
"L'inaugurazione di una mostra del prestigio di "Futurismo avanguardia avanguardie" è per me un'occasione felice. Per la sua centralità europea, anzitutto, posta com'è - tra Parigi e Londra - all'apice di un triangolo dell'arte novecentesca che onora la Capitale dell'Italia futurista. Non a caso l'evento cade in assoluta coincidenza con la data in cui, cento anni or sono, venne pubblicato a Parigi il Manifesto di un'epoca nuova. Non a caso perché il futurismo fu un movimento che in Italia ebbe le sue radici e la sua ispirazione. A cento anni di distanza va imponendosi l'immagine di un movimento vitale, portatore di esperienze culturali ed estetiche che ancor oggi seducono cultori e appassionati, non mancando di attrarre a sé giovani epigoni di una modernità che è ripensata con grande attenzione e che appare oggi in tutta la sua attualità, considerati la sintesi, la velocità e il dinamismo della società contemporanea. E non vi è dubbio alcuno che questa mostra, nel riproporre quello spirito del tempo, accompagni il visitatore lungo un percorso nel quale è sempre rintracciabile l'annuncio quasi esplosivo di un mondo nuovo, la cui eco si riascolta con assoluta chiarezza, Non si tratta soltanto di opere, né del magnifico estro pittorico a cui esse rimandano, ma soprattutto della capacità dell'arte futurista di riflettere un'idea anticipatrice e di proporne una possibile realizzazione. In ciò risiede il genio futurista che questa mostra riesce a valorizzare". G. Alemanno
Per lungo tempo la storia è stata raccontata così: fra Sei e Ottocento, gli artisti europei arrivavano (più o meno obbligatoriamente) in Italia, dove a contatto con un paesaggio ancora simile all'Arcadia, e con le maestose rovine della civiltà classica, trovavano il senso di un mestiere che avrebbero poi passato il resto della vita a perfezionare. Di questa parabola fin troppo lineare il nuovo libro di Anna Ottani Cavina costituisce una variante piena di scoperte e di sorprese. È vero, sostiene Ottani Cavina in questa sua arringa illustrata, gli artisti del Nord in Italia trovavano qualcosa, come la luce, cui gli studi non li avevano preparati; e, anche questo è vero, il trauma culturale e visivo li portava a modificare i loro stessi strumenti, l'uso che ne facevano: a esasperare il disegno, ad esempio, oppure, in una gran quantità di casi, ad abbandonarlo del tutto. Ma in questo modo non lavoravano a una replica fedele di quanto avevano visto, e vissuto: piuttosto, uno schizzo alla volta, una tela dopo l'altra, Poussin, Thomas Jones, Granet e molti altri cominciavano in realtà a costruire quasi dal nulla quel luogo dell'immaginazione e della memoria che da allora tutti noi, credendo di conoscerlo da sempre, chiamiamo Italia.
Con questo volume si conclude la serie proposta da Electa sulla pittura di paesaggio, un genere con il quale nel Settecento si sono confrontati i più grandi artisti contribuendo a uno dei momenti più ricchi e affascinanti della pittura italiana. Una prima sezione saggistica affronta dal punto di vista storico-critico i vari aspetti della pittura di paesaggio, dal capriccio all'arcadia, dal vedutismo veneziano al paesaggio illuminista. La seconda parte del libro è dedicata al repertorio di centoventi artisti, presentati ognuno attraverso una biografia aggiornata alle più recenti ricerche e illustrata con le opere più significative. Ampio spazio è dato ai paesaggisti stranieri venuti alla scoperta delle bellezze artistiche italiane.
Ad aprire le celebrazioni per il bicentenario della nascita di John Ruskin, che si terranno nel 2019, questo volume racconta la storia d'amore, lunga e fruttuosa, tra il famoso critico inglese e la città di Venezia. Durante la sua vita, Ruskin visitò Venezia numerosissime volte a partire dal 1835 e, in seguito ai lunghi soggiorni in città, pubblicò l'opera in tre volumi intitolata «Le pietre di Venezia», un inno alla bellezza, all'unicità e alla fragilità di questa città, destinata a diventare un caposaldo della cultura anglosassone e l'inizio del revival gotico d'epoca romantica. Tra i metodi d'indagine di cui Ruskin si serviva spiccano i numerosi taccuini, schizzi con rilievi architettonici, acquerelli, albumine, planotipi e dagherrotipi (il critico possedeva una primitiva macchina fotografica già nel 1849!). Queste testimonianze iconografiche sono l'oggetto di questo volume, e ci consentono di affrontare Ruskin da un nuovo, certamente meno conosciuto, punto di vista: come artista a tutto tondo e non solamente come scrittore. Catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Ducale, 10 marzo-10 giugno 2018).
“Venezia giace ancora davanti ai nostri sguardi come era nel periodo finale della decadenza: un fantasma sulle sabbie del mare, così debole, così silenziosa, così spoglia di tutto all’infuori della sua bellezza, che qualche volta quando ammiriamo il languido riflesso nella laguna, ci chiediamo quasi fosse un miraggio quale sia la città, quale l’ombra. Vorrei tentare di tracciare le linee di questa immagine prima che vada perduta per sempre, e di raccogliere, per quanto mi sia possibile, il monito che proviene da ognuna delle onde che battono inesorabili, simili ai rintocchi della campana a morto, contro le pietre di Venezia”
- John Ruskin, The Stones of Venice
I popoli che attorniano la torre di Babele, la rivisitazione della figura di Catullo, le figure e i lavori che attorniano il fiume Don, la ricostruzione di alcuni momenti segreti di Gogol': una scrittura veloce ed ironica che attraversa le varie umanità che ci rappresentano e illustrate con colori che esprimono la forza sanguigna della vita.
Questo volume nasce da una ricerca ideata e condotta dall'artista e docente Maurizio Osti insieme ai suoi studenti del corso di Grafica Progettata dell'Accademia di Belle Arti di Bologna nell'a.a. 2005-2006. Stampato per la prima volta nel 2013 in un numero limitato di copie, il volume raccoglie sessantacinque elaborazioni visive realizzate da trentotto studenti del logotipo Viriditas, termine antico e ricco di potere evocativo che, nel pensiero della mistica tedesca Ildegarda di Bingen (1098-1179), sta a indicare la forza vitale, generativa, presente a tutti i livelli e in ogni stato o elemento della realtà. Definita da Osti come «energia creativa cosmica allo stato nascente», la Viriditas costituisce quindi l'origine di ogni fenomeno, compreso quello dell'arte. Alla base del suo progetto didattico, infatti, vi era l'idea che l'estrema apertura semantica della parola desse allo studente la possibilità di spaziare con l'immaginazione, ritrovando una naturalità dell'atto creativo. Questa edizione del volumetto, arricchita dalla traduzione inglese dei testi, si offre dunque a un più ampio pubblico con l'intento di attualizzare, mediante la forza della sperimentazione grafica, un concetto fondamentale della nostra esistenza.
L'arte non può consistere in un contagio psichico, perché questo è un fenomeno incosciente, e l'arte deve essere tutta piena chiarezza, mezzogiorno intellettivo. Il pianto e il riso sono esteticamente una frode. L'espressione della bellezza non supera mai la malinconia o il sorriso. E, a dire il vero, non ci arriva neanche.
«La prima cosa che mi viene da pensare quando sto per entrare in scena è che anche quella sera mi capiterà di dire cose importanti, profonde, a volte spiritose, a volte drammatiche, raramente banali. E questo è un privilegio enorme. Sottrarre due ore del nostro tempo all’ovvietà delle parole quotidiane per dire parole scritte da altri è una cosa impagabile. Che ladro è l’attore, e nello stesso tempo che benefattore!»
Un grande attore italiano racconta la propria storia: gli incontri indimenticabili, i colpi di fortuna, le delusioni, le difficoltà che precedono i grandi successi. Sul palco come nella vita.
Gli Exultet rappresentano un capitolo della storia dell'arte medioevale di straordinaria importanza ancorché poco conosciuto. In questo senso il libro rappresenta una scoperta. Di una vasta produzione fra l'XI e il XIV secolo sono sopravvissuti solo una ventina di esemplari, conservati per lo più in musei diocesani locali. Non esiste una pubblicazione destinata al grande pubblico che descriva questi particolari codici offrendo una panoramica pressoché completa. Il volume descrive con ricchezza di documentazione sia le immagini miniate, sia le diverse versioni degli spartiti musicali, sia lo svolgimento dei riti pasquali, permettendo al lettore di cogliere pienamente la ricchezza figurativa, musicale e liturgica dei codici.

