sull'architettura, sulla pittura e sulla scultura. In questo volume, dedicato alla pittura, sono raccolti gli scritti di maggiore approfondimento di cui il primo, "I generi", steso poco prima della morte, fu rinvenuto tra le sue carte in forma di manoscritto, ma nelle intenzioni dell'autore avrebbe dovuto essere la prima parte del più ampio e ambizioso progetto del quale fanno parte i tre saggi dedicati a "La pala d'altare", "Il ritratto", "I collezionisti".
Le radici del nuovo corso dell'arte romana e della nascita del Barocco vaticano si possono idealmente fissare nella data simbolo del 18 novembre 1593 quando sulla sommità della cupola di San Pietro venne issata la croce cristiana. Non a caso, le cerimonie politiche e religiose, le sontuose e sorprendenti macchine effimere che venivano innalzate nei giorni di festa, rispondevano a una nuova esigenza: separare i luoghi della "politica" da quelli del "sacro". Al Quirinale vennero sempre più riservati i momenti del governo "temporale" della città e dello Stato, mentre il Vaticano - Palazzo Apostolico, basilica e piazza, collegati e unificati - divenne sempre più il luogo delle cerimonie religiose. Il filo conduttore del nuovo stile che si andava definendo nei cerimoniali e perfino nel disegno dei giardini era "il diverso" e "il sorprendente". Gli autori dei saggi illustrano le diverse tematiche cercando volta per volta collegamenti artistico-architettonici: ad esempio, con le chiese tardo-manieriste di Giacomo Della Porta (chiesa del Gesù) e di Carlo Maderno (S. Susanna) o con altri capolavori berniniani (come S. Andrea al Quirinale) e borrominiani (ad esempio s. carlino alle Quattro Fontane). Solo descrivendolo così, all'interno di un potente fervore culturale ed artistico, è possibile far emergere il ruolo centrale e propulsore svolto dal secolare cantiere vaticano nella nascita e nella codificazione del nuovo stile Barocco che, da Roma si sarebbe diffuso nelle principali capitali italiane ed europee per poi approdare al nuovo mondo. Autori: G. Wiedmann, A. Campitelli, F. Buranelli, M. Boiteux, N. Marconi, L. Simonato.
Se si può ritenere che il 18 novembre 1593 – giorno in cui venne issata la croce sulla sommità della lanterna della cupola di S. Pietro – rappresenti simbolicamente la data di nascita del Barocco vaticano, dobbiamo concordare con quanto sostenuto un po’ da tutti gli autori del volume, cioè che le radici di questo nuovo corso dell’arte romana debbano ricercarsi nel Concilio di Trento e nella nuova, diversa spiritualità che ne derivò. Non a caso le cerimonie politiche e religiose, le sontuose e sorprendenti macchine effimere che venivano innalzate nei giorni di festa, rispondevano ad una nuova esigenza: separare i luoghi della “politica” da quelli del “sacro”. Al Quirinale vennero sempre più riservati i momenti del governo “temporale” della città e dello Stato, mentre il Vaticano – Palazzo Apostolico, basilica e piazza (che vennero tra loro collegati e unificati) – divenne sempre più il luogo delle cerimonie religiose. Il filo conduttore del nuovo stile che si andava definendo nei cerimoniali e perfino nel disegno dei giardini era “il diverso” e “il sorprendente”. L’idea stessa di Chiesa nata dal Concilio di Trento e i complessi cerimoniali politici e liturgici cinque-seicenteschi si concretizzarono in montagne di travertino scolpite dalla luce e dall’ombra, marmi colorati e bronzo plasmati da artisti geniali; si definì, così, un complesso, quello Vaticano, che pur articolato in fabbriche distinte per cronologia e tipologia (basilica, palazzo, piazza e giardini) risulta essere fortemente unitario nella concezione e nei significati – religioso, politico e diplomatico – che da allora ha assunto agli occhi del mondo. Fu proprio questa impresa edificatoria a generare un nuovo ed esaltante periodo dell’arte moderna, che non solo condizionò lo sviluppo della città eterna, ma che seppe creare nel nascente Barocco l’ultimo grande e unitario stile artistico-culturale della cristianità. Tutti gli autori dei saggi si sono visti obbligati a muoversi attraverso gli argomenti loro affidati contestualizzandoli e mettendone in risalto i molteplici collegamenti: ad esempio, con le chiese tardo-manieriste di Giacomo Della Porta (chiesa del Gesù) e di Carlo Maderno (S. Susanna) o con altri capolavori berniniani (come S. Andrea al Quirinale) e borrominiani (ad esempio s. carlino alle Quattro Fontane). Come si potrebbe, d’altra parte, non mettere in relazione il Palazzo apostolico Vaticano con gli altri Palazzi apostolici del Quirinale, del Laterano e, fuori della città, di Castel Gandolfofi Solo descrivendolo così, all’interno di un potente fervore culturale ed artistico, è possibile far emergere il ruolo centrale e propulsore svolto dal secolare cantiere petrino nella nascita e nella codificazione del nuovo stile Barocco che, dal colle Vaticano, e da Roma più in generale, si sarebbe diffuso nelle principali capitali italiane ed europee per poi approdare nel nuovo mondo.
Questa nuova edizione di Antonio Corsaro rivede dalle fondamenta i testi poetici di Michelangelo, che sempre hanno creato difficoltà a filologi e editori, prospettando un nuovo ordinamento capace di offrire agli studiosi e al grande pubblico una diversa lettura della storia poetica dell'artista. La ricostruzione dei testi michelangioleschi nella loro veste più attendibile e chiara è inoltre l'occasione per una loro nuova e completa interpretazione, che qui è offerta da un esteso e puntuale commentario di Giorgio Masi. Filologia ed esegesi vanno di pari passo nel volume, corredato della serie completa delle lettere dell'artista.
Il 16 aprile il Papa emerito Benedetto XVI compirà 90 anni. In occasione di questo importante appuntamento un libro che racconta e illustra la sua ricca e complessa vicenda personale, pastorale e teologica. In 9 capitoli e 90 foto, alcune delle quali inedite, il volume si prefigge di accendere una luce nuova sulla figura e la persona del Papa emerito, "filmando" e soffermandosi sui diversi momenti della vita di Benedetto XVI. Il racconto inizia con l'avvenimento che l'11 febbraio 2013 ha in un certo senso sconvolto la storia della Chiesa e del mondo intero, la rinuncia al pontificato di Benedetto XVI, per poi continuare, in un ideale flashback, con gli anni della formazione, della guerra e della prigionia; considera il suo percorso di pastore e di papa, dai primi anni fino alle tempeste e alle polemiche che hanno toccato una parte dei suoi otto anni di pontificato.
Il mondo dell’iconografia cristiana, prima ancora di essere arte, è preghiera. Questo libro è un lungo viaggio che conduce il lettore alla scoperta di una tra le più famose icone della cristianità, la Trinità. Dalle sue prime attestazioni, risalenti agli albori del cristianesimo, fino alla famosa opera del santo iconografo russo Andrej Rublëv, la storia dell’arte si fonde con una lettura teologica di grande profondità. Si tratta dell’unico approccio realmente fecondo di fronte all’arte sacra: leggere e guardare si illuminano reciprocamente, in una sempre maggiore consapevolezza del significato di ogni più piccolo particolare. È una contemplazione che si trasforma in esperienza di preghiera.
Alla fine del xv secolo, i resti delle antiche divinità ingombravano il paesaggio dell'Italia e dell'Europa occidentale. Il cristianesimo aveva cancellato le religioni dell'antica Grecia e di Roma e la maggior parte degli europei riteneva che la distruzione dell'arte classica fosse espressione del giudizio di Dio sul mondo pagano. Eppure, nel corso dei tre secoli successivi, dèi e divinità della mitologia riemersero nel bel mezzo dell'Europa cristiana in capolavori quali La nascita di Venere di Botticelli o il Parnaso di Raffaello. Nello "Specchio degli dèi", Malcolm Bull ricostruisce nella sua interezza la rinascita degli antichi miti. Ogni capitolo del saggio è dedicato a una diversa divinità (Diana, Apollo, Ercole, Venere, Bacco, Giove), non limitandosi alla pittura e alla scultura, ma ridando vita all'intero mondo vissuto e progettato dall'uomo rinascimentale, nel quale i personaggi della mitologia potevano comparire su carri allegorici, nei banchetti o perfino sotto forma di pupazzi di neve e fuochi d'artificio. I ricchi e potenti principi d'Europa potevano identificarsi con le divinità pagane e il mito poteva divenire un docile strumento in mano all'artista per raccontare la storia del suo tempo. Un fenomeno che dal xv secolo giunge all'età barocca, quando le scandalose storie degli dèi della letteratura classica vennero reinventate da artisti quali Leonardo, Raffaello, Botticelli, Tiziano, Poussin, Rubens e Rembrandt per dar vita a opere bellissime e sovversive.
Dieci drammi teatrali che esprimono il tormento dell'anima russa nei cupi anni dello stalinismo. Se da un lato Bulgakov fu in un certo qual modo "protetto" da Stalin, dall'altro lottò vanamente perché le sue opere teatrali venissero rappresentate. Delle dieci contenute in questo volume soltanto quattro poterono essere messe in scena, le altre vennero implacabilmente respinte dalla censura. I giorni drammatici della Rivoluzione, la farsa tragica dell'esistenza quotidiana, il "realismo socialista", personaggi come Puskin e Molière: ecco soltanto alcuni degli argomenti di queste dieci gemme teatrali. Con un'introduzione di Anatolij Smeljanskij, l'edizione completa dell'opera drammaturgica dell'autore russo.
Un viaggio nel sacro dell’Est Europa, tra il Baltico, il Mar Nero, Il Caspio e il Mediterraneo, alle frontiere della spiritualità orientale, in bilico fra cristianesimo, islam ed ebraismo.
“In queste terre - dice Monika Bulaj - sotto le ceneri languiva l’infanzia d’Europa, il nostro oblio e le nostre paure, la storia si confondeva con il mito, il vero con l’irreale e le ombre di quelli spazzati dalla Shoah e dei deportati si mischiavano ai presenti. Mi sono spinta un po’ alla volta, sempre più a Est, seguendo i canti. Ho viaggiato tra i vecchi credenti della Polonia e i rom della Macedonia, gli armeni della Romania e i lemki polacchi, tra gli hutzuli ucraini e i tartari bielorussi, tra gli aleviti della Albania e gli Udini del Caucaso.”